POLITICA INTERNAZIONALE E LIBERTÀ RELIGIOSA

Politica internazionale e libertà religiosa

Partecipano: Nassir Abdulaziz Al-Nasser, Presidente dell’Assemblea Generale dell’ONU; S.Em. Card. Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso; Giulio Terzi di Sant’Agata, Ministro degli Affari Esteri. Intervento di saluto di Antonella Mularoni, Segretario di Stato agli Affari Esteri della Repubblica di San Marino. Introduce Roberto Fontolan, Direttore del Centro Internazionale di Comunione e Liberazione.

 

POLITICA INTERNAZIONALE E LIBERTÀ RELIGIOSA

Data
Venerdì, 24 agosto 2012

Ora
ore: 17:00

Partecipano
Nassir Abdulaziz Al-Nasser, Presidente dell’Assemblea Generale dell’ONU; S.Em. Card. Jean Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso; Giulio Terzi di Sant’Agata, Ministro degli Affari Esteri. Intervento di saluto di Antonella Muraloni, Segretario di Stato degli Affari Esteri della Repubblica di San Marino.

Moderatore
Roberto Fontolan, Direttore del Centro Internazionale di Comunione e Liberazione.

MODERATORE
Abbiamo iniziato il meeting di quest’anno, domenica scorsa, con una drammatica e toccante testimonianza dalla Nigeria. In tutti questi giorni il tema della libertà religiosa è stato come una corrente che ha attraversato molti momenti del meeting, da incontri, tavole rotonde, nella rassegna dei documentari e in molte altre occasioni e anche di incontro personale con tante persone che sono venute qui al nostro Meeting da tutto il mondo. Quella di oggi vuole essere un incontro per affrontare questo grande tema in una prospettiva, che è quella della politica internazionale. La libertà religiosa sappiamo che è un diritto fondamentale della persona e per molte culture e per molte visioni dell’uomo si può dire che questo diritto è addirittura all’inizio di tutti i diritti umani fondamentali, è l’origine dei i diritti umani fondamentali. Perciò noi sentiamo il bisogno di riconfermare che questo diritto vada difeso in tutte le situazioni, in tutti i contesti, in tutte le condizioni. Ma c’è anche un’altra prospettiva, perché non basta difendere, occorre costruire. Allora vogliamo individuare la prospettiva di una costruzione di pezzi di mondo sulla base della libertà religiosa, che abbiano come centro, come cuore il tema della libertà religiose e un nuovo modo di essere, relazionarsi tra paesi, stati e popoli. La libertà religiosa non solo come diritto da difendere, e certamente lo è e sappiamo quanto è necessario farlo proprio in questi anni che noi per un po’ abbiamo creduto fossero benedetti dalla fine dei conflitti, dalla fine della storia, e invece la storia ci ripropone, come sempre, drammi, conflitti, situazioni che devono essere risolte. Quindi certamente la difesa della libertà religiosa è un grande tema della politica internazionale, ma altrettanto, se vogliamo veramente assicurare la difesa della libertà religiosa, lo è il tema di costruire relazioni nel mondo in cui la libertà religiosa sia alla base; il rispetto reciproco, la libertà religiosa, il diritto della persona, il diritto delle comunità sia l’origine di un modo di essere di un modo di relazionarsi tra paesi, popoli e persone. Allora posso dire che siamo veramente emozionati per accogliere qui oggi questi illustri relatori. Prima di tutto vorrei chiedervi di salutare insieme il Presidente dell’Assemblea Generale della Nazioni Unite, che è per la prima volta al Meeting, sua eccellenza Nassir Abdulaziz Al-Nasser – posso dire che per la prima volta accogliamo una così importante figura dell’ordine del mondo contemporaneo; Giulio Terzi di Sant’Agata, Ministro degli Esteri del nostro paese – possiamo dire anche per lui, una new entry, un nuovo amico del Meeting e speriamo di cominciare da oggi e di poterlo vedere anche in altre occasioni, anche se questo voglio chiarire non è un’indicazione per nuovi governi o nuove simpatie per il prossimo anno, ma certamente ci farà piacere continuare questo rapporto; e infine il Cardinale Jean Louis Tauran, che è un volto per tanti di noi conosciuto e lo ringraziamo della sua attenzione e stima per noi, una stima che riesce a fargli interrompere le sue agognate vacanze, essendo una persona che ha un’agenda, io vi posso assicurare, veramente impegnativa. Il Cardinale Tauran è il Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ed è stato per molti anni Ministro degli Esteri della Santa Sede in un periodo particolarmente importante e significativo nel corso del pontificato di Giovanni Paolo II. Ma prima di cominciare la nostra riflessione e di ascoltare i nostri illustri relatori, vorrei invitare un altro volto amico del Meeting il Ministro degli Esteri della Repubblica di San Marino, Antonella Muraloni, a presentarci il suo saluto. Sapete che San Marino, non solo è un simbolo delle libertà politiche, ma è anche una realtà molto amica del Meeting e che non fa mancare il suo sostegno al Meeting da molti anni. Grazie, Ministro, di essere ancora con noi.

ANTONELLA MULARONI
Signora Presidente, Autorità e amici del Meeting, sono lieta di essere anche quest’anno, oggi al Meeting a portare un saluto nella mia veste di Segretario di Stato degli Affari Esteri e Politici della Repubblica di San Marino, nello spirito di un’amicizia forte e di una collaborazione proficua che si sono consolidate nel tempo. Il Meeting per l’amicizia fra i popoli ha trovato nel mio paese un partner che ha seguito con grande interesse la nascita e la crescita di questa manifestazione. Si potrebbe dire che non poteva essere diversamente, dato che il Meeting persegue e favorisce il dialogo fra i popoli, le culture, le religioni, valorizza la libertà di pensiero e la promozione dei diritti e delle libertà fondamentali, agisce in sintesi per quegli stessi valori sui quali la Repubblica di San Marino ha posto le sue basi fin dagli albori della sua storia e caratterizza la sua presenza a livello internazionale. Anche il tema proposto quest’anno è molto caro a San Marino. Ricordo infatti che durante la seconda Presidenza del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, nel 2007, al termine di un’originale conferenza internazionale sul dialogo interculturale e interreligioso, a cui parteciparono i rappresentanti delle tre principali religioni monoteiste, scaturì un documento finale che impegnava i 47 paesi membri del Consiglio d’Europa ad un incontro annuale su questo tema. L’incontro è oggi divenuto una consolidata tradizione che il Consiglio d’Europa continua a promuovere quale chiave di volta per la costruzione di un mondo nel quale ci sia posto per tutti e ci sia il rispetto di tutte le religioni e di conseguenza di tutte le persone a prescindere dal credo professato o non professato. Anche nelle altre organizzazioni internazionali di cui fa parte, l’azione sanmarinese è sempre stata, e continua ad essere, tesa alla volontà di comprendere le ragioni degli altri, nonché alla difesa constante dei diritti e delle libertà fondamentali dei singoli e dei popoli. Fra queste certamente un ruolo primario è ricoperto dalla libertà religiosa. Mi preme peraltro sottolineare, anche in questa sede, che la Repubblica di San Marino è da sempre fiera delle sue radici cristiane che ne hanno originato l’esistenza e che l’hanno resa storicamente una comunità diversa dalle altre presenti nella penisola italica. Tale forte identità si esprime anche in numerosi momenti della vita istituzionale, ma ciò non le impedisce di rispettare chi ha un credo diverso ed in tale fede intende condurre la vita propria e quella della famiglia. Per San Marino e i sanmarinesi rispettare la libertà religiosa degli altri non significa nascondere i segni del credo religioso condiviso dalla maggioranza dei cittadini che è uno degli elementi caratterizzanti la storia e la cultura del nostro paese ed è fortemente radicato nella sua popolazione. Significa invece far sentire rispettato chiunque a San Marino risieda, a prescindere dal credo professato. Oggi certamente la politica internazionale è sempre più confrontata con le tensioni e i problemi inerenti la libertà religiosa e dove i conflitti non si risolvono, lo constatiamo quotidianamente, gli effetti sono devastanti con ripercussioni su tutti gli altri paesi. La politica deve essere capace, prima di tutto a livello nazionale, di coniugare il sentimento religioso della maggioranza del popolo che rappresenta con il rispetto profondo e convinto di coloro che aderiscono ad altre fedi, che devono sentirsi liberi di professarle o di non professarne alcuna, anche se vivono in un paese dove la loro appartenenza religiosa non è prevalente. Per la politica non è un esercizio sempre facile, ma è un esercizio doveroso se vogliamo poter contare su comunità responsabili e solidali, di cui tutti si sentano parte attiva, avendo la consapevolezza di vivere in un paese ove il loro sentimento religioso o la loro assenza di sentimento religioso sono rispettati. Non dimentico mai di sottolineare che la classe politica europea è tenuta a conseguire tale obiettivo anche in ragione della vigenza della Convezione Europea dei Diritti e delle Libertà Fondamentali che vincola tutti i paesi membri del Consiglio d’Europa. Non si tratta dunque di privilegiare un’opzione piuttosto che un’altra; siamo semplicemente tenuti a raggiungere l’obiettivo. È certo che non ci può essere rispetto della libertà religiosa, senza la disponibilità all’apertura e alla conoscenza dell’altrui fede. E non ci può essere conoscenza e quindi presa di coscienza della diversità senza il dialogo e la volontà sincera di capirsi e di rispettarsi. Questo vale per tutte le componenti della vita dei singoli e delle comunità, e dunque anche per la componente religiosa. Questo deve valere per tutti i soggetti sottoposti alla giurisdizione di uno stato nei confronti delle fedi diverse dalla loro, professate o non professate dagli altri membri della comunità statuale. Comunque la storia, anche recente ed attuale, ci dimostra che l’incapacità della politica di gestire la convivenza di fedi diverse sul proprio territorio, o nel rapporto con gli stati confinanti, rappresenta un grave problema per l’intera umanità, avendo trascinato popoli in guerre decennali che hanno mietuto decine e decine di migliaia di vittime, spesso innocenti, e non riuscendosi a dare i soggetti interessati da tali fenomeni alcuna speranza di un futuro migliore. Inoltre queste situazioni portano alla situazione di migliaia di profughi e migranti che cercano un futuro migliore per sé e per le loro famiglie in altri paesi, generando spesso enormi difficoltà per queste persone che viaggiano in condizioni disperate col rischio sempre incombente di perdere la vita o di essere sottoposti a trattamenti disumani, ed una serie di tensioni all’interno degli stati di approdo per la non sempre facile gestione della convivenza di persone di culture diverse, soprattutto in situazioni di emergenza di difficoltà economiche o di impossibilità di pianificare le politiche immigratorie. Oggi più che mai, la capacità di gestire tali aspetti e di risolvere annosi problemi che si trascinano da lungo tempo e che hanno originato guerre più o meno note o dimenticate è dunque, a mio avviso, diventato una priorità assoluta per la comunità internazionale. La storia infatti ha dimostrato che da soli questi conflitti non si risolvono. Essi si risolvono soltanto se c’è una forte volontà politica che si traduce in azioni concrete e convincenti nei confronti di tutte le parti in causa e non sempre tale forte volontà politica si è manifestata, o non sempre si è manifestata con coerenza. Peraltro solo la capacità di fare questo renderà più credibile la comunità internazionale agli occhi di tutti i popoli ed assicurerà la pace e lo sviluppo di regioni del mondo che hanno diritto dopo tante sofferenze di raggiungere tali obiettivi. San Marino è un paese perfettamente consapevole delle sue dimensioni e dei suoi limiti, ma continuerà, forte della sua storia e dei valori, che ne hanno giustificato l’esistenza e favorito lo sviluppo nei secoli, ad incoraggiare all’interno delle organizzazioni internazionali di cui è membro il rispetto delle libertà e dei diritti di tutti e fra queste certamente la libertà religiosa e il diritto di professare il proprio credo religioso o di non professarne alcuno. Siamo convinti che questo sia anche un dovere per un paese che non ha conosciuto nel corso dei secoli, se non di riflesso e con conseguenze, tutto sommato limitate, conflitti devastanti e che in virtù di ciò ha sperimentato i grandi vantaggi della pace che ha fra l’altro permesso ai suoi cittadini, in particolare negli ultimi 50 anni, di migliorare sensibilmente del proprie condizioni di istruzione e di vita, di crearsi una famiglia potendo contare sulla ragionevole certezza di offrire un futuro dignitoso ai propri figli e di vivere in una situazione di tranquillità, se confrontata a quella sperimentata quotidianamente da molti popolo molto meno fortunati. Signora Presidente, cari amici sono lieta di rinnovare al Meeting il saluto e la vicinanza dei sanmarinesi nella certezza che anche l’edizione di quest’anno è stata come sempre un successo e lo sarà certamente anche nella sua parte conclusiva. Grazie.

MODERATORE
Il Presidente Al-Nasser è originario del Qatar, è stato eletto Presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 22 giugno 2011, ha servito il suo paese per molti anni come Ambasciatore Rappresentante Permanente alla Nazioni unite. Ha quindi una grandissima esperienza nel campo delle diplomazia e della politica internazionale. Lo accogliamo e gli do subito la parola, sottolineando come per noi la sua presenza qui simboleggia (in questo senso siamo veramente onorati di averlo qui con noi) lo sforzo buono e drammatico che i popoli e gli stati hanno fatto e fanno per convivere e costruire insieme un mondo più pacifico e migliore. Voglio anche dire che voglio ringraziare l’impegno del nostro Ministero degli Esteri e dell’ambasciatore presso le Nazioni Unite Ragaglini perché è grazie alla stima e all’amicizia del nostro ministero che il Presidente Al-Nasser è qui con noi oggi. Prego Presidente e grazie ancora.

JEAN LUOIS TAURAN:
Buon pomeriggio eccellenze, gentili ospiti, signori e signori, è un grande piacere e un onore per me essere qui a Rimini, uno dei luoghi più belli d’Italia e poter partecipare a questo importante incontro. Desidero ringraziare gli organizzatori per il loro cortese invito ad intervenire a questo incontro nel corso del quale si parlerà di politica internazionale e libertà religiosa. A Rimini ogni anno si riuniscono migliaia di persone provenienti da diverse parti del mondo e da diverse religioni, etnie , culture, contesti e professioni. Ogni agosto questa città diviene un luogo di amicizia. Da trentatré anni questo incontro ha dimostrato che la diversità può creare sinergie e forti legami che ci servono per vincere le sfide che ci accomunano e per creare l’armonia fra di noi. La libertà religiosa, il dialogo interreligioso e la comprensione reciproca sono argomenti che mi toccano da vicino. Quando rivestivo il ruolo di rappresentante permanente dello stato del Qatar ho portato avanti una politica strategica del mio Paese presso le Nazioni Unite ad Oha(21: 06), e anche in altre sedi organizzando molti incontri sul dialogo interreligioso e la diversità. Come Presidente dell’Assemblea Generale dell’ONU, la valorizzazione del dialogo interculturale è un ambito di cui mi sono occupato nel corso del mio mandato, pertanto vi parlerò di queste questioni secondo la prospettiva delle Nazioni Unite. Oggi purtroppo, in alcune parti del mondo, si assiste al dilagare dell’intolleranza della xenofobia e si incita all’odio; in alcune società la cultura è percepita come fonte di divisione e non come dovrebbe essere la via del dialogo e della solidarietà umana. Vorrei citare alcuni tristi esempi, di recente, in alcune aree del mondo, le minoranze sono vittime di atrocità e omicidi di massa, proprio perché professano una religione diversa , vengono bruciati i testi sacri e vengono infamati i simboli religiosi. Questa non è la società nella quale vogliamo vivere, dovremmo tutelare la diversità delle nostre società. Siamo in un mondo in cui queste questioni continueranno a turbarci a meno che non si prenda atto dei vantaggi della diversità e si impari a condividere i frutti della globalizzazione in un modo giusto e armonioso fra tutti i membri della famiglia umana. Signori e signori, le Nazioni Unite sono state create sul presupposto secondo cui il dialogo è la via migliore alla pace e che la diversità culturale, la libertà di pensiero e la conoscenza degli altri favoriscono il rispetto e la tolleranza. Pertanto le Nazioni unite hanno riconosciuto che l’idea di internazionalità, la comunità internazionale, abbraccia molte fedi e religioni, l’assemblea Generale ha sempre manifestato la sua speciale preoccupazione in merito all’odio e alla tolleranza religiosa e ha adottato diverse iniziative per lottare contro queste piaghe. Vi invito a rileggere la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e la convezione internazionale sulla eliminazione di tute le forme di discriminazione razziale del 1965 come pure i numerosi accordi e convenzioni sui diritti umani che sono stati posti in atto a partire dal 1948. l’Assemblea Nazionale, attraverso il proprio consiglio sui diritti umani ha continuamente adottato risoluzioni sui diritti umani che proibivano la discriminazione in base alla religione, alla razza, alla xenofobia e ad altre forme di intolleranza. Molte società multietniche multi religiose, multi linguistiche, multiculturali devono esser considerate come fonte di una ricchezza per tutta l’umanità. A differenza della sezione dell’anno scorso dell’Assemblea generale dove il tema della religione assunse un ruolo più importante a causa del numero di iniziative incentrate sulla religione, quest’anno c’è stata una sorpresa, nell’ambito della riunione del terzo comitato. Il rappresentante del gruppo dei diritti umani ha deciso di non presentare la risoluzione controversa sul vilipendio sulle religioni. Mi auguro che gli stati membri concordino ben presto nel ripresentare questa risoluzione, invece, come avvenuto nella sezione del marzo 2011 del consiglio sui diritti umani, il rappresentante sui diritti umani ha introdotto una risoluzione per combattere l’intolleranza, gli stereotipi negativi, la stigmatizzazione, la discriminazione, l’incitamento alla violenza e alla violenza contro le persone in base alla religione o al creo. Questa risoluzione è stata adottata con ampio consenso e da un’abbondante numero di sostenitori, le delegazioni hanno salutato con favore questo consenso storico, epocale, come pure l’atmosfera positiva che è prevalsa nel corso delle consultazioni. Dobbiamo anche riconoscere la saggezza degli stati membri, del prendere atto di questa esigenza essi hanno costituito l’alleanza delle civiltà delle Nazioni Unite con un importante contributo alla pace e allo sviluppo. L’alleanza è stata costituita in un momento di gravi tensioni che traggono origine nelle differenze culturali che affliggono il nostro mondo. Questa nuova istituzione rappresenta una nuova speranza per la comunità internazionale. Per arginare l’ondata di intolleranza e offrire una prospettiva di speranza e fraternità. Ci incoraggiano notare oggi che il gruppo degli amici dell’alleanza della civiltà raccoglie oggi più di cento Paesi (107), oltre a dar di parte (28:41) io quindi spero che nel futuro l’appartenenza a questo gruppo divenga universale e nel futuro l’appartenenza a questo gruppo divenga universale, l’alleanza delle civiltà ha contribuito attraverso le sue diverse attività a cambiare radicalmente il modo in cui vediamo la diversità. Dopo gli incontri di Madrid, Istanbul e Rio de Janeiro, ci sarà un quarto incontro dell’alleanza. Nel corso degli incontri si è parlato principalmente del collegamento tra diversità e sviluppo. È ovvio che senza armonia tra i diversi gruppi sociali, non è possibile garantire la prosperità e lo sviluppo economico sostenibile. Ora siamo in attesa del prossimo incontro che si terrà a Vienna, in Austria, il prossimo anno. Sono certo che in tale occasione sarà dato un’importante contributo a questo dibattito, l’alleanza è un ruolo importante da svolgere in questo mondo dove le diverse religioni non ci devono dividere, ma al contrario, ci devono unire e fungere da ponte verso la creazione di una famiglia umana più pacifica e tollerante e come parte del mio impegno in quest’ambito, ho organizzato nel settembre 2011, diversi incontri, anche successivamente , per favorire un approfondito dibattito presso le Nazioni Unite, il mio ufficio ha lavorato in stretta collaborazione con i rappresentanti delle organizzazioni delle società civili, incluso il comitato delle ONG religiose presso le Nazioni Unite , per organizzare un incontro memorabile in onore della settima mondiale dell’armonia interconfessionale a partire dal 7 febbraio. I relatori di molte nazionalità e tradizioni religiose l’uno accanto all’altro, con i funzionari delle Nazioni Unite, delle Missioni, delle agenzie, delle ONG, hanno manifestato il comune impegno a trovare un terreno comune per il bene comune. Hanno ricordato il lavoro ispirato di diverse fedi nell’ambito della mediazione dei conflitti, della prevenzione delle catastrofi, dello sviluppo sostenibile, e hanno cercato di dare un nuovo ruolo alle Nazioni Unite, oltre a questo lo spirito di questo speciale incontro è stato ulteriormente elevato da musiche meravigliose, dai canti dei bambini da una bella cerimonia con persone di diverse fedi che hanno innaffiato insieme un’ albero che rappresenta qualcosa che ci accomuna. Il 22 marzo ho organizzato una giornata tematica presso l’Assemblea Generale in collaborazione con l’ Alleanza delle Civiltà. Ci siamo trovati d’accordo sul fatto che i politici, gli studiosi, i rappresentanti dei media hanno un ruolo fondamentale da svolgere in tutte le società. I partecipanti hanno riconosciuto il contributo fondamentale dell’alleanza delle civiltà. Il dibattito ha in particolare ribadito il particolare contributo della gioventù: i giovani leader provenienti da diverse parti del mondo hanno raccontato le sfide che si trovano ad affrontare nei loro Paesi per quanto riguarda la liberà di religione e la tolleranza e hanno offerto dei suggerimenti utili basati sulle loro esperienze. In quell’incontro si è riconosciuto che c’è ancora molto da fare per prendere atto delle realtà delle diverse realtà culturali, religiose e politiche, per non consentire che esse siano un ostacolo a migliorare la vicinanza tra di noi. L’umanità deve costruire ponti forti a sufficienza da regger il peso delle nostre differenze. Questo processo richiede un senso di storia e prospettiva comune tutti devono riconoscere che anche gli altri hanno una storia e devono fare lo sforzo di ascoltare quella storia come parte della narrativa generale. Qui vorrei citare il filosofo Kant, il quale diceva: “Vivi e lascia vivere”. Nel corso di quell’incontro si è anche analizzato l’impatto delle nuove tecnologie informatiche e di telecomunicazione sulle nostre società. Non serve che lo ricordi, tutti sanno che, oggi, i social media stanno sicuramente svolgendo un ruolo positivo nel renderci tutti più vicini, tuttavia essi possono essere anche uno strumento che ci divide diffondendo l’odio. Nel corso dell’incontro di alto livello dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sulla mediazione, organizzato il 23 di maggio, sempre su mia iniziativa, abbiamo dichiarato che l’alleanza ha un ruolo di strimento complementare per mediare le dispute che derivano in particolare dalle differenze religiose e culturali. Durante il mio mandato ho voluto stabilire un0esempio per le idee in cui credo, pertanto ho partecipato a diversi incontri sul dialogo interreligioso dove si è parlato sul dialogo interculturale ritenuto elemento fondamentale per la costruzione della pace, della tolleranza, dell’armonia e della comprensione reciproca del mondo. Ho inoltre partecipato alla cerimonia per ricordare l’olocausto nella sinagoga di New York il 21 gennaio di quest’anno. Ho tenuto una lettura magistrale al centro per gli studi islamici ad Oxford il 1 marzo, sono stato in udienza con sua santità papa Benedetto XVI in Vaticano il 15 giugno 2012, prima della fine mio mandato, a metà del prossimo mese, prevedo di organizzare altri incontri per portare avanti il mio impegno in quest’ambito, innanzitutto prima della risoluzione sulla mediazione dell’Assemblea Generale il 13 settembre, farò presentare alcuni spezzoni su un documentario intitolato “al di là del bene e del male”, il tema di questo documentario è il perdono. Questo documentario illustra tre conflitti in tre diverse aree del pianeta,: le bombe all’hotel Bryton in Irlanda del nord nel 1984; il conflitto palestinese e il genocidio del Ruanda. Il perdono rende possibile la mediazione, e senza mediazione non può esservi progresso. Poi il 14 settembre, si terrà un incontro speciale presso l’Assemblea Generale dell’ONU sulla cultura della pace, svilupperemo il nostro lavoro in base alle risoluzioni sull’argomento e parleremo a fondo con diversi ed esimi relatori per cercare di capire come si può creare una vera cultura di pace. Loro eccellenze, signori e signori, prima di concludere vorrei ringraziare, ancora una volta, per avermi dato questa opportunità unica ad essere presenti con politici importanti, intellettuali, giovani, leader religiosi, e rappresentanti della società civile e per aver potuto partecipare a questo dibattito. A Rimini il mio impegno nei confronti della convivenza pacifica, nell’accettazione rispetto al rispetto degli altri così come sono e nell’accento posto sui valori comuni, piuttosto che sulle differenze, si è ulteriormente rafforzato, anche se il mio mandato come Presidente dell’Assemblea Nazionale delle Nazioni Unite si concluderà il prossimo mese, continuerò a lavorare per favorire il confronto religiose, la comprensione reciproca e la libertà religiosa con lo stesso spirito e la stessa determinazione. Ricordo a me stesso e a loro che le nostre diverse religioni possono investire insieme per dare maggior sostanza alla pace e alla sicurezza a un unico mondo comune a tutti. Grazie per la vostra attenzione.

MODERATORE:
Grazie eccellenza per averci ricordato, tratteggiato e delineato questo grande impegno suo e anche suo personale per al libertà religiosa e posso dire che abbiamo l’affondata speranza di poter presentare il prossimo anno al prossimo Meeting il documentario di cui ha parlato sua eccellenza poco fa, questo documentario che presenta queste situazioni di conflitto e così prima abbiamo già creato un ponte verso il Meeting dell’anno prossimo. Ed ora vorrei dare la parola al Ministro degli Esteri della Repubblica Italiana, Giulio Terzi di Sant’Agata, il nostro governo sta facendo della libertà religiosa uno dei suoi massimi impegni, il suo massimo sforzo, sta spendendo tante energie e di questo veramente vogliamo ringraziare il Ministro che è Ministro dal 17 novembre 2012 e ha ricoperto tantissimi incarichi diplomatici di cui voglio ricordare il periodo come ambasciatore d’Italia in Israele, il periodo come rappresentante Permanente dell’ Italia presso le Nazioni Unite e poi il suo incarico come ambasciatore d’Italia presso gli Stati Uniti, quindi una persona che ha visto tanto mondo e su questo tema della liberà religiosa sta facendo veramente tanto sforza, per cui grazie signor Ministro della sua presenza qui.

GIULIO TERZI
Caro direttore Fontolan, la ringrazio molto per questa introduzione soprattutto per aver risparmiato a questi splendidi ospiti di questa hall una lunga storia di burocrazia, relazioni internazionali ecc, e di aver concentrato l’esperienze principali in quelle parole così gentili che ha voluto dire. Volevo anche ringraziare moltissimo la presidente del Meeting per avermi dato l’occasione per affrontare un tema che è motivo non soltanto di grande impegno, come ha detto Fontolan, che è motivo di grande sforzo da parte del governo, ma che è anche un tema che si affronta con sincera emozione, quello del rapporto fra politica internazionale e libertà religiosa. Ma affrontarlo in questa sede ha un significato molto particolare, perché venendo qui a Rimini, al Meeting per l’amicizia, al Meeting sulla natura dell’uomo e il suo rapporto con l’infinito, la prima cosa che colpisce è la grande energia di tanti giovani e di tanti volontari di questa splendida parte della società italiana che è il volontariato con la V maiuscola, impegnato in valori fondamentali dell’individuo, impegnato sul terreno, in azioni concrete per migliorare. Migliorare ciascuno di noi e la società che abbiamo attorno. Grazie ancora per potermi consentire di parlare di fronte ad un grande amico di cui ho enorme stima, il Presidente dell’Assemblea Generale, Nassir Abdul Aziz Al-Nasser, che ha fatto come ha detto, ma è stato molto modesto nel segnalare le cose di straordinaria importanza che ha avuto nel gestire, dare carica innovativa e pensiero all’Assemblea, al Parlamento dell’ONU, il Parlamento del Mondo che è l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, l’organo delle Nazioni Unite che è espressione della democrazia. Non tutti gli organi delle nazione unite lo sono, ma lì sta la democrazia della società internazionale, quindi credo che sia importante il segnale che ha dato, di impegno su questo tema della libertà religiosa. Da parte sua una grande attenzione avrò per le parole di S. E. il Card. Jean Louis Tauran, con cui ho avuto modo di scambiare già un colloquio, che mi ha dato il senso dell’impulso che la Santa Sede e il mondo della Chiesa danno a questo tema che è motivo per noi di ulteriore indirizzo e di conforto. Gli amici come il Segretario di Stato, Antonella Mularoni, e i ministri che l’accompagnano, l’ambasciatore d’Italia a San Marino che vorrei anche salutare.
Gli ultimi mesi del governo di cui ho l’onore di fare parte, hanno coinciso, carissimi ospiti, con trasformazioni profonde nei paesi a sud del mediterraneo.
Vi è stato uno straordinario desiderio di libertà da quelle parti del mondo, che ha generato le rivoluzioni della primavera araba, una rivoluzione ancora drammaticamente in corso in Siria e che è tutt’ora in via di assestamento istituzionale, assestamento promettente quale io personalmente credo. Un assestamento in Egitto, in Libia, in Tunisia. Quanto sta avvenendo alle porte di casa nostra, mi ha suggerito proprio di discutere oggi con voi di quella che il partigiano cattolico, Primo Mazzolari, giustamente definì l’”area della religione”. Qual è l’area della religione? È la liberà. Non vi può essere cima, non vi può essere ambiente, nel quale la religione, il pensiero, veramente si manifesta e si consolida se non in un clima di libertà. E nel fare questo vorrei sotto lineare i motivi più concreti anche, che fanno della sponda meridionale del mediterraneo, per l’Italia, un essenziale priorità economica, politica e culturale. E qui vorrei fare una brevissima digressione, ma molto precisa sul fatto che la nostra economia, la crescita, l’occupazione, lo collocazione stessa dei nostri giovani in una società culturalmente ed economicamente aperta, tutte queste cose rendono prioritari assolutamente la nostra amicizia e il nostro rapporto costruttivo con le società di quella parte del mondo. L’Italia tra i paesi europei, viene percepita dalle nuove leadership arabe, e credo che il presidente dell’Assemblea Generale anche come rappresentante permanente del Qatar, ne abbia portato testimonianza concreta, un essenziale punto di riferimento. Se negli ultimi cinque anni la crisi economica che è stata certo figlia di una più generale crisi internazionale, che non è venuta dall’Europa, se questa crisi economica è stata in parte bilanciata dall’internazionalizzazione delle nostre aziende a fronte di un mercato interno molto debole, questo è avvenute perché la regione mediterranea è stata una vera protagonista della crescita. Vorrei attirare la vostra attenzione su dati che riguardano quello che definirei il “grande mediterraneo”, cioè quel grande arco geopolitico e regionale che va dalla Tunisia al Marocco alla Turchia, sino a poi entrare nella realtà dei sei paesi del golfo. Ecco in tutta quest’area il nostro export è cresciuto nel 2012 di circa il 19% rispetto al 2010, l’interscambio complessivo è stato pari a 82 miliardi di euro, è aumentato del 4% ed oltre 3300 aziende italiane sono presenti in quest’area. Ed il 15% degli stranieri residenti e occupati in Italia, provengono proprio dall’africa settentrionale e dal medio oriente. Ora, nella fase difficile che Italia e Europa attraversano , il rafforzamento dei rapporti con i nuovi leaders del mediterraneo, costituisce quindi un fondamentale elemento per la nostra crescita economica. E dai loro governi devo dire che ho ricevuto apprezzamenti notevoli, continui, per la politica economica del governo attuale. Ho avuto garanzie sul sostegno che questi paesi desiderano dare alle nostre aziende che operano da loro, e ho ricevuto anche indicazioni preziose sulla loro volontà di aumentare gli investimenti in Italia.
Quindi è in questa quadro complesso di macro regione che l’italia sta assumendo, e è una definizione che viene da noi ma che viene dai nostri interlocutori, sta assumendo un ruolo sempre più da vero protagonista. Non solo per una presenza attiva, costante, sul piano politico, economico, culturale, ma soprattutto perché, siamo capaci, ci dimostriamo capaci di accompagnarla con una fortissima propensione al dialogo. E anche sui temi più controversi, ma che sono essenziali, io credo, per la stabilità delle nuove democrazie, e per il benessere stesso di società attualmente in una trasformazione così intensa, società composte da giovani e da giovanissimi come voi.
Prima di proseguire vorrei lasciare simbolicamente la parola a qualcuno di voi, alla platea, lasciando passare alcune interviste realizzate questa mattina con alcuni partecipanti al meeting. Grazie.

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GIULIO TERZI
Grazie. Alcuni brevissimi passaggi che hanno catturato la bellezza, hanno catturato i segni del nostro procedere in un cammino di dialogo, di libertà e hanno catturato anche il senso di relazione, del bisogno di non violenza, del superare i problema, politicamente, con la forza della comprensione, con la tolleranza, con l’educazione. Ecco questo credo che sia in sintesi, in pochi secondi, quello che emerge, è anche dall’aspetto ironico: “vuoi far la guerra? Cosa combini con questo…” non si combina niente, le guerre partono sulla base di situazioni corrotte e ne generano altre. Quindi sono le soluzioni politiche quelle che cerchiamo. E riprendendo un po’ il cammino verso l’Europa, vorrei ricordare una frase detta dal ministro degli esteri della Gran Bretagna, allo scoppio della prima guerra mondiale, sir Edward Grey, disse una cosa molto pesante: “ Le luci si sono spente sull’Europa e la nostra generazione non le vedrà riaccendersi.”
Io sono certo che questa visione sia accettabile, né condivido alcuna visione malinconica sul futuro dell’Europa. Un’idea intristita e perdente del nostro continente, contraddetta innanzitutto dalla constatazione del fatto che l’Unione Europea continua ad essere un punto di riferimento globale per l’avanzamento di valori universali e, ben più importante l’Europa ha una forza crescente di attrazione e di impulso per l’affermazione dei diritti e delle libertà fondamentali, una forza alla quale l’Italia da vigore con idee ed iniziative d’eccellenza. Certo l’Unione Europea sta vivendo una fase di difficoltà economica, e questo per molti versi dev’esser un momento di ulteriore ricerca della sua identità. E non possiamo dimenticare che nel cromosoma di libertà dell’Europa che De Gasperi, Adenauer, Schuman, hanno guidato il continente verso una comunità di valori identitari ancora prima che economici. La comunità europea ha così potuto accendere, dai trattati di Roma ad oggi, accendere le luci della libertà assieme a quelle della prosperità. E sono queste le luci che hanno illuminato per decenni la vita di milioni di cittadini europei, che hanno azzerato le ombre del Muro di Berlino e delle ideologie totalitarie.
Con l’allargamento dell’unione i popoli dell’Europa orientale hanno scelto con entusiasmo di alimentare la libertà di tutta l’Europa. E contrariamente alla profezia di sir Grey, l’Europa è tornata a influire nella definizione di equilibri globali. Non ho quindi esitazione alcuna nel sostenere che il carattere veramente distintivo della politica estera di sicurezza europea debba essere, e debba sempre più essere, quello dell’affermazione dei valori fondamentali dell’uomo. Questo deve restare il nostro baricentro, per il nostro paese così come per l’intero continente. Ed è un baricentro che non deve essere assolutamente alterato perché se lo fosse, rischieremmo di trovarci su un piano inclinato, abbassato verso desolati conformismi, e compromessi di un malinteso e spesso cinico realismo.
E così tradiremmo una parte fondamentale, quella davvero originale, della nostra identità.
Le sfide globali richiedono invece di erogare nuova energia al faro dei diritti, per raggiungere obiettivi più alti. L’Europa che abbiamo riunificato in un grande spazio di libertà, l’Europa che abbiamo dotato di una moneta, l’Europa che nei suoi principi e nelle sue norme ha abbracciato valori etici, che come ha rilevato il presidente monti, molto più spesso sono stati invece assenti nelle politiche degli stati nazionali. Ed è questa l’europa che, secondo l’Italia, può e deve fare di più per i diritti fondamentali. C’è chi sostiene che in passato l’Europa si fosse dimenticata di Dio. Non è certo mia intenzione riaprire questo dibattito, ma credo che occorra riconoscere che nella politica internazionale il tema della religione è stato per tanto tempo, per troppo tempo, marginalizzato e escluso.
Affrontare in pubblico tematiche connesse con la sensibilità religiose era considerato perfino politicamente scorretto, imprudente perfino per un diplomatico. Per secoli è stato tacitamente accettato il famoso principio sancito dalla Pace di Augusta, nel 1555, cuius regio eius religio, non ci si stupiva se lo stato decideva lui stesso il credo dei propri cittadini. Il politologo Richard Greco, ha rilevato qualche tempo fa che nella “Storia della Diplomazia” di Henry Kissinger, il termine “religione” non è neanche incluso nell’indice del volume, e la libertà di religione non rientra negli argomenti di dibattito delle relazioni internazionali. Ci sono voluti alcuni anni affinché dopo Samuel Huntington, ma in una chiave essenzialmente negativa, elaborasse il concetto di scontro di civiltà ed è da allora che si è cominciato a prestare più attenzione alla religione come dinamica vera e intima di politica internazionale e più di recente si sono levate in questa direzione quel importanza della religione da studiare, da tener presente come dato fondamentale si son levate altre voci autorevoli come quella del ex segretario di Stato americano Madeleine Albright che nel suo libro (??? 59’00”) ha approfondito il ruolo il ruolo della religione nel definire l’approccio americano di politica estera. L’Italia a nuovamente posto, in questi ultimi 9 mesi, il tema della religione e della liberta religiosa al centro del dibattito internazionale, lo abbiamo fatto nella convinzione che lo spirito di libertà non possa essere segmentato in libertà principali e liberta di serie B. Lo spirito di libertà è come un muro a secco, costruito con blocchi disposti in modo da auto sostenersi senza l’uso di leganti esterni se però vien meno un solo blocco, una sola liberta fondamentale, l’intera costruzione cade e questo è un concetto che non è soltanto europeo, occidentale, rientra nel meglio delle tradizioni africane, con una parola ubuntu si descrive il concetto di rete sociale, se anche un solo nodo cede l’intera rete si spezza anche nei punti più lontani del ordito. Allo stesso modo la liberta del individuo non è solo liberta di parola, di stampa, di coscienza, è omnicomprensiva ed abbraccia la religione, negare o limitare in maniera arbitraria tale liberta ha osservato papa Benedetto XVI significa coltivare una visione riduttiva della persona umana. C’è anche un’altra ragione che ci ha spinto a farci promotori della libertà di religione, una ragione di carattere operativo, pratico: le violazioni di liberta fondamentali provocano conflitti, generano guerre, esodi di massa e disastri, catastrofi umanitarie. Il preambolo della Dichiarazione Universale dei Diritti del Uomo che è stato poco fa ricordato recita in un passaggio veramente fondamentale perché riconosce anche quello che sarebbe venuto dopo oltre che essere costruito sulle tragedie del passato, dice è indispensabile che i diritti del uomo siano protetti da norme giuridiche se si vuole evitare che l’uomo sia costretto a ricorrere come ultima istanza alla ribellione contro la tirannia e l’oppressione sessant’anni prima delle primavere arabe e della tragedia in Siria. L’esperienza del Afghanistan, della Somalia e delle primavere arabe indicano che quando i diritti fondamentali sono discussi completamente vengono negati e fra questi la liberta religiosa, si creano premesse inevitabili per ribellioni e instabilità, cosi non c’è contraddizione tra tutela del interesse nazionale nostro e altrui e difesa dei diritti anche in nazioni lontane, al contrario prenderci carico della tenuta di nodi apparentemente distanti da noi è davvero una parte rilevante del nostro interesse nazionale. Di nuovo dal africa, anch’essa culla di civiltà ci arriva un altro spunto importante, il 25 settembre 2011 dopo una lunga malattia in un ospedale di Nairobi si è spenta Wangari Maathai, premio nobel per la pace, il mondo continuerà a ricordare come ricorderete tutti voi il suo impegno instancabile per il riconoscimento dei diritti umani per le popolazioni più umili e in particolare per i diritti delle donne; in una delle sue ultime interviste, Wangari Maathai, ha ricordato un antica favola africana che parla del re leone che scappa dalla foresta in fiamme con tutte le altre bestie e a un certo punto vede un piccolissimo colibrì spaventato ma che vola controcorrente verso l’incendio e il re leone urla colibri cosa pensi di fare con il tuo inutile volo, il colibrì gli risponde, secco, cerco di spegnare l’incendio, il leone lo deride e gli dice ma con una sola goccia d’acqua che riesci a portare nel tuo piccolissimo becco? E il colibrì senza smettere di volare gli risponde, io faccio la mia parte, in un mondo sempre più interdipendente prenderci carico del altro, delle sue specificità e dei suoi diritti, è quindi un dovere di tutti, un dovere globale, non è alzando muri che risolveremo il problema delle tensioni interetniche , del terrorismo internazionale, della violenza sulle donne, del abuso sui bambini, sono problemi che riguardano l’Italia, qui ed ora, riguardano tutti noi perché sono pezzi di quelle società solo apparentemente altre che convivono quotidianamente con noi sul lavoro, con i nostri bambini nelle scuole e vicino alle nostre famiglie. Per l’apertura al dialogo con l’altro, principio riconosciuto da tutte le religioni universali, l’Europa deve essere una fiera portabandiera nel mondo e questo è un principio originale del identità europea e italiana che non dobbiamo mai dimenticare, un aspetto che ci guida, che guida il governo italiano e me personalmente, i miei collaboratori, l’intera Farnesina in ogni incontro istituzionale. Nei colloqui con i nuovi leader dei paesi delle primavere arabe ho sottolineato a nome del Italia l’esigenza di incardinare in un a chiara cornice costituzionale il pluralismo inteso anche come la liberta di religione e dei gruppi minoritari, abbiamo promosso numerose iniziative destinate alle società civili: la creazione a Roma di un osservatorio sulle liberta di religione, abbiamo insistito a Brussels affinché questa linea sia sempre più radicata e presente nel azione esterna del Unione Europea e abbiamo lavorato per stimolare le sensibilità in questo ambito suggerendo la creazione di una task force europea con precise scadenze, chiedendo al alto rappresentante di riferire con un rapporto periodico sullo stato delle liberta religiose nel mondo e abbiamo sostenuto anche l’inserimento nelle linee guida del Unione Europea della liberta di religione con un suo profilo spiccato. Al tempo stesso insistiamo per crescere stanziamenti e programmi educativi europei intesi alla tolleranza e al dialogo ecco importantissimo quest’aspetto del educazione alla tolleranza e al dialogo quale componente fondamentale dei nostri programmi di cooperazione non solo governativi ma anche del impegno quotidiano delle organizzazioni non governative, dei volontari che individualmente o con le loro associazioni si muovono in realtà tante volte difficili, l’aspetto del educazione alla tolleranza. Nel negoziato sugli strumenti finanziari del Unione per il periodo 2014-2020 stiamo sollecitando più attenzione a questi programmi, siamo pronti ad aiutare generosamente i nostri vicini e i paesi più bisognosi ma bisogna anche incentivarli in modo determinato, dobbiamo anche agire a livello multilaterale, anche su iniziativa del Italia, l’Assemblea Generale del ONU ha adottato il dicembre scorso una risoluzione, proposta dal Unione Europea sulla liberta di religione, la risoluzione richiama il dovere di ogni Stato alla massima vigilanza per prevenire e punire discriminazioni e le violenza verso le minoranze religiose e pochi mesi dopo il consiglio dei Diritti Umani a Ginevra si è mosso nella stessa direzione. Sono ancora vive, con grande angoscia nella nostra memoria le immagini spaventose delle atrocità compiute in Nigeria dal gruppo di boko haram, massacri inauditi perpetrati contro cristiani, nei luoghi più sacri, nelle cerimonie più solenni di comunità contro fedeli riuniti in preghiera e se allarghiamo lo sguardo vediamo al orizzonte altri motivi di preoccupazione in Africa, in Medio oriente ed in Asia. Desiderate professare una religione? Volete essere liberi di scegliere di non professarne alcuna? Volete convertirvi a un credo diverso? Sono questi tutti diritti fondamentali ai quali bisogna che tutti possano rispondere con convinzione, si; sono diritti il cui esercizio è però suscettibile di mettere a rischio molte vite, centinaia di migliaia di cristiani che vivono da tantissimi anni, da secoli nel Medio oriente sono costretti al esodo, sono componenti vitali di società che si indeboliscono e che vengono rese più vulnerabili al estremismo a causa del abbandono di una componente di una cultura profonda come quella cristiana. In altri paesi la liberta di credere o di non credere è limitata senza ricorrere alla violenza anche se non discriminata da leggi molte minoranze vivono in un clima di ostilità tollerato dalle autorità locali e questo perché la liberta di religione non può ridursi a u semplice riconoscimento formale da parte dello Stato, sarebbe troppo semplice, troppo facile scrivere delle leggi che poi non vengono rispettate nella società e quindi vi è l’esistenza di un obbligo positivo, un obbligo di fare, di una vigilanza in capo a tutti i governi per vincere pregiudizi e intolleranze. Il cuore della questione si pone a un livello più profondo rispetto a quello dei rapporti istituzionali, occorre, io credo, affiancare l’azione diplomatica di cooperazione con un opera di vera sensibilizzazione e coinvolgimento, non basta che l’individuo sia considerato dallo stato libero di fare le proprie scelte se poi la società è dispotica o ostile al esercizio delle libertà e le statistiche ci dicono che ad esempio nel area balcanica ma anche in alcune zone del Medio Oriente come nel area di Bethlemme o ancora nel sub continente indiano la maggiore o minore disponibilità dei governi a garantire un quadro chiaro sul tema della difesa dei diritti e l’ostilità sociale che matura tra la popolazione sono strettamente interconnessi, cioè atteggiamento dei governi e atteggiamento della popolazione si collegano. E’ necessario quindi sostenere la libertà del individuo con progetti incisivi di formazione e di educazione, conosciamo le grandi potenzialità della società civile, tutti ricordiamo l’opera di Giovanni Paolo II che da vescovo e poi arcivescovo ci Cracovia con paziente perseveranza e grandissima saggezza riuscì a far costruire una nuova chiesa nella cittadina polacca di Nowa Huta, successo certamente non facile, quasi vent’anni di sforzi da parte di chi sarebbe diventato papa, il regime comunista poneva un rifiuto fermissimo ma quel grande pontefice riuscì da solo ad aggregare buona parte del opinione pubblica e alla fine l’autorizzazione alla costruzione della chiesa arrivò, operazione di altissimo valore simbolico che ci indica chiaramente la strada; non cessare ma di agire in coerenza con ciò in cui crediamo. C’è un punto imprescindibile perché come diceva don Giussani la vera educazione deve essere un educazione alla critica, dalla violenza ci si difende con la diffusione di una coscienza critica e contraria a ogni forma di sopraffazione e intolleranza, la democrazia si inaridisce senza la vitale cultura del dialogo, la libertà esiste finché esiste la possibilità di discussione e di critica e a questo proposito vorrei sottolineare l’importanza del rapporto tra società e nuove tecnologie, sono stato molto impressionato dal lavoro splendido fatto dal vostro gruppo sui social network, il web e i social network possono fornirci un aiuto prezioso, l’abbiamo visto nelle società del grande Mediterraneo per promuovere una coscienza critica specie nelle nuove generazioni, sono strumenti ancor più essenziali nei paesi in cui ruoli reali di discussione sono limitati o repressi, il web azzera le distanza, rende un problema di pochi o di un gruppo minoritario veramente una questione universale e anche per questa ragione l’Italia è stata tra i promotori della risoluzione approvata di recente dal Consiglio per i Diritti Umani a Ginevra sulla protezione delle libertà di espressione su internet, vigileremo certamente vi assicuro affinché a ogni individuo sia riconosciuto il diritto di cercare ricevere comunicare informazioni liberamente su internet senza censure o interferenze, perché proprio su internet le giovani generazioni costituiscono un proprio modello transnazionale di cultura e di cittadinanza. Nel secolo scorso ci fu qualcuno che si illuse che l’umanità fosse predestinata a un futuro di libertà e poi, osservava Norberto Bobbio, è accaduto che in fronte ai campi di schiavitù e sterminio fosse scritto con diabolica contraffazione il lavoro rende liberi , questo secolo ha già conosciuto spaventosi errori, si riferiva al 1900. la realtà è complessa e piena di ostacoli, non consente profezie, sono convinto che se l’Europa, sostenuta dal azione del nostro paese, della nostra grande società civile, dal entusiasmo di tanti giovani che ho visto qui, riuscirà a confermare veramente una sua autentica leadership nella difese dei diritti umani delle libertà religiose, nella difesa delle libertà di qualunque credo anche distante dalla nostra personale sensibilità allora potremmo consegnare alle future generazioni un mondo più tollerante e pacifico, un mondo sul quale continuerà a risplendere con sempre maggiore intensità la luce del faro europeo della liberta e ognuno è chiamato ad alimentarla.
Grazie infinite a voi per questa discussione.

MODERATORE:

Grazie Signor Ministro per questo ampio disegno. Posso dire anche grazie per averci riproposto immagini di Giovanni Paolo II che ci hanno commosso. Voglio ricordare che 30 anni fa, Giovanni Paolo II era qui a parlare al nostro meeting. E allora adesso vorrei cedere la parola a Sua Eminenza il Card. Tauran, che come dicevo è Presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, che è una grandissima incombenza, è un grandissimo lavoro che sta facendo in questi anni dopo aver servito per molti anni Giovanni Paolo II come Ministro degli Esteri della Santa Sede. Prego Eminenza, grazie ancora della sua cortesia con il meeting.

JEAN LOUIS TAURAN:
Devo dire che vengo sempre a questo meeting con grande gioia anche se devo interrompere le mie vacanze. Perché quando mi dicono che non c’è più gioventù nelle chiese, io cito sempre il meeting di Rimini. Ci si può chiedere: “Come mai oggi si parla tanto di libertà di religione?”. Mi sembra di poter rispondere perché è il diritto fondamentale più spesso violato. E ad essere bersagliati sono soprattutto i cristiani. Proprio stamattina il giornale Le Monde parlava delle sorti di questa giovane pachistana imprigionata per blasfemia. Non dobbiamo dimenticare che nel secolo scorso ben 45 milioni di cristiani sono morti a causa della loro fede. Trattandosi del primo dei diritti dell’uomo è normale che i responsabili religiosi e le autorità governative siano vigilanti e pronte ad adottare le relative misure perché la libertà religiosa nella sua duplice dimensione, individuale e collettiva sia effettivamente tutelata oggi e domani. Vorrei rendere omaggio al Ministero degli Affari Esteri italiano per la sensibilità con cui tratta con noi questo grande problema. Fino al 1945 i diritti dell’uomo erano affrontati all’interno dei singoli paesi. Allora l’intervento di stati terzi sarebbe apparsa una gravissima ingerenza. Furono le atrocità della Seconda Guerra mondiale a provocare una reazione e a spingere verso un rinnovato impegno per la difesa della dignità e della libertà dell’uomo. Così la tutela dei diritti dell’uomo passò dallìambito del diritto interno a quello internazionale. E così nel 1944, per assicurare la libertà di espressione e di associazione fu creato l’Ufficio Internazionale del Lavoro a Ginevra, e poi, in termini generali, l’Organizzazione delle Nazioni Unite che emanò il 10 dicembre del ’48 La Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo. Così il concetto di libertà religiosa fece ingresso nel diritto internazionale, con questa dichiarazione del ’48.
Con l’articolo 18, che ricordo, ogni individuo ha diritto alla libertà di parola, pensiero, coscienza di religione. Tale diritto include la libertà di cambiare religione, o credo. E la libertà di manifestare isolatamente o in comune, sia in pubblico, che il privato, la propria religione, il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti, così recita l’articolo 18. come sapete l’espressione libertà di religione è stata coniata da Tertuliano, all’inizio del III secolo, ma non è mia intenzione fare la storia di questa espressione. Immagino anche che molti di voi in questa sala, conoscano almeno i titoli di grandi testi, testi fondatori della libertà di religione dell’epoca moderna. Il Presidente ?? ne ha ricordati alcuni di molto importanti. La lettura di questi testi permette di precisare il contenuto della libertà di religione. Anche se non troviamo nei testi internazionali una definizione della parola “religione”. Dunque si può dire che per il diritto internazionale la libertà di religione consiste nel diritto di avere la religione o il creso di propria scelta, di non possederne nessuna, di cambiarla o di rinunciarvi, il divieto di ogni discriminazione fondata sulla religione e sul credo, la libertà di manifestare la propria religione o credo individualmente o in comunità, sia in pubblico che in privato, la libertà di esercitare un culto, la possibilità di limitare le manifestazioni delle religioni o del credo se questi limiti sono previsti dalla legge e sono necessari per garantire l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica, la salute pubblica o la morale pubblica, il divieto di ogni ricorso all’odio religioso che costituisce un’incitazione alla discriminazione, all’ostilità o alla violenza, la libertà di stabilire e mantenere luoghi dove praticare un culto, la libertà di scrivere e di stampare, il divieto di ogni costrizione contro una persona che potrebbe attentare alla sua libertà di avere o adottare una religione o un credo di propria scelta. Recentemente è stato anche sottolineato che la libertà di pensiero, di coscienza, di religione e di credo, comporta un’attenzione speciale alle persone appartenenti a minoranze religiose. Tali persone hanno il diritto di godere della propria cultura, di professare e di praticare la propria religione, di usare la propria lingua in privato o in pubblico. E gli stati devono dunque proteggere nei loro territori, l’esistenza e l’identità religiosa delle minoranze e favorire l’istaurarsi delle condizioni idonee a tale identità. Così penso si possa riassumere la dottrina vigente. Ovviamente, lo sappiamo, c’è ancora un grande divario tra la teoria e la pratica. Certo, se guardiamo agli ultimi 50 anni, vi sono stati grandi progressi nella tutela della libertà di religione. Soprattutto nei paesi che sono stati per anni sotto il giogo comunista. Ma, la laicità dello stato, delle democrazie occidentali, ha permesso anche alle comunità religiose di far sentire la loro voce, di attirare l’attenzione pubblica su alcune situazioni discriminatorie e talora anche persecutorie. Ma la situazione è ben lungi dall’essere soddisfacente. In alcuni paesi, dove la maggior parte della popolazione pratica l’islam o l’indiusmo, e anche nelle società secolarizzate, dove la libertà religiosa tende ad essere concepita come un’opzione personale, insignificante per la vita della città. Vorrei a questo punto ricordare la posizione della Chiesa Cattolica per quanto riguarda questa libertà di religione tale e quale viene esposta nella Dichiarazione Consigliare Dignitatis Humanae. Ricordo che Giovanni XXIII nella sua enciclica Pacem in Terris, ha introdotto la formula per cui “ognuno ha il diritto di onorare Dio secondo il dettame della sua retta coscienza e di professare la religione nella vita privata e pubblica. E questo diritto è un diritto dell’uomo”. Prima del Concilio i Papi Leone XIII e Pio XII affermavano il diritto dello Stato di tollerare i culti acattolici nella misura in cui lo esigerebbe il bene comune per evitare un male maggiore. Ma i padri consigliari hanno completato tale dottrina mettendo in primo luogo la persona umana. Così se prendiamo la dichiarazione Dignitatis Così se prendiamo la dichiarazione Dignitatis Humanae, vediamo che la prima parte si richiama alla ragione umana. Il diritto alla libertà religiosa si fonda realmente sulla stessa dignità della persona umana, quale l’ha fatta conoscere la parola di Dio rivelata e la stessa ragione. Tale è la natura dell’uomo che cerca la verità soprattutto per quanto riguarda Dio. Quindi la libertà di religione è inscindibile dalla ragione umana. Invece nella seconda parte della dichiarazione Dignitatis Humanae è chiaro che il diritto alla libertà di religione non è un diritto che consenta di decidere qualsiasi cosa in materia di religione, non è un diritto a professare le ore. Si riconosce alla persona il diritto di disporre uno spazio in cui fare liberamente le proprie scelte e anche l’aspetto comunitario viene messo in risalto: autonomia delle comunità religiose che si regolano secondo il proprio diritto, diritto delle comunità di formare i propri ministri, diritto di educare i propri membri, diritto di riunirsi liberamente, possibilità per i genitori di educare la loro prole secondo la loro convinzione. Poi viene la menzione dello Stato. I pubblici poteri non possono né imporre né impedire un’adesione religiosa, né propagandare la distruzione del fenomeno religioso. Essi devono proclamare la libertà religiosa quale diritto civile e garantirne l’effettivo esercizio. Ecco perché potranno limitare gli esercizio della libertà di religione qualora venissero lesi i diritti degli altri o venissero minacciate la salute o la morale pubblica. È in gioco la tutela del bene comune, lo Stato deve osservare quindi una neutralità. Né indifferenza, né ostilità, né identificazione con una religione né propaganda di una ideologia antireligiosa. Nel caso in cui una religione a causa della storia abbia particolari legami con una nazione, come per esempio l’anglicanesimo, lo Stato potrà riservare un sostegno speciale a tale religione ma senza che gli altri credenti vengano discriminati, soprattutto quando appartengono a una minoranza. Se lo Stato non può decidere dei diritti dell’uomo ma soltanto riconoscerli non può nemmeno decidere della libertà religiosa ma solo prendere atto del fatto che una società è impregnata di principi religiosi.
Dunque la libertà di religione, in un certo senso, pone il problema del ruolo delle religioni nella società. L’uomo è per natura religioso, per l’etnologo per esempio i primi rudimentali utensili e i riti sono il segno della comparsa dell’uomo. E il fatto religioso non si riferisce solo al mondo religioso. È un fatto costitutivo del mondo di oggi ed è una delle aberrazioni del laicismo moderno il pensare che un umanesimo possa fare a meno della spiritualità. Un mondo senza Dio è un mondo disumano. Basta ricordarsi delle aberrazioni del secolo scorso. Il fatto religioso è parte integrante delle espressioni del genere umano, di quel fatto religioso, sotto qualunque forma esso si esprima. In fondo tutte le religioni aiutano a comprender come gli uomini abbiano riconosciuto Dio attraverso il creato. Ovviamente il fatto giudeo-cristiano ci pone alla presenza di una cosa ben diversa. Non è un semplice culto, ma una testimonianza resa all’evento che costituisce la storia. È Dio che fa irruzione nella storia. Le religioni sono un movimento dell’uomo verso Dio, mentre nel caso del giudaismo e del cristianesimo è Dio che va verso l’uomo in una rivelazione. E il Papa lo dice molto bene nel messaggio bellissimo che vi ha invitato giorni fa. La libertà di religione quindi riguarda anche l’uomo concreto. L’uomo che è un animale religioso. È molto singolare vedere che quando si è eliminato Dio dall’orizzonte dell’uomo, l’uomo cerca altri dei. Oggi ci sono troppi dei. L’ateismo non è più un problema. Ci sono troppi idoli, siamo tutti idolatri perché ci siamo scordati di Dio. In realtà l’uomo si pone due domande, almeno una volta nella propria vita. La prima: “Esiste Dio?” e la seconda: “cosa c’è dopo la morte?”. Queste due domande tutti gli uomini se le fanno. Per chi trova una risposta allora viene una seconda serie di domande che Emmanuel Kant ha sintetizzato così: “Che cosa posso conoscere? Che cosa devo fare? Che cosa posso sperare?”. Il diritto all’esistenza di società religiose in uno Stato è un diritto fondamentale che lo Stato è tenuto a rispettare nel suo stesso interesse. Certo le chiese operano in primo luogo per la religione. Ma cittadini che praticano una religione più coscienziosi, sono più inclini a partecipare alla vita sociale e culturale della società, che appartengono più colti e più preoccupati della cosa pubblica. E rappresentano in questo una risorsa per lo Stato. Cresce frattanto la convinzione che l’umanità non deve solo rafforzare il suo dominio sul creato, ma gli compete inoltre instaurare un ordine sociale ed economico che sempre più e meglio serva all’uomo e aiuti i singoli gruppi ad affermare e a sviluppare la propria dignità. È quindi innegabile che le religioni possono offrire un contributo non trascurabile. La Chiesa Cattolica in particolare si pone all’avanguardia se si prende in considerazione la sua azione capillare e Comunione e Liberazione ne è un esempio. Perciò vorrei terminare incoraggiando voi di CL che avete la possibilità di vivere la vostra fede in Italia e fuori e ad apprezzarla e a metterla concretamente sempre meglio in pratica. Noi cristiani crediamo che l’uomo realizzi la propria umanità quando si riceve da Dio, quando si considera creatura (anche il Papa lo dice nel suo messaggio), quando è consapevole della sua dignità nella quale riconosce in sé e negli altri il sigillo di Dio che ci crea a sua immagine. Che l’uomo è grande nella misura in cui fa della sua vita una risposta all’amore di Dio e al servizio dei fratelli. Se noi siamo liberi per liberare tanti nostri fratelli e sorelle, incatenati da meri idoli. Viviamo in un mondo, il mondo che noi ci siamo fatti, che certamente è magnifico ma anche pieno di zone grigie. Un mondo in cui l’uomo esplora i segreti dello spazio ma spesso è cieco sul senso della sua avventura. Un mondo in cui l’uomo, giustamente, può vantarsi di tanti traguardi tecnici, ma che si domanda pure se potrà tenere sotto controllo tante scoperte. Un mondo in cui le comunicazioni sono sempre più rapide ma anche la solitudine è enorme. Un mondo in cui la solidarietà umana si esprime ogni tanto, non sempre, ma dove gli antagonismi e le guerre. Un mondo in cui la solidarietà umana si esprime ogni tanto, non sempre, ma dove gli antagonismi e le guerre suscitano più violenza e sconforto. Un mondo in cui la pubblicità fa intravedere una vita migliore, ma la vita è così poco rispettata. Ma questo mondo, così contraddittorio è il mondo dove vivono gli uomini e donne che Dio ama fedelmente. Dio non ha tradito mai il suo progetto di alleanza perché Cristo, morto e risorto, ci apre sempre una via. E noi proponiamo all’uomo di oggi di scoprirsi non ad immagine e somiglianza di ciò che egli può immaginarsi di più grande, ma di scoprire il Dio amore. Sì, l’uomo di oggi deve scoprire che la sua dignità gli viene da un Altro. Quando l’uomo è abbandonato al potere dell’uomo, quando tutto ciò che pensa e fa è a misura di uomo, tutto diventa in breve disumano. Ecco perché noi peroriamo la causa dell’uomo integrale con la sua dimensione pienamente umana e pienamente trascendente. Cerchiamo di mantenere aperta la porta della speranza che non è altro che la porta dell’amore col quale permettiamo ad altri di crescere, crescendo noi stessi. Penso che nel mondo di oggi questo sia il nostro primo dovere: mantenere aperta la porta della speranza. Il poeta francese Charles Peguy, parlando di cristiani ha detto: “Dieu nous a fait esperance” (Dio ci ha costituiti come speranza). Questo è il messaggio che offriamo a chi ci ascolta, ai responsabili delle società, perché, come diceva Toqueville ai concittadini che volevano sinceramente aiutare gli uomini ad essere liberi quando attaccano le convinzioni religiose, seguono le loro passioni, ma non i loro interessi. È il despotismo che può fare a meno della fede, ma non la libertà. Grazie.

MODERATORE:
C’è ancora tanto cammino da fare, ricordava il Presidente Al-Nasser per molti, per riconoscere la realtà delle differenti identità culturali, religiose e politiche, e per superare l’idea che queste differenze siano un ostacolo e invece sono una ricchezza. E come si fa ad andare avanti a percorrere questo cammino? Facendo ognuno la nostra parte. Prendo a prestito l’espressione che il Ministro Terzi ha usato citando quell’apologo africano. Ma che ognuno faccia la sua parte non si può ottenere per legge, non deriva da un comando dall’alto, occorre un io pienamente umano, occorre un’educazione che ci tenga aperte le porte alla speranza, come citava infine il Card. Tauran da Charles Peguy. Ecco perché siamo qui, ecco perché abbiamo ascoltato così volentieri e così con partecipazione ed emozione le parole di questo tre grandi ospiti e amici. Grazie e buona serata.
Trascrizione non rivista dai relatori

Data

24 Agosto 2012

Ora

17:00

Edizione

2012

Luogo

Auditorium B7
Categoria
Incontri