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ONDE GRAVITAZIONALI, UNA NUOVA FINESTRA SULL’UNIVERSO
Partecipano: Roberto Battiston, Presidente A.S.I. (Agenzia Spaziale Italiana); Laura Cadonati, Professore Associato presso la Scuola di Fisica del Georgia Institute of Technology, USA. Introduce Marco Bersanelli, Docente di Astrofisica all’Università degli Studi di Milano.
ONDE GRAVITAZIONALI, UNA NUOVA FINESTRA SULL’UNIVERSO
MARCO BERSANELLI:
Buongiorno, benvenuti a questo incontro. Anche quest’anno abbiamo la fortuna qui al Meeting di avere una testimonianza di altissimo livello, diciamo della più grande scoperta scientifica dell’anno. Forse in questo caso, possiamo dire, una delle più grandi scoperte del secolo (credo che non sarò smentito dicendo questo). L’universo non smette mai di sorprenderci e noi, che siamo interessati alla realtà secondo tutti i suoi aspetti, siamo contenti di farci sorprendere, anche quando i segnali che ci arrivano sono segnali quasi impercettibili, come vedremo, al limite dell’immaginabile. Perché anche segnali così deboli, in realtà, possono, come in questo caso, portare il segno di una cosa grande: c’è un bene per noi anche nel dialogo con questo “tu” (con il “t” minuscolo), che è l’universo, che è la natura, l’universo fisico che rivela l’ordine profondo che ha in sé, attraverso segni delicatissimi, come quelli di cui sentiremo parlare oggi. Sono passati esattamente cent’anni da quando Einstein ha pubblicato la sua teoria della relatività generale e proprio quest’anno, l’11 febbraio, il responsabile della collaborazione LIGO, uno strumento interferometrico molto sensibile di cui avremo modo di apprendere, hanno dato la notizia che il loro strumento aveva per la prima volta rilevato le onde gravitazionali, conferma bellissima e importantissima della teoria della relatività, che ci dice che anche la gravità, questa cosa che sentiamo anche in questo momento stando seduti sulla nostra sedia, può assumere la forma di un’onda, come una luce invisibile che ci rende possibile il rapporto con cose altrimenti irraggiungibili, inavvicinabili. Ed è letteralmente, quindi, come dice il titolo di quest’incontro, una nuova finestra sull’universo. E una luce nuova, per essere vista, richiede degli occhi nuovi, strumenti nuovi: e così si apre un futuro di nuovi sviluppi, che vedrà nuove tecnologie, non solo da terra, ma anche dallo spazio, come sentiremo; con programmi ambiziosi, in cui ancora una volta l’Italia è in prima fila. Ma di cosa si tratta ce lo diranno i due grandi ospiti che abbiamo oggi. Innanzitutto, abbiamo la fortuna di avere con noi uno dei principali responsabili scientifici della collaborazione LIGO, una protagonista sul campo di questa grande scoperta, che è Laura Cadonati. Laura si occupa di astrofisica delle onde gravitazionali. Ha avuto e continua ad avere un ruolo di leadership in questa collaborazione LIGO, non solo per quanto riguarda la scoperta delle onde, ma anche per tutto quello che è stato il percorso che ha portato a questa scoperta. Si occupa della misura, caratterizzazione e interpretazione astrofisica delle onde gravitazionali di breve durata, quelle che sono prodotte da eventi cataclismici come collisioni di buchi neri, esplosioni di supernove e cose di questo tipo. Si è laureata all’Università di Milano in fisica (quindi sono particolarmente felice di ritrovarla), poi si è trasferita negli Stati Uniti, ha preso il PhD a Princeton, poi ha fatto un Post-doc al MIT, poi è stata professore alla University of Massachusetts e attualmente insegna presso la Scuola di Fisica del Georgian Institute of Technology, negli Stati Uniti. Fa parte dell’American Physical Society ed è la collaboratrice del gruppo di lavoro sulla gravità dell’American Physical Society. Laura è la responsabile del comitato che dirige l’analisi dati di LIGO e ha già avuto un premio alla carriera della National Science Foundation. E in aggiunta a tutto questo, Laura è madre di tre figli. (Scusate se è poco). Presento anche il nostro altro speaker. Abbiamo con noi anche la persona che, per visione scientifica e per la responsabilità che occupa, è la persona che meglio di chiunque altro credo possa indicarci la prospettiva che questa scoperta apre per il futuro e per le nuove generazioni, sia in Italia che all’estero: Roberto Battiston. Il suo campo di ricerca è lo studio della fisica fondamentale, sia attraverso esperimenti con acceleratori di particelle (quindi a terra), sia nel settore spaziale, attraverso la misura di astroparticelle e raggi cosmici. In particolare, fra le tante cose che non abbiamo il tempo di elencare, Roberto ha guidato l’Italia, in particolare l’Agenzia Spaziale Italiana e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, ad avere un ruolo di leadership, sia scientifico che tecnologico, nel progetto AMS, che è un laboratorio orbitante per lo studio dei raggi cosmici, alla ricerca di antimateria e materia oscura. Dal 2011 questo strumento si trova agganciato alla stazione spaziale internazionale e ha prodotto le misure più precise in questo settore, aprendo la strada a nuovi studi fisici fondamentali. Ha studiato alla Normale di Pisa e poi all’Università di Parigi IX, di Orsay. Ha insegnato all’Università di Perugia e poi dal 2012 è all’Università di Trento. Ha ricoperto numerosi ruoli di grande responsabilità, sia negli NFN che nell’ASI, e dal maggio 2014 è stata nominato Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana. E devo dire che, in aggiunta a tutto questo, è padre di quattro figli. Adesso lascio la parola ai nostri ospiti, a cominciare da Laura. Grazie.
LAURA CADONATI:
Prima di tutto vorrei ringraziare gli organizzatori ed in particolare il Professor Bersanelli per avermi invitato a questo meeting – è un onore per me rappresentare la mia Collaborazione e parlarvi della scoperta delle onde gravitazionali prodotte dalla collisione di due buchi neri, una scoperta che abbiamo annunciato a Febbraio, esattamente 100 anni dopo che Einstein ha postulato la loro esistenza nell’ambito della teoria della relatività generale, e abbiamo confermato con l’annuncio di una seconda rivelazione due mesi fa. Vorrei cominciare con un’introduzione su cosa sono le onde gravitazionali e perché questa scoperta è importante, descrivere LIGO e cosa abbiamo visto, e concludere con prospettive per il futuro. Immaginate di guardare il cielo in una notte limpida, senza nuvole, e con una vista molto acuta. Questa è una immagine a campo ultra profondo del telescopio spaziale Hubble, che è in orbita attorno alla Terra dagli anni Novanta. Se guardiamo molto attentamente, questa immagine include galassie che sono lontane dieci miliardi di anni luce. La nostra conoscenza dell’Universo è basata sulla radiazione elettromagnetica: infrarosso, luce visibile, raggi X, raggi Gamma. Enormi progressi sono stati fatti da quando Galileo ha puntato il suo telescopio al cielo – adesso sappiamo che l’universo non è stazionario come in questa immagine ma è dinamico, con stelle che esplodono, galassie che si fondono, ed eventi che rilasciano immense quantità di energia. La forza di gravità spiega come i pianeti ruotano attorno alle stelle, come le stelle si muovono nelle galassie, come le galassie si muovono l’una rispetto all’altra e a volte si scontrano. Ci sono però molte domande aperte: che cosa è la materia oscura che sappiamo essere nell’universo ma non possiamo vedere? Che cosa sono i buchi neri che Einstein ha ipotizzato? Come esplodono le stelle? Che cosa è successo nei primi istanti dopo il big bang? Ci sono ancora molte cose che non conosciamo. I miei collaboratori, la comunità scientifica è animata dal desiderio di dare risposte a queste domande. La gravità è al centro della teoria della relatività generale, formulata da Einstein 101 anni fa. Einstein non era soddisfatto dall’idea di Newton che due oggetti con massa si attraggono con la forza di gravità. Che cosa è questa forza? E quali sono i messaggeri della forza di gravità, cosa comunica che l’attrazione gravitazionale cambia quando oggetti celesti cambiano la loro configurazione? Se il sole dovesse sparire all’improvviso, la luce ci metterebbe otto minuti a spegnersi sulla Terra, ma quanto ci vuole perché la Terra esca dalla sua orbita? Per rispondere a queste domande, Einstein ha avuto una visione geniale: ha ri-definito la gravità non come una forza misteriosa fra due masse, ma come conseguenza del fatto che lo spazio e il tempo non sono piatti e rigidi, ma vengono distorti da oggetti massivi. Per semplicità’, immaginiamo che lo spazio abbia due dimensioni soltanto. Questa immagine mostra un universo a due dimensioni nella teoria di Einstein. Lo spazio non è piatto, stelle e pianeti lo possono curvare. Alcuni oggetti emettono luce, come questa stella. Altri no. La luce e piccoli pianeti si muovono su questo piano, e il risultato sono orbite che sembrano circolari ma sono in realtà linee dritte su una superficie curva. Parafrasando l’astrofisica John Wheeler, la materia deforma lo spazio, e la curvatura dello spazio definisce come la materia e la luce si muovono. Se guardate attentamente, là dietro c’ è una specie di imbuto. Questo è un buco nero nella teoria di Einstein: un imbuto nello spazio tempo, così profondo che niente, nemmeno la luce ne può’ uscire. Le onde gravitazionali sono perturbazioni dello spazio-tempo prodotte da rapidi cambiamenti di forma e orientamento di oggetti massivi come stelle e pianeti. Viaggiano alla velocità della luce e portano con se informazioni sugli eventi astrofisici che le hanno prodotte – come la massa si e mossa. Al loro passaggio, cambiano impercettibilmente la curvatura dello spazio e del tempo, che risulta in cambiamenti nella distanza fra due punti. Con il loro movimento, cambiano il loro campo gravitazionale o, in altre parole, cambiano il modo in cui curvano lo spazio-tempo attorno a loro. Questo cambiamento si propaga verso l’esterno come un’onda. Immaginate le onde sulla superficie di uno stagno quando vi lanciate un sasso – queste onde sono simili, ma invece di essere onde sulla superficie dell’acqua sono onde nel tessuto intrinseco dello spazio. Lo spazio è rigido – serve un sacco di energia per modificarlo di pochissimo. Queste onde sono effetti minuscoli. Ma se le sappiamo misurare possiamo imparare molto sull’evento astrofisica che le ha prodotte. Quando Einstein, 100 anni fa, predisse questo fenomeno, decise che era un effetto troppo piccolo per essere misurato – ed è qui che si sbagliava – ci siamo riusciti. L’11 febbraio 2016, il team scientifico di cui ho l’onore di essere parte ha annunciato la scoperta delle onde gravitazionali. Le onde che abbiamo misurato sono state prodotte quasi un miliardo e mezzo di anni fa, quando le prime forme di vita si stavano formando sulla Terra, dalla collisione di due buchi neri con massa equivalente a circa 30 soli. Questo video è una simulazione ottenuta risolvendo le equazioni della relatività’ generale su super computers. La simulazione è rallentata di un fattore 20-30 e fa vedere gli ultimi istanti prima della collisione dei due buchi neri in un buco nero più’ grande. Questo è l’effetto della luce delle stelle dietro ai buchi neri, deviata dal campo gravitazionale dei buchi neri (un effetto lente). Le stelle non si muovono, è solo la loro immagine che è deformata perché la luce è deviata dal campo gravitazionale dei buchi neri in movimento. Nessun telescopio è abbastanza potente per vedere questo fenomeno. Quello che possiamo vedere sono le onde gravitazionali che sono state prodotte. Ecco le onde – crescono di intensità’ fino alla collisione finale – un “burst” di onde gravitazionali che propagano nell’universo. Facciamo un salto in avanti di 1.3 miliardi di anni e queste onde arrivano alla Terra e la comprimono e dilatano. Questo è successo il 14 Settembre 2015 – erano le 4.50 di mattina per me in Atlanta, tarda mattinata in Italia. Vi siete accorti di essere dilatati e compressi? Scommetto di no! Per rivelare questo effetto è servito lo strumento di misura più’ sensibile della terra: LIGO, il Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory. Questa è una foto di LIGO presa da un aeroplano; penso possiate vedere questa immagine anche attraverso Google guardandola dall’alto. LIGO appare come questa struttura ad L e ciascuno dei due bracci è lungo 4 Km. Andiamo a vedere come funziona. L’idea fondamentale è quella di avere un raggio laser che viene diviso viaggiando su due bracci perpendicolari, fino a colpire due specchi, rimbalzare e ricombinarsi allo specchio centrale. Se andiamo a vedere cosa succede sulle onde elettromagnetiche del laser, quello che noi facciamo è di programmare il rivelatore in modo tale che quando i due si ricombinano i segnali si cancellano. Quindi se le due braccia sono esattamente ferme non si vede nessuna luce in uscita. Quando però lo specchio si muove avanti e indietro, cioè la distanza tra i due punti, tra i due specchi cambia per il passaggio di un’onda gravitazionale, cambia il modo in cui i due fasci interferiscono e allora vediamo un po’ di luce in uscita dal rilevatore (come in questa immagine). Quindi quello che noi facciamo è concentrarci su quella luce ricombinata, ed è quello il modo in cui vediamo il cambiamento relativo nella lunghezza delle due braccia del rivelatore dovuta al passaggio delle onde gravitazionali. Ora questo è un effetto molto esagerato, poiché quello che noi andiamo a vedere è lo spostamento di questi specchi di una quantità infinitesima; e ci sono tantissime cose che muovono gli specchi molto più di quanto facciano le onde gravitazionali. Per darvi un’idea, darvi un senso della scala: immaginatevi che questo sia un atomo di idrogeno. In rosso vedete il diametro dell’elettrone, 10 alla meno 10 metri. Questo è l’elettrone che si muove attorno al nucleo dell’atomo di idrogeno. Qui stiamo facendo uno zoom again e stiamo andando a vedere la dimensione del protone, che è 10 alla meno 15 metri; e ancora più piccola è la scala dell’effetto che vediamo, che è dell’orine di 10 alla meno 18 metri. Quindi un millesimo della misura di un nucleo di un atomo di idrogeno. E questa è una quantità infinitesima; quindi abbiamo monitorato lo spostamento di questi specchi a livello di un millesimo della dimensione di un protone. Come dicevo ci sono tanti altri fattori che vogliono muovere gli specchi più di questo: ci sono effetti sismici, ci sono instabilità nel rivelatore e così via. Quindi molta parte della tecnologia di LIGO è stata nel costruire il più forte strumento di precisione sulla terra ed è quello che è servito per vedere queste onde gravitazionali. Abbiamo in realtà due rivelatori per LIGO. Quindi qui sulla cartina americana vedete la posizione dei due rivelatori: ne abbiamo uno a Hanford nello stato di Washington e ce n’è un altro nello stato della Louisiana a Livingston; quindi uno nel deserto e l’altro nella foresta. È importante trovare posti abbastanza tranquilli, con bassa popolazione ed i due siti sono separati da 3.000 Km. Questo vuol dire che siccome le onde gravitazionali viaggiano con la velocità della luce e colpiscono la terra in un botto solo, ci sono al massimo 10 millisecondi di ritardo fra l’arrivo in un rivelatore e nell’altro rivelatore. Questo è molto importante, perché tutte le altre sorgenti di rumore, tutte le altre cause che fanno spostare gli specchi non sono correlate tra i due rivelatori. Il progetto è stato fondato dalla National Science Foundation. La costruzione è avvenuta dal ’94 fino al 2000. Abbiamo preso una fase iniziale di dati come Initial LIGO dal 2002 al 2010 e poi abbiamo fatto una serie di upgrades per quello che adesso chiamiamo Advance LIGO, che ha cominciato a prendere dati nel Settembre del 2015. Come potete immaginare, costruire uno strumento di questa precisione non è uno sforzo individuale. Io sono membro della LIGO Scientifics Collaboration che è un consorzio di circa 1000 scienziati, ingegneri, tecnici, tutti insieme organizzati con diversi tipi di esperienze e abilità: ci sono persone esperte in scienze dei materiali, in elettronica, in ingegneria, analisi dati, astrofisica. Ciascuno ha portato le sue competenze. Siamo distribuiti su 80 istituti e questi sono i vari emblemi dei vari istituti che sono parte della collaborazione. A livello mondiale ci sono 16 nazioni che sono parte della LIGO Scientifics Collaboration. Quindi uno dei motivi per cui a me piace tanto essere parte di questa collaborazione è che, partendo da quella che è stata la visione geniale di Einstein, 100 anni fa, il genio di una persona, di un teorico che ha visto una cosa che non tutti avevano visto, quarant’anni fa ci sono stati tre scienziati (Rai Weiss, Ron Drever, Kip Thorne) che hanno visto la possibilità di realizzare questo rivelatore e di incrementare questa misura e da lì si sono mossi e hanno contribuito migliaia di scienziati che hanno reso tutto possibile. Quindi partendo da una persona, fino al migliaio di collaboratori che hanno reso questa cosa possibile. Questa è una time line, un profilo temporale di quello che è stato il primo observing run di LIGO, il primo run scientifico di Advance LIGO. Abbiamo preso dati dal 12 Settembre del 2015 fino al 19 Gennaio del 2016. Il 14 Settembre abbiamo rilevato il primo evento, non eravamo del tutto pronti per essere sincera. Diciamo che questo è stato l’equivalente di accendere lo strumento e subito vedere questo segnale; non ce lo aspettavamo, ci ha colto di sorpresa. C’è stato un altro evento equivalentemente forte, altrettanto forte, e questo è stato il nostro regalo di Natale, il 26 di Dicembre. Quindi 14 di Settembre e 26 Dicembre sono stati due eventi molto forti, che vi farò vedere più nel dettaglio. Abbiamo anche visto un evento un po’ meno forte il 12 di Ottobre e quello lo stiamo chiamando in candidato. In tutti i casi abbiamo riconosciuto il segnale della collisione di due buchi neri e di nuovo vi dirò qualcosa di più adesso. Questo è un grafico che è tolto dall’articolo della prima rivelazione; questo è il primo evento con cui abbiamo scoperto le onde gravitazionali. Ci sono diverse figure che fanno parte di questa grafica. Nella colonna di sinistra abbiamo i dati del rivelatore in Washington State, quello nel deserto; sulla colonna di destra ci sono i dati di Livingston, il rivelatore in Louisiana, nella jungla. I due segnali che vedete nella prima riga sono dati filtrati, abbiamo semplicemente tolto la bassa frequenza e le alte frequenze, abbiamo semplicemente fatto un filtro e quello che abbiamo visto è a occhio nudo il segnale che ci si aspetta dalla collisione di due buchi neri. Nella seconda riga si vede la simulazione della relatività numerica dell’aspetto di questi segnali. Si vede un segnale che sale in frequenza e di intensità nel tempo, e questo è quando i due buchi neri sono in una spirale attorno l’uno all’altro. Più si avvicinano, più vanno veloci, più aumenta la frequenza del segnale, più aumenta l’intensità del segnale, finché i due collidono e poi c’è un buco nero che si rilassa. Questa è una caratteristica tipica dell’onda gravitazionale prodotta dalla collisione di due buchi neri. Guardando poi attentamente la distanza tra i picchi, l’ampiezza, abbiamo potuto stimare i parametri della sorgente; quindi quanto erano grossi i buchi neri, che stavano ruotando attorno a se stessi, quanto lontani erano. Abbiamo i dati, abbiamo la simulazione, abbiamo la differenza tra i dati e la simulazione, i residui, è un match che possiamo fare a occhio nudo quasi. Poi nell’ultima riga sotto c’è una mappa tempo-frequenze. La crescita nel tempo della frequenza e dell’ampiezza del segnale, di nuovo, quasi a occhio nudo ci dice “questo è il segnale atteso per due buchi neri”. L’altra cosa importante è che il segnale è consistente nei due rivelatori. Se guardate attentamente sulla colonna di destra la riga blu è sovrapposta a una riga rossa. Quindi il segnale è arrivato entro 7 millisecondi nei due rivelatori ed ha esattamente le stesse caratteristiche. Questo è un dato molto importante per confermare che è un segnale esterno ai rivelatori di natura astrofisica. Ora la frequenza di questi segnali è una frequenza che noi possiamo ascoltare con il nostro orecchio, quindi quello che voglio farvi sentire adesso è: “Cosa succede se prendiamo questi segnali che vi ho fatto vedere e li mettiamo in uno speaker e li ascoltiamo?” La frequenza è la stessa a cui il nostro orecchio è sensibile. Vi farò perciò sentire a cosa corrispondono quei segnali per i due eventi che abbiamo rivelato, quello di Settembre e quello di Dicembre, e ve lo farò sentire due volte: prima la frequenza tipica propria del segnale, e poi, per facilitare l’udito, spostato in frequenza di un pitch un poco più alto. Quello che avete appena ascoltato è l’ultimo grido di due buchi neri che hanno fatto collisione l’uno con l’altro 1,3 miliardi di anni fa. Quindi per la prima volta abbiamo ascoltato i suoni dell’universo. Dico abbiamo ascoltato “suoni” tra virgolette, perché queste non sono onde acustiche, sono onde gravitazionali, ma per la prima volta abbiamo aperto una nuova finestra sull’universo. Ora questi segnali, queste onde gravitazionali portano informazioni diverse da quelle che abbiamo già. Le onde elettromagnetiche ci dicono alcune cose dell’universo, le onde gravitazionali ci danno un senso diverso, e se ci pensate la vostra percezione della realtà viene dal vedere e dall’ascoltare: noi prima vedevamo l’universo, ora lo possiamo anche ascoltare. E quindi questo è l’inizio di un nuovo modo di fare astrofisica. Abbiamo anche scoperto che esistono buchi neri che sono grandi 20/30 volte la massa del sole. Questo noi non lo sapevamo. In questa grafica si vedono in violetto le dimensioni dei buchi neri di cui sapevamo l’esistenza usando studi basati su raggi X e onde elettromagnetiche. Nessuno credeva che davvero esistessero, non c’era nessuna evidenza dell’esistenza di buchi neri di 20/30 volte, 60 volte la massa del sole. Quindi questo sta aprendo un novo campo di esplorazione. Abbiamo già scoperto dei nuovi oggetti astrofisici di cui non avevamo conferma finora. Non solo, possiamo anche studiare le proprietà di questi buchi neri: se hanno spin, come sono stati prodotti e così via. Questa è una nuova area di ricerca. LIGO non è il solo progetto che sta inseguendo le onde gravitazionali; praticamente dietro l’angolo avete un altro rivelatore che si chiama VIRGO, che è a Cascina, vicino a Pisa. Siamo in una stretta collaborazione con VIRGO, infatti avrete notato che alcune delle grafiche che avevo hanno mostrato il nome di VIRGO. Siamo in una stretta collaborazione, condividiamo ricerca su materiali, su strumentazioni, facciamo l’analisi dati insieme, facciamo astrofisica insieme, quindi siamo praticamente una stessa collaborazione ormai. VIRGO comincerà a prendere dati più avanti, entro la fine dell’anno e quindi abbiamo davanti a noi la prospettiva di avere almeno tre rivelatori. Vi farò vedere perché questo è importante nella prossima slide. KAGRA è un rivelatore in Giappone che è attualmente in fase di costruzione, e ci aspettiamo che si unisca al nostro sforzo tra un paio d’anni, forse entro il 2019. E poi c’è un progetto per istallare un rivelatore in India. Questo sarebbe associato al consorzio di LIGO ma in India e ci porterà entro il 2022/2023 ad avere una rete di cinque rivelatori. Ora con due rivelatori abbiamo iniziato a vedere questi segnali, con cinque si aumenterà la copertura del cielo, il numero di eventi che potremo vedere. Non solo, potremo anche decidere, determinare con più esattezza da dove vengono questi eventi. L’evento di Settembre sappiamo che viene dall’emisfero sud, abbiamo due rivelatori e usando il tempo di arrivo dei due rivelatori possiamo dire che viene da una certa parte del cielo, dall’emisfero sud, su quello che sembra una specie di banana, perché comunque non abbiamo molta precisione. Sappiamo solamente che avviene dentro un cerchio. L’evento di Santo Stefano, ha una risoluzione minore e siamo ancora incerti sulla sua posizione. Ora se VIRGO fosse stato attivo e avesse preso dati insieme a noi, lo scorso autunno, queste aree si sarebbero ridotte e quindi per l’evento di Settembre, che è stato il primo evento che abbiamo visto, invece di una banana avremmo avuto una macchiolina del cielo a cui puntare. E perché questo è importante? Perché è importante sapere da dove vengono? Perché una volta che possiamo determinare con maggiore precisione da dove vengono questi eventi, possiamo lavorare con i nostri colleghi astronomi elettromagnetici, con i colleghi che fanno astrofisica dei neutrini di alta energia, in quello che noi adesso chiamiamo una multi messenger astronomy, un’astronomia che è fatta con diversi tipi di messaggeri. Abbiamo le onde elettromagnetiche, abbiamo le onde gravitazionali, abbiamo i neutrini e questi sono diversi messaggeri che ci danno diverse informazioni sull’universo attorno a noi. Non solo, ma guardando in avanti ci sono altri rivelatori che cercano le onde gravitazionali a diverse frequenze. AIGO è sensibile a onde gravitazionali che hanno periodi dell’ordine di mille secondi, sentirete poi da Roberto Battiston una descrizione di LISA e la possibilità di fare ricerche di onde gravitazionali nello spazio con periodi dell’ordine di minuti o ore. Quindi in un futuro non troppo lontano, speriamo di poter fare una vera spectroscopia delle onde gravitazionali in cui, come per le onde elettromagnetiche, abbiamo diverse frequenze, diverse sorgenti e davvero possiamo esplorare l’universo all’indietro, fino ai tempi del Big Bang. È un’area molto eccitante di scoperte, una nuova finestra sull’universo e l’abbiamo appena aperta e quindi questo è solo l’inizio. Questa scoperta non è un punto di arrivo, è un punto di partenza e quindi spero che nei prossimi anni, uno dei miei colleghi possa venire e parlarvi delle grandi cose che abbiamo scoperto con le onde gravitazionali. Grazie.
ROBERTO BATTISTON:
Buon pomeriggio a tutti, è un grande piacere per me essere qui oggi. Ringrazio Marco, ringrazio Laura per questa eccellente presentazione. Quello che cercherò di raccontarvi è un altro aspetto dello stesso problema, in particolare andiamo a vedere cosa si può fare nello spazio. Abbiamo visto le meraviglie che si riescono a fare a terra, ma adesso io vi vorrei portare a capire come la gravità sia sostanzialmente fatta per essere studiata nello spazio e quindi vediamo nello spazio quello che è possibile fare, sia per complementare il lavoro fatto a terra sia per vedere altri aspetti di questa cosa meravigliosa che Einstein un secolo fa ci ha regalato. La gravità è la più misteriosa di tutte le forze, nonostante sia stata la prima ad essere stata formalizzata da Newton. Ed è la sola, delle quattro forze che noi conosciamo, per la quale vale il principio di equivalenza, cioè la carica gravitazionale è uguale alla massa di un corpo. Che cosa vuol dire questo? Prendiamo una bottiglia vuota, la lanciamo, fa una parabola. Prendiamo una bottiglia piena, la lanciamo, fa una parabola. Voi direte: che c’è di strano? Forse vi interessa più osservare che se le lascio, cadono nello stesso modo. Questo accade solo per la gravità. Se avessi fatto questo esperimento con la carica elettrica, non avrebbe funzionato. Se avessi una cosa molto più carica di un’altra e le lasciassi andare avrebbero un andamento completamente diverso. La gravità è l’unica per cui c’è questo misterioso e incredibile fatto che l’elemento che determina la forza della gravità, che è la massa gravitazionale e l’elemento che determina come le cose si muovono, che è la massa inerziale, sembrano magicamente coincidere. Seconda cosa, la gravità è così debole che non è sorprendente che molti test di precisione si facciano nello spazio. Dobbiamo molto a questo signore qui con sua moglie, Einstein, che come ha detto prima benissimo Laura, ha cambiato il modo di guardare lo spazio e il tempo e che si è accorto che se si spiega lo spazio e il tempo come un tessuto deformato dalla presenza delle masse, magicamente si spiegano bene molte cose: le orbite dei pianeti, le onde gravitazionali e poi tante altre cose, i buchi neri e tanti altri aspetti. Nasce uno spazio, che è uno spazio piegabile, deformabile, modificabile, uno spazio in cui ci possono anche essere delle connessioni fra punti lontani, uno spazio molto più ricco di caratteristiche di quello a cui ci aveva abituato Cartesio. Come si fa a studiare la gravità? Abbiamo detto che sono effetti molto deboli, quindi andare nello spazio è molto utile, vedremo ora il perché. Bene, la prima cosa che ci serve è studiare il movimento di una massa. Sappiamo che la gravità ha a che vedere con la massa, che si muove liberamente all’ interno di un campo gravitazionale. Fare un corpo che si muove liberamente non è per niente facile, occorre che sia un corpo in caduta libera, che non può essere né toccato, né sostenuto, deve essere schermato da ogni altra forza (l’aria, il vento, la pressione, la radiazione). Dov’è che si ottiene una condizione in cui i corpi si muovono liberamente? Eh, nello spazio noi vediamo le cose galleggiare magicamente. Bene, nello spazio abbiamo corpi in caduta libera. Però, voi direte, è un sistema in cui la gravità sta agendo, ed è assolutamente vero, ma la cosa meravigliosa è che quando io cado liberamente, come la bottiglia che ho lasciato andare, nel momento in cui cado liberamente, la gravità a tutti gli effetti sparisce. Questo è il principio che ha permesso ad Einstein di scrivere la sua teoria della relatività. Se io mi lascio andare, in modo perfetto, l’effetto della gravità a tutti gli effetti scompare, provare per credere. Se avete un problema di sovrappeso, saltate dalla sedia e per un decimo di secondo, pesate zero. Però poi, ricominciate da capo. Dalla finestra è un po’ più pericoloso, dal decimo piano ve lo sconsiglio, ma vi assicuro che in quel periodo della caduta il peso scompare a tutti gli effetti. Naturalmente per fare questo, un corpo che cade liberamente, occorre proteggerlo, anche nello spazio occorre proteggerlo dalla pressione della luce solare, dal plasma, da tanti aspetti che lo disturberebbero. Ma, se voi guardate, quello che accade ad esempio agli astronauti, dentro la stazione spaziale dove stanno galleggiando: tutto sta cadendo liberamente, tutto assieme e nulla si muove in modo diverso dal resto. È un classico esempio di cadere liberamente in gravità ed avere un moto completamente libero da ogni altro effetto. Questi sono gli strumenti che ci servono per studiare gli eventuali disturbi della gravità, come le onde gravitazionali. Non solo la materia, le particelle, le masse, possono essere usate per studiare la gravità, anche la luce, i fotoni, in quanto ci hanno insegnato che quando si muove un fotone, in un campo di gravità, subisce un’attrazione gravitazionale, anche se la sua massa è nulla. E questa immagine, che vi ho fatto vedere all’inizio, è un’immagine molto particolare, perché mostra quello che accade, se ci muoviamo vicino a un buco nero. Muovendoci intorno al buco nero, noi vediamo questa incredibile distorsione, perché il buco nero deforma in modo complicato il percorso delle stelle, dei fotoni e delle nebulose che gli stanno dietro, facendo questo effetto incredibile: mano a mano che mi sposto vedo il miraggio di quello che sta dietro il buco nero completamente distorto. Queste cose le possiamo fare con dei satelliti che si muovono all’interno del sistema solare e che mandano dei segnali. Un’onda radio è un tipo di luce che percorre un’orbita piegata. Nel percorrere la strada fra il satellite che ce li invia e la terra che li riceve e quindi mano a mano che si passa dietro al sole, vediamo questo miraggio, questa deformazione, mandata dall’onda radio del satellite che sta dalla parte opposta del sole. Usando un telescopio potentissimo, che permette di guardare molto lontano e usando una sonda Cassini, costruita con un grosso contributo europeo dall’ESA, quindi anche dall’ ASI, è stato possibile fare questi lavori di precisione, in cui abbiamo visto la luce artificiale emessa da un’antenna costruita dall’uomo, piegata dalla presenza del sole. In questo grafico, non vi chiedo di guardare i dettagli, però se fate attenzione c’è una riga nera e sopra dei trattini verdi, la riga nera è la proiezione, i trattini verdi sono la misura; come vedete sono indistinguibili, è una verifica precisissima su come l’onda radio viene piegata passando davanti al sole. Andiamo adesso alla questione delle onde gravitazionali, quelle che vi ho mostrato fino ad adesso erano misure di tipo statico, proprietà del campo gravitazionale, in condizioni statiche. Le onde gravitazionali sono qualche cosa che, incredibile a dirsi, cambia lo spazio e il tempo come se fosse un gigantesco elastico, come se fosse una di quelle pedane su cui si salta per fare le capriole. Prima di tutto, ricordiamoci i numeri in gioco, le frequenze o se volete le durate di questi fenomeni. Riprendiamo la luce, sappiamo che la luce è un fenomeno unico, con un’unica equazione che la descrive, che va dalle onde radio su su fino alle onde all’infrarosso, al visibile, che sono l’unica parte che noi vediamo con i nostri occhi, all’ ultravioletto, ai raggi x, ai raggi gamma: è tutta luce. Naturalmente, ha proprietà diverse, interagendo con la materia, ma è tutta la stessa roba. E va da frequenze radio a cui siamo abituati fino a miliardi di miliardi di miliardi di oscillazioni al secondo, come i raggi gamma. Bene, anche per le onde gravitazionali è possibile analizzare questo fenomeno, nei termini di quanto velocemente esse oscillano. La questione è che, essendo esse generate da corpi molto grandi è difficile che oscillino miliardi di volte al secondo. Ovviamente, sono fenomeni più lenti. E quanto lenti? Vi ricordate il segnale visto da LIGO poco fa? Durava una frazione di secondo, quasi mezzo secondo, c’era quel fischio che è udibile con l’orecchio. In realtà le onde gravitazionali esistono a frequenze anche molto più basse, Laura ha citato le ore, gli anni, i miliardi di anni. Se pensiamo alle onde gravitazionali come un fenomeno lento, beh, mi viene da fare il solito paragone: quelle che hanno visto al LIGO è il bradipo dell’era glaciale, un bradipo molto agitato, anche se è un animale piuttosto lento. Quelli che cerchiamo nello spazio, sono i bradipi di zootropia, ve li ricordate quelli dell’ufficio postale? Molto più lenti, bene, ce ne sono di molto, ma molto, ma molto più lenti e non posso darvi un paragone, perché per arrivare ad una lentezza di un miliardo di anni ce ne vuole molto. La cosa importante è che per ogni velocità di oscillazione ci viene raccontata una storia diversa, sono diversi i tipi di stelle che si annichiliscono, i tipi di buchi neri, le pulsa, i meccanismi; stiamo veramente aprendo una grande finestra sull’universo, così come guardando le diverse frequenze della luce, come satelliti fuori dall’atmosfera, abbiamo imparato moltissime cose di ciò che ci circonda. Prima le nostre conoscenze erano limitate solamente alla sensibilità del visibile come i telescopi tipo Galileo. Come si fa a misurare la curvatura dello spazio-tempo? Immaginate che io ho un emettitore di una luce laser, un bel sinusoide di luce emesso dall’oggetto a sinistra e rilevato dal ricevitore a destra; lo spazio-tempo è la struttura a quadretti e sta ferma e quindi io vedo la stessa oscillazione che mi è emessa, la vedo allo stesso modo ricevuta, quindi in assenza di deformazione dello spazio-tempo. Il ricevitore vede esattamente la stessa frequenza emessa dall’emettitore. Se, invece, lo spazio-tempo si muove e quindi la distanza fra gli oggetti a tutti gli effetti cambia nel tempo, il ricevitore riceve un’onda deformata in frequenza rispetto all’emettitore: l’effetto è più o meno piccolo, abbiamo visto prima che è molto piccolo specialmente per le onde viste con gli strumenti sulla terra, ma diciamo il principio è che se disturbo il cammino della luce, posso quindi fare delle osservazioni, per esempio usando una luce che si propaga lungo la propagazione dell’onda e un raggio di luce che si propaga perpendicolarmente, come nell’esempio che prima Laura ha riportato. A terra abbiamo visto questa rete in costruzione di interferometri con braccia di 3 o 4 chilometri, impressionanti per dimensioni, una sensibilità incredibile, riescono a percepire un millesimo del nucleo di un atomo, un numero da capogiro, e c’è un piano di rafforzamento e miglioramento di questo tipo di strumenti negli anni a venire. Ma nello spazio si può fare qualcosa di incredibile. Il concetto dell’interferometro si può estrapolare ad un interferometro che ha delle braccia di svariati milioni di chilometri di dimensione, milioni di chilometri, un numero da capogiro: la luna sta a 400.000km, il sole sta a 150.000.000 di chilometri da noi, quindi un interferometro che ha braccia di 5 o 7 milioni di chilometri fa qualche cosa che supera di gran lunga la distanza fra Terra e luna. Naturalmente è lo spazio l’ideale per questo, perché non è che devo farci un tubo, è vuoto, la luce si propaga e devo solo fare attenzione che i satelliti del triangolo si centrino con l’altro e che la misura dei corpi di riferimento in perfetta caduta libera siano effettivamente in perfetta caduta libera: la difficoltà sta in questo. Ma una volta costruito l’interferometro che ha delle braccia lunghe milioni di chilometri, io posso spostarmi a sentire le frequenze bassissime, una volta di oscillazione all’ora, rispetto a una volta ogni frazione di secondo. LISA è il progetto che da parecchi anni si sta proponendo di avere questo risultato. Sono tre satelliti che hanno delle braccia che hanno circa 5 milioni di chilometri, che si scambiano i raggi laser, che rimbalzano effettivamente su delle masse di riferimento in perfetta caduta libera, protette dal satellite che le scherma dai difetti e dalle influenze del plasma solare. Anche nello spazio, comunque, l’effetto è molto molto piccolo. Per poter rilevare oscillazioni nell’ordine di un’ora e l’effetto che esse danno su corpi rigidi, ci serve uno strumento in grado di rivelare spostamenti nell’ordine di un atomo, quindi meno sensibili di quelli a terra ma pur sempre straordinariamente sensibili, tenendo conto che siamo a 5 milioni di chilometri nell’intervallo di un’ora, evitando forze che superino quelle di un peso di un batterio, che è molto molto molto poco. Il progetto LISA è un progetto che affronta questo tipo di sfida, che è analoga a quella fatta dagli interferometri a terra, ma con condizioni diverse perché siamo a diverse frequenze e soprattutto perché siamo nello spazio. Il sensore gravitazionale, questo corpo che cade in modo perfettamente libero, è un cubo di platino e di oro. Questo materiale ha proprietà esattamente adatte a questo scopo; è un cubo di 10 cm di lato che è tenuto all’interno di un sistema per il lancio che lo controlla con la precisione di un milionesimo di metro, e una volta che è in volo, il satellite gli si muove intorno per evitare che lui risenta delle pressioni spurie che ci sono all’esterno. Quindi è una gabbia che, senza toccarlo, gli sta attorno ed evita ogni disturbo possibile e immaginabile, tranne la luce del laser che è quella che fa da riferimento per la misura di cui prima vi ho parlato. Guardate questo tipo di segnale, a prima vista potrà sembrarvi lo stesso di prima, ma se guardate la scala orizzontale, invece che avere mezzo secondo come nel caso di ALGO, avete 4000 secondi, 5000 secondi, un paio d’ore, un’ora e mezza; la scala di fenomeni che questo tipo di interferometro di enormi dimensioni può raggiungere, è una scala completamente diversa; come avere un’orchestra, questo è un contrabbasso, quell’altro è un violino e per fare l’insieme dell’immagine, della pittura, dell’universo gravitazionale, ci servono tutte quante le frequenze e nello spazio si possono raggiungere frequenze di questo ordine di grandezza. Andare nello spazio è una sfida di per se stesso, perché non possiamo, come a terra, continuare a modificare, correggere, migliorare, rimpiazzare, sostituire gli elementi dell’esperimento. Una volta che è disegnato e lanciato, deve funzionare a regola d’arte, perché abbiamo pochissime possibilità di intervento ed essendo che questi esperimenti sono delicatissimi, non è sorprendente che, prima di lanciare la missione LISA, si sia fatta una missione di prova chiamata LISA Pathfinder, lanciata nel Dicembre 2015 con un Vega, che sono i razzi costruiti appunto in Italia di cui si è dotata l’Esa. Il lancio ha avuto successo. È un esperimento fatto dall’Esa, fatto dall’Europa, ha leadership italiana, il responsabile di questo esperimento è un professore di Trento, Stefano Vitale, che ha guidato un’importante collaborazione internazionale e ha ottenuto recentemente il risultato positivo della tecnologia validante per quello che farà LISA nei prossimi anni. Il 3 Dicembre 2015, con pochi giorni di ritardo rispetto alla data prevista, LISA Pathfinder è stato lanciato da Kourou la base europea nella Guyana francese su un Vega e guarda caso, è stato lanciato praticamente 100 anni dopo il lavoro fondamentale di Einstein sulla gravitazione universale. Einstein ci ha fatto parecchi regali dal punto di vista della comprensione del mondo della fisica e delle teorie ad esso collegate, per testare i quali ci sono voluti un centinaio d’anni: noi siamo molto orgogliosi di questo, però magari la prossima volta potete fare previsioni più facili da studiare, perché 100 anni sono un poco faticosi. Questi 2015 e 2016 sono stati anni meravigliosi per lo studio sperimentale della gravità e delle onde gravitazionali, la scoperta di LIGO, il test positivo di LISA Pathfinder hanno fatto sì che veramente stiamo per affacciarci ad una nuova astronomia gravitazionale, che è quella che pensiamo veramente rappresenterà un passo fondamentale nell’astronomia gravitazionale del ventunesimo secolo, che ci permetterà di guardare l’universo fino ai suoi confini, non solo con i colori della luce, in cui abbiamo fatto delle scoperte importantissime, ma con i colori o, se volete, i suoni delle onde gravitazionali, che ci permettono di raggiungere quello che altrimenti è invisibile dal punto di vista ottico. I buchi neri, questi mostri nascosti al centro delle galassie, sono tipicamente mascherati, nascosti da polveri, da altri steli, da fenomeni che ne impediscono la reale rivelazione con la luce, mentre sono nudi e visibili dal punto di vista delle onde gravitazionali e questo è il motivo per cui siamo così eccitati e così contenti della svolta che sta avvenendo in questo campo, perché apre veramente il territorio della ricerca scientifica ad un futuro di enorme importanza per capire com’è fatto il nostro universo. Vi ringrazio.
MARCO BERSANELLI:
Sentite, io approfitterei ancora qualche minuto e vorrei rivolgere una domanda sia a Laura che a Roberto. Abbiamo visto, credo che abbiamo proprio sentito con l’udito ma anche con tutto noi stessi, l’energia e la passione vera che c’è sotto questo desiderio di conoscere, di interrogare la realtà, di ricercare e allora vorrei chiedere loro che cosa, pensando alla propria esperienza di scienziati, ma anche di uomo e di donna, di persone, che cosa in tutti questi anni li ha sostenuti e ha alimentato questa passione e alimenta oggi questa passione? E visto che tanti qui sono dei giovani, magari qualcuno è in un momento in cui si sta interrogando sul suo futuro sentendo un interesse per questo genere di argomenti, di sfide, che cosa vi sentite di dire loro proprio anche in base alla vostra esperienza?
LAURA CADONATI:
Dunque, quello di cui posso parlare io è la mia esperienza personale. Una delle cose di cui mi sono sempre sentita orgogliosa come italiana è l’eredità di Galileo e di Leonardo, l’essere animati dalla curiosità per il conoscere, per lo scoprire, per l’esplorare l’ignoto, per aumentare la conoscenza di da dove siamo e da dove veniamo. Questo mi ha animato, mi ha motivato, negli anni, quando ho lasciato l’Italia e sono andata all’estero c’è sempre stata un po’ la paura dell’ignoto, dell’ambiente nuovo, l’essere lontana da casa, dalla famiglia, ma questa voglia di conoscere e di scoprire mi ha sempre accompagnato. Quindi l’incoraggiamento che darei a un giovane adesso che vuole fare ricerca e che vuole continuare ad esplorare, è di continuare a credere nella capacità della nostra umanità di esplorare, di arricchirsi, lo spirito di avventura e anche il saper contare sulla collaborazione. Quello che a me ha aiutato molto anche nei momenti in cui avevo più paura ed ero lontana da casa, è che avevo comunque una collaborazione che è diventata una famiglia e quindi continuare a fidarsi dei nostri colleghi e dei nostri collaboratori, l’avere spirito di avventura, il voler conoscere e non aver paura d’allontanarsi. È vero che a volte non è possibile per tutti, non ce lo possiamo tutti permettere, sono stata fortunata di aver avuto l’appoggio della mia famiglia, di persone che mi hanno appoggiato negli anni; non per tutti è possibile, ma l’interesse, la curiosità, quelli ce li possiamo sempre portare dentro; quindi credeteci e continuate a coltivarli.
ROBERTO BATTISTON:
Io penso che se qualcuno ha avuto il dono della curiosità, questo qualcuno o questo uomo o questa donna è un privilegiato e se questo privilegiato o privilegiata vuole veramente ricavare il massimo da questo dono della curiosità, la scienza è certamente un ambito in cui potrà trovare molte soddisfazioni. È la soddisfazione di rispondere a delle domande più o meno semplici, più o meno profonde, più o meno affascinanti, non c’è molto altro che questo; non pensiate che diventare scienziati vi porti alla ricchezza, alla felicità in altri campi o diciamo ad altre cose di prestigio, per lo più la vita della scienziati è una vita di grande sacrificio, per lo più oscura, oggi in grandi collaborazioni in cui ci sono centinaia o anche migliaia di persone, un lavoro sociale in un certo senso, in cui al suo interno ci sono molte persone che passano il loro tempo cercando di rispondere a domande che li hanno incuriositi un giorno, un mese, un anno, dieci anni prima. È un po’ una versione di “stay hungry”, di rimanere sempre curiosi e desiderosi di ottenere qualcosa. La scienza, vi assicuro, vi da questa straordinaria situazione che poche altre cose possono dare e per chi ha questa sensibilità posso solo suggerire di non mollare, di pensare che la strada che ha di fronte è assolutamente da disegnare. Ci sono alcune costanti importanti: trovare uno o più bravi maestri è fondamentale, non si diventa scienziati da soli, c’è sempre qualcuno nella propria vita che magari al liceo, magari anche prima, magari all’università, magari una borsa all’estero, qualcuno che ti ha aiutato a progredire, non è qualche cosa che si faccia da soli; quindi “stay hungry”, trovate dei buoni maestri, puntate sempre al massimo. La scienza è come la Formula1, non è decoubertiniana, non è importante partecipare, certo è bello partecipare ma lo si fa solo per vincere, poi magari non si vince, ma lo si fa solo per vincere. In questo senso è qualche cosa che deve sempre essere fatta con i migliori, sempre, diciamo, fra i primi, anche se ci vuole molto tempo per arrivare a questi risultati e quindi puntare sempre alle migliori università. L’università italiana e gli enti di ricerca italiani in molti aspetti sono buoni, la formazione è una formazione, ancora oggi, di livello, ci sono investimenti, magari differenziati, ma nel settore spaziale, per esempio, l’Italia investe molto, lo fa a livello sia nazionale sia internazionale in vario modo, è un po’ una pelle di leopardo: non tutte le cose sono uguali, però, pensiamo al Cern, pensiamo all’Esa, pensiamo ai rapporti che l’Italia ha con la Nasa, con gli altri Paesi spaziali, ci sono molti lati positivi e alcuni naturalmente difficili. Molti giovani non riescono a sviluppare in Italia la propria vocazione scientifica, speriamo che le cose cambino, ma questo non dovrebbe limitare coloro che sono veramente curiosi di sapere dall’ intraprendere questa strada, perché è impossibile oggi sapere come sarà realizzato questo tipo di vocazione. Quello che vi posso assicurare è che la tensione che vi porta in questa direzione è positiva, è di per se stessa una cosa che vi sostiene nel tempo e con la tenacia e con qualche bravo maestro si possono ottenere degli ottimi risultati.
MARCO BERSANELLI:
Io credo che oggi abbiamo avuto due grandi maestri, due bravi maestri che ci hanno fatto fare un passo verso questa apertura ad una curiosità, a questo dono della curiosità, che diceva adesso Roberto, e che ci hanno fatto intravedere come la collaborazione, che diceva adesso Laura, sia veramente un ambito in cui possono crescere delle personalità come sono loro. Davvero l’universo non smette mai di sorprenderci, perché lo abbiamo visto e toccato ed udito oggi e devo dire che mi colpisce questo fatto, che questa volta l’universo ci ha sorpreso non perché ci ha mostrato qualcosa di strano o di inaspettato, ma proprio perché ha risposto ad un’attesa che durava da 100 anni, e forse le risposte che ci sorprendono di più sono quelle che attendevamo da più tempo. I fisici, quando fanno un esperimento, interrogano la realtà, ma poi devono aspettare la risposta, non è che noi possiamo decidere com’è, come l’universo è fatto e così quando succede, come è successo in questo caso, anche se il segnale è quasi impercettibile, ecco, si ha la netta impressione di toccare un dato che esiste, qualcosa che c’è, indipendentemente da noi, prima di noi, e che a noi è dato di poter accogliere e riconoscere. C’è una frase che mi piace molto, che forse ho già citato qualche altra volta, di Chandrasekhar, un grande fisico, un premio Nobel che ha studiato proprio questi oggetti compatti che oggi riusciamo a vedere attraverso le onde gravitazionali, dice: “In qualche strano modo, qualsiasi fatto scoprii o qualsiasi percezione nuova ebbi non mi parve mai una mia scoperta, bensì piuttosto qualcosa che esisteva da sempre e in cui ebbi solo la fortuna di imbattermi”. Questo incontro con la realtà non significa affatto che questo incontro risolve, ci fa conoscere tutto di quel fenomeno anzi, come diceva anche prima Laura, siamo proprio all’inizio, la finestra è appena stata aperta, ma qualcosa di nuovo è entrato nel nostro orizzonte, la realtà in quel punto si è fatta viva, e questo ci da un senso di conforto, di bellezza e di gratitudine. Grati a loro, siamo grati di questa avventura in cui siamo stati messi.