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PON RETI E MOBILITÀ. L’Italia al centro del sistema di trasporto euromediterraneo: intermodalità, nuove infrastrutture, sicurezza e innovazione per lo sviluppo della logistica
Pon Reti e Mobilità
26/08/2011 - ore 15.00 In collaborazione con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Partecipano: Pietro Baratono, Autorità di Gestione del PON Reti e Mobilità 2007/2013 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; Letterio Denaro, Responsabile di Linea d'Intervento del PON Reti e Mobilità 2007/2013 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; Mario Laurenti, Direttore Generale per i Sistemi Informativi, Statistici e la Comunicazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; Lanfranco Senn, Direttore Scientifico di Gruppo CLAS; Roberto Zucchetti, Presidente di Gruppo CLAS.
In collaborazione con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Partecipano: Pietro Baratono, Autorità di Gestione del PON Reti e Mobilità 2007/2013 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; Letterio Denaro, Responsabile di Linea d’Intervento del PON Reti e Mobilità 2007/2013 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; Mario Laurenti, Direttore Generale per i Sistemi Informativi, Statistici e la Comunicazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; Lanfranco Senn, Direttore Scientifico di Gruppo CLAS; Roberto Zucchetti, Presidente di Gruppo CLAS.
LANFRANCO SENN:
Buongiorno a tutti, credo che possiamo cominciare con puntualità quasi svizzera, io sono svizzero, quindi non potevo non dirlo. L’incontro di oggi ha per titolo “PON reti e mobilità”. Fatemi decodificare la parola PON per chi non la conosce, i non addetti ai lavori potrebbero non conoscerla, sta per Programma Operativo Nazionale, sui trasporti e la mobilità, sulle reti di trasporto e sulla mobilità, sulle infrastrutture di trasporto e sulla mobilità, poi il primo intervento approfondirà molto bene che cos’è il PON trasporto in quanto tale. Ma il sottotitolo credo che sia altrettanto importante, perché se con PON reti mobilità è il soggetto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che si è fatto carico di organizzare questo incontro, col sottotitolo è L’Italia al centro del sistema di trasporto euromediterraneo: “intermodalità, sicurezza e innovazione per lo sviluppo della logistica”. Io credo che non sia immediato e facile, e ci proveremo tutti, fare il collegamento tra questo incontro e il titolo del Meeting dove l’esistenza diventa un’immensa certezza, ma ci accorgeremmo tra poco che l’idea generale del Meeting è applicabile al tema delle infrastrutture in modo addirittura emblematico. Che le infrastrutture siano opere di grande impegno, siano grandi opere di lunghissimo periodo per la loro gestazione e poi realizzazione, abbiano bisogno di elementi di certezza è un fatto incontrovertibile, è un fatto incontrovertibile soprattutto quando si parla di infrastrutture per la mobilità in un contesto, come dice il titolo, il nostro titolo, in un contesto euromediterraneo e credo che la lettura dei giornali di questi giorni ci dica sufficientemente che la sfida per l’Italia nel realizzare le infrastrutture è sì quella di collegare Como e Pavia, oppure Frosinone e Rieti, ma è sicuramente anche di dare una vision, di impostare le cose nel lunghissimo periodo, nel lungo periodo, ma già a partire da oggi, con delle soluzioni inevitabilmente di breve periodo, attraverso il Mediterraneo, proprio perché le infrastrutture hanno come funzione quella di collegare dei luoghi, hanno la funzione di collegare luogo A con il luogo B, hanno l’opportunità, costruiscono l’opportunità per l’area A, l’area B, il Paese, la Regione, il Comune di avere accesso, di diventare accessibili per persone, visitatori, turisti e per le merci, per lo scambio della produzione di beni e servizi. Allora l’infrastruttura serve a creare questo collegamento, non è un fine, non può essere un obbiettivo, l’infrastruttura è un mezzo, è un mezzo per generare sviluppo, perché solo un territorio che è impattato, che ha, che vede la presenza di infrastrutture ha la possibilità di essere collegato nel breve e nel lungo braccio, dal localismo alla globalizzazione, e quindi scambiare beni, scambiare merci, scambiare informazioni, scambiare culture etc. Da questo punto di vista, credo che la sfida della costruzione delle infrastrutture o del mettere in rete luoghi diversi, ripeto, a scale geografiche diverse, e sicuramente quella euromediterranea è strategica e cruciale, rappresenti una grande opportunità per la gente, per le imprese. Da questo punto di vista c’è un significato e un valore che, come dire, non sempre al cittadino comune pare come un valore forte da difendere. Sono più le volte in cui alle infrastrutture si dice no, perché danno fastidio, perché la produzione è problematica, perché il disagio per un periodo è indubbio, perché gli impatti ambientali possono essere anche significativi sia nella fase di costruzione che nella fase di gestione. Ma l’interesse comune, il bene comune è il legame, è comunque la connettività. Da questo punto di vista, che il Ministero abbia creato e denominato il programma operativo nazionale sui trasporti, reti e mobilità, dice di questa opportunità. Infrastrutture e servizi e mobilità sono possibili su queste infrastrutture. Con chi parliamo di questi temi dell’incontro di oggi? Ne parliamo con quattro persone. Pietro Baratono sarà il primo ad intervenire. Pietro Baratono è il responsabile della Autorità di Gestione di questo programma operativo nazionale. Ha un’esperienza di recepimento di quello che sono le opportunità e i finanziamenti da parte dell’Europa per intervenire in questo settore e di controllo affinché tutte le attività che in Italia si fanno per valorizzare, per spendere soldi comunitari, abbiano un buon fine. In questo senso questo suo intervento è un intervento introduttivo, perché è l’intervento che ci dice, pone il problema, tutto sommato, ci racconta qual è il problema che stiamo affrontando oggi. Il secondo intervento sarà quello di Roberto Zucchetti. No facciamo così, facciamolo uno per volta, sennò poi alla fine vi dimenticate chi sono quelli precedenti. Quindi io darei al parola a Pietro Baratono, gli chiederei di tenere l’intervento sull’arco del quarto d’ora grosso modo in prima battuta, in modo tale che poi possiamo ritornare con domande, osservazioni incrociate tra i partecipanti al nostro seminario. Prego.
PIETRO BARATONO:
Grazie. Grazie professore. La prima slide per piacere. Allora, io innanzitutto darò, a chi fosse un po’ digiuno di questa materia, alcune definizioni che riguardano appunto cosa sono questi fondi comunitari che noi gestiamo, cosa sono questi fondi nell’ambito del quadro politico dell’Unione europea. Bene, stiamo parlando della politica di coesione. Che cosa è la politica di coesione dell’Unione europea? E’ sostanzialmente un aspetto solidaristico, cioè stiamo parlando di solidarietà nell’ambito della esigenza dei vari Paesi di crescita in un ambito di sussidiarietà tra le istituzioni e le imprese e quant’altro. Quindi sostanzialmente stiamo parlando di una politica che investe complessivamente in Europa circa 350 miliardi di euro. La prossima slide. Noi siamo il piano operativo nazionale, stiamo parlando delle regioni obbiettivo-convergenza, quindi stiamo parlando solamente delle regioni del sud, che sono la Calabria, la Campania, la Puglia e la Sicilia e qual è l’obiettivo di questa convergenza? E’ l’aumento, il miglioramento della qualità degli investimenti, sia di capitale fisico, come si ha nelle infrastrutture etc., che capitale umano. Sviluppo dell’innovazione e della conoscenza, adattabilità, tutela dell’ambiente, efficienza amministrativa. Noi di questi aspetti ovviamente, essendo grandi infrastrutture, recepiamo la parte ambientale, l’innovazione e ovviamente le infrastrutture. La prossima slide. Come vedete la ripartizione geografica è una ripartizione dell’Europa… ecco quelle rosse, cioè quelle arancioni. Quindi vedete le quattro regioni dell’Italia, le regioni di tutto il Portogallo, praticamente, e una buona parte della Spagna e tutti i Paesi ex-est, insomma al di là della cortina di ferro, e poi c’è qualche cosa nel Regno Unito. Posso dire, se non ricordo male, che nella successiva politica, quella che seguirà il 7 e 13, cioè il 14-20, ci sarà una riduzione territoriale, ma non particolarmente significativa, cioè la coesione ci sarà ancora, dovrà ancora esserci. La prossima. Da un punto di vista finanziario, vedete, qui stiamo parlando dell’81,54% delle risorse e l’obiettivo convergenza in tutta Europa sono 250 miliardi di euro. Vado velocemente su questa parte per soffermarmi poi su temi più importanti. La prossima per piacere, sul quadro finanziario italiano. Ecco, complessivamente – non solo noi del Ministero delle infrastrutture che gestiamo una parte delle infrastrutture nazionali, ma ogni Regione gestisce la propria parte di infrastrutture e di tutti quei programmi che sono appunto nell’ambito della convergenza – in Italia abbiamo circa 21, 22 miliardi di euro di obiettivo convergenza, per la competitività regionale sono circa sei miliardi e per la cooperazione transfrontaliera sono circa 846 milioni di euro. La prossima slide. Dove ci collochiamo ora? Ci collochiamo nei grandi corridoi comunitari. Come sapete i corridoi comunitari sono decisi a livello europeo evidentemente attraverso un dibattito, un confronto tra tutti i Paesi membri e quelli che interessano essenzialmente l’Italia sono: il corridoio uno, il cosiddetto Berlino-Palermo, il corridoio 21, quello in mezzo blu, l’autostrada del mare, e poi ci sarà… Ovviamente quelli che riguardano le regioni del meridione sono essenzialmente i corridoi 1 e 21 perché gli altri sono… l’altro corridoio, il corridoio 5 per esempio, interessa la parte del nord Italia. Prossima slide. Quindi lo sviluppo territoriale che noi prevediamo è possibile, la Commissione europea su questo è stata chiara, solo all’interno di un sistema di reti. Allora noi dobbiamo considerare due effetti: gli effetti territoriali per l’Italia del processo di allargamento dell’Unione europea, e quindi il miglioramento e il potenziamento della dotazione infrastrutturale dei grandi assi di collegamento e questo per rafforzare la competitività del Paese, perché non ha senso che noi sviluppiamo una competitività al di fuori dei corridoi transeuropei, quindi noi dobbiamo stare in questo frame. La prossima slide. E c’è ovviamente un divario, perché nascono queste politiche di coesione al di là della marea delle regole, per cui si danno ai Paesi dei fondi sulla base del PIL etc., non vi sto a tediare su questo. Non c’è dubbio che esiste un divario infrastrutturale tra nord e sud del nostro Paese e un divario infrastrutturale anche nel contesto europeo, evidentemente. Allora se voi guardate questa slide abbastanza interessante voi vedete… il grigio è il centro-nord, il giallo è il sud, su tante… per esempio, se parliamo di autostrade non ci sono grandissime differenze, ma se cominciamo a guardare i porti, gli aeroporti, ma soprattutto i centri internodali, vedete che c’è un gap infrastrutturale imponente. E questo ovviamente è uno dei compiti che ci siamo assunti: cercare di ristabilire un minimo di parità tra le regioni del nord e le regioni del sud. Prossima slide. Dal punto di vista concettuale possiamo notare per esempio la rete ferroviaria del meridione. La rete ferroviaria del meridione ha una minore dotazione quantitativa, questa è assolutamente… si vede, chi di voi va in ferrovia giù al sud si rende conto di un basso livello di standard tecnologici e prestazionali. Allora dove andiamo noi a operare soprattutto? Certamente raddoppiare linee ferroviarie è lungo e molto costoso. Facciamo caso l’esempio della Palermo-Catania, adesso ci sono tante polemiche, tante discussioni su questo. Raddoppiare o fare una linea veloce Palermo-Catania ex novo costa qualche cosa come 3, 5 miliardi di euro. Ce li abbiamo questi soldi? Probabilmente no. Di soldi in definitiva il PON non ne ha tantissimi, abbiamo circa tre miliardi di euro che sembrano tanti, poi se noi andiamo a vedere le opere infrastrutturali da fare, non sono tantissimi… Circa il potenziamento dei nodi ferroviari, che è un problema di capacità ferroviaria, lo possiamo risolvere con la tecnologia. La tecnologia consente ai nodi, per esempio il nodo di Napoli, il nodo di Bari etc., di aumentare la capacità e quindi, dato che il PON si occupa di logistica e merci, la capacità anche del trasporto delle merci. Le infrastrutture portuali. Probabilmente qualcuno di voi avrà letto sui giornali la questione di Gioia Tauro, la questione degli operatori che si stanno muovendo da Gioia Tauro e se ne vanno in Egitto e se ne vanno in altri Paesi. Da noi ci sono carenze nella dimensione operativa e limiti di lavorazione e movimentazione delle merci. Molti porti non sono dotati di retroporti efficienti, molti porti non hanno un collegamento del cosiddetto ultimo miglio, tra la rete nazionale e il porto stesso. Quindi il PON opera per cercare di trovare una sintesi e quindi di favorire la retroportualità e favorire il collegamento con la rete ferroviaria. Allora, visto il grande numero di chilometri di costa, visto che l’Italia ha circa 24 autorità portuali, se non ricordo male, e più di 24 porti commerciali, anche importanti, noi dobbiamo assolutamente collegare i porti, che sono il punto di ingresso delle merce, della gran parte del Far East e di altre parti. Per esempio, adesso, nei prossimi 20 o 30 anni, si parlerà non solo di traffico del Far East, che proviene dalla Cina, dall’India, ma anche di traffico dall’Africa. Adesso non so se saranno 20, forse saranno 30, non lo so, però indubbiamente ci sarà anche un traffico nord-sud. E i nostri porti potrebbero essere un punto di raccolta delle merci per poter essere poi instradate nei territori dell’Unione europea. Questa è un’opportunità che non dobbiamo dimenticarci di cogliere. Prossima slide. Quali sono secondo me le debolezze nel settore dei trasporti nel nostro Paese? Faccio anche autocritica ovviamente come stato nazionale. Innanzitutto abbiamo, secondo me, una insufficiente visione di sistema, di insieme. Cioè questo è un sistema: porti, ferrovie, retroporti, è un sistema, non è il singolo porto, la singola opera, la singola ferrovia. Noi dobbiamo guardare al sistema. Quindi è un efficientamento dei nodi, delle connessioni dei nodi. Poi abbiamo una inadeguata capacità delle infrastrutture, questo ve l’ho già raccontato, ma anche di imprese e servizi. Questo non ce lo dobbiamo dimenticare, non è compito nostro, però noi attraverso le infrastrutture diamo la possibilità a imprese e servizi di lavorare. Da parte delle amministrazioni pubbliche e gli enti locali c’è sicuramente un ritardo di indirizzo. La politica in questo caso deve essere di lungo periodo, quindi la politica deve guardare molto avanti, non deve guardare alla campagna elettorale delle amministrative oppure alla campagna elettorale nazionale, ma deve guardare molto in là, nell’ottica di qualche decina d’anni. Certezza delle regole. Se ne è parlato anche ieri durante la conferenza del Ministro, noi abbiamo un quadro di insieme di regole qualche volta contraddittorie e invece le imprese e gli operatori devono avere certezze. La necessità di confrontarsi con lo scenario mondiale è una questione fondamentale. Allora qui vorrei sollevare un punto. Il professore citava il logo, diciamo così, “E l’esistenza diventa un’immensa certezza”, io direi che l’elemento di certezza nel mondo della logistica delle merci è che vi è una certezza in questo senso: la certezza secondo me è un fattore deterministico, cioè io ho una certezza, attuo una scelta per così dire di tipo deterministico, in realtà noi siamo nel campo della dinamica, non siamo nel campo della certezza. Siamo nel campo evolutivo anche nel settore dei trasporti. Quindi l’unica certezza che possiamo avere è che siamo in un campo molto dinamico ed estremamente evolutivo. Quindi il confronto con lo scenario mondiale è un confronto che il pubblico amministratore deve avere la lucidità di fare, considerando che l’evoluzione è veloce. Guardate Gioia Tauro: prima ancora che facessimo ingenti investimenti a Gioia Tauro, del valore di circa di 80 o 90 milioni di euro, per il gateway ferroviario, per tutta una serie di altre opere, l’operatore non ha aspettato quei due tre quattro anni che ci sarebbero voluti per fare le opere e se ne è andato. Adesso forse ritorna, adesso c’è un dibattito in corso, non so a che punto sia, però indubbiamente le politiche delle infrastrutture presuppongono politiche di lungo periodo, tenendo conto però della mancanza di certezze, sotto l’aspetto della dinamica dell’evoluzione del mercato. Prossima slide. Le politiche per i trasporti e la logistica. Il Governo ha fatto parecchio in questo periodo. Vorrei citare per esempio le delibere di riprogrammazione dei Fas, c’è un decreto relativo alla perequazione infrastrutturale, è stato approvato il piano nazionale per il sud, è stato pubblicato il nuovo piano nazionale della logistica, c’è stata l’approvazione di una delibera Cipe per la questione della capacità di spesa nelle aree sotto utilizzate e quindi l’attuazione, l’attivazione di interventi, la rivitalizzazione di quegli interventi che non sono stati… non hanno corso insomma. Poi c’è il nono allegato infrastrutture, lo citavano ieri, lo citava se non sbaglio il Ministro, nel nono allegato infrastrutture che è allegato alla decisione di finanza pubblica, cioè alla finanziaria. In questo allegato infrastrutture è stata inserita tutta la programmazione nazionale, quindi dai Fas alla nostra programmazione PON. A breve poi sarà attivato il piano generale della mobilità di questo Paese. L’ultimo piano, se non sbaglio, risale al 2001, quindi stiamo operando per attivare la nuova versione dei piani generali. Di che cosa tiene conto? Questa è una cosa molto importante perché questo è il frame di tutto quanto. Tiene conto sia di un contesto europeo sia di un contesto nazionale. Io parlo solamente del contesto europeo, perché è quello fondamentale, perché parliamo del libro bianco dei trasporti del 2011, delle specifiche direttive dell’Unione europea, della comprehensive network, che sarebbero le reti, le reti che sono state fissate adesso con l’ultima decisione, e ci sono altri progetti europei. Ecco, questo è il frame di riferimento anche per il nostro territorio nazionale. L’obiettivo è crescita sostenibile, efficienza, sicurezza e sostenibilità, anche dal punto di vista ambientale. Io ci tengo molto. Da questo punto di vista il PON ha fatto qualche cosa. Ora, siccome queste opere sono opere lente, cioè, l’opera infrastrutturale è un’opera che ha già una fase di gestazione estremamente complessa, noi abbiamo pensato di costituire dei tavoli, almeno il tavolo ambientale del nostro Ministero con la collaborazione del MISE, cioè del Ministero dello sviluppo economico e dell’ambiente, per cercare di velocizzare tutte quelle procedure che ieri l’assessore Cattaneo, mi sembra di ricordare, dicesse, le famose 26 firme per fare un’opera. Prossima slide. Quindi per me, per quanto mi riguarda, la politica trasporti e logistica significa: riduzione delle tempistiche, tenere conto che ci sono sviluppi di politiche di lungo periodo e, soprattutto, da parte delle istituzioni, una giusta e corretta autonomia gestionale e indipendenza rispetto ai mutamenti dell’assetto politico. Questo secondo me è fondamentale, per evitare che succeda quello che qualche volta succede, cioè che il mutamento politico causi anche un mutamento di indirizzo che significa ritardi e significa possibilmente non fare le opere. Queste opere, prossima slide, devono essere completate entro il 2015. Come vi ho detto noi stiamo gestendo sia i 2 miliardi e 8 circa del PON reti-mobiliità, sia le cosiddette risorse liberate, che sono circa 2 miliardi di euro del vecchio PON trasporti 2000-2006. Prossima slide. Ci sono due assi. Uno è lo sviluppo delle infrastrutture di trasporto logistico di interesse europeo-nazionale, il secondo il potenziamento delle connessioni. Come vedete c’è una locazione di risorse per regione che è stata in qualche modo condivisa a suo tempo a livello nazionale. Prossima slide. Noi ci occupiamo di logistica e merci, il che significa che il PON destina il 70 % delle risorse a modalità di trasporto sostenibili: questa è una delle regole del PON. Quindi significa ferrovie, porti e sistemi intelligenti, di cui poi i colleghi vi parleranno, per seguire l’intermodalità e promuovere la tecnologia. Quindi mix di tecnologie e quant’altro. Prossima slide. A che punto siamo? In questo momento abbiamo circa il 5% dei progetti conclusi, il 28% di lavori in esecuzione e il 51% di progetti, di opere in progettazione, anche perché, come sapete, la progettazione, in un’opera di questo genere, è fondamentale ma è una parte estremamente complessa e lunga. Attualmente, mi sembra, non mi ricordo bene, con il decreto delle autorità di gestione, sono state impegnate circa il 97% delle risorse del piano operativo nazionale. Prossima slide. Sono alle conclusioni. Questa è la slide delle opere, come vedete in tutte le quattro regioni ci sono delle cose che vorrei segnalare, per esempio adesso stiamo arrivando alla gara per il porto di Salerno, che sono circa 150 milioni di euro, poi abbiamo il Porto di Gioia Tauro… Un nostro fiore all’occhiello direi che è stato il centro internodale di Bari Lamasinata, in cui siamo riusciti a far convergere in maniera sinergica, insieme con la Regione, una serie di risorse per fare proprio il polo che serva sia Bari, sia Taranto e quindi tutto il quadrante produttivo della Puglia. Ci sono altri interventi molto importanti. Prossima slide. Questo è stato fatto attraverso dei focus territoriali fondamentali, perché il momento di confronto con le regioni è stato un momento fondamentale. E quindi abbiamo sostanzialmente individuato, diciamo così, i sistemi territoriali principali, con la trasversale Tirrenico-Adriatica, il corridoio Berlino-Palermo, il sistema Sicilia orientale, la trasversale Tirrenico-Ionico-Adriatica, cioè il collegamento Gioia Tauro, Taranto, Bari. Ultima slide. Ecco, volevo parlare dei regimi d’aiuto. Una delle questioni fondamentali, naturalmente, è finanziare con delle regole: in questo momento il nostro bando di gara è all’esame dell’Unione europea. Sostanzialmente noi vogliamo creare un regime d’aiuto nel settore privato per la realizzazione di infrastrutture logistiche. Però ci deve essere la collaborazione di più imprese, questo per incrementare l’integrazione delle infrastrutture, sviluppare l’internodabilità, l’intermodalità e la logistica come leve strategiche per far crescere tutto il territorio. Questo è fondamentale, ma è fondamentale soprattutto che ci sia sintesi, ci sia convergenza, noi non diamo soldi a pioggia, noi diamo soldi a idee che però siano idee di sistema, che mettano insieme più imprese di logistica, più operatori nell’ambito della stessa filiale. Attualmente abbiamo pensato a un bando dell’importo di circa 20 milioni di euro, ma potrebbero aumentare, e sarà pubblicato, supponiamo, se tutto va bene, nel gennaio del 2012. Grazie per l’attenzione.
LANFRANCO SENN:
Due cose che poi riprenderò anche nelle conclusioni, ma che anticipo. Una la visione d’insieme: credo che questo tema della visione d’insieme sia una prerogativa molto importante perché si possa avere un’attività seria di programmazione e poi di realizzazione e di finanziamento delle infrastrutture. L’idea che la mobilità sia un problema di sistema, sia un problema di reti, sia un problema di interfacciamenti e di collaborazione, intermodalità, a cui adesso accennava il nostro relatore, secondo me dicono l’importanza di non guardare solo ad aspetti particolari. Quante nostre pubbliche amministrazioni in passato hanno guardato ad aspetti particolari della vita del Paese e hanno portato a casa sviluppo a macchia di leopardo? Questa visione di insieme e questa visione di promozione della collaborazione tra chi è soggetto attuatore dello sviluppo, cioè l’impresa che costruisce, e l’impresa che progetta. Questo credo che sia un indirizzo di governo tra quelli che lui ha indicato tra i più positivi. Una delle funzioni che la gestione complessiva che Baratono presidia e presiede è quella di non solo programmare ma anche di vedere cosa sta succedendo nel frattempo, come si attuano i programmi che lui imposta, in modo tale da non fare dichiarazioni di principio sull’importanza del sistema, sui punti di focalizzazione degli investimenti eccetera, ma di monitorare quello che è il divenire di questa complessa azione di governo. Per questo il Ministero, secondo delle regole comunitarie diffuse, fa anche un’attività di monitoraggio, fa un bando per il monitoraggio dello stato di attuazione del PON, fa una gara. Questa gara è stata vinta a suo tempo da Gruppo CLASS. Roberto Zucchetti è il Presidente di Gruppo CLASS, e quindi ha seguito il progetto di monitoraggio del PON trasporti sia nel periodo di programmazione comunitaria passato che in quello attuale. Io, dando la parola a lui, chiederei di sottolineare questa funzione e il perché e il come viene attuata questa attività.
ROBERTO ZUCCHETTI:
Grazie. C’è una motivazione tecnica per cui si fa una osservazione sistematica – è brutto questo termine monitoraggio, osservazione sistematica è più chiaro – ed è evidentemente quello di sapere cosa sta succedendo: se un programma che è molto complesso sta viaggiando in tutte le sue articolazioni secondo la rotta prestabilita. Ma c’è una finalità ancora più importante che è quella di potersi via via rendere conto se quel programma che si sta realizzando riuscirà a conseguire gli obiettivi per cui è stato fatto e quindi porre le condizioni perché ci sia una valutazione di quelli che sono i risultati dell’obiettivo. Allora il mio intervento, visto anche il contesto in cui siamo, non vuole addentrarsi negli aspetti tecnici di queste tecniche di osservazione, monitoraggio, valutazione, ma come sottolineare alcuni aspetti di importanza di quello che si sta facendo, collocandolo dentro il contesto del Meeting. Il Meeting ha come sottotitolo “Meeting per l’amicizia tra i popoli”. Cosa c’entra l’amicizia tra i popoli con le reti di mobilità e trasporti? C’entra eccome, perché da sempre la storia ci insegna che dove passano i grandi flussi di merci, i grandi flussi fisici, da lì passano anche le idee, passano anche la conoscenza e la cultura, da lì passa anche l’amicizia, e ahimè a volte spesso anche l’inimicizia tra i popoli. Se noi osserviamo dal satellite l’Europa di notte, noi vediamo illuminate le grandi città, le grandi aree metropolitane, ma vediamo tracciate le vie consolari romane. Questo vuol dire che quelle vie di comunicazione hanno segnato così profondamente nei secoli lo sviluppo che ancora oggi sono riconoscibili. Questa è una prima affermazione importante. Oggi si parla molto di dematerializzazione dell’economia, si teorizza molto di abbandonare le produzioni fisiche dei beni che hanno una serie di problemi, l’inquinamento, la congestione, per un’economia di servizi, per un’economia finanziaria, per un’economia di know how. Ebbene la storia ci insegna che dove si perde il flusso fisico delle merci, si perde il manufacturing, si perde la produzione fisica, si perde, dopo un po’, in centralità, si scende di livello nella gerarchia interregionale mondiale. Quindi investire su reti di trasporto merci non è un’operazione di retroguardia che dovrebbero fare i Paesi in cui sono andate le produzioni di merci, ma è assolutamente un’operazione centrale per mantenere una posizione di eccellenza, quale il nostro Paese ha, nel contesto mondiale. Quindi una prima conclusione può essere proprio questa: è estremamente importante che l’Italia e l’Europa sappiano investire e sappiano investire bene dentro queste reti dedicate alla grande mobilità dei grandi flussi fisici di merci e persone. Secondo tema, titolo dell’incontro, la centralità del Mediterraneo. Il polo investe nelle regioni che hanno obiettivo di convergenza, che devono convergere su livelli di sviluppo di altre regioni, quindi investe in prevalenza in Italia, nel meridione italiano. Mi sembra importantissimo sottolineare che questo non è un modo di rientrare in alcune regioni un po’ arretrate, che devono ancora convergere, ma una scelta strategica per tutta la Comunità Europea e per il nostro Paese, stante proprio quello che sta cambiando dentro il Mediterraneo. Il Mediterraneo sta cambiando due cose: la prima è la conseguenza della globalizzazione, sappiamo già quando è cresciuta la Cina, quanto è cresciuto l’Estremo Oriente, quanto è cresciuta l’India. Questa enorme crescita ha cambiato le rotte fondamentali dove passa il trasporto merci. Mentre prima di questo sviluppo le rotte fondamentali erano il nord Atlantico, oggi le rotte fondamentali dove passano i grandi flussi di merci riguardano anche il Mediterraneo. Quindi il Mediterraneo è tornato ad essere un punto di attraversamento dei grandi flussi fisici che percorrono il mondo, era rimasto un mare secondario negli ultimi secoli, è stato riportato al centro. L’Ing. Baratono parlava di Gioia Tauro; Gioia Tauro è stato e speriamo torni ad essere, il principale porto di transhipment, cioè di trasbordo, del Mediterraneo, le grandi navi giramondo entrano nel Mediterraneo, si fermano una sola volta, scaricano tutte le merce destinate a tutte le destinazioni del Mediterraneo e poi continuano. Capite l’importanza di poter aver sul proprio territorio questo punto, fulcro di tutte le rotte internazionali di lunghissima distanza, ma poi anche di breve raggio per ricollocare le merci. Il mar Mediterraneo è destinato a tornare ad essere il punto centrale perché le sponde nord e sud del Mediterraneo sono ormai evidentissimamente destinate a interagire molto di più che nel passato. Noi veniamo da decenni dove queste due sponde hanno interagito pochissimo, erano separate come due mondi, ciascuno dei quali viveva la sua storia. Stamattina il prof. Blangiardo ha dato una serie di numeri, io ne riprendo alcuni perché è importante che tutti abbiamo nell’orecchio le dimensioni di quello che sta succedendo. Sappiamo che in Italia siamo poco più di 60 milioni di abitanti, vi ricordo che l’età media degli italiani è di 43 anni. Tunisia, Egitto Libia e Siria, quattro Paesi nei quali in questi ultimi mesi ci sono profondi rivolgimenti sociali e politici, ha incominciato prima l’Egitto, hanno rispettivamente: 82 milioni di abitanti l’Egitto, più grande dell’Italia, età media 24 anni: Paese giovane; la Tunisia, 10 milioni di abitanti, età media 30, poi la Libia, 6 milioni e mezzo di abitanti, età media 24, e la Siria, ascoltiamo tutti i giorni in televisione, 22 milioni di abitanti, età media 21 anni. Voi Immaginate cos’è un Paese di 22 milioni di abitanti dove l’età media ha 21 anni: è un Paese di adolescenti, permettetemi il termine, quindi un Paese che da un punto di vista demografico, da un punto di vista sociale, è una bomba. La riviera del sud del Mediterraneo – quindi non guardiamo tutta l’Africa, non guardiamo l’Irak, guardiamo semplicemente la sponda immediatamente a sud di noi, lasciamo pur fuori la Turchia, il Marocco e l’Algeria, Paesi immediatamente a sud di noi – conta 167 milioni di abitanti, quindi due volte virgola sette l’Italia, ha però una popolazione sotto ai quattordici anni che è 12 volte l’Italia, questo è il dato impressionante, e ha un reddito pro capite che è il 22% del reddito che abbiamo noi. Quindi una popolazione più grande di noi, molto più giovane di noi, molto più povera di noi. Fra dieci anni questi Paesi, per le leggi della demografia che non sono così aleatorie come quelle della finanza, avranno 283 milioni di abitanti e quindi passeranno dal 2,7 volte l’Italia al 4,5 volte l’Italia. Questi numeri ci dicono che noi, con questa altra sponda del Mediterraneo, abbiamo tutto l’interesse a interagire in modo positivo, sottrarsi a questo dialogo è estremamente pericoloso per noi. Se vogliamo guardare questi numeri con serietà, comprendiamo perfettamente che non ci possiamo permettere una posizione di chiusura verso le istanze di questi Paesi, sarebbe una posizione assolutamente perdente. Allora si capisce ancora di più come è strategico non solo per il meridione d’Italia, non solo per l’Italia ma per l’intera Europa investire in grandi infrastrutture, investire in questa capacità di fare sistema. Ecco quindi, come accennava il prof. Senn prima, l’importanza di supportare questo programma in tutta la sua complessità. Uno degli aspetti con cui maggiormente faticano i colleghi del Ministero a gestire questo programma è il rispetto delle regole europee, delle modalità rigorose che la Comunità Europea ci impone, impone a noi italiani, per questi finanziamenti, perché non è facile trasferire investimenti soprattutto in quelle regioni. Allora l’attività burocratica, nel senso nobile del termine, nel senso del far funzionare le cose come devono funzionare, è fondamentale non solo per riuscire effettivamente a spendere questi soldi – quante volte sentiamo le polemiche che l’Italia non riesce a spendere tutti i soldi a sua disposizione – ma anche a spenderli bene, a spenderli perché finiscano effettivamente in infrastrutture e non ad alimentare circuiti assolutamente perniciosi. Concludo con un avvertimento che viene dalla teoria economica. La teoria economica chiarisce una cosa molto semplice ma che spesso viene ignorata nel dibattito. Quando si parla di nuove infrastrutture c’è sempre una grandissima enfasi a mettere in evidenza i grandi vantaggi che queste porteranno. Di dice facciamo nuovi porti, nuove ferrovie, nuove strade, sarà più facile esportare le nostre merce, le nostre regioni se ne avvantaggeranno perché riusciranno a competere meglio: più infrastrutture, più competitività. La teoria economica dice: sì certo è vero, tutto questo è vero, ma attenzione, nuove strade, nuovi aeroporti, nuovi porti facilitano anche le importazioni, non solo sarà più facile portar là le nostre merci, ma sarà anche più facile portare qui le loro. E allora più che competitività c’è più competizione. Agli studenti do sempre questa immagine, come quando sul ring c’è la pausa, l’arbitro in mezzo al ring e i due pugili sono ciascuno nel proprio angolo, poi suona il gong piuttosto che la campanella, l’arbitro invita a incrociare i guantoni, ecco, la nuova infrastruttura è come il gesto dell’arbitro che invita a confrontarsi. Tutte e due i contendenti sperano di poter prevalere sull’altro, molto spesso si sa che uno solo si avvantaggia. Allora questa apertura, e questo messaggio è da dare molto chiaro ai nostri amministratori delle regioni del Sud, è un’apertura che apre nuove possibilità ma che espone anche a nuovi rischi. E quindi è un’apertura che va accompagnata con politiche di sostegno, di accompagnamento, perché queste regioni, e l’Italia intera, possano sfruttare pienamente le occasioni, le opportunità che la nuova accessibilità consente, altrimenti prevarrà la paura, la voglia di chiudersi, la sfiducia, un atteggiamento ostile alle nuove infrastrutture, atteggiamento che spesso noi riscontriamo, mascherato magari da motivi ecologici, mascherato da altri motivi, ma che, guardando sotto sotto, segnala un mix tra paura del futuro e sfiducia nella possibilità di migliorare. E questo, anche ricollocandosi ancora una volta al tema del Meeting, è solo una certezza immensa che sta ben al disotto e a base delle certezze molto più incerte delle questioni economiche, che porta l’uomo ad aprirsi e quindi a sostenere questi processi di apertura, che sicuramente sono problematici, che sicuramente ci esporranno a grandi cambiamenti, ma che nella storia hanno sempre segnato i grandi momenti di scatto in avanti di tutte le grandi civiltà.
LANFRANCO SENN:
Grazie Roberto. Credo che sia importante quello che avete fatto nei primi due interventi. Avete fondato il senso delle cose che si fanno in un significato più ampio, in una prospettiva più ampia, perché se no è come se noi avessimo sempre il respiro corto di dire va beh abbiamo le nostre cosine, no? Abbiamo fatto il monitoraggio, abbiamo speso bene i soldi della Comunità Europea ma perché? Per chi? Questa attenzione a dare, a dare significato alle cose che si fanno, non è culturalmente così diffusa, per cui mi sembra importante e significativo questo duplice richiamo che è stato fatto. Il terzo intervento è quello di Letterio Denaro. Mi viene un dubbio. Il nome è? Siciliano, ecco. Lui è responsabile, pure essendo di origini baresi, di nascita barese, lui è il responsabile coordinatore della segreteria tecnica del PON reti mobilità 2007 – 2013, in particolare avendo una formazione informatica, avendo una formazione di carattere ingegneristico-informatico, si sta occupando di tutta la parte di information technology che riguarda non solo la raccolta di informazioni per il monitoraggio prima e la valutazione dopo, ma proprio per l’attuazione delle grandi infrastrutture. Come dire, se non ci sono i riferimenti satellitari per riuscire a capire dove si muovono le merci e dove stanno andando le navi, i treni, i vagoni e i camion, non si capisce se l’efficacia delle iniziative programmate e realizzate funzionano. Allora tutti i devices tecnologici che servono in termini info-telematici a questa attuazione sono il campo del suo lavoro, quindi gli chiederei di illustrarci come questo interesse o questo lavoro è applicato al PON trasporti.
LETTERIO DENARO:
Grazie, professore, per la parola. Le slides, grazie. Arriviamo subito alla prima slide. Negli interventi precedenti l’autorità di gestione ha parlato di capacità di fare sistema, come anche il professor Zucchetti, e della razionalizzazione delle infrastrutture. Per parlare di information technology, di intelligent transportes system (ITS), noi dobbiamo svincolarci da quello che è il concetto ingegneristico delle infrastrutture fisiche e parlare di quelle che sono le infrastrutture che non sono fisiche, sono virtuali, ma servono per la gestione di quelle fisiche. Sono infrastrutture che non sono tangibili, non sono visibili, però una disfunzione di questo tipo di infrastrutture ha effetti assolutamente devastanti, assolutamente tangibili, come può essere stato – qualche tempo fa – l’incendio della stazione Tiburtina, che per qualche giorno ha letteralmente spezzato in due la rete ferroviaria italiana, perché Roma non riusciva più a gestire il traffico che passava attraverso il nodo della stazione Tiburtina e della stazione Termini. Questo giusto per far capire l’importanza di quelle che sono le ITS.
Allora, qual è l’obiettivo dell’ITS? E’ praticamente cercare un circolo virtuoso, come è significato lì, tra informatica, comunicazione e integrazione, in modo tale che possiamo razionalizzare la filiera del trasporto. Come ha detto prima l’ing. Baratono, la realizzazione di un’infrastruttura fisica comporta impegno prima, nella fase di progettazione e tempo dopo, nella fase di realizzazione. Questi sono interventi innanzitutto a basso impatto, non occupano spazio fisico, però sono assolutamente importanti.
Io passerei alla slide successiva per vedere quello che è stato fatto nella passata programmazione e in quella attuale. Nella passata programmazione il programma era diviso in assi e misure. Nello specifico la misura 1 e 2.1, riguardava le ferrovie, quindi interventi tecnologici sulle linee per l’aumento della capacità, quindi migliore utilizzazione delle potenzialità della linea. Le strade – diciamo i pannelli a messaggio variabile – sono uno dei principali appigli di quel tipo di interventi. Il VTS, che è un sistema di controllo delle coste italiane – sono stati finanziati degli interventi per il potenziamento e il monitoraggio delle navi che transitano attorno alle coste italiane -. La misura al punto 4 riguardava gli aeroporti, e qui chiaramente un migliore sistema radar, un migliore sistema di controllo, la prevenzione di quello che è il fenomeno del Wind-Shear, sono tutti interventi che sono stati finanziati nella vecchia programmazione. E in più poi ci sta questa misura, che è la ITS pura, quella che non ha riguardato delle specifiche modalità di trasporto, ma ha riguardato assolutamente progetti di monitoraggio di flussi di traffico. In quella misura sono stati finanziati progetti che monitoravano flussi di traffico e progetti di integrazione tariffaria, che poi spiegherò in dettaglio più avanti. In questa programmazione si è passati dalle misure agli obiettivi operativi, quindi si è passati da una cosa generica ad un atteggiamento, un approccio per obiettivi. Quindi abbiamo l’obiettivo operativo 1.3, che si colloca nella linea operativa 1.3.1 che – leggo testualmente – è creare un sistema tecnologico-informativo orientato all’interoperabilità, ai fini di migliorare la qualità dei servizi di trasporto offerti, gli standard di sicurezza e le tecniche di gestione; e poi l’obiettivo operativo 2.2 che era l’omologo di quello che erano per la passata programmazione le misure 1.1, 1.2, 1.3, 1.4, applicate alla nuova programmazione. Andiamo avanti con le slides. La necessità di prevedere questo tipo di interventi è nata con la rivisitazione del periodo operativo 2000 – 2006 nella Mid term Review del 2004, in particolare sull’asse 3 di sviluppo delle infrastrutture nodali, con l’obiettivo finalizzato alla classificazione UE 3.18 per i trasporti multimediali. Abbiamo utilizzato un budget di circa 20 milioni di euro con queste procedure: c’è stata una presentazione di progetti da parte delle Regioni (obiettivo 1, che era la vecchia denominazione di quello che è attualmente l’obiettivo “convergenza”), poi c’è stata la valutazione dei progetti (è stata fatta dall’Autorità di gestione secondo criteri generali specifici) e poi c’è il finanziamento diretto delle Regioni. Quali sono i progetti che sono stati finanziati? Li vedete lì. C’è il progetto SINTAS, che ha riguardato la Provincia di Sassari, che ha generato degli effetti tangibili che sono quelli di un sistema di tariffazione unico (infatti il biglietto si chiama “unico”, che è il biglietto che ti permette di utilizzare i servizi su ferro e su gomma nell’ambito della Provincia di Sassari) che è tuttora operativo. Gli altri sono tre progetti che hanno riguardato il monitoraggio delle merci pericolose.
Mi preme fissare l’attenzione sul progetto “ULISSE”, che è quello che ha utilizzato il bacino più ampio, ha coinvolto tutta la Regione Campania e ha prodotto, praticamente, una mappa del rischio. Cosa è stato fatto? Sono stati seguiti i flussi di traffico merci, di merci pericolose, all’interno della Regione Campania e sulla base di questi flussi è stata determinata una mappa di rischio delle zone più o meno interessate dall’attraversamento di questi flussi. E questo che cosa ha prodotto come passo successivo? La possibilità di prevedere, di pianificare delle azioni in caso di emergenza – uno si augura sempre che non debbano capitare mai questo tipo di interventi – però c’è stata una pianificazione di questo tipo di interventi a livello regionale. Andiamo avanti con le slides.
Per quanto riguarda invece questa programmazione, la linea di intervento della quale io specificamente mi occupo è quella relativa alla linea di intervento 1.3.1, nella quale abbiamo – nell’ambito delle quattro tipologie di azione – installazione di sistemi e dispositivi finalizzati a migliorare la sicurezza delle operazioni di traffico commerciale dei porti e del corridoio 21, che sono le autostrade del mare; sistemi che siano volti a incrementare il livello di sicurezza di trasporto aereo delle merci e migliorare le procedure di avvicinamento, atterraggio e decollo, che sono i servizi terminali – noi abbiamo finanziato nell’ambito della 1.3.1 quelli evidenziati in rosso, che sono i sistemi di informazione integrata sull’offerta del trasporto intermodale e i sistemi informatici e telematici di supporto alla creazione di centri di raccolta delle merci e successiva distribuzione attraverso veicoli a basso impatto. Questo perché è importante, secondo noi, migliorare l’utilizzo di quello che già esiste, cioè razionalizzare il percorso della filiera logistica di trasporto delle merci in ambito regionale, per poi applicare questo concetto anche in ambito nazionale, perché se lo migliori a livello locale, lo migliori anche a livello nazionale. Le altre slides, per favore.
Quindi le altre linee di intervento, che riguardano gli ITS che sono però specifiche delle altre modalità di trasporto, sono la 2.2.1, che riguarda il sistema ferroviario di miglioramento della capacità di trasporto su ferro, il miglioramento della capacità di prevenzione, perché i cartelli a messaggistica variabile ti permettono di avere una visione di insieme – a chi di noi non è mai capitato di vedere in autostrada, o anche in una strada statale: “incidente al km 653, prestare attenzione: coda”? Sono interventi che agevolano la percezione da parte dell’utente di quello che può accadere, quindi una sensibilizzazione all’attenzione nella guida. Poi gli interventi che riguardano il miglioramento delle tecnologie per l’aiuto alla navigazione marittima ed aerea. La slide successiva, per favore.
Che cosa è successo? Che a noi sono stati presentati circa 27 progetti – vada avanti – per oltre 70 milioni di euro. Che cosa abbiamo fatto noi? Abbiamo fatto una prima fase di verifica di ammissibilità, di effettiva rispondenza a quelle che erano le esigenze dell’amministrazione, del PON, degli obiettivi del PON, del progetto. In questo caso – noi lo vedremo più avanti – abbiamo chiesto che i progetti fossero auto-consistenti. Che cosa significa? I progetti di ITS per loro natura – lo vedremo – non hanno un grosso impatto economico, sono progetti al massimo da 10 milioni di euro. Allora abbiamo fatto in modo che ciascun progetto venisse spacchettato in più progetti che potessero essere – perché noi non sapevamo effettivamente la disponibilità finanziaria, quanto effettivamente avremmo potuto avere per poterli finanziare – cosicché, anche se ne avessimo potuto finanziare una parte, fossero in grado di funzionare anche solo con quella parte finanziata. Poi c’è stata una seconda fase che è stata la verifica di fattibilità tecnica, operata da D.G.SISC, che sarebbe “Sistemi Informativi Statistici e della Comunicazione, qui rappresentata dall’Ing. Laurenti (quindi magari spiegherà lui cos’è successo dopo). E poi c’è la valutazione, una volta che è arrivato l’ok dalla D.G.SISC al progetto, procedurale e finanziaria.
Tutto questo – andiamo avanti con le slides – ci ha portati al quinto decreto del 28 del mese di luglio, del mese scorso, in cui sono stati finanziati otto progetti per un totale di circa 22 milioni di euro. Poi abbiamo sette progetti inseriti in long-list, perché – come diceva l’Ing. Baratono – noi abbiamo la necessità che i progetti terminino tutti entro il 2015, ragion per cui, se dovessimo accorgerci cammin facendo che ci sono alcuni progetti che non riescono a spendere – sicuramente noi abbiamo l’obiettivo di non perdere i fondi, come diceva giustamente il prof. Zucchetti – sicuramente apriremmo la possibilità di quella long-list. Questi sette progetti ammontano ad un totale di altri 20 milioni di euro.
Vediamo un momento nella slide successiva in dettaglio quali sono i progetti che abbiamo finanziato. Abbiamo finanziato il progetto PICOGE, che è gestito dalla D.G.SISC dell’Ing. Laurenti, per circa tre milioni e mezzo – e su questo non mi dilungo perché magari poi spiegherà lui qual è il progetto -; abbiamo finanziato un progetto della Regione Puglia – fase 1 e fase 2 – (SITIP), che concerne la realizzazione di una centrale regionale di controllo della circolazione di merci pericolose e la pianificazione e organizzazione del work-flow, di interventi di controllo per la circolazione delle merci pericolose in Puglia. Abbiamo finanziato un analogo intervento della Regione Calabria, SIMMEC1 E SIMMEC2 e ne vedremo la differenza adesso che entriamo nel dettaglio. Abbiamo finanziato UIRNET – si parlava prima di piattaforma nazionale – UIRNET è un ente a capitale misto, pubblico e privato, che si occupa della gestione di questa piattaforma nazionale e che utilizzerà questo progetto per un progetto pilota che verrà realizzato in Puglia. E poi ci sta, per quanto riguarda la Regione Sicilia, il progetto SI.TRA.ME.R-SEA-SIDE e Land side, sempre nell’ambito delle merci pericolose. Andiamo avanti.
Perché è nato il progetto PICOGE? Noi ci siamo resi conto con la passata programmazione, che sì sono stati fatti dei progetti, sono stati portati avanti dei progetti, però è mancato un coordinamento tecnico, che l’Autorità di gestione non poteva e non voleva avere. Allora ci siamo accordati con la D.G.SISC affinché potesse aiutarci a coordinare questo tipo di progetti e da questo è nato il progetto PICOGE, che vi spiegherà l’Ing. Laurenti. Andiamo avanti.
Parliamo di SIMMEC. Quali sono gli obiettivi del progetto SIMMEC? SIMMEC è un progetto che riguarda la Regione Calabria. Il progetto SIMMEC consiste nella realizzazione di un sistema telematico integrato intermodale per il monitoraggio del trasporto delle merci pericolose sul territorio della Regione Calabria, finalizzato alla ottimizzazione del servizio e alla riduzione dei rischi. Quali sono gli obiettivi? La conoscenza del fenomeno, la sicurezza del territorio, che sono tutti obiettivi comuni a questo tipo di progetti, il miglioramento delle condizioni di intervento di emergenza, il miglioramento degli standard di logistica, la collaborazione interregionale sulle politiche unitarie, perché un’altra delle finalità, degli obiettivi, dei vincoli che abbiamo posto noi, come Autorità di gestione di questo programma, è il fatto che tutti i progetti che vengono finanziati e realizzati da noi possano essere interoperabili. Vale a dire: il progetto realizzato nella Regione Calabria deve poter parlare con quello realizzato nella Regione Puglia o nella Regione Campania o nella Regione Sicilia. Cioè, bisogna – è un tema ricorrente – far sistema di questi progetti, in modo tale che questi progetti non rimangano al termine del periodo di programmazione dei rami monchi, ma che possano produrre frutto e che possano produrre risultati. Noi vogliamo finanziare lo start-up di queste attività. In realtà, dopo, devono essere in grado di sopravvivere, di camminare da sole e di essere gestite da sole. E questo riguarda tutti quanti i progetti, sia SIMMEC, SI.TRA.ME.R, SEA-SIDE.
La prossima slide riguarda la Regione Sicilia, ma gli obiettivi sono più o meno sempre uguali…
SITIP – andiamo avanti nelle slides – che cos’è? Rispetto agli altri, loro sono partiti da un discorso differente, avevano già prototipato il monitoraggio degli accessi nel porto di Taranto e nel retro-porto, quindi hanno progettato l’estensione di questo tipo di attività a tutto il territorio regionale, con la realizzazione di una centrale operativa e del controllo di tutto il territorio, non soltanto della zona del Tarantino.
Poi l’ultimo, UIRNET, una piattaforma a livello nazionale. Noi abbiamo finanziato una piattaforma logistica regionale, cioè abbiamo finanziato una parte di questa piattaforma, che verrà sviluppata per la Puglia, che possa interagire con la piattaforma logistica nazionale, che è stata realizzata per tutto il territorio italiano e possa fare di interscambio di informazioni sia a livello locale che a livello nazionale. Questo è quello che è stato fatto e stiamo facendo. Non mi sono soffermato su PICOGE perché ne parlerà il prof. Laurenti. Io avrei terminato. Vi ringrazio per l’attenzione.
LANFRANCO SENN:
Adesso dico una cosa apparentemente scioccante. Che noia, tutto questo elenco di progetti! Che noia tutta questa elencazione di cose da fare! Poi mi sono detto: ma ci rendiamo conto del lavoro che ci sta dietro, della responsabilità che ci vuole, della visione che ci vuole, della serietà e della professionalità e della tecnalità che ci vuole perché alla fine la gente si muova, le infrastrutture si facciano, i popoli riescano a dialogare, ecc.? E mi sono detto anche: ogni singolo pezzettino di questa realtà, al contrario, non solo non è noioso, ma appassionante. Ci si può appassionare di singoli progetti, singole piattaforme, singole iniziative – poi adesso la curiosità su PICOGE ce l’ho, perché l’ha detto tre volte, quindi lui dovrà assolutamente svelarci cos’è PICOGE – ma la realtà, o l’affrontiamo in questo modo, o ci sono persone che riescono a farsi carico di questo livello di dettaglio, oppure delle infrastrutture ne parliamo come della bellissima chimera, della bellissima realizzazione che sarebbe bello che avvenisse, dicendo come sono cattivi i politici che non decidono o come sono cattive le banche che non finanziano, ecc. ma senza questo livello di circostanza precisa in cui lavorare, tanto più sono grandi le opere, tanto più sono rilevanti le sfide e le strategie, tanto più abbisognano di… è come il puzzle: se prendete una tesserina di un bel puzzle complesso e guardate solo la tesserina, dite ma a che cosa serve, che cos’è? Ma quella tesserina, quando è il buco finale del disegno complessivo, dà significato all’insieme. Di questo ringrazio l’intervento, perché in una analiticità molto puntuale è riuscito a dare la sensazione, la percezione di che cosa è l’articolazione delle responsabilità in un lavoro come quello che fa lui e i suoi colleghi. Mario Laurenti è in staff al Ministro, è Direttore Generale per i Sistemi informativi, statistici e della comunicazione presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e indovinate un po’, si occupa del progetto PICOGE-MP nell’ambito del PON Trasporti. Quindi non solo su questo ma anche su questo vogliamo sentire il suo intervento.
MARIO LAURENTI:
Grazie professore, intanto grazie a questa cinquantina di eroi che di venerdì pomeriggio, invece di starsi a preparare per la movida di Rimini, sono qui a sentire noi che parliamo di PON e di altre amenità di questo genere. Comunque, ciò premesso, diciamo subito cos’è PICOGE: questo acronimo terribile sta per “Piattaforma intergrata per il coordinamento e la gestione delle merci pericolose”. Chiarito che cosa è questo affare, adesso partiamo invece da un contesto un pochino più ampio per inquadrare poi il progetto, che non è, come dire, un obbiettivo ma invece è uno strumento. Possiamo partire con questa prima slide. Allora, qual è lo scenario? Mi rifaccio anche a delle sollecitazioni che ci vengono dal professore e anche poi dall’intervento dell’ingegner Baratono. Quello a cui assistiamo è un quadro abbastanza articolato, c’è una pluralità di soggetti istituzionali: a parte il nostro Ministero, c’è il Ministero degli Interni, il Ministero dell’Ambiente, solo per parlare di Ministeri, c’è l’Agenzia delle Dogane e altre agenzie del territorio che si occupano di progetti che hanno a che fare con i sistemi trasporto, perché PICOGE è un progetto che rientra in questo ambito. Quindi soggetti istituzionali diversi, fonti di finanziamento a livello europeo, esigenze di mercato diverse perché vengono da operatori di mercato per filiere diverse, con esigenze diverse. Allora, questo è quello che c’è, vediamo anche quello che manca: un’azione di coordinamento istituzionale, che è molto complicato avere, perché stiamo parlando di cose interministeriali e per metterle insieme dovremmo salire al livello di Presidenza del Consiglio dei Ministri; una politica degli investimenti che faccia sì che le cose non vadano appunto in ordine sparso ma secondo una strategia comune, degli standard di riferimento, perché al momento si sviluppano progetti in diverse direzioni con diversi standard, articolazioni e obbiettivi di sviluppo. La conclusione è quello che voi vedete, c’è una mancanza di coordinamento, di strategia, di controllo dei costi generali che aumentano, perché poi laddove c’è qualcuno che finanzia c’è anche qualcuno che i finanziamenti li prende e li spende non sempre con esiti ottimali. Normalmente i tempi previsti si dilatano enormemente e alla fine si registra un’impossibilità di definire gli scenari, il tutto poi condito dal fatto che molti di questi progetti finiscono senza un costrutto ben preciso. Allora la D.G.SISC, altro acronimo terribile che sta per “Direzione Generale per i Sistemi Informativi Statistici e Comunicazione”, è una direzione che parte proprio come direzione di sistemi informatici. Quindi che cosa fa?
Il suo impegno riguarda:
• abitudine a lavorare in termini di sistemi interoperabili e cooperanti
• modelli di riferimento indipendenti dalle tecnologie (SOA)
• naturale approccio al PM ed alla realizzazione di sitemi complessi
• pratica del riuso
• esperienza consolidata nello specifico settore (SNSTMP)
In tutto questo la collaborazione con la Direzione della Programmazione ha fatto sì che venissimo coinvolti in questa fase del progetto che vado a dire, per andare prima a valutare i progetti presentati o le richieste di progetto, di finanziamenti, presentati dalle varie regioni, per poi anche noi presentare una proposta di progetto che serva esattamente a coordinare, a gestire e a indirizzare questi progetti. Per quale motivo noi ci occupiamo di queste cose? Perché insomma abbiamo maturato qualche esperienza in questo settore a livello europeo, nazionale, regionale e cosi via… A livello europeo la Direzione, per esempio, partecipa a vario titolo a progetti che utilizzano fondamentalmente sistemi satellitari, la costellazione di Egnos che poi è il precursore della costellazione di Galileo che verrà messa in orbita nei prossimi anni, che diverrà il sistema satellitare di riferimento dell’Europa, e quindi noi, con i vari progetti Antrade, Mentore e Scutum, che si occupano sia della tracciabilità che della gestione del trasporto delle merci pericolose, siamo andati a utilizzare i segnali satellitari. A livello nazionale, invece, abbiamo fatto la sperimentazione di cui parlavo per il trasporto di merci pericolose, già avviata nel 2004 in collaborazione con la Regione Lombardia, il politecnico di Milano, l’ENI e cosi via. Spenderei ora due parole in più su UIRNET e ALBO.
UIRNET è derivata da UIR, che è l’Unione Italiana Interporti. UIRNET è una società inizialmente a capitale pubblico, quindi con una convenzione del Ministero, poi dopo, essendosi aggiunti finanziamenti privati, è diventata una società mista come diceva giustamente l’ingegner Denaro, e ha ricevuto una convenzione per lo sviluppo di una piattaforma integrata per la gestione della logistica e dell’intermodalità. Quindi dipende, in qualche modo dal Ministero. ALBO, invece, sta per Albo degli Autostrasportatori, anche l’albo degli autostrasportatori evidentemente dipende dal Ministero e ha sviluppato una piattaforma telematica per l’erogazione di servizi verso i propri associati.
Allora quello che noi abbiamo cercato di fare è integrare un po’ queste piattaforme che, come dicevamo nella slide precedente, stavano andando un po’ in ordine sparso e quindi abbiamo cercato di trasformare aree di sovrapposizione potenziale in aree di integrazione e di collaborazione. Fondamentalmente abbiamo messo insieme tavoli tecnici, abbiamo fatto una mappa cartografica di tutta l’Italia relativa ai nodi e ai vari percorsi che possono essere presentati agli utenti per trovare i percorsi ottimali, i percorsi alternativi e cosi via. Queste due cose abbiamo cercato di integrarle, così come la certificazione delle informazioni. Voi tutti conoscete il CCISS, “Centro Coordinamento delle Informazioni della Sicurezza Stradale”, che è l’unico autorizzato a certificare le informazioni sulla viabilità. Quindi quello che stiamo cercando di fare è di far convergere tutte le informazioni che vengono dai vari attori sul territorio in modo che passino tramite il CCISS e siano informazioni certificate e sicure.
A livello regionale la Direzione è stata coinvolta come ente valutatore per i progetti presentati di finanziamento. INTERREG è un’altra modalità, la vedremo nella slide successiva, riguarda progetti a livello transfrontaliero, specialmente sulle regioni dell’arco alpino, che quindi vanno di nuovo a coprire sistemi di trasporto intelligenti tra Italia e Francia, per arrivare poi al livello urbano dove c’è il passaggio di consegne a questo HANDOVER. Qual è la modalità in cui noi siamo stati coinvolti? I beneficiari presentano dei progetti, l’Autorità di gestione oppure i responsabili di intervento, quindi nel caso specifico l’ingegner Denaro e la sua struttura, valutano preliminarmente i progetti che vengono poi passati a noi per fare una valutazione tecnica. I progetti non ammissibili li rimandiamo al mittente. Nel caso in cui invece ci siano dei presupposti di fattibilità, in alcuni casi suggeriamo delle modifiche e delle integrazioni perché questi progetti giungano a finanziamento. Allora il progetto PICOGE alla fine cosa ha come obbiettivo? Quello di riprendere dei progetti che venivano dal Pon-T, quindi del periodo precedente, per adeguare i sistemi esistenti e andare a standardizzare i sistemi che sono ammessi al finanziamento. L’obbiettivo è quello proprio di un’azione di gestione, di coordinamento, d’indirizzo verso questi progetti e verso le strutture che dovrebbero controllarle, quindi le regioni nella gran parte dei casi, e UIRNET in un caso specifico. Quindi qual è l’obbiettivo di PICOGE alla fine? Ricavare uno standard per quanto riguarda la gestione dei dati e della comunicazione, la struttura attraverso cui vengono trasmessi i dati e la disponibilità su questi sistemi di gestione delle flotte sul FNS; avere inoltre dei protocolli di comunicazione che siano univoci per tutti, linee guida per i sistemi di telecontrollo, che ora vanno un pochino in ordine sparso, realizzare insomma un processo di gestione delle procedure di rischio, dove al momento non ci sono degli standard comuni e ognuno interviene in caso di rischio con modalità e sistemi e tempi diversi.
Allora due sono gli aspetti su cui noi ci siamo concentrati: uno è la parte di governance diciamo, di definizione di un modello operativo. Come in tutti i progetti, si fa prima un analisi dell’esistente, di quello che c’è, dello scenario, di quelli che sono i requisiti e quindi delle evoluzioni possibili, delle possibili modifiche e i risultati sono i seguenti: una proposta d’intervento, la definizione di un piano di progetto a caratteri generali e la determinazione delle aree di primo intervento. Questa quindi è una fase di project management, una fase di gestione iniziale. La fase attuale, che appunto è in corso, è quella che comincia con un project office, ovvero con una gestione del progetto e poi va a finire con la governance. Lo scopo è creare strumenti direzionali e quindi una governance, un modello unico di riferimento per tutti quanti questi progetti, che devono convergere in un avanzamento progressivo e multidimensionale. Questo diciamo per la parte che chiamiamo modello e struttura di governance. Andando invece sulla parte più concreta e fisica, sulle architetture, qui siamo un pochino più indietro, perché l’analisi iniziale dello stato attuale è quella che è in corso, mentre le architetture dei vari progetti sono diverse tra loro e quindi bisogna andare a identificare le esigenze infrastrutturali per inserirle in una piattaforma integrata. Il processo è sempre lo stesso, un analisi dell’attuale, dei requisiti, l’individuazione delle esigenze, di dove bisogna andare, operare in modo che questo si ottenga e il risultato finale poi è una piattaforma integrata che tenga conto di tutte quante le realtà. Prossima slide. Questi sono i progetti finanziati a cui si va a unire anche ULISSE, che appunto è il progetto che viene dal PON trasporti precedente. INTERREG sono i progetti regionali e nella slide successiva c’è anche una minima descrizione di cosa riguardino. I dati e le infrastrutture, le architetture, i sistemi devono in qualche modo tra di loro cooperare interagire anche con la piattaforma dell’ ALBO nazionale a cui accennavo prima, quella di UIRNET e guarda a caso affianco a UIRNET è stato messo il PICOGE, proprio perché il modello preso a riferimento dal PICOGE è la piattaforma logistica nazionale, che è di UIRNET, dove andremo a parare alla fine. E questo per la parte terra, per la parte mare il sistema di trasporto navale, che è gestito dalle capitanerie di porto, fa sempre riferimento alla nostra piattaforma. Qual è la visione del Ministero dell’Infrastruttura dei Trasporti?
E’ quella di avere una piattaforma tecnologica informativa per il settore dei trasporti e della logistica in grado di favorire l’integrazione e la cooperazione tra i diversi attori sia a livello europeo, sia verticale (territoriale) che orizzontale (tra le istituzioni); in grado di erogare servizi con un dettaglio informativo a più livelli; in grado di erogare servizi specifici di filiera in modo da gestire la peculiarità del trasporto, migliorando qualità e standard di sicurezza; e che sia aperta agli operatori del trasporto che intendono erogare servizi a pagamento.
Vado a chiudere. Questo è un modello di riferimento unico che riassume un po’ quell’altro, ovvero abbiamo la piattaforma nazionale di riferimento, logistica, le piattaforme regionali che erogano servizi traendo spunto e dati dalla piattaforma nazionale e qui cito gli attori coinvolti, i porti, gli interporti, i veicoli e i sistemi locali. A livello europeo, quindi, i porti e gli interporti e, nella slide successiva, per andare rapidamente, c’è un esempio di quali potrebbero essere i servizi: un trasporto che parte, appunto, a livello locale, quindi con informazioni che viaggiano attraverso le piattaforme regionali, che passano poi attraverso la piattaforma nazionale e a questo punto sono in grado di erogare servizi e di mettersi in connessione con l’Europa. Questo è il modello cui noi vorremmo tendere, tutto il progetto punta a questo.
Il modello cui vorremmo giungere è un modello che parte dal livello locale, con informazioni che viaggiano a livello regionale, che si integrano nella piattaforma nazionale e poi vanno ad interagire a livello europeo.
Grazie per lo spunto che ha dato il professore prima del puzzle, perché quello che stiamo cercando di fare è mettere insieme una serie di tessere, nazionali, regionali, locali, per tirare fuori una cosa che poi serva a migliorare la logistica e l’intermodalità. Grazie.
LANFRANCO SENN:
Però prima delle mie brevi note conclusive, vorrei fare dire a Baratono quello che mi ha suggerito in un orecchio, a che cosa è servito mettere in piedi un sistema di informazione come il monitoraggio teleinformatico in un caso specifico recente, per dire che qualche volta tutto questo lavoro di back office può servire sul front office.
PIETRO BARATONO:
Ma no, niente, gli raccontavo che il VTS, quindi questo sistema di avvistamento integrato navale, è servito per salvare una nave che stava andando dritta sugli scogli nelle Bocche di Bonifacio. Quindi, insomma, non è da poco anche salvare vite umane, penso che abbia il suo valore.
LANFRANCO SENN:
Va bene, vediamo pochissime conclusioni e mi perdonerete di nuovo in raccordo con il titolo del Meeting,“E l’esistenza diventa una immensa certezza”. Vorrei partire proprio dalla parola che apparentemente è la più lontana da quello di cui abbiamo discusso adesso, l’esistenza. L’esistenza vuol dire che ci sono persone che esistono, che vivono con la responsabilità che abbiamo sentito, che vivono con la capacità di decidere, anche nell’analitico, che vivono con la capacità anche di fare delle scelte magari difficili, magari non capite. Mi diceva sempre Baratono, pochi minuti fa, quanto poco viene capito il nostro lavoro all’interno delle stesse istituzioni ministeriali e governative che se ne occupano, quanto poco viene capito il lavoro di ricerca o di informazione che fa il gruppo Class per supportare il monitoraggio del PON trasporto. Questo vuol dire che nell’ombra, con responsabilità, con determinazione, con capacità di decidere, con professionalità, c’è della gente che vive e che si assume il compito di dare certezza a tutta una serie di fatti, le infrastrutture.
Allora, qual è la cultura che ci vuole per avere questa propensione, questa apertura mentale? Mi sono segnato quattro parole chiave che sono venute fuori dagli interventi. Una è al parola progettualità, visione di lungo periodo, cultura del lungo periodo. Le infrastrutture non si fanno in poco tempo, per fare un sistema di infrastrutture ci vuole tempo, come ci vuole tempo per fare delle infrastrutture e dei sistemi di trasporto adeguati immaginando che un giorno, quando i ventunenni della Siria o i ventiquattrenni dell’Egitto saranno diventati grandi, avranno bisogno di interagire con l’Europa. Ma quanto noi, voi, il mondo oggi ha questa cultura della progettualità di lungo periodo? Perché ci sia è necessario che ci sia una speranza dentro la progettualità, perché se uno non spera in niente, non crede in nulla, non crede nella possibilità che ci sia un domani positivo, non può operare. La progettualità implica avere un orizzonte non corto e quanto corto è invece l’orizzonte di molte decisioni che si prendono?
La progettualità significa aver fiducia e quei giovani che Zucchetti richiamava prima, hanno una speranza ed hanno una fiducia, o la recuperiamo anche noi oppure il nostro scetticismo, il nostro relativismo eccessivo rispetto alle speranze e alla fiducia di questi giovani, ci vedrà inevitabilmente soccombere.
Seconda parola chiave costruttività, fare infrastrutture significa costruirle, progettarle e poi costruirle, realizzarle, quindi una voglia di fare, una voglia di realizzare, una voglia di portare i risultati, il problem solving invece che il solo problem setting, una cultura, un esistenza che dia, che diventi certezza è una esistenza che si impegna anche con i risultati, che si impegna a tirar fuori delle cose che poi esistono, che stanno nei secoli, come sono state nei secoli le vie romane che Zucchetti vede di notte, come il principe di Munchausen, no, come il Piccolo principe che va sulla luna e vede dal satellite l’Europa illuminata. Mi sembra un punto importante la voglia di costruire, di generare opportunità, non di porre solo veti reciproci. Quante infrastrutture non si fanno perché prevale la volontà di non fare, la volontà di non costruire, la volontà di impedire che si costruisca? Ma dove vogliamo andare? Ma quali certezze vogliamo costruirci senza questa propensione alla costruttività forte?
Terzo punto. La decisione. Non sono a favore della decisionalità tout court, meditiamo, lavoriamo, documentiamo, facciamo il lavoro degli universitari, cioè facciamo il lavoro della ricerca per arrivare a prendere, a supportare delle decisioni, ma quando le decisioni le abbiamo maturate, prendiamole e prendiamole rapidamente. Quando vediamo sui giornali che siamo sempre la maglia nera dei tempi troppo lunghi nel realizzare le infrastrutture, ci rendiamo semplicemente conto che prima di prendere delle decisioni, abbiamo fatto passare tempi inenarrabili, non perché abbiamo sviscerato meglio i problemi, ma perché non abbiamo voluto e saputo decidere, non abbiamo saputo decidere che fare. Adesso faccio un esempio qualsiasi: fare il porto di Gioia Tauro, accelerare gli investimenti del porto di Gioia Tauro è prioritario rispetto al farlo in quelli di Taranto e mi scuso con il mio allievo tarantino. Bisogna che noi riusciamo a metterci in questa prospettiva, nella prospettiva che non ha senso tirar in lungo, non ha senso porre dei veti, ha senso non censurare le ovvie difficoltà, ma senza paura di sbagliare, perché possiamo sbagliare, avremo anche sbagliato nel fare qualche infrastruttura, avremo anche, e lo dico con simpatia per tutto l’ambientalismo serio, fatto qualche danno al territorio ma il non decidere, il non andare avanti, il non svilupparsi è indice di una mancanza di coraggio e di una paura di quello che ci sta intorno che è veramente drammatica. A me ha colpito l’intervento di Napolitano domenica: che Napolitano venga qui, dentro al Meeting, a dire abbiate coraggio, andate avanti, rischiate un po’ di più, significa che questa capacità di decidere nella vita, non di decidere il pio pio delle piccole decisioni, ma avere il coraggio di prendere delle decisioni e di andare avanti, è la condizione senza quale è impossibile fare progetti e fare costruzioni.
Ultima parola che ho recepito da un insieme di interventi fatti. La cultura della ricerca del bene comune, della rete, del sistema, perché non sta un pezzo del puzzle senza gli altri, non sta un tronco di rete di trasporti senza il nodo e il lab del porto…. Le ferrovie che arrivano alle coste e poi dopo non consentono alle merci ed alle persone di andare al di là del Mediterraneo e viceversa, a che cosa servono? A che cosa serve fare un porto se poi la connessione della ferrovia non arriva dentro il porto e non consente al retroterra di distribuire le merci, rielaborarle o roba del genere? Allora il bene comune, l’interesse comune è l’interesse dell’insieme, che non nega l’interesse particolare, perché la cosa drammatica è che noi siamo abituati ad immaginare che il bene comune sia contrario al bene personale, all’interesse particolare. Non è vero? Il gioco di squadra, scusatemi, il bene della squadra è forse contro il bene del singolo giocatore? Se il bene del singolo giocatore è contro il bene della squadra, la squadra non vince. C’è bisogno del singolo giocatore e c’è bisogno della squadra, perché se nessuno passa la palla all’attaccante, l’attaccante non segna, ma se nessuno difende la porta, il miglior gioco d’attacco non consente alla squadra di vincere. Allora questo gioco dell’interesse reciproco, l’interesse particolare dentro l’interesse universale, generale del bene comune, è il problema. Bisogna pensarci settanta volte sette prima di confliggere, prima di privilegiare la conflittualità, la costruttività positiva, alla ricerca del bene comune. Questa cultura è una cultura che purtroppo, leggendo i giornali, uno vede lontana, ci si rende conto di quanto sia faticoso realizzare un piano di infrastrutture, realizzare un ponte tra l’Europa ed il Mediterraneo, realizzare il collegamento tra le ferrovie e le navi, tra i treni e le navi, senza questa prospettiva dell’interesse comune, dell’interesse collettivo che, torno a dire, non è, “ah ecco mi sacrifico per il bene degli altri”, no! Porto il mio interesse dentro, cerco di capire qual è il mio interesse dentro il bene comune ed in questo modo rispondo a qualche cosa di più alto e rispondo a qualche cosa che interessa a me. Secondo me, se uno vive così, se uno decide così, se uno decide così, se uno al Ministero, uno, due e tre e tutti gli altri lavorano in questo modo, con queste prospettive – e questo ci hanno testimoniato i nostri relatori oggi, ci hanno testimoniato la responsabilità, la progettualità, la sistematicità, lo stare all’ombra anche quando sarebbe più gratificante avere, come dire, non tanto il premio, il grazie del Ministro ma il riconoscimento, anche per sé, di un lavoro proprio – se questo si fa, allora l’esistenza diventa una certezza. Perché è indipendente da quello che viene fuori alla fine, perché i limiti ce li abbiamo tutti, la certezza non è, unico punto su cui non ero d’accordo con una affermazione fatta, qualche cosa di deterministico, perché noi non sappiamo quale saranno i traguardi, noi non possiamo che cercare di essere certi di poter costruire un futuro, nell’interesse nostro e nell’interesse delle generazioni future. Se questo è il nostro obiettivo, qualunque insicurezza presente diventa una grande certezza, nella prospettiva della persona e dei Paesi. Vi ringrazio e vi do appuntamento ai prossimi appuntamenti del Meeting.
(Trascrizione non rivista dai relatori)