Chi siamo
SANTA MESSA
Presiede S. Ecc. Mons. Francesco Lambiasi, Vescovo di Rimini. La Santa Messa sarà trasmessa in Diretta Rai 1.
ECC. MONS. FRANCESCO LAMBIASI:
Se ci venisse il prurito di schizzare, di tracciare un profilo buonista di Gesù, il Vangelo di oggi basterebbe a farcene passare la voglia. È da notare peraltro che questa pagina è firmata dall’evangelista Luca, il terzo evangelista, che è stato fregiato dal titolo di “scrittore della mitezza, della dolcezza di Cristo”. Ma che, pure, dà largo spazio a quei tratti della storia o del messaggio di Gesù, che suonano talmente scomodi e radicali da apparire duri, ruvidi, perfino crudeli. Come nel brano appena proclamato, scolpito con lettere di fuoco, taglienti come spada a doppio filo. “Sono forse venuto a portare la pace? No, ma la spada, la spada della divisione”. Sono parole violente come vento di uragano. “Sono venuto a gettare fuoco sulla terra”. Sono parole che esprimono il desiderio intenso che Gesù nutre di giungere alla sua ora e che viene espresso da Lui in termini di angoscia. “Ho un battesimo nel quale sarò battezzato e come sono angosciato finché non sia compiuto”. Parole così roventi rivelano il dramma vissuto da Gesù. È venuto a portare luce e pace ma si ritrova sempre più incompreso e rifiutato. Per essere fedele alla missione affidatagli dal Padre è costretto a urticare la suscettibilità di scribi e farisei e a cozzare contro il “sistema” da loro ritenuto sacro e intangibile. Le sue parole incandescenti, i suoi gesti spigolosi provocano reazioni sempre più violente da parte di quanti si sentono messi sotto accusa. La sua vicenda sta piegando al peggio, Gesù lo sa ma non arretra di un millimetro ed è deciso ad andare fino in fondo, fino in cima al Calvario. È la storia di ogni profeta, come abbiamo ascoltato, la storia del profeta Geremia. Più la personalità del profeta è forte, più il suo messaggio risulta anticonformista e rivoluzionario; e più feroce ancora però sarà la sua persecuzione. Il profeta è un tipo scomodo, un vero segno di contraddizione, non può illudersi di avere vita facile. Torniamo sulle due immagini utilizzate da Gesù per esprimere il pensiero fisso che lo assilla, il pensiero della Pasqua. Gesù ne parla in termini di “battesimo” e di “fuoco”. Il battesimo sta a dire che Gesù brucia dal desiderio di immergersi fino al collo nel mare del dolore e della morte, per esprimere l’amore del Padre verso l’umanità peccatrice. Ma anche il fuoco evoca la Pasqua, richiama l’amore di Dio e addita la croce come quel roveto ardente d’amore che si è acceso e che non si spegnerà mai più. Le due immagini del battesimo e del fuoco si fondono perfettamente nell’evento della Pentecoste, profetizzato dal Battista. “Egli – cioè il Messia, cioè Cristo – vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”. Con queste due immagini Gesù dà un significato profetico alla sua morte atroce. La croce sarà come una conflagrazione violenta, come una straripante inondazione e così si manifesterà il giudizio di Dio a favore di Gesù. Possiamo riassumere questi passaggi con una massima che non si trova nei quattro vangeli ma che è probabilmente autentica, attribuita a Gesù: “Chi è vicino a me, è vicino al fuoco”. Fortissimo Gesù, verrebbe da gridare. Ma più che ammirazione, si aspetta da noi conversione e ferma decisione, anche per i discepoli. Il metro per misurare la fedeltà alla causa è lo stesso adottato dal Maestro, la radicalità. Gesù vuole che noi ci schieriamo: o con Lui o senza di Lui, o peggio, contro di Lui. Non si può fare, con il Vangelo, “Fifty-Fifty”. La divisione portata da Gesù ribalta equilibri, smaschera compromessi, provoca strappi e lacerazioni, scatena conflitti, perfino all’interno dei rapporti famigliari. La parola del Vangelo è tagliente come una spada, mette a nudo le pieghe intime del cuore ed anche le storture della società. È un fuoco divorante che brucia meschine volgarità e incenerisce mediocrità insopportabili. Questo fuoco è stato acceso nella nostra vita il giorno del Battesimo ma lo sappiamo, il fuoco per quanto avvampi, è a rischio di spegnimento, può rimanere sepolto sotto una coltre di cenere. Questa è la situazione di molti cristiani in cui il fuoco della fede rimane sotterrato, sterile, impercettibile, non illumina una vita, non accende una testimonianza, non alimenta una passione, non genera una gioia. Oggi noi, sorelle e fratelli, viviamo una stagione di risveglio: lo Spirito Santo ha ripreso a soffiare forte. Molti giovani sono stanchi di un cristianesimo annacquato, doveristico, abitudinario. Sono convinti che con la fede non si può andare in automatico, sognano di potere fare un’esperienza viva di un Gesù vivo in una Chiesa viva, un’esperienza di santità, parola che non li spaventa più ma li affascina. Oggi il mondo non ha bisogno di cristiani affetti da balconite acuta o sdraiati in una pigra divanite, ma di discepoli innamorati di Gesù, contagiati dalla sua stessa angoscia, che si compia anche per loro il battesimo del Maestro, quello di un’ardente passione d’amore. Non possiamo essere cristiani per interesse, non possiamo essere cristiani solo per dovere; possiamo esserlo solo per amore.
Trascrizione non rivista dai relatori