Chi siamo
Produrre è comunicare
‘Le attività di Dino Gavina sono un punto di riferimento necessario per chiunque si occupi del divenire della cultura figurativa e del suo rapporto con i momenti della produzione. Dino Gavina inizia a produrre mobili alla fine degli anni ’50 a Bologna; dai primi oggetti disegnati da alcuni progettisti della città, si snoda una lunga serie di produzioni ed interventi ispirati e resi possibili a una storia ricca di incontri con personalità del mondo dell’arte, della cultura, dell’architettura. Nomi come Man Ray, Marcel Duchamp, Sebastian Matta, Carlo Scarpa, i fratelli Castiglioni, Marcel Breuer , ci sono divenuti più familiari e noti grazie all’opera di Dino Gavina. La preoccupazione costante, l’ipotesi di ricerca nel mondo degli oggetti d’uso è sempre stata quella di produrre qualcosa che aiutasse a rendere più bella la vita, usando le possibilità della produzione industriale. C’è nell’esperienza di Dino Gavina la ricerca costante dell’utile e del bello al di là delle mode, e questa estrema libertà nel cercare le cose più vere lo spinge ad esplorare capitoli di storia apparentemente chiusi: è cosi che mette in produzione la “Tomasa”, sedia in legno di derivazione rinascimentale. La produzione industriale può essere un ottimo “medium’ di queste intuizioni, in quanto in maniera rapida ed inequivocabile può raggiungere le persone nel loro quotidiano con degli oggetti d’uso. La mostra mette l’accento su questa enorme possibilità-responsabilità insita nei meccanismi della produzione. Attraverso le scelte, forse a volte apparentemente contraddittorie, le storie, gli incontri, i nuovi progetti e le prese di posizione, Dino Gavina ci testimonia la costante speranza di essere circondati da cose belle e vere. Nella rassegna del Meeting, i cui testi sono curati da Virgilio Vercelloni, saranno esposti mobili, oggetti d’arredo, lampade e modelli progettuali, oltre ad una serie di mobili scultura, di “ultramobili”, come li chiama Gavina, oggetti di casa che sorpassano l’uso funzionale per divenire vere opere d’arte.’