Chi siamo
Santa Messa
Presiede S. Ecc. Mons. Francesco Lambiasi, Vescovo di Rimini.
SANTA MESSA
Ore: 11.15 Auditorium D5
Presiede S. Ecc. Mons. Francesco Lambiasi, Vescovo di Rimini.
EMILIA GUARNIERI:
Roberto e don Alberto Battaglia. Un avviso per la distribuzione dell’Eucarestia per i ciliaci che la riceveranno in Auditorium presso il megaschermo di sinistra, a metà del salone.
E ora vi do lettura del messaggio che Papa Francesco, attraverso il Cardinale Bertone, ha inviato al Vescovo di Rimini in occasione dell’inizio di questo Meeting.
«Eccellenza Reverendissima, con gioia trasmetto il cordiale saluto del Santo Padre Francesco a Vostra Eccellenza, agli organizzatori e a tutti i partecipanti al Meeting per l’amicizia tra i Popoli, giunto alla XXXIV edizione. Il tema scelto – «Emergenza Uomo» – intercetta la grande urgenza di evangelizzazione di cui più volte il Santo Padre ha parlato, nella scia dei Suoi Predecessori, e ha suscitato in Lui profonde considerazioni che di seguito riporto.
L’uomo è la via della Chiesa: così il beato Giovanni Paolo II scriveva nella sua prima Enciclica, Redemptor Hominis (cfr n. 14). Questa verità rimane valida anche e soprattutto nel nostro tempo in cui la Chiesa, in un mondo sempre più globalizzato e virtuale, in una società sempre più secolarizzata e priva di punti di riferimento stabili, è chiamata a riscoprire la propria missione, concentrandosi sull’essenziale e cercando nuove strade per l’evangelizzazione.
L’uomo rimane un mistero, irriducibile a qualsivoglia immagine che di esso si formi nella società e che il potere mondano cerchi di imporre. Mistero di libertà e grazia, di povertà e di grandezza. Ma che cosa significa che l’uomo è "via della Chiesa"? E soprattutto, che cosa vuol dire per noi oggi percorrere questa via?
L’uomo è via della Chiesa perché è la via percorsa da Dio stesso. Fin dagli albori dell’umanità, dopo il peccato originale, Dio si pone alla ricerca dell’uomo. «Dove sei?» – chiede ad Adamo che si nasconde nel giardino (Gen. 3,9). Questa domanda, che compare all’inizio del Libro della Genesi, e che non smette di risuonare lungo tutta la Bibbia e in ogni momento della storia che Dio, nel corso dei millenni, ha costruito con l’umanità, raggiunge nell’incarnazione del Figlio la sua espressione più alta. Afferma sant’Agostino nel suo commento al Vangelo di Giovanni: «Rimanendo presso il Padre, [il Figlio] era verità e vita; rivestendosi della nostra carne, è diventato via» (I, 34, 9). È dunque Gesù Cristo «la via principale della Chiesa», ma poiché Egli «è anche la via a ciascun uomo», l’uomo diventa «la prima e fondamentale via della Chiesa» (cfr. Redemptor Hominis, 13-14). «Io sono la porta» afferma Gesù (Gv. 10,7), io sono, cioè, il portale d’accesso ad ogni uomo e ad ogni cosa. Senza passare attraverso Cristo, senza concentrare su di Lui lo sguardo del nostro cuore e della nostra mente, non capiremmo nulla del mistero dell’uomo. E così, quasi inavvertitamente, saremo costretti a mutuare dal mondo i nostri criteri di giudizio e di azione, e ogni volta che ci accosteremo ai nostri fratelli in umanità saremo come quei “ladri e briganti” di cui parla Gesù nel Vangelo (cfr. Gv. 10,8). Anche il mondo infatti è, a suo modo, interessato all’uomo. Il potere economico, politico, mediatico ha bisogno dell’uomo per perpetuare e gonfiare se stesso. E per questo spesso cerca di manipolare le masse, di indurre desideri, di cancellare ciò che di più prezioso l’uomo possiede, il rapporto con Dio. Il potere teme gli uomini che sono in dialogo con Dio poiché ciò rende liberi e non assimilabili.
Ecco allora l’emergenza-uomo che il Meeting per l’Amicizia tra i Popoli pone quest’anno al centro della sua riflessione: l’urgenza di restituire l’uomo a se stesso, alla sua altissima dignità, all’unicità e preziosità di ogni esistenza umana dal concepimento fino al termine naturale. Occorre tornare a considerare la sacralità dell’uomo e nello stesso tempo dire con forza che è solo nel rapporto con Dio, cioè nella scoperta e nell’adesione alla propria vocazione, che l’uomo può raggiungere la sua vera statura. La Chiesa, alla quale Cristo ha affidato la sua Parola e i suoi Sacramenti, custodisce la più grande speranza, la più autentica possibilità di realizzazione per l’uomo, a qualunque latitudine e in qualunque tempo. Che grande responsabilità abbiamo! Non tratteniamo per noi questo tesoro prezioso di cui tutti, consapevolmente o meno, sono alla ricerca. Andiamo con coraggio incontro agli uomini e alle donne del nostro tempo, ai bambini e agli anziani, ai “dotti” e alla gente senza alcuna istruzione, ai giovani e alle famiglie. Andiamo incontro a tutti, senza aspettare che siano gli altri a cercarci! Imitiamo in questo il nostro divino Maestro, che ha lasciato il suo cielo per farsi uomo ed essere vicino ad ognuno. Non solo nelle chiese e nelle parrocchie, dunque, ma in ogni ambiente portiamo il profumo dell’amore di Cristo (cfr. 2 Cor. 2,15). Nelle scuole, nelle università, nei luoghi di lavoro, negli ospedali, nelle carceri; ma anche nelle piazze, sulle strade, nei centri sportivi e nei locali dove la gente si ritrova. Non siamo avari nel donare ciò che noi stessi abbiamo ricevuto senza alcun merito! Non dobbiamo avere paura di annunciare Cristo nelle occasioni opportune e inopportune (cfr. 2 Tm. 4,2) con rispetto e con franchezza. È questo il compito della Chiesa, è questo il compito di ogni cristiano: servire l’uomo andando a cercarlo fin nei meandri sociali e spirituali più nascosti. La condizione di credibilità della Chiesa in questa sua missione di madre e maestra è, però, la sua fedeltà a Cristo. L’apertura verso il mondo è accompagnata, e in un certo senso resa possibile, dall’obbedienza alla verità di cui la Chiesa stessa non può disporre. “Emergenza uomo”, allora, significa l’emergenza di tornare a Cristo, di imparare da Lui la verità su noi stessi e sul mondo, e con Lui e in Lui andare incontro agli uomini, soprattutto ai più poveri, per i quali Gesù ha sempre manifestato predilezione. E la povertà non è solo quella materiale. Esiste una povertà spirituale che attanaglia l’uomo contemporaneo. Siamo poveri di amore, assetati di verità e giustizia, mendicanti di Dio, come sapientemente il servo di Dio Mons. Luigi Giussani ha sempre sottolineato. La povertà più grande infatti è la mancanza di Cristo, e finché non porteremo Gesù agli uomini avremo fatto per loro sempre troppo poco.
Eccellenza, mi auguro che questi brevi pensieri possano essere di aiuto per coloro che prendono parte al Meeting. Sua Santità Francesco assicura a tutti la sua vicinanza nella preghiera a il Suo affetto; auspica che gli incontri e le riflessioni di questi giorni possano accendere nei cuori di tutti i partecipanti un fuoco che alimenti e sostenga la loro testimonianza del Vangelo nel mondo. E di cuore invia a Lei, ai responsabili, agli organizzatori della manifestazione, come pure a tutti i presenti, una particolare Benedizione Apostolica.
Unisco anch’io un cordiale saluto e mi valgo della circostanza per confermarmi con sensi di distinto ossequio.
Tarcisio Cardinale Bertone».
EMILIA GUARNIERI:
Grazie, Papa Francesco!
OMELIA – S. ECC. MONS. FRANCESCO LAMBIASI:
Parole che scottano quelle di Gesù, oggi (cfr Lc 12, 49-53): taglienti come una spada a doppio filo, brucianti come frecce incendiarie. Parole che percuotono e stordiscono. Vi pulsa dentro il cuore del Maestro, come un vulcano in eruzione, che non riesce a contenere il prorompente, irrefrenabile mare di fuoco della realtà divina che si porta dentro. Un mistero abissale che, peraltro, Gesù non riesce compiutamente ad esprimere, se non sfidando l’incomprensione e il rifiuto degli ascoltatori, come accadde già una volta, quando la gente di lui disse: “E’ fuori di sé” (Mc 3,21). Così il messaggio di Gesù oggi è reso con un linguaggio ‘a lampi’, tutto ritmato da punti esclamativi o interrogativi, e scandito da silenzi sospesi, da sospiri profondi, da confidenze incontenibili. Riascoltiamo la dichiarazione di apertura, che lascia trasparire una tensione fortissima: “Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!”.
1. Cos’è questo fuoco e questo battesimo? A che cosa sta pensando Gesù ? In prima battuta possiamo dire che, con la metafora del battesimo, Gesù voglia alludere al battesimo di sangue della sua passione. Già un’altra volta il Maestro aveva parlato della sua morte come di un battesimo: “Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?” (Mc 10,38). L’immagine del battesimo traduce bene quella sorta di immersione ‘fino alla gola’ nelle acque della tribolazione, che Gesù sperimentò nella sua passione. Ma anche l’immagine del fuoco si può riferire all’ora suprema e drammatica della croce, e sta ad indicare la sconvolgente rivelazione dell’amore di Gesù per l’umanità peccatrice. La passione di Gesù è una autentica passione d’amore. La croce è il vero roveto ardente dell’amore più grande, che accetta anche la morte perché ne venga la salvezza di tutti.
Gesù, dunque, sta pensando alla Pasqua, ma sembra voler accennare anche alla Pentecoste, se è vero che ambedue le immagini – del fuoco e del battesimo – ricorrono nella profezia di Giovanni Battista, il quale diceva del Messia: “Vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (Lc 3,16). Lo stesso evangelista, negli Atti degli Apostoli, presenta l’evento della Pentecoste come il primo solenne battesimo di tutta la Chiesa, un battesimo non di acqua ma, appunto, di fuoco (cfr At 2,3). Tutta la vita di Gesù è stata animata dal desiderio ardente che il fuoco dello Spirito divampasse sulla terra, e quel desiderio si è pienamente realizzato con la venuta dello Spirito Santo, sceso in forma di fiammelle di fuoco sugli apostoli riuniti nel cenacolo. Dobbiamo allora concludere che con la sera di Pentecoste il sogno di Gesù ha finito di realizzarsi? No, davvero! con la Pentecoste tutto è ‘compiuto’, ma non tutto è ‘finito’. In effetti, la Pentecoste è un evento in corso. Tant’è vero che la sua onda lunga è arrivata fino a noi, il giorno del nostro battesimo, quando anche noi siamo stati immersi “in Spirito Santo e fuoco”. Ma allora dobbiamo arrivare a dire che, ormai, Gesù non nutre più alcun desiderio riguardo alla Chiesa dei nostri tempi e riguardo a noi cristiani di oggi? No, assolutamente no! Il desiderio che continua ad ardere nel cuore di Gesù è precisamente questo: che il fuoco del suo Spirito divampi nella Chiesa intera, e in tutti e ciascuno di noi, suoi discepoli.
2. Ma qual è la nostra risposta a questo desiderio incandescente di Gesù? Qui dobbiamo compiere una delicata opera di discernimento, secondo le parole, anch’esse sferzanti, del Maestro: “Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: ‘Arriva la pioggia’… Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo?”. Dobbiamo scrutare i segni dei tempi, del nostro tempo. Un primo segno, negativo, è il ‘raffreddamento della fede’ presso molte comunità cristiane, nel nostro Occidente secolarizzato. Il fuoco dello Spirito e dell’amore è rimasto sepolto dalla coltre dell’indifferenza, dalla cenere dell’abitudine, dal triste grigiore di una vita cristiana scarica: incolore, inodore, insapore. Una vita sazia e annoiata, che non genera una testimonianza, non colora una esistenza, non accende una gioia. Ma, d’altra parte, c’è un segno positivo, ed è la sorprendente novità di oggi. Il vento dello Spirito ha ricominciato a soffiare forte e il suo fuoco ha ripreso fiamma. Abbiamo la fortuna di vedere molti cristiani che fanno una esperienza viva di Gesù Cristo. Ed un altro confortante e promettente segno di novità – legato al precedente – è il risveglio del cosiddetto ‘gigante addormentato’, il laicato, e, con ciò, l’avvio di una nuova ondata di evangelizzazione, i cui protagonisti sono i laici.
Ma Gesù oggi non finisce di incalzarci, e ci ricorda qual è il prezzo del discepolato alla sua scuola: è la radicalità della sequela. “Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, vi dico, ma divisione”. Di fronte a lui, nessuno può rimanere indifferente o neutrale. Bisogna scegliere: o con lui o contro di lui. Se è vero che “chi si avvicina a Gesù, si avvicina al fuoco”, allora o ce ne allontaniamo del tutto, oppure ci avviciniamo e ci lasciamo assorbire dalla sua fiamma d’amore. Non c’è una via di mezzo. A coloro che non sono né freddi né caldi, ma ‘tiepidi’, il Signore dice che li vomiterà dalla sua bocca (cfr Ap 3,16). Se si vuole andare dietro di lui, urge decidersi: non si può giocare al rimando, rinviando scelte che impegnano e accontentandosi di qualche opera buona, tanto per fare qualche saldo con la propria coscienza. E non si può giocare neanche al ribasso, accontentandosi di una fede languida, di un cristianesimo annacquato e dolciastro. La persecuzione dei poteri dominanti, l’opposizione delle mode correnti non sono i segni della nostra debolezza o del fallimento della causa di Gesù. Sono piuttosto il segno della nostra fedeltà.
E’ vero, ci ricorda il Papa: “Siamo poveri di amore, assetati di verità e giustizia, mendicanti di Dio, come sapientemente il servo di Dio Mons. Luigi Giussani ha sempre sottolineato. La povertà più grande infatti è la mancanza di Cristo, e finché non porteremo Gesù agli uomini avremo fatto per loro sempre troppo poco”. Di qui, l’appello pressante: “Andiamo incontro a tutti, senza aspettare che siano gli altri a cercarci!”. Ecco allora cosa dobbiamo fare: andare incontro a tutti, per portare a tutti la fiamma divampante del fuoco di Cristo.
Lo stesso fuoco arda nel nostro cuore per riscaldare e illuminare gli ambienti dove viviamo e operiamo, mettendo in conto che potremmo incontrare il rifiuto e l’avversione – la persecuzione! – perfino di coloro che ci sono più vicini, consapevoli però che nessuno ha il potere di spegnere quella fiamma che l’amore di Gesù ha acceso nei nostri cuori.
EMILIA GUARNIERI:
Vi faccio ora partecipi di una iniziativa che vorremmo partisse da questo Meeting dedicato all’emergenza uomo. Facendo nostre le parole di Papa Francesco nel messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale 2013, lanciamo da questo Meeting un appello per i cristiani perseguitati, che da ora proporremo di firmare a tutti quelli che verranno al Meeting, personalità, ospiti, ognuno di noi, e che estenderemo quanto più possibile. Diceva Papa Francesco nel messaggio per la Giornata Missionaria: «Un pensiero infine ai cristiani, che in varie parti del mondo si trovano in difficoltà nel professare apertamente la propria fede e nel veder riconosciuto il diritto a viverla dignitosamente. Sono nostri fratelli e sorelle, testimoni coraggiosi, ancora più numerosi dei martiri nei primi secoli, che sopportano con perseveranza apostolica le varie forme attuali di persecuzione. Non pochi rischiano anche la vita per rimanere fedeli al Vangelo di Cristo. Desidero assicurare che sono vicino con la preghiera alle persone e alle famiglie e alle comunità che soffrono violenza e intolleranza, e ripeto loro le parole consolanti di Gesù: “Coraggio, Io ho vinto il mondo”».
Questo è l’appello che chiediamo di sottoscrivere, e che sarà possibile firmare nei vari punti del Meeting, in postazioni apposite, nel corso della settimana. È doloroso constatare come in varie regioni del mondo, ancora oggi, non sia possibile professare ed esprimere liberamente la propria religione se non a rischio della propria libertà personale e della vita stessa. In questo drammatico contesto, sono i cristiani a soffrire maggiormente a motivo della fede. Ogni anno, nel mondo, oltre centomila cristiani vengono uccisi, e molti altri sono costretti a subire ogni forma di violenza: stupri, torture, rapimenti, distruzione dei luoghi di culto. Ma esistono anche forme più silenziose, sofisticate, di pregiudizio e di opposizione verso i credenti e i loro simboli religiosi. I cristiani sono minacciati, attaccati fisicamente e uccisi in molti Paesi. I cristiani sono anche oggetto di discriminazione nei più diversi modi, anche in quei Paesi dove ha libero campo ed esercita un’egemonia culturale, un nichilismo incapace di accettare chi, in un clima di autentico pluralismo, voglia far riferimento a un’ideale, a una religione, a una fede. È una drammatica realtà, che sempre più viene taciuta, nascosta o volutamente censurata nelle sue dimensioni reali, se non nei casi estremi di violenza per cui è impossibile tacere, ma che non può essere ignorata, perché, oltre ad offendere la dignità umana, costituisce una minaccia alla sicurezza e alla pace, e impedisce la realizzazione di uno sviluppo umano autentico e integrale. Il messaggio evangelico è di per sé una contestazione di ogni conformismo, irriducibile a ogni potere, pertanto, l’esistenza dei cristiani è di per sé un antidoto all’invadenza del potere. Un’istituzione civile che rispetta la libertà di una tale realtà, è per ciò stesso tollerante verso ogni altra autentica aggregazione umana. Il riconoscimento del ruolo anche pubblico della fede, e del contributo che essa può dare al cammino degli uomini, è dunque garanzia di libertà per tutti, non solo per i cristiani. Per questo, difendere il diritto all’esistenza dei cristiani è difendere la vita libera di chiunque, la capacità di incontrare l’altro in quanto uomo, di stimare e riconoscere nella fede e nel pensiero del prossimo un sincero tentativo di risposta alla domanda di significato propria di ciascuno, è un aspetto essenziale della presenza cristiana nella storia. Il Meeting di Rimini ha cercato di contribuire all’amicizia tra i popoli, e questi 34 anni della sua storia sono la documentazione, tanto imprevista quanto desiderata, che è proprio il desiderio del cuore, desiderio di verità, di bellezza, di giustizia e di felicità, a rendere amici uomini e donne diversi per fede, cultura, appartenenza etnica e ideologica, divenendo sorgente di rispetto autentico e quindi di pace. Per questo, proprio dal Meeting di Rimini 2013, raccogliendo il grido di Papa Francesco, lanciamo un appello che invitiamo tutte le persone di buona volontà a sottoscrivere. Chiediamo alle istituzioni nazionali e agli organismi internazionali, secondo le norme del diritto internazionale, di fare tutto il possibile per difendere, tutelare, proteggere e garantire l’esistenza dei cristiani ovunque nel mondo. Chiediamo di riconoscere ai cristiani il diritto elementare alla ricerca e alla testimonianza della verità, impedendo ogni limitazione della loro libertà espressiva e associativa.
Trascrizione non rivista dai relatori