Nella diversità, per il bene comune

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Incontro in collaborazione con Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà.
Luigi Di Maio, Capo Politico di Impegno Civico; Enrico Letta, Segretario Nazionale del Partito Democratico; Maurizio Lupi, Capo politico Noi Moderati, Presidente Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà; Giorgia Meloni, Presidente Nazionale di Fratelli d’Italia; Ettore Rosato, Presidente Nazionale di Italia Viva; Matteo Salvini, Segretario Federale della Lega; Antonio Tajani, Vicepresidente di Forza Italia. Introduce Giorgio Vittadini, Presidente Fondazione per la Sussidiarietà. Modera Luciano Fontana, Direttore del Corriere della Sera.

Come da tradizione anche quest’anno il Meeting propone in collaborazione con l’Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà un incontro su temi decisivi per il futuro del nostro Paese. Sussidiarietà, educazione e lavoro come fattori essenziali del bene comune saranno al centro di questo incontro con i responsabili dei partiti che sono impegnati nell’Intergruppo. Nell’incontro si affronterà la diversità delle posizioni come possibilità di un approfondimento e un arricchimento del dibattito democratico.

Con il sostegno di Intesa Sanpaolo, Philip Morris Italia, Illumia.

Nella diversità, per il bene comune

Luciano Fontana: Davvero buongiorno a tutti. Oggi, possiamo dire, quasi battezziamo questa campagna elettorale qui da Rimini. Il tema proposto dall’intergruppo parlamentare per la sussidiarietà è “Nella diversità per il bene comune” e di diversità qui ne abbiamo sicuramente tanta, e cercheremo di farla uscire. Naturalmente questo incontro era stato programmato quando probabilmente la campagna elettorale non era nelle teste né degli italiani, né dei leader che sono su questo palco. C’è stata una crisi inaspettata, una campagna elettorale altrettanto originale perché si svolge in piena estate, e c’è stato anche un po’ un evento traumatico: la fine di un’esperienza, dell’esperienza della fine del governo Draghi sostenuta da una larga maggioranza in Parlamento. E tutto questo nel momento in cui l’Italia è alle prese con due shock: la pandemia e la guerra che non sono minimamente assorbiti e che sono poi il tema che chiunque vinca le prossime elezioni dovrà affrontare in termini di conseguenze economiche, di conseguenze sociali, di collocazione nello scenario internazionale. Io non voglio rubare troppo tempo perché siamo anche partiti con un minimo di ritardo. Vedo delle facce nonostante tutto non particolarmente devastate dai giorni intensi di formazione delle liste. Per fortuna questo capitolo è alle spalle e adesso possiamo occuparci dei problemi, delle proposte, dell’Italia perché di questo abbiamo bisogno. E ci occupiamo dei temi che l’intergruppo per la sussidiarietà vuole proporre ai principali responsabili dei partiti e delle coalizioni che si fronteggiano in campagna elettorale. Riassumo le presenze, li conoscete tutti, ma per dovere di ospitalità le dico: Luigi Di Maio, capo politico di Impegno civico, Enrico Letta, segretario nazionale del Partito democratico, Maurizio Lupi capopartito del partito Noi moderati e presidente –giochi in casa, è come giocare all’Olimpico con la Roma-, Giorgia Meloni presidente nazionale di Fratelli d’Italia, Ettore Rosato, presidente nazionale di Italia viva, Matteo Salvini, segretario federale della Lega, e Antonio Tajani, vicepresidente di Forza Italia. Ho detto discutiamo di temi, di problemi che il Meeting vuole proporre ai leader, per questo do la parola per un’introduzione a Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la sussidiarietà.

 

Giorgio Vittadini: Allora i tre temi che vorrei porre sono un po’ strani da campagna elettorale. Il primo è la natura stessa dei partiti e i corpi intermedi che ha tre sfaccettature.

Il primo, questa nostra visione un po’ romantica per cui ieri abbiamo intitolato l’incontro con il Presidente della Corte costituzionale Giuliano Amato: “Democrazia e verità”. Che la verità c’entri con la politica, bella pretesa! Però ieri il presidente era d’accordo dicendo che si deve partire dalla verità dei fatti, quindi questa è la prima provocazione dei partiti che partano dalla verità dei fatti. Non è così scontato perché certe volte si dice l’opposto. Ma questa verità dei fatti, riprendeva sempre Giuliano Amato ieri, ha bisogno di aggregatori, aggregatori sociali, che lui identificava una volta con i partiti stessi, e che oggi sono anche, ma sono stati nella storia d’Italia, anche le realtà sociali, i corpi intermedi. Ricordo che proprio per grazia all’intergruppo abbiamo portato, quindi erano Letta e Lupi i presidenti allora, Napolitano nel 2011 per una mostra intitolata “150 anni di sussidiarietà”, perché la nostra tesi è che l’Italia è fatta da queste realtà sociali, movimenti, aggregazioni che costruiscono il bene dal basso. Oggi, pensate che solo il terzo settore, che una buona parte, sono 375.000 enti e 4.000.000 di persone, gli stessi che erano iscritti ai partiti anni prima, e al Meeting sono documentati: costruzione nella sanità, nell’assistenza, nell’educazione, nella formazione, nell’aiuto agli ultimi, nella natura, nell’energia. Perché questo è importante per la politica? Perché il rapporto per la sussidiarietà 2022 ha messo a tema proprio il rapporto fra (la prima slide) intervento nei temi sociali e benessere della gente. Pensate che per trovare lavoro il tasso di occupazione legato all’impegno delle realtà sociali per la formazione allo 0,7 (scala tra 0 e 1), attività culturali 0,8, attività non profit 0,8. Se uno si impegna in queste cose è più facile che trovi lavoro. Non solo, è più basso il rischio di povertà, è più basso il rischio di morti evitabili, aumenta la possibilità di essere istruiti. Vuol dire che se tu investi in queste realtà hai, senza spesa pubblica, un grande incremento della vita della gente, della possibilità della vita della gente. Abbiamo fatto con i dati dell’Istat, del Best insieme al professor Blangiardo, quindi sono autorevoli. Allora vuol dire già che tener conto di questa realtà vuol dire contribuire al benessere del Paese, perché queste realtà educano alla verità, educano l’impegno, sono quei partiti, i partiti lo diceva sempre Giuliano Amato, sono nati come rapporti con i corpi intermedi, sono nati come innervamento con queste realtà. E oggi io penso che sia ancora più importante perché non è più solo “Vi faccio fare delle cose”, ma per capire i bisogni non si può prescindere. Come si può prescindere dal capire sulla povertà se non si parla col Banco alimentare, con le Caritas, o con altro. Come si può capire di cos’è la natura se non si parla con il WWF con Italian, con Italia nostra? Quindi i partiti, questa è la provocazione, secondo noi devono avere a che fare con questo punto. E questa è la domanda che faccio, che poi porta a tutta la costruzione al passo coi partiti, perché poi, secondo me, è sempre la provocazione, i congressi sono fondamentali: che si discuta con la gente la linea più che nei talkshow televisivi. E questo poi porti, e questa è un’altra provocazione, a delle elezioni in cui, che siano primaria, siano preferenze, ma che possiamo scegliere la gente, che oggi non avviene più. E infine il ruolo del Parlamento, perché la bellissima esperienza che abbiamo fatto con tutti i gruppi in questi anni è il ruolo del Parlamento, che c’è un esecutivo, ci sarà un esecutivo, un’opposizione, ma che in Parlamento ci sia della gente che si confronti e costruisca delle leggi, delle commissioni parlamentari nel dialogo, è il valore di una democrazia, e se no noi perdiamo una delle tre gambe – legislativo, giudiziario ed esecutivo – della nostra democrazia. Questa è la configurazione.

E per cui la prima domanda è: cosa ne pensate di quest’immagine del partito? Perché è importante? Perché sembra che sia secondario rispetto ai temi dei vostri programmi, ma se non si va in questo metodo, come si fa a recuperare il 60% di disaffezione e di gente? La gente deve sentire il calore. Questa la prima domanda.

La seconda sui due temi particolari è: che chiaramente son tantissimi altri temi, ma noi abbiamo a tema, siamo gente, siamo popolo e la più grande risorsa dell’Italia è la gente, il popolo, il capitale umano. E da questo punto di vista la seconda questione è la scuola. Guardate questi dati: 543.000 abbandoni all’anno, 2.000.000 di Neet, 17% di laureati tra 25 e 64 di fronte al 28% in Germania e 44% in Gran Bretagna. Ieri i manager Ibarra ci dicevano che loro non trovano laureati, non trovano laureati, non solo di qualità, ma di quantità. Adesso che il mondo sta cambiando, che i lavori entro 5 anni, ci diceva Ibarra, che il 50% dei lavori non si sanno ancora quelli che ci saranno tra 5 anni. Ha bisogno di laureati: non ci sono. Allora voi capite che questa è un’emergenza nazionale. Dalla scuola ad altro. Noi non abbiamo raggiunto gli obiettivi del 2010 della scuola. Allora forse c’è bisogno di un investimento nella scuola, ma in una scuola nuova, che capisca che c’è da investire sulla personalità. Si parla di non cognitive skill, si parla di creatività, non può più essere la scuola burocratica e uguale per tutti. Deve essere uguale per tutti, ma nel risultato, non nell’inizio, perché oggi non è uguale per tutti. Certe regioni sono sotto come Invalsi. È un’uguaglianza all’inizio. Allora cosa vuol dire che tipo di investimento sulla scuola? Non solo di soldi, ma di qualità.

Terza domanda: il lavoro. Perché noi rimaniamo dell’idea che la dignità, il primo articolo della Costituzione “La Repubblica italiana è fondata sul lavoro”. Non è vero che in questi anni si è investito sul lavoro, perché di fronte alla povertà la risposta non è l’assistenzialismo. Noi abbiamo due problemi: uno, il neoliberismo che porta a una povertà, che porta alla precarietà, che porta stipendi da fame in certi casi, che porta l’ineguaglianza. Il neoliberismo non va bene, è stato sconfitto. Culturalmente, ci vuole qualcos’altro di più legato alla tradizione italiana. Secondo, l’assistenzialismo, che è vero che ci vuole l’aiuto a chi è meno abbiente, per la povertà. Io non lo discuto, ma non si può pensare che questo è lo strumento per il lavoro. Ci vogliono politiche attive per il lavoro, cioè investire sulle imprese che occupano, che esportano, che creano, dare un aiuto per una formazione continua, una rivoluzione. Già il lavoro sull’ITS è stato importante, ma questa idea di scommettere, voi capite, e concludo, quest’idea di scuola-lavoro è sussidiaria, si fa dialogando, si fa paragonando, non è più il tempo. I ministeri sono fondamentali la programmazione è fondamentale, ma bisogna dialogare con la realtà sociale, con gli insegnanti che hanno stipendi da fame, con il portare alla parità nelle scuole libere, l’autonomia che diceva Berlinguer, intervenire dialogando con tutte le realtà che trovano lavoro. E queste sono le domande che noi abbiamo, ce ne sono tantissime altre, con un vantaggio: noi non siamo i giudici dei partiti, non andiamo nella parte “i partiti sono cattivi”. I partiti sono fondamentali per la democrazia. E questo noi, lo dico oggi, è perché noi speriamo che anche nella prossima legislatura, questa stupenda esperienza di intergruppo, il dialogo con voi, tutti voi, sia, perché noi crediamo che la diversità che c’è in Italia, la vostra presenza, tutti quanti, con qualunque presenza il più grande fattore della democrazia che in altri Paesi non c’è. Grazie.

 

Luciano Fontana: Bene, grazie, grazie a Giorgio Vittadini. Ha posto tanti temi, dice tre, ma in realtà era anche qualcuno di più. Vorrei cercare di fare il primo giro di risposte sapendo che ci sono 4 minuti a disposizione. Al quarto minuto io vi farò un segno in modo che cerchiamo di dare un ritmo, una velocità a questo nostro incontro il primo tema è: ma riuscirete a affrontare questa prova con responsabilità, riuscirete a far tornare i partiti a quello che dovrebbero essere, cioè rappresentanti con antenne molto sensibili della realtà sociale, delle ansie, delle preoccupazioni, e anche delle rabbie dei cittadini? E questo alla fine di una legislatura che è stata, qualcuno, io no so se sia proprio così, è stata dichiarata come la più pazza del mondo, in cui abbiamo visto alleanze di ogni genere, anzi siamo partiti dall’idea che i partiti non c’erano più, erano finiti, e che il Parlamento pure era qualcosa che andava rivoltato abbastanza radicalmente. Vi pongo, e quindi integro la proposta di Vittadini, come primo giro, partendo però da una considerazione rispetto alle difficoltà che dobbiamo affrontare che mi faceva un importante imprenditore poco prima di questo incontro: “Io fino a pochi mesi fa ero fiducioso, poi ho cominciato a pensare come dovevo organizzarmi, adesso non so più cosa pensare e quello che mi può aspettare”. Parliamo di un’impresa, e non di una piccola impresa, di un’impresa che ha una proiezione internazionale. Allora questo compito come partiti riuscirete ad affrontarlo, avete un’idea, riusciamo ad archiviare questa legislatura più pazza del mondo? In ordine alfabetico: la parola adesso a Luigi Di Maio.

 

Luigi Di Maio: Grazie, grazie dell’invito. Sono molto contento di poter intervenire. Direttore, rispondo alla sua domanda dicendo una cosa: se i partiti non saranno in grado vedremo come negli ultimi anni dalla pandemia ad oggi continuare a crescere realtà civiche, sociali, ma anche del terzo settore. Perché lì dove la politica fallisce i cittadini si organizzano da soli e cercano di rispondere a delle esigenze rispetto a dei problemi che, come vediamo, aumentano e in alcuni caso sono nuovi. Citando gli imprenditori, come ministro degli esteri ho lavorato con il distretto made in Italy di questa fantastica regione per tre anni. Sono il nostro orgoglio perché ci permettono e ci hanno permesso nel 2021 di fare il record di export del made in Italy di sempre. In Italia non abbiamo esportato così tanto made in Italy nel mondo come l’anno scorso e anche i dati di quest’anno son positivi. Ma questo distretto come il resto d’Italia in questo momento soffre problemi inediti e questioni, sta vivendo questioni inedite come il prezzo dell’energia. Abbiamo aziende che un anno fa in questo mese pagavano per esempio 200.000 euro di bollette energetiche, quest’anno pagano quasi 1.000.000 di euro di bollette energetiche. Questo non è sostenibile, ma non è sostenibile, mi permetto di dire, era il motivo per cui non doveva cadere il governo nel momento più drammatico della crisi energetica ed economica derivante dalla guerra in Ucraina. Ma adesso non possiamo aspettare, lo dico sinceramente, noi non possiamo aspettare per risolvere questo problema il nuovo governo, perché se va bene stiamo parlando di fine ottobre. Noi tra settembre e ottobre, lo dico a tutta la politica che è qui, dobbiamo vincere ancora, anche se il governo Draghi in carica solo per gli affari correnti, dobbiamo vincere in Europa la battagli per il tetto massimo al prezzo del gas. Perché come governo abbiamo fatto nuovi accordi per ridurre la dipendenza al gas russo dal 40% al 15%, ma quando facciamo gli accordi con l’Algeria, con altri paesi, non determiniamo il prezzo, perché questo prezzo si determina nella Borsa di Amsterdam, il cosiddetto TTF. Sapere che oggi siamo a 300 euro a megawattora ora sul prezzo del gas, quando prima della crisi eravamo a 40 euro a megawattora significa che in questo momento si sta speculando sulle bollette degli italiani in una Borsa ad Amsterdam dove si gioca con la vita delle imprese e delle famiglie. Questa è una battaglia europea che ci riporta ad un altro tema dei partiti. I partiti che si illudono che l’Italia possa fare a meno dell’Europa sono appunto degli illusi, perché se noi oggi vogliamo ridurre il prezzo del gas dobbiamo agire su quella Borsa con un regolamento europeo. E io spero che tra le tante diversità e divisioni si possa essere insieme su questa battaglia che ci significa salvare la vita delle nostre famiglie, ma soprattutto la competitività delle nostre imprese italiane che, è ben noto, importano materie prime che hanno un problema di prezzo, trasformano e esportano. E nella trasformazione il prezzo dell’energia di oggi è insostenibile. Non possiamo aspettare la fine della campagna elettorale per ottenere questo obiettivo. Noi, con Impegno civico, ma soprattutto lo dico come membro anche del governo uscente, dobbiamo fare tutto il possibile per ottenere questo risultato. Grazie.

 

Luciano Fontana: Grazie. Enrico Letta.

 

Enrico Letta: Intanto un grande grazie di questo invito, grazie a Giorgio Vittadini. Io sono molti anni che vengo al Meeting, ci sono venuto in tante vesti. Fatemi dire che oggi ho una certa emozione nel venirci in veste da segretario pro tempore di un partito politi e da leader politico. Ogni volta che son venuto ho imparato qualche cosa, son convinto che anche oggi andando via potrò dire: ho imparato dal Meeting, dalla vostra presenza, dalla vostra passione, da tutto quello che voi rappresentate. Fatemi dire, fatemi rispondere a queste domande in modo molto secco.

La prima: l’imprenditore, lo dico al direttore Fontane e integro quello che ha detto adesso Luigi Di Maio che condivido. Noi però dobbiamo aggiungere una cosa che dobbiamo fare noi in Italia e possiamo fare subito e dobbiamo prenderci secondo me l’impegno tutti di farlo. Noi dobbiamo fare un’eccezione alle regole perché quando il prezzo del gas e dell’energia elettrica supera del 1.100% quello che era il prezzo precedente vuol dire che le regole sono saltate. E la regola che non dobbiamo far saltare è quella del mercato dell’energia elettrica in Italia. Noi dobbiamo intervenire perché ci siano per 12 mesi prezzi amministrati in Italia e tetto alle bollette elettriche del gas e dell’energia. Perché questo è l’unico modo per fermare la crescita delle bollette. Per fare questo, si tratta di intervenire con un intervento di legge, è necessario farlo, lo si può fare, non rompe il sistema, perché se lo si fa subito questo ha un effetto immediato, e soprattutto qual è il motivo? Perché oggi energia elettrica, sia di fonti fossili sia di fonti rinnovabili vengono accoppiate e messe insieme, ma il prezzo marginale è dato dal fossile che è esploso e porta su il prezzo anche delle rinnovabili. Questo crea una stortura nel mercato e delle bollette insostenibili. Quindi la mia proposta, la nostra proposta è intervenire subito: prezzi amministrati su una soglia ovviamente più bassa, molto più bassa dell’attuale, per aiutare le famiglie e soprattutto per aiutare le imprese. Se non faremo così il nostro sistema salta perché la strategia di Putin è quella di strangolare l’Europa e ovviamente i Paesi europei con interventi così pesanti che ci stanno mettendo in grandissima difficoltà.

Sul tema della politica fatemi dire una cosa alla quale voglio farvi notare la differenza tra la mia voce e quella degli altri che partecipano a questo dibattito. La mia voce è l’unica voce di un segretario di partito in cui nelle schede elettorali vedrete il simbolo ma non vedrete il mio nome sul quel simbolo. Tutti gli altri simboli che sono qui presenti hanno tutti il nome delle persone che vedete qui attorno a me. Io rivendico questa scelta che noi abbiamo fatto perché un partito politico è una comunità di persone, non è un leader e il fatto di essere una comunità di persone rappresenta la scelta esattamente in linea con la nostra Costituzione che è una costituzione che ci ha dato il parlamentarismo. E quindi negli ultimi 30 secondi io vi dico che nella prossima legislatura, se vinceremo noi ovviamente, il lavoro sarà fatto per rendere la Costituzione ancora più applicata. Applicare l’articolo 49 sui partiti e rendere le formazioni sociali, il terzo settore, le rappresentanze sociali più forti. Ma se noi non vincessimo, noi faremo di tutto per evitare che il nostro Paese scada in un presidenzialismo che finirebbe per cambiare profondamente la Costituzione. Costituzione che ci è stata dai nostri padri costituenti, Costituzione che è basata sulla centralità del Parlamento, e noi non dobbiamo andare verso scorciatoie, dobbiamo rafforzare questa centralità del Parlamento. Credo che questo impegno sia un impegno per noi fortissimo, è l’impegno che ci metteremo nei prossimi mesi e sarà un impegno nel quale son convinto che gli italiani ci seguiranno. Grazie.

 

Luciano Fontana: Aggiungo prendendo anche un po’ spunto dalle cose dette: intanto c’è una versione rilevante che è stata posta sul prezzo amministrato e chi lo può fare? Lo può fare questo governo e i partiti vi si debbono, possono essere d’accordo per intervenire, che effetti ha? E poi abbiamo incominciato a riscaldarci anche con temi importanti di campagna elettorale come la proposta sul presidenzialismo. Maurizio, anzi, diciamo la contrarietà al presidenzialismo che è proposto da qualcuno e da leader di altri schieramenti. Maurizio Lupi.

 

Maurizio Lupi: Sì, intanto veramente buongiorno a tutti e ancora una volta grazie al Meeting di Rimini perché ormai da vent’anni ospita questo incontro e gli incontri dell’intergruppo parlamentare per la sussidiarietà. Gli ultimi 30 secondi li dedicherò anch’io al tema dell’energia che è il tema dei temi, però io voglio ritornare alla domanda di Giorgio Vittadini, perché il rischio che noi pensiamo che la domanda di Giorgio Vittadini sia astratta, e che poi non c’entri nulla con le risposte che poi daremo appunto all’energia, al lavoro, alla scuola. Ma io credo che anche per la mia esperienza e per la ragione per cui io mi sono impegnato in politica, poi abbiam fatto anche un partito ecc., sia la questione di fondo. Parto dalla costatazione di alcuni fatti. Il primo: ho letto sui giornali che il Meeting dovrebbe avere meno politica e più cultura. Io sono stato educato che la politica è la forma più alta di cultura che ci sia. E il fatto che ci sia tante persone come voi ad ascoltarci e a confrontarci vuol dire che il problema non è meno politici, ma che tipo di politica? Quale responsabilità noi ci prendiamo? Da dove partiamo? E allora mi ricordo solo che circa 102 anni fa un sacerdote, prima di fare l’appello ai liberi e forti, prima di fondare un partito, fece una cosa molto semplice che è la ragione per cui voi ci provocate su questo. Girò per 7 anni l’Italia e incontrò tutte le realtà vive, dalle associazioni, alle banche di credito cooperativo, alle imprese, e poi, si chiamava don Sturzo, e poi fondò il partito popolare. Perché se noi partiti non ritorniamo a questo legame con la società civile, con la realtà viva, capendo che la politica non risponde ai problemi e ai bisogni, ma mette in moto la libertà di ognuno di noi perché si possa rispondere ai problemi che incontriamo ogni giorno, siamo totalmente distanti, noi abbiamo la presunzione che rispondiamo noi e ci sostituiamo alla vostra libertà. E questo è il più grave errore che veramente possiamo fare e possiamo compiere. E allora perché c’è bisogno di interloquire con i ceti, con i corpi intermedi, con i centri sociali. Io faccio un esempio, così lo capiamo bene, ogni volta lo dico a me stesso. Chiudiamo gli occhi e pensiamo che domani chiudono tutte le decine di migliaia di associazioni di volontariato in Italia, tutte. Ci sono 8.000 comuni, quindi ce ne saranno almeno 20, 30, 40, 50, 60.000. come sarebbe l’organizzazione dei nostri comuni? Come sarebbe l’organizzazione delle nostre regioni? Quale sarebbe l’organizzazione del nostro Stato in termini di aiuto alla povertà, di associazioni sportive, di aiuto e di assistenza alle persone disabili, di aiuto ai problemi? Questa è la sfida che abbiamo davanti. Siamo in grado di raccoglierla? E allora il Parlamento torna ad essere il luogo dove gli interessi, lo dico con orgoglio, gli interessi vivi di una società sono rappresentati? Siamo arrivati all’obbrobrio che rappresentare un interesse nel nostro Paese rischia di essere un reato. Il traffico di influenza. Ma siamo alla pazzia. Rappresentare gli interessi è il compito del parlamento e della politica che diventa luogo comune, che diventa interesse, da un interesse particolare si mette al servizio del bene comune. Per questo è indispensabile riprendere questo rapporto, ognuno di noi nella nostra diversità. L’intergruppo parlamentare non esisterebbe se non ci fosse differenza. E dico l’ultima cosa. Il governo Draghi è stato il più grande atto della politica con la “p” maiuscola. Permettetemi: per chi l’ha sostenuto, e siamo la maggioranza, ma per chi anche ha avuto la decisione, la scelta, la responsabilità di stare all’opposizione, perché nella democrazia è fondamentale lavorare per il bene comune, ma anche dare il proprio contributo per il bene comune lavorando tutti insieme. Sulle energie concludo, credo che siamo di fronte all’emergenza più grave di quella del covid, nel periodo più acuto. A settembre rischiano di non aprire le imprese, gli artigiani, i pasticceri, gli albergatori, ecc. E allora c’è bisogno del tetto, c’è bisogno del medio e lungo termine, ma c’è bisogno, e Draghi lo può fare con il contributo di tutti i partiti, di intervenire rapidamente come abbiamo fatto allora, con un provvedimento straordinario e speciale per far vivere e sopravvivere la spina dorsale del Paese che sono le piccole e medie imprese, gli artigiani, i liberi professionisti, perché lì c’è la dignità, la dignità di un Paese che alza sempre la testa. Grazie.

 

Luciano Fontana: Giorgia Meloni.

 

Giorgia Meloni: Dunque, intanto ovviamente buongiorno, grazie, grazie per l’invito. È la mia prima volta in presenza al Meeting è ovviamente tutta un’altra cosa. Sono molto contenta di esser qui, di vedere da vicino una realtà che ho studiato per anni, che ho visto per anni nella celebrazione di questo evento che secondo me ha una particolarità: consente sempre, pur cercando di stare nei temi dell’attualità, di andare un po’ più nel profondo. Questa è una cosa che la politica purtroppo non fa quasi più. Eppure noi siamo di fronte a una stagione nella quale il combinato disposto tra la pandemia, la guerra, quello che è accaduto negli ultimi anni ci costringe ad andare nel profondo per riscoprire, diciamo così, i valori fondanti della nostra civiltà e per dare risposte a problemi che si sono creati quando pensavamo che cose scontate, che noi davamo per scontate, scontante non erano più. Ora io non ho il tempo purtroppo per sviluppare questo tema, però credo che sia molto importante il tema dei corpi intermedi, e quindi parto da qui e poi andiamo sul resto perché diventa difficile rispondere a tutto, proverò a farlo molto velocemente. Il punto è semplice: la dottrina sociale della Chiesa ci dice che la società civile non è un insieme di individui, è l’insieme dei legami che le persone hanno con le società intermedie. Questo che cosa significa? Significa che è il legame che fa la società, che è il rapporto con l’altro, che è la consapevolezza che tu hai che l’altro sia aspetta qualcosa da te, che produce i comportamenti virtuosi. Perché faccio questo ragionamento? Provo ad applicarlo alla politica. Io ho fondato un partito ormai 10 anni fa quando si diceva che i partiti pesanti non fossero più necessari, quando si pensava che un partito potesse essere governato da una piattaforma on line o attraverso le dirette Facebook. Ho fondato un partito pesante e allora, perché credo che un partito che non ha sedi sul territorio sia un partito che non esiste, cioè il partito esiste se le persone possono partecipare attivamente, e guardate, la partecipazione per carità si può fare anche on line, ma è diverso l’approccio. Cioè quando tu ti devi confrontare con un congresso e davanti hai 5.000 persone in carne e ossa, e devi rendere conto delle scelte che hai fatto, vi garantisco che è molto più difficile che magari fare una diretta Facebook davanti a 5.000.000 che non vedi. E quindi la tua coerenza, il tuo legame con quello che le persone si sono aspettate da te. Questo vale per il segretario di un partito e vale per i parlamentari, perché rivendico di essere stata, come Fratelli d’Italia, l’unico partito che ha avuto il coraggio di portare in aula la norma per introdurre le preferenze e far scegliere i parlamentari ai cittadini, anche qui. Anche qui, guardate, ho finito il tempo, anche qui per una questione semplice: perché un parlamentare che viene messo in una lista bloccata alla fine risponde al capo, mentre un parlamentare che viene eletto dalla gente a quei cittadini deve rispondere. Per cui la coerenza dei percorsi, la coerenza, la serietà, l’attenzione ai problemi del territorio partono da questo. Senza corpi intermedi, e quindi senza partiti reali tutto questo non può esistere. Non sono d’accordo su quello che si diceva riguardo al tema del presidenzialismo, proprio perché io sono convinta che bisogna rimettere i cittadini al centro delle scelte. Noi abbiamo avuto in questi anni parlamenti che hanno fatto l’esatto contrario di quello che i cittadini chiedevano. È un’altra cosa, è un’idea diversa di quella che io ho francamente ho della democrazia. A questa Nazione serve un legame diretto tra il voto e il governo con le idee che quel governo esprime e serve stabilità, perché noi abbiamo pagato sul piano della credibilità, della stabilità economica la nostra instabilità politica ai governi che si formano e si riformano dentro al palazzo senza soluzione di continuità. Quindi io continua a ritenere che invece una modifica costituzionale in Italia sarebbe molto utile. E questo racconto, diciamo che il sistema presidenziale è un po’ impresentabile, ma la Francia non mi sembra così impresentabile. Lo dico a Enrico Letta, che insomma ai francesi vuole molto bene, guarda con molta attenzione. No, non mi sembra un sistema così impresentabile, mi sembra un sistema pienamente europeo.

Ho 30 secondi per l’energia? Io sono favorevolissima al price cap al livello europeo. Attenzione a imporre il price cap al livello nazionale perché le società che producono questo gas non è che sono società pubbliche, almeno che non le vogliamo nazionalizzare, se ne può parlare, sono società o quotate in borsa e loro a 600 lo vendono, non lo vendono a 100, quindi noi li rifondiamo, gli diamo 500, perfetto. Segnalo che i mercati sono interconnessi, quindi che facciamo? Mettiamo noi i soldi per far comprare a 100 l’elettricità ai francesi, ai tedeschi e al resto del mercato con cui siamo interconnessi? Sarei prudente. Europa, e chiudo. Luigi Di Maio, è esattamente il contrario: non vogliamo fare a meno dell’Europa, ma se ci troviamo nella situazione in cui ci troviamo, anche sul piano dell’energia, è perché l’Europa attuale invece di occuparsi di queste grandi materie strategiche era in tutte altre faccende affaccendata. Noi chiedevamo che si occupasse di materie strategiche. Scusate.

 

Luciano Fontana: Ettore Rosato, naturalmente, al di là della domanda generale credo che ce ne sia una specifica rispetto alle leggi elettorali di rappresentanza, visto che è uno degli autori della legge con cui andiamo a votare. Prego.

 

Ettore Rosato: Grazie, intanto saluto anch’io e ringrazio, saluto il Meeting le centinaia di volontari che ogni volta ci accolgono qui, ogni anno ci accolgono con sorrisi, competenze, professionalità. Saluto Giorgio Vittadini per il lavoro che ha svolto in questi anni e consentitemi di ringraziare anche Maurizio Lupi perché è finita la legislatura, ma ci ha tenuto insieme in oltre 200 parlamentari per cinque anni, facendo cose non solo utili nelle nostre relazioni ma anche utili al paese. La dimostrazione anche questo palco qui che ci vede tutti insieme. Non voglio esimersi dalla risposta sulla legge elettorale. Ricordo solo che, a voto segreto, è stata la legge elettorale più votata nella storia della Repubblica a cui non sono assolutamente, diciamo, legato affettivamente. C’è una legge elettorale migliore? Assolutamente si si possono inserire le preferenze, i collegi, le estrazioni a sorte, si può fare tutto. Ci vuole la volontà politica. La volontà politica nella passata legislatura on ha portato a fare questo, io penso che una legge elettorale nuova ci vuole dopo le riforme costituzionali e non ho paura di dire che le riforme costituzionali sono necessari e indispensabili. Non abbiamo paura di discutere di presidenzialismo, non abbiamo paura di discutere di elezione diretta del presidente del consiglio ci vuole solo equilibrio e bisogna avere la capacità di dire che le riforme costituzionali si fanno mettendo insieme le teste, i cuori, come è stata scritta la nostra Costituzione e facendo un lavoro che unisca le forze politiche e non sia fatta a colpi di maggioranza. Se la prossima legislatura avrà la capacità di fare questo sarà una legislatura costituente importante per il paese.

Oggi abbiamo una seconda parte della Costituzione non più adeguata alle sfide del tempo. Però mi piacerebbe tornare sul tema dei partiti, tema cui sono particolarmente affezionato nel senso che sono innamorato della politica, politica senza partiti non si può fare, non esiste. E oggi la crisi istituzionale che abbiamo vissuto è frutto anche dell’incapacità dei partiti di essere tali. Io penso che non bisogna avere paura delle leadership in politica, sono indispensabili i leader in politica, le leadership non si decidono in un tavolino interno a un tavolino ma si conquisto tra la gente con la capacità di affascinare, con la capacità di disegnare anche un futuro di spiegare che ci può essere un progetto per il nostro paese. Su questo si costruiscono le leadership e su questo si aggregano i partiti che oggi hanno perso un elemento essenziale a mio giudizio. I partititi devono essere anche comunità politiche. Se non sono comunità politiche e se sono solo comitati elettorali il partito falliscono perché i partiti si disgregano e i partiti che sono delle realtà sono stati pensati come delle realtà che sanno mettere insieme i cuori, le idee e che sanno costruire ammorbidendo le differenze. Oggi noi viviamo in una politica che, anche facendo riferimento a retaggi del secolo scorso, cerca sempre punti di divergenza, allontana il tentativo che la politica invece deve essere, deve fare, di mettere insieme, di trovare, di ammorbidire gli angoli, di ammorbidire gli spigoli. E io penso che su questo noi ci dobbiamo confrontare in maniera diversa, io rivendico le scelte che abbiamo fatto quando durante l’emergenza, durante la pandemia, abbiamo archiviato l’esperienza del Governo Conte su un profilo inadeguato sotto profilo di contenuti e tecnico e di capacità di affrontare le cose, ma anche inadeguato sotto un altro profilo: quello di affrontare con lo spirito di unità nazionale l’emergenza che stavamo vivendo che era solo l’emergenza della pandemia, dopo si è aggiunta anche l’emergenza della guerra. La necessità di allargare, e Draghi è stato bravissimo in questo, saputo, ha saputo mettere tutti insieme, ha saputo mettere destra e sinistra insieme, ad affrontare le questioni principali dell’Italia. E questo suo grande merito che è stato un merito che ha consentito all’Italia di essere un partito, un paese diverso durante l’emergenza, è stato veramente un peccato che si sia scontrato con la necessità di alcuni di mettere davanti gli interessi personali di parte.

Chiudo con quindici secondi sul prezzo dell’energia. Io penso che il prezzo dell’energia europea, il tetto europeo all’energia è stata una proposta molto forte avanzata da Mario Draghi prima di tutti gli altri, gli abbiamo tolto autorevolezza con l’elezione anticipate per poter proseguire su questo tema, autorevolezza legata a un paese unito che stava dietro, io penso che il mese di settembre sarà un mese decisivo anche per questo è importante che tutti i partititi si esprimano con forza, mi sembra di aver sentito fino a qui al di là di alcune differenze legate ad aspetti tecnici che non sono secondari, la forza per poter andare in Europa e dire che per noi è un tema decisivo per la sopravvivenza delle nostre aziende, quindi della struttura economica del nostro paese.

 

Luciano Fontana: Matteo Salvini.

 

Matteo Salvini: Innanzitutto grazie, grazie a chi è qua in presenza, grazie a chi ci segue da lontano. Parto da Vittadini. Politica per me è ascolto, non ci sono onniscienti, anzi, e quindi noi come Lega abbiamo 1400 sedi sui territori, abbiamo decine di migliaia di volontari, di simpatizzanti, di militanti, 800 sindaci al lavoro questa mattina e nelle liste abbiamo scelto di premiare da nord a sud tanti di questi sindaci. Politica è anche il coraggio di prendere delle scelte che a volte scontentano qualcuno. Parto da alcuni lavori del Meeting delle ultime ore perché la politica richiede conoscenza, ascolto e poi il coraggio di fare alcune scelte. Io sto dalla parte della vita, anche se alcuni dei consulenti mi dice: alcuni temi non affrontarli perché rischi di scontentare qualcuno e rischi di perdere qualche voto. Ma siccome io faccio politica perché è la mia passione e il mio lavoro; e se gli italiani ci sceglieranno e fra un mese saremo al governo, è giusto dire prima agli italiani che ci scelgono cosa andremo a fare aldilà dei temi molto concreti, tasse, lavoro, scuola, energia; ci sono anche dei valori non negoziabili per quanto mi riguarda; uno è la difesa della vita dall’inizio alla fine, il sostegno dei centri “Aiuto alla vita” che sono una delle cose più preziose che abbiamo in Italia, 260000 bambini nati dal ‘75 ad oggi che altrimenti non sarebbero nati. Ecco applicare integralmente la legge 194, offrendo alle donne la possibilità di scegliere di andare avanti anche se sono in condizione economica che non glielo permette. Quindi avere degli enti locali, delle comunità che sostengono la vita in ogni sua forma; ieri c’è stato un bel dibattito qua a Rimini di “Ditelo sui tetti” che ha preso una scelta, una via coraggiosa: invece di offrire la morte subito, è dovere di un paese civile offrire a tutti quelli che scelgono la vita fino in fondo le cure palliative, l’assistenza domiciliare h24 senza nessuna esclusione territoriale in Italia. Poi c’è un tema che mi divide profondamente dagli amici del PD, dei 5Stelle e mi divide non da senatore, da ex ministro dell’interno, da capo della Lega, ma da papà di un figlio di 19 e una figlia di 9 anni. Io mai nella vita governerò un paese che permette di coltivare, consumare e distribuire liberamente ogni genere di droga. Per quello che mi riguarda la droga è morte, sempre, comunque, qualsiasi tipo di droga e ritengo irresponsabili dei colleghi parlamentari che dicono a milioni di ragazzi che ci sono droghe che non fanno male. Tutte le droghe uccidono; c’è una droga che uccide prima e una droga che uccide dopo. Io penso che ciò che i ragazzi di 16 anni abbiano una vita davanti e possano divertirsi eliminando ogni abuso e ogni devianza; offriamo ai nostri ragazzi una prospettiva di lavoro e di famiglia senza utilizzare ogni genere di droghe di questo tipo. Poi mi dicono: “E ma magari qualche sedicenne che vuole farsi le canne non ti vota” Magari non mi vota oggi ma fra qualche anno dirà: “Aveva ragione perché la vita va vissuta liberamente senza sostanze di ogni genere dalla mattina alla sera”. Quindi su questo non cambierò mai idea.

Una riflessione sull’energia. Aggiungo uno spunto su ciò che non ho sentito. Va bene il tetto e queste sono battaglie sui CAv, sull’eutanasia, sul fine vita, sulla droga che io raccolgo dall’esperienza dei territori, dalle agende, dalle comunità, dalle parrocchie, dalle comunità di recupero dei tossicodipendenti e trasformiamo in proposta politica. Un tema non ho sentito e lo metto sul tavolo perché ne sono profondamente convinto. Al di là del tetto al prezzo del gas in Italia e in Europa, dell’accelerare sulle rinnovabili, questo momento sono in costruzione nel mondo 100 centrali che sotto una forma di ultima generazione danno l’energia più pulita e più sicura. Se l’Italia in prospettiva a medio e lungo termine vuole essere un paese indipendente anche dal punto di vista energetico, non possiamo essere l’unico grande paese al mondo che si ostina a dire no al nucleare pulito e sicuro di ultima generazione. Noi abbiamo bisogno di energia pulita e sicura, abbiamo bisogno del nucleare.

 

Luciano Fontana: Antonio Tajani per l’ultimo intervento, visto, diciamo, il ruolo importante dell’Europa, questo tetto alla fine al prezzo del gas mi sembra che non si farà mai, vista la discussione in corso.

 

Antonio Tajani: A questo ti rispondo alla fine, direttore. Intanto grazie al Meeting, ma grazie anche a Vittadini per aver finalmente portato il dibattito politico sulle cose serie e concrete, le uniche cose che interessano i cittadini. Abbiamo partecipato a dibattiti surreali che veramente chi li ha seguiti certamente non sarà invogliato a votare. Parliamo di cose concrete.

Un partito ha ragione di esistere se quel partito fonda la propria essenza su una visione della società, altrimenti è soltanto una macchina di interessi, personali e privati, non di interessi delle persone. E allora qual è il valore fondamentale nel quale ci riconosciamo? È ciascuno di voi, la persona. Noi non siamo nati per vivere soli, non siamo stati creati per vivere soli, siamo stati creati, per chi ci crede, per stare insieme. Ma ognuno di noi è diverso dall’altro, ognuno di noi è indispensabile; anche il più povero, anche il più malato, anche colui che ha un handicap grave è fondamentale per la nostra convivenza. E allora ogni nostra azione politica, ogni nostra scelta politica deve essere finalizzata a dare una risposta ad ogni singola persona. Ogni persona è un mondo a sé, ma quando noi diciamo che bisogna combattere il caro bollette, lo facciamo perché crediamo che in astruse o meno astruse dottrine economiche oppure perché ci rendiamo conto che quella famiglia, dove magari ci persone in difficoltà, non riesce a pagare quella bolletta troppo cara dell’elettricità o del gas. Quando diciamo che bisogna aumentare le pensioni ai disabili e agli anziani, lo diciamo perché ogni singolo pensionato, ogni singolo anziano, ogni singolo portatore di handicap, che non ce la fa ad arrivare alla fine del mese; perché quando noi chiediamo aumentiamo, lasciamo perdere il reddito di cittadinanza, diamo i soldi da parte dello stato a chi non può lavorare, perché chi può lavorare deve andare a lavorare. E se diciamo aumentiamo la pensione al disabile, lo diciamo perché ci sono famiglie che pensano con grande preoccupazione a quello che accadrà a quell’essere che, anche se in difficoltà regala ogni giorno un sorriso: quando non ci saremo più, chi si occuperà di nostro figlio, di nostra figlia? Ecco che lo stato deve intervenire. Quando noi difendiamo le piccole banche, le banche cooperative, le banche popolari, perché lo facciamo? Perché sono quelle che permettono l’accesso al credito al piccolo artigiano, al commerciante che altrimenti non può diventare un numero e dove si decide se il credito gli viene dato in base a criteri matematici e non legati alla conoscenza diretta di quella persona, se è una brava persona, se è un bravo artigiano, un bravo commerciante. Quindi tutte le scelte sono condizionate soltanto dalla voglia di dare aiuto e dare risposte a queste persone. Così un partito ha senso, altrimenti diventa solo una macchina di potere; deve essere una macchina di servizio; come dice la nostra Costituzione, un collegamento fra i cittadini e le istituzioni. Bisogna far tante cose, compreso, e concludo, il prezzo dell’energia che è un tema che riguarda le famiglie. Però vorrei spiegare perché noi ci battiamo per questo, perché noi siamo favorevoli al nucleare, perché siamo favorevoli a energie alternative, perché siamo favorevoli all’aumento dell’estrazione del gas, perché siamo favorevoli al tetto europeo. È una battaglia che bisogna combattere; è inutile che diciamo che l’Europa è lontana, l’Europa è distante, l’Europa decide. Noi siamo in Europa e abbiamo il dovere di combattere e di tutelare gli interessi di 60 milioni di italiani che sono parte integrante dell’Europa. Il tetto del gas al prezzo del gas deve essere fatto, deve essere una battaglia politica che tutte le forze politiche italiane hanno il dovere di condurre cercando di convincere l’Europa che questa è una cosa giusta per tutelare gli interessi di 450 milioni di europei.

 

Luciano Fontana: Grazie ad Antonio Tajani; lo invito a stare pronto, che adesso iniziamo in senso alfabetico inverso; questa era la regola stabilita. Partiamo dalla seconda sollecitazione che veniva fatta all’inizio da Vittadini. Naturalmente si parla tanto di giovani, di istruzione. I dati li avete visti. Io devo dire la verità: ho guardato molto i programmi, ho visto alcune proposte, ma aldilà, di come dire, di un capitolo “Investire nell’istruzione, nella formazione, mettere risorse”, non ho capito bene come questo si articola, come si aumenta il numero dei laureati, come si riesce ad accrescere, ad esempio, le competenze tecnico-scientifiche della nostra scuola, come si fanno i programmi STEM per le ragazze che è uno dei problemi, anche di discriminazione forte che c’è nel nostro sistema di istruzione. Quindi mi piacerebbe se riuscissimo ad articolare, ad essere più precisi e soprattutto a dire cose che poi si possono fare. E credo che questa è la cosa che più la gente in questo momento chiede: diteci cose realizzabili, serie, che ci facciano crescere e che non siano l’illusione di un momento. Antonio Tajani, ancora a lei.

 

Antonio Tajani: Chi può lavorare deve andare a lavorare. Ecco il tema: creare lavoro e mettere i giovani nelle condizioni di poter lavorare: è una questione di competenze, è una questione di qualità, è una questione di formazione, quindi investire di più in formazione e rafforzare il collegamento fra scuola, università ed imprese. Favorire le assunzioni significa ridurre la pressione fiscale sulle imprese, soprattutto su quelle che assumono giovani, vanno ridotte comunque, ma assumere i giovani significa avere una fase di formazione come c’è in Germania, come c’è in Austria e mi sono battuto quando ero commissario all’industria perché in tutta Europa si arrivasse ad avere un sistema duale. Ho visto giovani lavorare in acciaieria avere il posto perché avevano fatto da studenti due anni di formazione in quella acciaieria e finita la scuola, sono stati assunti. È quello a cui punta anche la riforma degli istituti tecnici e della formazione tecnica che porta la firma di Forza Italia. Quindi anche favorire una formazione tecnico-professionale; non dobbiamo tutti quanti studiare filosofia o diritto o economia. Serve anche avere una risorsa di qualità che possa nell’impresa favorire la crescita e la modernizzazione, quindi serve anche una formazione costante. Il ruolo delle università: le università devono cambiare, troppi nepotismi, troppi baroni e troppe cose che non funzionano. Si guarda più al potere che alla formazione del giovane. Ecco ritorniamo sempre al discorso della persona, ogni singolo giovane deve essere formato permettendogli di fare ciò che più gli piace. Questo è l’elemento fondamentale e c’è anche una questione, se posso permettermi, da sollevare: quella della libertà di scelta della formazione da dare ai propri figli. Ogni famiglia italiana deve essere libera di poter scegliere fra scuola statale e scuola non statale, perché il servizio è sempre pubblico, non è un servizio privato, è sempre un servizio pubblico esercitato non dallo stato ma da chi collabora. Abbiamo parlato dei corpi intermedi e della sussidiarietà. Io sono stato in parte formato in scuola non statale; nella mia famiglia tutte le donne continuano a lavorare nella scuola non statale e contribuiscono alla formazione di giovani bambini. Quello è un tema fondamentale anche per la formazione. Ogni famiglia deve essere libera di poter scegliere e non soltanto se benestante può scegliere se mandare il proprio figlio a scuola non statale. Quindi serve un bonus. Dobbiamo impedire che chiudano perché troppe scuole non statali che stanno chiudendo perché sono strangolate da una politica contraria alle scuole non statali. Lo stesso discorso vale per le università. Posso anche aggiungere che abbiamo il diritto di fare educare da cristiani i nostri figli: lo stato non può impedire, chiudendo le scuole o costringendo tante scuole non statali a chiudere, non aiutando tante università non statali, a impedire o a imporre un tipo di formazione perché lo stato deve soltanto garantire la formazione, non decidere il tipo di formazione da dare ai nostri figli. Questo è un altro tema fondamentale. Concludo. Scuola – lavoro: il sistema duale non deve essere la barzelletta che è stata per tanti anni; sulla formazione scuola- lavoro possiamo raccontare tante storie di ragazzi che venivano mandati a fare stage negli alberghi e poi dicevano “io voglio fare il medico” e allora era meglio fargli fare lo stage nell’ospedale. Questo è un tema fondamentale investire in quello e anche spiegare ai giovani che ci sono tipi di formazione alternativi anche a quello puramente universitario, ma che devono essere altamente qualificati perché c’è bisogno, c’è richiesta fortissima, basta vedere i numeri. Abbiamo partecipato tutti all’assemblea dei consulenti del lavoro, e abbiamo notato che i dati della ricerca fatta per i consulenti del lavoro dimostra che c’è tanta richiesta di lavoratori, ma mancano i lavoratori qualificati. Questo è un tema: il lavoro si può trovare, ma bisogna mettere i giovani nella condizione di poter accedere a quei posti di lavoro. Quindi formazione e riforme. Grazie

 

Matteo Salvini: Evito di ripetere quello su cui siamo d’accordo: abbiamo fatto in questi anni di Covid in Parlamento alla battaglia comune come centro-destra, non discriminare le scuole paritarie rispetto alle scuole statali, anche perché se domani per incanto, per ideologia di qualcuno, chiudessero tutte le scuole paritarie, salterebbe per aria il sistema scolastico nazionale. Per cui, fortuna che ci sono le scuole scolastiche paritarie, la libertà di scelta è sacrosanta.

Altro tema che ideologicamente qualcuno ha combattuto – mentre il lavoro non è ideologia – potenziare il rapporto tra scuola e lavoro è assolutamente fondamentale. Due riflessioni poi molto pratiche: ad oggi, secondo i dati del ministero, il 57% degli studenti sceglie il liceo, il 30 % gli istituti Tecnici, e il 13 % i professionali. Qualche segretario di partito qualche settimana fa ha detto, in maniera poco liberale da mio punto di vista, che tutti i ragazzi dovrebbero andare solo al liceo perché le altre scuole sono di serie B: una dichiarazione del genere denota quanto meno, per quello che mi riguarda, ignoranza e mancanza di rispetto nei confronti degli studenti che fanno i geometri, gli alberghieri, i turistici, verso gli insegnanti, quindi la libertà di scelta deve essere sacrosanta. La riforma che abbiamo approvato per portare avanti gli Istituti Tecnici, perché, per alcuni genitori, il problema è la parola liceo, è un problema semantico. Se hai il figlio che non fa il liceo, hai un figlio che vale di meno, secondo me, è quanto meno una sciocchezza. Quindi potenziare l’istruzione tecnica e professionale è fondamentale, perché lì c’è una rispondenza con il lavoro immediata.

Università: una proposta, lo dico prima, palesemente copiata da quello che funziona all’estero, perché sicuramente qua dentro c’è qualcuno che avrà a che fare con questo ostacolo, e in collegamento ce ne saranno tanti altri. Vi faccio un esempio, il direttore diceva: “prendete un impegno che potete mantenere”, questo costa zero. Parlo della facoltà di medicina: mancano medici, mancano infermieri, qualcuno li va a cercare a Cuba, qualcuno li va a cercare in Albania, qualcuno li va a cercare nelle Filippine. Ora io mi dico, perché non possiamo copiare il sistema francese? Tra poche settimane ci saranno decine di migliaia di italiano che proveranno ad accedere a Medicina facendo il test con le crocette, col quiz, come per la scuola guida. Il 10% di fortunati passa, gli altri passano all’altro giro. In Francia tutti accedono al primo anno della facoltà di Medicina, nessuno escluso, tutti, e la selezione non la fai prima di cominciare col test a crocette, tipo ruota della fortuna, la selezione naturale per merito avviene alla fine del primo anno in base ai voti e alla capacità. Quelli che hanno i voti migliori e meritano vanno avanti e gli altri sceglieranno altre strade, però a nessuno viene negata la possibilità di accedere alla facoltà di Medicina. Costo per lo Stato zero, vantaggio per lo Stato tanto. Se poi ci aggiungi qualche euro in più sulle specializzazioni, non devi girare il mondo a trovare medici.

Ultima riflessione, anche qua da padre, si può fare, ho chiesto al nostro sottosegretario in carica al Ministero di Economia e Finanza, Federico Freni, di quantificarmelo, lo sta facendo in questi giorni. Lo sto dicendo da genitore: tutti ci troveremo ad affrontare l’acquisto dei nuovi libri in questi giorni o nei prossimi giorni. Convincere le case editrici a poter riutilizzare i testi, senza cambiare tre virgole in tre pagine per spendere altri 400 euro all’inizio di ogni anno scolastico, penso che possa essere atto di civiltà. Laddove non ci fossero coperture necessarie, già oggi i libri di testo sono gratuiti per le scuole elementari, estendere questa gratuità e questa detraibilità anche per le medie e le superiori, in un momento di crisi economica come questa, penso che aiuterebbe molte famiglie a uscire da quel mezzo milione di abbandono scolastico. Quindi, che i libri e testi siano gratuiti o detraibili fino alle scuole superiori penso sia un atto di civiltà di poco costo, poca spesa e tanta resa.

 

Luciano Fontana: Ettore Rosato

 

Ettore Rosato: Grazie. Io penso che bisogna affrontare con molta serietà questo argomento, molta serietà e mi permetto di aggiungere molto senso di responsabilità rispetto al nostro futuro perché parlare di scuola, parlare di giovani vuol dire parlare del nostro futuro, dell’investimento sul nostro paese. Quando l’Italia è uscita sconfitta dalla guerra, dalla seconda guerra mondiale, diciamo che da paese senza petrolio e senza carbone è diventata la quarta potenza mondiale, lo è diventata per i nostri nonni, i nostri padri che con grandissima capacità, grandissimo senso di sacrificio, grandissima intelligenza e intuizione hanno saputo costruire un’economia, quella italiana, che ci ha consentito oggi di essere ancora un’economia forte e di avere i vantaggi, la qualità della vita che noi abbiamo. Noi oggi dobbiamo fare una scelta nella consapevolezza che le scelte sono difficili perché, lo dico con grande rispetto per gli amici anche che sono intervenuti prima, io dubito che le scelte di investimento siano a costo zero, le scelte di investimento, anche quelle sulla scuola, sono molto molto onerose, sono molto onerose e bisogna avere la consapevolezza che o si assume una direzione, la riforma della Buona scuola quella approvata sotto il governo Renzi qualche anno fa, criticabile, come tutte le riforme, solo le non riforme sono non criticabili, quelli che non decidono niente, costò otto miliardi, otto miliardi in più investiti sulla scuola. Se noi vogliamo fare una scelta di investire sulla formazione dobbiamo decidere di mettere delle risorse. Le riforme a costo zero sulla scuola sono inesistenti, sono inesistenti e prima di tutto bisogna investire sugli insegnanti perché nella nostra storia, nella storia italiana, gli insegnanti erano delle figure autorevoli, delle figure considerate centrali nella vita anche sociale, oggi le retribuzioni degli insegnanti non li definiscono più così, è un lavoro di ripiego per molti fare l’insegnante dal punto di vista della qualità della retribuzione. Noi bisogna che investiamo su questo, investire sulle università vuol dire avere la consapevolezza di fare delle scelte che insomma non rendono tutti felici. Il proliferare di facoltà in giro per l’Italia, festeggiamo se la Sapienza entra nella classifica mondiale al centocinquantesimo posto. Dobbiamo fare delle scelte che sappiano investire in punti di eccellenza e in università di eccellenza che diventano nuovamente attrattive anche per gli studenti stranieri. Dobbiamo fare delle scelte che scombussolino qualcosa. Il riformismo non sta nel non cambiare niente e non sta neanche nel mandare soldi a pioggia. Un altro accenno lo faccio perché è un tema che qui emerge con forza, la sussidiarietà. E io non lo lego solo alla scuola. Siamo, sono profondamente convinto, pur avendo fatto io scuole pubbliche sempre, che nel sistema scolastico italiano e aggiungo nel sistema sanitario italiano, per citarne un altro, sia fondamentale il rispetto del principio della sussidiarietà e non tollero le battaglie ideologiche contro il principio costituzionale della sussidiarietà. Senza il nostro sistema di sussidiarietà nel nostro paese il sistema sanitario e scolastico non funzionerebbe, non funzionerebbe non è una questione ideologica, non ci sarebbe un servizio sanitario e scolastico adeguato alla sfida che abbiamo. Allora, su questo, prendiamo un impegno, diciamo che c’è una spina dorsale del nostro paese che si chiama terzo settore che riguarda, che ha cinque milioni di volontari, che ha un milione di impiegati, che vale il 5% del PIL che è il terzo settore e su questo terzo settore facciamo degli investimenti che ci consentano di chiudere e di investire su scuola, sanità e volontariato, attenzione alla persona. Mettiamoci, cambiamo Industria 4.0, cambiamo Impresa 4.0, allarghiamola anche al terzo settore, facciamo un investimento di questo tipo in maniera che possano investire anche nella formazione. E la formazione che si investe, e l’investimento e formazione sul terzo settore, è l’investimento che può consentire anche alla scuola di fare un salto di qualità.

 

Luciano Fontana: Grazie Ettore Rosato. Giorgia Meloni

 

Giorgia Meloni: Sì, dunque, cerco di non sforare anche questa volta perché prima mi sono presa troppo tempo. Vado per punti, velocemente. Punto primo: a monte del tema, diciamo, scuola, università, formazione penso che una riflessione vada fatta. Quello che è accaduto sulle giovani generazioni, in quest’epoca, perché noi non possiamo far finta di non vedere che durante il periodo del covid a questi giovani italiani, è stato sostanzialmente tolto tutto, diritto all’educazione, diritto alla socialità, diritto allo sport in un momento nel quale chiaramente quelle scelte impattano e in cambio abbiamo lasciato solo debiti che questi ragazzi dovranno ripagare. Lo dico per dire che oggi è nostra responsabilità restituire a questi ragazzi quello che è stato tolto anche in termini di investimenti, altrimenti noi rischiamo di avere molti problemi, non so, immagino che accada a chiunque abbia un figlio. Noi già prima della pandemia ci confrontavamo con una generazione di mezzo e a me capita di vederli, quattro o cinque dentro una stanza, e non si parlano, loro si parlano attraverso il cellulare, tutta la loro vita ormai rischia di essere filtrata dalla sicurezza di uno schermo. Io credo che l’impatto che questo ha sulle relazioni umane meriti una riflessione, perché rischiamo davvero di tirarci dietro problemi che non avevamo previsto. Perdonatemi per la parentesi. Che cosa vuol dire sul sistema di istruzione? Penso che ci dobbiamo dire, come ha detto correttamente Luca Ricolfi con Paola Mastrocola in un libro che si chiama… adesso non mi ricordo il titolo, che dice che la scuola italiana è diventata una macchina di diseguaglianza. Ora, guardatevi intorno, da noi aumentano ogni giorno i corsi di orientamento, le lezioni private, che significa? Significa che noi abbiamo una scuola nella quale chi ha maggiori possibilità familiari, inevitabilmente, avrà una formazione migliore di quella di chi ha minori possibilità familiari, significa che il mito progressista dell’uguaglianza non punto di partenza, ma diciamo lungo tutto il percorso, alla fine ha finito per punire chi voleva dare di più e ha finito per favorire chi aveva di più. Io penso che anche questa riflessione vada fatta perché vedete noi da una parte abbiamo una scuola che, nella quale ai genitori che vanno a fare ricorso al Tar se il figlio ha preso un voto meritato basso, no, è l’idea del mi spetta, tutto spetta a tutti in questa società, non c’è più responsabilità no, non c’è quello che tu dai, mi spetta indipendentemente da quello che io sono disponibile a fare, disposto a dimostrare, e credo che sia sbagliato, dall’altro chi era disposto a dimostrare in molti casi è rimasto indietro. Credo che da questo elemento culturale si debba partire per capire che uguaglianza e merito sono uno fratello dell’altra, non ci può essere merito se non c’è uguaglianza nelle opportunità. La tua vita non può essere segnata dalla famiglia nella quale nasci, dalla città nella quale nasci però se io, indipendentemente da quelle condizioni, dimostro più di un altro, mi deve essere riconosciuto il mio valore, non è la società del siamo tutti, diciamo, dipendiamo da quello che siamo in grado di dimostrare come disponibilità al sacrificio. Concretamente cosa si può fare? Io credo che in Italia serva un sistema serissimo di borse di studio che consenta agli studenti di studiare dove vogliono studiare, di avere le stesse opportunità che hanno tutti anche se hanno condizioni di partenza svantaggiate rispetto agli altri, penso che serva tutelare ovviamente sul tema delle scuole paritarie e della sussidiarietà, non torno perché condivido quello che ho sentito dire. È la base del sistema della sussidiarietà che noi abbiamo difeso e continuiamo a difendere. Penso che serva reintrodurre i voti nella scuola primaria e serva valorizzare l’esame di maturità, cioè credo nel valore anche del giudizio, penso che serva adeguare gli stipendi dei docenti alla media europea, penso che serva più sport per tutti, tu non sarai d’accordo ma io sì, credo che lo sport sia un grande volano, un grande volano per corretti stili di vita, del benessere. Mi pareva che fino a ieri fossimo tutti d’accordo. E poi formazione e mercato del lavoro, veramente ho finito il tempo? mamma mia, non ho più il dono della sintesi, perdonatemi. Vi dico una proposta sola. Si diceva prima licei piuttosto che istituti tecnici. È un paradosso che mentre noi diamo a tanti ragazzi che potrebbero lavorare il reddito di cittadinanza, se andate a parlare con la Camera nazionale della moda scoprite che non trovano personale, diciamo formato professionalmente, che potrebbero strapagare nei settori che fanno un pezzo dell’economia italiana, che è il settore del made in Italy, del nostro marchio, io vorrei che il prossimo governo, ed è un progetto di Fratelli d’Italia, istituisse un liceo del made in Italy, per agganciare a un pezzo forte della nostra economia il marchio della formazione d’eccellenza e trovare il lavoro alla gente invece di dargli il reddito di cittadinanza. Grazie.

 

Luciano Fontana: Maurizio Lupi.

 

Maurizio Lupi: Non ripeto le cose che sono state dette dagli amici che mi hanno preceduto perché uno dei pilastri del programma del centrodestra è stato quello dell’educazione su cui abbiamo lavorato. In maniera molto sintetica e a schemi. Il primo. Lo ricordo a me stesso che al Meeting Sabino Cassese ha sintetizzato con una frase che secondo me dà esattamente la rilevanza di questa questione: “Non bisogna distribuire soldi ma bisogna distribuire educazione”. Draghi ha detto, qui al Meeting ma poi lo abbiamo lavorato insieme nel PNRR, che il primo pilastro su cui ricostruire il paese è l’educazione, la ricerca e non a caso siam passati dall’11% delle risorse del PNRR nel nuovo programma, con il contributo di tutti, al 18%. Allora, in termini sintetici, il primo. Perché la prima battaglia è quella della libertà di educazione? Semplicemente per un motivo molto banale e molto semplice, ma fondamentale. La scuola ha un compito, fondamentale, che è quello di creare persone adulte, capaci di affrontare la realtà, persona da educare e formare la persona. Per questo la libertà di educazione è il cuore che permette ad un sistema pubblico fondamentale come è la scuola di raggiungere questo obbiettivo nella pluralità delle offerte che si fanno, scuola statale e scuola paritaria. Ho il dovere di dire qui quello che mi ha detto ieri una mia amica preside che ho incontrato e mi ha detto “Ripetilo domani”. Tutte le volte che mi incontrano mi dicono: “Lei è la preside di un istituto privato?” io la correggo e le dico “Paritario” perché la mentalità statalista ancora non passa. L’istruzione di una scuola paritaria non è privata, è un’istruzione paritaria perché offre un servizio pubblico e dobbiamo continuare a dirlo, perché le parole nascondono e dicono un’idea che permane. Secondo: autonomia scolastica. È fondamentale sia quella didattica che quella economica. La regolamentazione nazionale aveva un obiettivo, garantire l’uniformità su tutto il territorio. Con i dati che ha detto Vittadini abbiamo visto che questo non è possibile. La sfida dell’autonomia scolastica è la sfida proprio di recuperare questo gap. Terzo: la prima forma di investimento, è stata già detta, la vera prima forma di investimento sulla scuola la dobbiamo dare al vero patrimonio che abbiamo che si chiamano insegnanti, maestri, insegnanti, docenti. Riportare a dire che quella è la funzione più importante che abbiamo, è l’investimento primo che dobbiamo fare, quindi, formazione, reclutamento, giudizio e merito e anche il tema dello stipendio perché se un insegnante italiano prendi il 50% in meno di quello tedesco vuol dire che tendenzialmente noi gli diamo un’importanza la metà di quella che gli dà la Germania. E questo è vergognoso. Quarto: io qui correggo il mio amico Giorgio Vittadini. Io credo che il problema e la sfida non sia l’alternanza scuola lavoro, lo dico come gioco di parole, ma un’alleanza scuola e lavoro, che è fondamentale. Ci sono tre dati che, ricordo che erano presenti in quella mostra che abbiamo realizzato qui al Meeting l’anno scorso, in Italia gli iscritti agli ITS sono 18.000, in Francia sono 400.000 in Germania sono un milione. Guardare e osservare la realtà. Ricordo come battuta che è fondamentale perché non viene dal mio mondo, dalla mia espressione culturale, che negli anni ‘70 i sindacati fecero una battaglia fondamentale, quella delle 150 ore. Perché la sfida era quella di dare l’istruzione e la terza media a tutti. E se oggi noi abbiamo un artigianato, un altro motivo fondamentale è perché noi vinciamo la scommessa sulla qualità e chi ha un’educazione ed è istruito fa meglio il suo lavoro perché è appassionato al lavoro che fa, contribuisce con il lavoro che fa. Ultimo, e concludo, il tema della famiglia e della natalità è collegato strettamente al tema dell’educazione. Se spendiamo l’1 % del nostro prodotto interno lordo per educazione famiglia, per famiglia e natalità e la media dei paesi europei è l’1,8% vuol dire che ballano 12 miliardi, vuol dire che qualcosa non va, e credo che su questo dovremmo fare tutti un’alleanza. Non si tratta, si tratta di usare meglio le risorse che noi mettiamo a disposizione decidendo le priorità, per noi la priorità fondamentale è questa e quindi dobbiamo darla anche perché chi spende dei soldi in una famiglia per educare per educare i propri figli, per istruirli da 6 a 23 anni non è che lo fa per sé stesso solo, ma è il primo contributo che dà alla nostra società, è il primo contributo che dà al nostro paese e teniamone conto.

 

Luciano Fontana: Enrico Letta. Non le piace lo sport…

 

Enrico Letta: Non ho capito perché, nemmeno io ho capito questa cosa. Mi prendo però 10 secondi per una chiosa sulla questione dell’energia prima, perché ho sentito molte voci dire “Ma no, il tetto bisogna metterlo al gas, bisogna metterlo in Europa” buttando come spesso capita nel nostro paese la colpa lontano, dicendo non ce l’hanno dato quindi non si può fare. Io dico che i prezzi amministrati in Italia per 12 mesi mettendo fine a quell’accoppiamento tra fossile e rinnovabile, che oggi sta facendo saltare il mercato italiano molto più degli altri, è una cosa che possiamo fare noi qui, non dobbiamo chiedere il permesso a nessuno e non dobbiamo scaricarla su nessuno. Se non la vogliamo fare, io la voglio fare, diciamolo alle imprese, agli imprenditori e non limitiamoci, alle imprese e agli imprenditori, a dire noi l’abbiamo chiesto a Bruxelles e non ce l’hanno fatto fare. Perché guardate che questo metodo, il metodo del capro espiatorio e del buttare sempre la colpa sugli altri è sempre un metodo col quale non si risolvono i problemi. Parlo di scuola. La questione principale per me oggi è, primo punto, stipendio degli insegnanti. È stato già detto, nel nostro programma noi diciamo, 5 anni, dal 2022 al 2027 per arrivare a far sì che i nostri insegnanti siano pagati come la media degli insegnanti europei. In 5 anni questo è possibile, da noi succede che quando sei assunto hai uno stipendio iniziale che è leggermente inferiore alla media dello stipendio d’ingresso degli altri paesi europei però ti fermi lì, non vai avanti. Il tema di fondo è come far sì che la progressione arrivi e che si arrivi, alla fine della legislatura, con la media degli altri paesi europei. Pendo che questo, Giorgio, io penso che lo possiamo dire, forse questo è una delle cose importanti che dal Meeting oggi esce, perché l’abbiamo detto tutti, noi l’abbiamo messo nel programma. Diciamo che tutti ci prendiamo l’impegno che la prossima legislatura sarà quella in cui gli insegnanti alla fine avranno uno stipendio europeo. Per me questo è un impegno importante da prenderci qua. Secondo punto. Secondo punto, secondo me, noi dobbiamo rendere obbligatoria la scuola d’infanzia. Oggi la scuola d’infanzia non è obbligatoria, rendere obbligatoria la scuola d’infanzia e allungare l’obbligo scolastico fino alla maturità sono due scelte importanti e fondamentali. Obbligare l’obbligo scolastico, sì, allungare l’obbligo scolastico. Io lo considero assolutamente fondamentale, così come far sì che la scuola d’infanzia sia qualcosa che viene dato alle nostre famiglie con ovviamente la gratuità che è assolutamente necessaria. Questo vuol dire secondo noi un impegno sulla scuola che è un impegno che fa della scuola il centro dell’investimento che abbiamo davanti. Accanto a questo lasciatemi dire il terzo punto che io considero il sogno che io ho. Sullo sport la cosa che voglio dire è che basta prendersi il programma che noi abbiamo presentato e che presenta Mauro Berruto. Mauro Berruto è l’allenatore della squadra di pallavolo italiana che vinse la medaglia di bronzo alle Olimpiadi del 2012. C’è un programma in cui lo sport è visto come grandissimo veicolo di inclusione, oltre a essere io uno sportivo sono convinto che questo sia fondamentale anche per il nostro futuro. Ma fatemi concludere, il mio sogno è che nel nostro paese e non solo nel nostro paese, anche in Europa si riesca ad avere l’Erasmus per le scuole secondarie superiori, cioè un momento nel quale, per tutte le famiglie italiane, non soltanto le famiglie italiane che hanno i soldi per poterselo permettere, venga offerta la possibilità di una parte di scuola in un altro paese europeo pagato dal sistema complessivo perché se noi facciamo questo siamo in grado di offrire ai nostri ragazzi un’occasione di incontro con l’altro, con l’esperienza di un altro paese e questa esperienza di incontro con un altro paese diventa fondamentale per aprire le menti fin da quando si è giovani, guardate la forza che ha avuto l’Erasmus, organizzato spesso e volentieri in modo non sufficientemente efficace ma è la cosa più bella che probabilmente c’è in Europa. Facciamo l’Erasmus per le scuole secondarie. Secondo me sarà una grande e positiva svolta per i nostri ragazzi e per le nostre ragazze.

 

Luciano Fontana: Luigi Di Maio per l’ultima risposta in questo giro.

 

Luigi Di Maio: È stato detto quasi tutto. Io vorrei aggiungere solo qualche dato. Noi siamo il secondo paese più anziano del mondo, la nostra media è 46 anni a fronte, io lavoro con colleghi Ministri degli Esteri, non solo del continente africano che hanno paesi con media anche di 17 anni, con una media di 7 figli ogni donna, sono dei numeri impressionanti, ma non dobbiamo andare solo nel mondo in via di sviluppo per capire questi dati. Basta guardare anche gli Stati Uniti che comunque hanno 10 anni in meno rispetto all’Italia e di media. Questo ci rende un paese che prima di tutto dovrebbe trattare i giovani come un tesoro cioè sono il nostro oro perché abbiamo meno capitale umano nel futuro e dobbiamo cercare di investire in loro il più possibile però perdonatemi, vorrei partire dalla fine. Percorsi di formazione, università istituti superiori tecnici o licei, il punto è questi ragazzi dove arrivano? Oggi un professionista in Italia è pagato per quello che vale rispetto al resto dei paesi europei? O un dipendente, al di là del tema del salario minimo che è importante, io sto parlando di equità, un dipendente è pagato nella maggioranza dei casi per quanto sia formato, quanto ha studiato, per l’esperienza che ha? Probabilmente in molti casi no. È per questo che noi, c’è una direttiva europea che l’Italia deve recepire, parliamo di salario equo e di equa retribuzione anche dei professionisti. Questi due temi sono al centro degli stimoli e anche dell’ispirazione che si può creare in un ragazzo che decide di seguire un percorso di studi. Poi veniamo al percorso di studio. Io con tutte le aziende del made in Italy con cui lavoro riscontro sempre di più non solo l’esigenza di forze fresche che vengano da istituti tecnici, istituti commerciali e molto spesso le aziende si organizzano in cooperative con istituti tecnici per creare la formazione che gli serve ma molto spesso hanno bisogno di formazione per quarantenni, per cinquantenni, per persone che durante il loro arco lavorativo hanno avuto bisogno, hanno bisogno di aggiornamento. Ora, noi su questo dobbiamo investire ma non possiamo farlo solo cambiando la formazione pubblica. Io sono d’accordo che bisogna fare squadra tra mondo del lavoro, ovviamente privato e scuola pubblica e formazione pubblica ma anche con la formazione paritaria, perché su questo lavoro se iniziamo adesso proviamo a recuperare un gap in 15 anni, e poi ci sono i nit che sono stati citati nella introduzione. Ci sono 2 milioni di ragazzi che non studiano, non si formano e non lavorano. Con queste persone le realtà sociali del territorio saranno molto importanti perché con loro, oltre a creargli le opportunità che servono, dovremo lavorare anche su una cultura nostra per cui il fallimento è la fine della loro vita. Non si può fallire, non gli è consentito di fallire. In altri posti del mondo, la cultura anglosassone i fallimenti fanno parte della carriera per poi essere dei vincenti. Con loro dobbiamo lavorare sulla motivazione perché questi ragazzi credono di essere gli unici responsabili del fato che sono in quelle condizioni. Lo dico perché due milioni di giovani che non fanno niente, non si formano, non lavorano, non studiano che abbiamo da oltre dieci anni, sono un tesoro, nel secondo paese più anziano del mondo, e su questo dobbiamo continuare ad investire. Ci sono i nuovi mestieri? Uno di questi è il tema della cybersecurity, non abbiamo un sistema di formazione pubblico in tal senso, crescono sempre di più gli istituti privati che formano giovani in questo campo basta vedere l’ultima relazione del Ministero dell’Interno che spiega come i reati della cybersecurity e gli attacchi informatici crescono in maniera esponenziale in Italia e abbiamo sempre più bisogno di queste figure professionali. Anche su questo: scuola pubblica, privata? L’importante è creare queste figure professionali. Grazie.

 

Luciano Fontana: Grazie al ministro Di Maio. Ultimissimo giro. Ministro Di Maio riparto da lei in senso inverso. Tema del lavoro. Io vorrei proporre tre domande secche che le persone, chi deve votare vuol sapere quali sono le risposte. Reddito di cittadinanza, lo cancelliamo, lo conserviamo, lo modifichiamo? Salario minimo: è qualcosa che serve effettivamente, ha una validità, come rispondiamo alle imprese che lo contrastano? Vittadini ha parlato tanto della precarietà del lavoro, come, qual è il punto di equilibrio tra la flessibilità delle relazioni di lavoro e le vite di tanti giovani che passano, affrontano anni, anni e anni di precarietà e lavoretti. Vorrei tre risposte precise e definite in modo da dare anche un quadro a chi dovrà scegliere il 25 settembre. Ministro..

 

Luigi Di Maio: Salario minimo. Oggi noi abbiamo in Italia persone, soprattutto giovani, che guadagnano due o tre euro all’ora è giusto superare questa retribuzione perché non è lavoro dignitoso ma lo dobbiamo fare con le aziende perché se lo facciamo come legge lo carichiamo come ulteriore tassa sulle aziende. Quindi la contrattazione come stavamo facendo col governo Draghi prima che cadesse e la negoziazione tra parte imprenditoriale e parte dipendente è fondamentale per arrivare a un salario minimo dignitoso. C’è il tema del salario equo che ho affrontato prima, persone che devono essere pagate in generale per quello che valgono e per quanto sono formate e per l’esperienza che hanno. Il tema del lavoro, reddito di cittadinanza è chiaro che a parte qualche rara eccezione la gran parte dei centri per l’impiego ha fallito, nonostante l’ultima iniezione di liquidità che è stata fatta nel 2018 di 1 miliardo di euro. Quindi io sono d’accordo anche con quella norma che è stata approvata in Parlamento poco prima della fine del governo Draghi che dice che è meglio permettere alle aziende di fare la proposta al percettore del reddito e se non l’accettano sono le aziende stesse a segnalare che quella persona non deve avere più il reddito. Questo permette di incrociare la domanda e l’offerta. Non sono d’accordo ovviamente a differenza di altri qui ad abolire il reddito di cittadinanza per disabili o inabili al lavoro perché quello è il nostro sistema di welfare ed è bene aiutare la parte fragile e debole della popolazione che ha solo la colpa per la condizione in cui è di non poter lavorare. Aggiungiamo anche che tutti questi argomenti vanno affrontati in un’ottica europea per una ragione, noi dobbiamo avere un sistema economico industriale aziendale competitivo è per questo che insieme parlamentari che sono a Bruxelles che si riconoscono in un impegno civico abbiamo sostenuto una direttiva di un salario equo per evitare di ritrovarci poi in una situazione nella quale a livello europeo abbiamo paesi che hanno stipendi o molto più bassi dei nostri e quindi comunque creano un problema di competitività alle nostre aziende. Però vorrei dire negli ultimi 2 anni tra piano nazionale di resistenza e resilienza 230 miliardi e il salario equo e tutto quello che è stato fatto per cercare di difendere l’Ucraina non mi pare che l’Unione europea si sia occupata di altro o di cose inutili, mi dispiace che gli alleati della destra italiana siano stati quelli che mettevano i bastoni tra le ruote alle grandi iniziative europee degli ultimi anni. Grazie

 

Luciano Fontana: Enrico letta.

 

Enrico Letta: Rispondo alle domande dicendo, primo, reddito di cittadinanza va cambiato, va cambiato in modo significativo sulla base dell’esperienza, una misura contro la povertà è necessaria ma sul tema del lavoro c’è bisogno ovviamente di altre iniziative. Il salario minimo: quello che è stato detto lo condivido, è una misura che è fondamentale in un paese come il nostro in cui troppi settori sono pagati in un modo assolutamente sotto la dignità va però gestita nelle relazioni con sindacati e imprese nel modo corretto e giusto. La questione chiave che noi abbiamo davanti però è che sul lavoro deve avvenire la scelta più importante di tutte e vi dico qual è la nostra posizione su questo. Tutto ciò che possiamo mettere in termini di direzione di riduzione delle tasse nella prossima legislatura va messo a ridurre le tasse sul lavoro, va messo a ridurre il cuneo fiscale, va messo a rendere possibile al lavoratore di avere più soldi in busta paga e al datore di lavoro di dare uno stipendio che sia molto più solido di quanto oggi avvenga. Se noi non siamo in grado su questo punto di fare una scelta shock che consenta quindi ai datori di lavoro di dare più contratti a tempo indeterminato e ai lavoratori di avere più soldi in busta paga, noi non saremo in grado di avere un futuro che sia un futuro di speranza. Uno dei motivi per cui è stato grave, gravissimo, far cascare il governo Draghi, è che il governo Draghi stava, aveva negoziato una scelta di riduzione delle tasse sul lavoro che, se fosse stato in piene funzioni, alla fine dell’anno avrebbe consentito di dare praticamente una mensilità in più a ogni lavoratore e a ogni lavoratrice, figlia della riduzione delle tasse sul lavoro. Io credo che sia stato sbagliato profondamente quella scelta che ha portato a far cadere il governo Draghi, ma dobbiamo portare avanti questa idea, perché quest’idea è assolutamente fondamentale. Accanto a questo, fatemi dire che anche un modo per dire che le riduzioni fiscali e l’incentivazione fiscale nel nostro paese devono andare su chi lavora e sul lavoro. Troppo spesso nel nostro paese è incentivata la finanza, non il lavoro. Io non voglio dire che la finanza non debba avere il suo ruolo, ma è evidente che se noi dobbiamo scegliere chi incentivare, non ho dubbi che vada incentivato il lavoro, e il lavoro deve essere incentivato per le lavoratrici, i lavoratori, e fatemi dire, per i giovani. Prendo l’ultimo minuto per parlare esattamente di questo. Quando parliamo di lotta alla precarietà dobbiamo parlare soprattutto di questo tema: è uno dei motivi che mi ha portato a tornare in politica. Ero a lavorare fuori e parlavo con tanti studenti italiani che mi venivano a chiedere un consiglio, e la domanda finale che mi ponevano era sempre la stessa: mi dà una ragione per tornare in Italia? E mi dicevano sempre: perché se io sto fuori il primo contratto è un contratto ben pagato che mi porta alla possibilità di mettere su casa, se io torno il primo contratto è uno stage gratuito. Allora l’impegno che noi ci vogliamo prendere è l’eliminazione dei tirocini gratuiti e degli stage gratuiti che sono una delle cose peggiori che il nostro paese ha messo in campo in questi anni. Il primo lavoro deve essere un lavoro pagato e non è possibile che accada quello che tante volte ci sentiamo dire oggi, i ragazzi e le ragazze che ci vengono a dire: ho avuto una proposta di lavoro nel settore che mi interessa, secondo le mie competenze. Gli chiedi: e quanto ti danno? Ah, no, di quello non abbiamo discusso, lo stipendio verrà dopo. Ma come è possibile? Lo stipendio è quello che dà dignità a ciò che si fa e la centralità del lavoro è assolutamente fondamentale. E quindi per quanto ci riguarda la scelta di dire il primo lavoro deve essere un lavoro ben pagato, non sottopagato. L’eliminazione degli stage gratuiti e dei tirocini gratuiti è la chiave per dare ai nostri figli la possibilità di dire: resto in Italia a lavorare, resto in Italia a dare il mio contributo e non me ne vado fuori senza poi poter tornare. Grazie.

 

Luciano Fontana: Giorgia Meloni.

 

Giorgia Meloni: Dunque andiamo per flash. Salario minimo: io ho detto e ribadisco che, per carità, il tema del salario è un tema che in Italia esiste ma temo che non si risolva semplicemente con la norma sul salario minimo. Chi conosce la norma sul salario minimo in Italia sa che la gran parte dei posti di lavoro dei lavoratori dipendente in Italia è normato da contratti collettivi nazionali, che i contratti collettivi nazionali hanno sostanzialmente già un loro salario minimo e che quindi il problema del lavoro in Italia e dei salari in Italia è semmai un altro. E su questo sono d’accordo con Enrico Letta nel senso che c’è un modo solo per aumentare i salari in Italia, ed è abbassare la tassazione sul lavoro. Quando il precedente governo, il governo Draghi, diciamo anticipò la riforma fiscale e aveva 8.000.000.000 da spendere per tagliare le tasse, che poi fu spesa spalmandola sull’IRPEF, noi provammo a spiegare. Quando tu non hai molte risorse, 8.000.000.000 non sono poi tantissimi, ti conviene concentrali. E facemmo esattamente questa proposta, cioè di tagliare il cuneo fiscale di 5 punti sui redditi da lavoro fino a 35.000 euro per 2/3 lato lavoratore, 1/3 lato azienda per aumentare i soldi in busta paga. Fu fatta una scelta diversa che secondo me ha impattato molto meno, ma sono assolutamente convinta che, mentre parlare solamente di salario minimo rischia di non risolvere il problema, se vogliamo affrontare seriamente la questione dobbiamo parlare del tema del cuneo fiscale. Seconda questione, anzi aggiungo. I professionisti, perché mentre io temo che il salario minimo non affronti bene il problema, temo che per tutta la platea dei lavoratori autonomi, il tema invece di un equo compenso commisurato, diciamo alla tua formazione a quello che hai fatto nella vita, sia una grande questione. Infatti siamo in fase di approvazione di un provvedimento di questo tipo esattamente come sono convinta che serva un sistema unico di ammortizzatori sociali perché il lavoro è lavoro, non è lavoro in base al tipo di lavoro che fai. Se sei un lavoratore devi avere gli stessi diritti degli altri lavoratori. Sto andando velocissima perché ormai son messa così.

Reddito di cittadinanza. Guardate, è facile. 40 anni fa Giovanni Paolo II viene al Meeting. Quell’edizione si intitolava: Le risorse dell’uomo. Giovanni Paolo II dice: le cose diventano veramente risorse dell’uomo solo quando l’uomo le incontra attraverso il lavoro. Cioè il pontefice cercava di spiegare che il lavoro non è solo un fatto di guadagno, che il lavoro ha un suo valore che va oltre l’utilitarismo, è il valore della tua partecipazione alla comunità nazionale. Quello che ha sbagliato secondo me il reddito di cittadinanza è una cosa banalissima: mettere sullo stesso piano chi può lavorare e chi non può farlo. Per varie ragioni. La prima perché se lo fai impatti su chi è più debole. Il paradosso del reddito di cittadinanza è che noi diamo fino a 780 euro a un ragazzo di 20 anni in ottima salute quando un disabile in Italia prende una pensione di invalidità di 270 euro. Non mi pare una cosa francamente giusta. E la seconda questione, quella che citavo di Giovanni Paolo II pontefice, perché? Perché quello che io non ho condiviso sul piano culturale del reddito di cittadinanza, è dire ai giovani di questa Nazione: guarda, stai a casa, non mi servi, non ho bisogno di te. Questa è una Nazione che è stata fatta da giovanissimi e io credo che se tu vuoi aiutare quei ragazzi ad avere un futuro migliore le stesse risorse invece di dargliele per stare a casa le devi dare a chi li assume, e devi chiedere alla gente di lavorare perché il lavoro ha sempre una dignità. E guardate, anche qui mi assumo la responsabilità di quello che dico perché il lavoro ha sempre una dignità, non esiste un lavoro che non sia degno. Io incontro tanti ragazzi che vorrebbero un lavoro più adeguato alla formazione che hanno e il nostro impegno è cercarglielo. Però io tra stare a casa e prendere il reddito di cittadinanza e lavorare anche per un lavoro diverso rispetto a quello per il quale ho studiato, non ho dubbi. Io sono stata insultata per anni perché avevo fatto la cameriera, ma Dio sa se fare la cameriera mi ha insegnato più di quanto mi ha insegnato spesso stare in parlamento. Il lavoro in sé ha dignità. Quindi chi può lavorare bisogna aiutarlo a trovare un posto di lavoro. Chi non può lavorare su questo sono d’accordo. La nostra proposta è uno strumento di sussistenza per le famiglie senza reddito che hanno a carico disabili, anziani o minori, quello deve essere assistenza. Ma assistenza e lavoro non si mettono sullo stesso piano. Grazie.

 

Luciano Fontana: Ettore Rossato.

 

Ettore Rosato: Grazie, io credo che qui tocchiamo un tema veramente che sarà centrale per il nostro futuro, per il futuro del Paese, e anche per il futuro dell’approccio della prossima legislatura. Dobbiamo poi togliere molta demagogia dal nostro dibattito. C’è tanto un senso che pervade un pezzo della politica in cui ci sia ancora lo scontro tra il padrone e il lavoratore. E il salario minimo in molte accezioni entra in questo dibattito. Oggi il datore di lavoro sa che il suo primo patrimonio, in particolare in un paese come il nostro è dato dalle sue maestranze, dalla mano d’opera, da chi lavora nella sua impresa. Io conosco tanti imprenditori che hanno difeso con i denti i loro lavoratori durante la crisi e la pandemia. Hanno fatto di tutto per non farli andare via. Il pensiero che ci debba essere una lotta di classe recuperata dal passato secolo è un pensiero che è assurdo. La contrattazione aziendale va favorita con gli strumenti che lo Stato ha a disposizione, con gli incentivi, gli strumenti che esistono e che vanno aumentati per consentire che il salario minimo sia un salario contrattato tra aziende e lavoratori. Perché il vero pericolo non è il salario minimo basso, è il lavoro nero che in questo paese abbonda con quantità inenarrabile, non solo al Sud, ma anche al Nord. E il lavoro nero non lo combatti con il salario minimo, perché per definizione l’economia sommersa che è un’economia che fa sparire la ricchezza delle aziende dei lavoratori, strappa risorse al pubblico, strappa servizi al pubblico, perché dove c’è lavoro nero c’è un’economia sommersa che impoverisce tutta la società e io credo che il lavoro nero sia uno dei punti su cui noi dobbiamo avere consapevolezza, su cui dobbiamo investire energie e risorse.

I giovani e il reddito di cittadinanza. Io penso che reddito di cittadinanza sia una misura profondamente sbagliata. Primo perché a combattere la povertà non si può solo monetizzare. La povertà non si combatte solo con i soldi. La povertà, chi ci ha avuto a che fare, sa benissimo che non basta dare soldi a un povero per farlo uscire dalla sua condizione. La povertà richiede un insieme di servizi che solo enti locali e terzo settore insieme possono mettere in campo per affrontarla, non basta un assegno, i soldi servono ma non sono sufficienti. E il reddito di cittadinanza ha rotto quel meccanismo per cui è vero che il lavoro è un diritto, ma è anche un dovere. Lo Stato non può continuare a finanziare persone a cui si toglie il piacere di lavorare, il piacere di crescere. Ragazzi che non lavorano sono ragazzi che non cresceranno. La crescita personale non sta solo a scuola, la formazione non sta solo a scuola, sta anche nel primo lavoro. Condivido quello che diceva Giorgia Meloni prima sulla sua esperienza giovanile. Chi di noi ha passato nella sua esperienza, quante cose abbiamo imparato nel primo lavoro! Cose che ci hanno aiutato nella vita, non solo nella professione. E quindi uscire dalla cultura dell’assistenzialismo di stato che è stato introdotta dal reddito di cittadinanza è un dovere che noi dobbiamo mettere in campo, e non vuol dire lasciare indietro nessuno. Perché non si lascia indietro nessuno abolendo il reddito di cittadinanza. Abolire il reddito di cittadinanza vuol dire introdurre norme per contrastare la povertà e dall’altra parte introdurre norme che favoriscono l’inserimento nel lavoro abbattendo le tasse e abbattendo il costo del lavoro per l’impresa. La nostra proposta è che sotto i 25 anni per chi lavora non si paghino tasse perché tanto oggi non ci sono entrate in quella generazione, non ci sono entrate fiscali da quella generazione. Aboliamole e rompiamo il muro del lavoro nero. Chiudo con una chiosa piccolissima sull’energia, lo dico a Enrico in particolare che ha detto una cosa importante sul price cap. Però usciamo anche qui dalla demagogia. Noi, la regione Lazio ha messo vincoli che hanno impedito per oltre un anno la realizzazione di impianti fotovoltaici, di energie alternative. Qui siamo in Romagna dove i nostri giacimenti del gas risultano inutilizzati per una demagogia che ha impedito ai giacimenti di essere utilizzati. Abbiamo perso 1.000 posti di lavoro qui in Romagna per questo. Allora, sull’energia sono d’accordo anche sulla proposta del nucleare, mi sembra evidente che non possiamo essere l’unico paese che ne resta fuori. Sull’energia sono temi su cui bisogna confrontarsi senza demagogia. Su questo e sul lavoro.

 

Luciano Fontana: Matteo Salvini.

 

Matteo Salvini: Grazie, complimenti per la resistenza a chi è qua e a chi è in collegamento. Quattro proposte a prova di voto del 25 settembre. Perché tanto qua ci rivediamo l’anno prossimo, se quello che ci diciamo quest’anno l’anno prossimo non è realizzato vuol dire che qualcuno ha detto quello che non poteva o non doveva dire.

Proposta numero uno che ci arriva dall’ascolto del mondo delle aziende e che per lo stato ha un costo assolutamente irrisorio: detassare straordinari e premi ai dipendenti e ai collaboratori. Se io ti voglio mettere 1000€ in busta paga devi costare 1000€, non posso mettere a bilancio 2000€ per dare un premio di 1000€. E questo si può fare e allo Stato costa assolutamente nulla. Reddito di cittadinanza. Il 70% di chi ha cominciato a prenderlo nel 2019 lo sta prendendo ancora adesso, è evidente che qualcosa non funziona. Il 17% dei percettori è disabile o ha un disabile in famiglia. A costoro non va tolto neanche un euro. Coloro che invece sono abili al lavoro, al primo rifiuto perdono qualsiasi tipo di diritto e quei soldi vanno reinvestiti in lavoro vero dandoli alle aziende come voucher lavoro. Reddito di cittadinanza, costo nel 2021, 9 miliardi di euro. Se calcoliamo che la riforma dell’assegno unico famigliare ha visto tantissime famiglie perdere soldi rispetto al criterio precedente, ecco una parte di questi 9 miliardi di euro penso potrebbe essere meglio investita rimpolpando l’assegno unico, altrimenti chi ha più figli rischia di prendere meno adesso di quanto prendeva prima con riduzioni e detrazioni.

Due spunti: flat tax e riforma delle pensioni. La flat tax oggi è realtà. Cioè questa mattina 23 agosto, 2 milioni di partite iva, 2 milioni di lavoratrici e lavoratori, fino a 65 mila euro all’anno pagano solo il 15%, e un giovane che apre una partita iva paga il 5% per 5 anni. Quindi, chi scommette su sé stesso oggi, se arriva a 65mila euro, già paga solo il 15% e sono due milioni di lavoratrici. Proposta della Lega: alzare il tetto da 65mila a 100mila euro per il lavoro autonomo, per aumentare il fatturato e aumentare anche l’incasso per lo Stato, e nell’arco dei 5 anni estenderlo a lavoratori dipendenti e famiglie, ovviamente con un tetto partendo dai redditi più bassi. Tradotto, la flat tax non riguarda Berlusconi o i milionari, nella proposta di legge che abbiamo depositato, perché molti commentatori manco l’hanno letta, si parla di famiglie, quindi lavoratori dipendenti o pensionati monoreddito, fino a 55.000 € e famiglie bi-reddito fino a 70.000 €. Ora, se mi trovate qualcuno che mi dice che 70.000 € di reddito lordi con due figli significa essere ricchi e non si può essere aiutati dalla flat tax, vorrei capire in quale parte del mondo vive. Estendere al lavoro dipendente, alle famiglie, ai pensionati questa tassa piatta, semplice, agevole è assolutamente possibile. Il costo di 13 miliardi, l’anno di avviamento, qualora tutti aderissero, calcolate che 9 miliardi sono stati per una minima revisione degli scaglioni Irpef, quindi la flat tax è qualcosa che noi vogliamo estendere dal lavoro autonomo al lavoro dipendente.

Pensioni. Se nulla succede, a gennaio 2023 rientra in vigore la legge Fornero: in pensione a 66 o 67 anni. Saremo il paese europeo con l’età pensionabile più alta, e, dopo tre anni di Covid, con una guerra in corso e una crisi economica come questa, elevare di 5 anni l’età pensionabile in un colpo sarebbe una follia. Proposta: su cui ieri, incredibilmente, l’ho letto tre volte, volte, perché pensavo di aver capito male, c’era il sostegno della CGIL, e lo titolava il quotidiano La Repubblica, direttore, che non è assolutamente accusabile di leghismo. Se mi dà ragione la CGIL e La Repubblica, devo rileggere tre volte il contenuto dell’articolo, però, evidentemente, quando si parla di lavoro e di vita delle persone, fortunatamente non ci sono barriere ideologiche. Quota 41, dato della CGIL, per l’anno 2021 un miliardo e 300 milioni di euro e, nell’arco dei tre anni darebbe non l’obbligo, la facoltà di scegliere di andare in pensione a 800.000 lavoratrici e lavoratori. Ora, sfido chiunque a dirmi che andare in pensione dopo aver versato 41 anni di contributi è un privilegio, è un sacrosanto diritto. Anche per lasciare quel posto di lavoro ai ventenni, che, altrimenti, non cominciano più a lavorare.

Ultima: in terra di Romagna qualcuno ha ideologicamente cancellato il voucher per alcuni lavori – penso all’agricoltura e al turismo. Io penso che sia meglio reintrodurlo domani mattina: è meglio un lavoro a tempo e pagato che un non lavoro o un lavoro nero. Quindi su questo io mi confronto con CGIL, CISL, UIL e UGL, ma alla legge Fornero non si può assolutamente tornare.

 

Antonio Tajani: Non ci si può confrontare sul tema del lavoro, ma si sostiene chi il lavoro lo crea e il lavoro lo crea l’impresa, il lavoro lo crea la libera professione. Ecco perché serve nel nostro paese una vera politica per la crescita, che punti su industria, impresa, agricoltura, commercio, artigianato. Se non c’è una visione complessiva che deve partire assolutamente da una riduzione della pressione fiscale su chi intraprende e quindi rischia anche in proprio, non si può pensare di avere una politica della crescita che favorisca l’occupazione. Noi abbiamo bisogno che l’economia sia reale: non possiamo pensare che nella lotta contro il cambiamento climatico si debba distruggere l’industria. Io quando vedo al Parlamento europeo che alcune forze si sono impegnate per bloccare la produzione di auto non elettriche al 100 per 100 a partire dal 2035, facendo perdere decine di migliaia di posti di lavoro, penso che non c’è politica a livello industriale, non c’è politica a sostegno dei lavoratori. Dico che non c’è tutela dell’ambiente perché l’agricoltore è il vero primo difensore dell’ambiente. Questo lo dobbiamo dire in maniera molto chiara. E allora noi, che siamo il secondo paese più manifatturiero d’Europa, abbiamo bisogno di una visione strategica che punti sulla crescita, aiutando industria, piccole e medie imprese. Non è un caso che Forza Italia candida in un collegio uninominale, quindi con sostegno di tutto il centrodestra, il Presidente di Confapi, Maurizio Casasco: è un segnale che diamo al mondo delle piccole e medie imprese per far capire che senza di loro non si crea lavoro. Quindi questo è il tema fondamentale: meno tasse per far crescere industria, agricoltura, piccole e medie imprese, commercio, artigianato e libere professioni.

Il tema del reddito di cittadinanza. Io mi sono già espresso in maniera molto chiara: lo Stato ha il dovere di sostenere chi non è in grado di lavorare. Insistiamo sull’aumento delle pensioni minime ad anziani e a portatori di disabilità. Ma dobbiamo lavorare per dare lavoro a chi può farlo perché troppo spesso, e lo dico – lo sanno i tanti imprenditori, anche della Riviera romagnola che non hanno potuto assumere giovani perché hanno il reddito di cittadinanza e vogliono essere pagati in nero. Questo è assolutamente non educativo: è il contrario di quello che rappresenta la dignità del lavoro. Se si ha il lavoro si è liberi, se si ha il reddito di cittadinanza non si è liberi. E poi penso alle contraddizioni: ma è giusto che una persona che può lavorare, ha il reddito cittadinanza e magari ha due figli, prende 1.200 € di reddito di cittadinanza e guadagna quanto più di un professore, quanto più di un poliziotto, di un carabiniere o di un finanziere che ogni giorno rischia la pelle per garantire la nostra sicurezza in mezzo alla strada?! È giusto? non è giusto. Non credo che sia giusto questo. Perché così demotivi il professore demotivi, il maestro demotivi il poliziotto, il carabiniere, il finanziere. Mia figlia ha detto: “Mamma, ma perché io devo andare a scuola? Ogni mattina mi alzo alle sei e prendo 800, 900 euro al mese. E se io esco dal nucleo familiare mi faccio dare reddito, cittadinanza, guadagno pure di più.” Era una provocazione, non l’avrebbe mai fatto. Però è il principio che è sbagliato. E anche il ruolo dello Stato che è sbagliato. Concludo, lo Stato deve dare l’esempio, quindi aiutare chi non può e mettere chi può nelle condizioni di andare a lavorare. Ecco perché insisto sulla politica industriale, la politica agricola, la politica a sostegno delle piccole e medie imprese.

 

Luciano Fontana: Siamo alla fine, Maurizio Lupi, in quanto presidente dell’Intergruppo, poi una battuta per Vittadini e ci siamo.

 

Maurizio Lupi: Siccome sono stato abituato per cinque anni in Parlamento come Noi Moderati a parlare solo per due minuti, provo a sintetizzare nei due minuti più un ringraziamento per l’Intergruppo. Tre esempi molto concreti. Il primo, l’imprenditore di Bergamo che ho incontrato una settimana fa, per far capire un principio fondamentale come Noi Moderati, mi dice: “Io non voglio nessun aiuto da parte dello Stato, ho 100 dipendenti, voglio, di fronte all’inflazione, che è al 10 %, cioè 140 euro in meno in busta paga reali, dargli la possibilità di darglielo io l’aumento di stipendio, perché è il rapporto tra me e lui quello che conta, voglio dargli 200 euro netti. Sa quanto mi costa? 545 euro. Questa è la strada da percorrere, quando diciamo abbassiamo le tasse a chi vuole dare aumenti di stipendio, zero costi. Anche perché il principio fondamentale è quello che un euro pubblico per noi, deve essere un grande moltiplicatore di risorsa privata, deve mettere in moto risorsa privata. Burocrazia e semplificazione: l’abbiamo messo come uno dei punti fondamentali del nostro programma. La burocrazia costa 57 miliardi al mondo delle imprese e dei professionisti, ne fa perdere 70 miliardi, siamo a 127 miliardi. Forse questo costo zero dovrebbe impegnarci tutti su questo.

Terzo elemento: economia circolare, sviluppo, eccetera. Guardate, l’esempio che più mi ha colpito in questi mesi è il tema del termovalorizzatore di Roma, per dire come si affronta in maniera ideologica i problemi. Vogliamo sostenere e difendere l’ambiente, ma non vogliamo il termovalorizzatore. Che cosa succede ai rifiuti di Roma? Partono con camion, fanno più di 1000 km, vanno in Germania, ci costa 100 milioni di euro e in Germania vengono bruciati e danno energia alla Germania. La domanda sull’ambiente: inquina di più fare un termovalorizzatore e la raccolta differenziata o decine di camion che percorrono 1100 km? Ditemelo voi. Ditemi voi se questo è il tema. Mi auguro e concludo, perché sul reddito di cittadinanza solo il dato: 8 miliardi di euro quello previsto per il 2023, la declinazione credo, che sottoscriviamo tutti, 3 miliardi di euro devono andare alle persone, 5 miliardi sono già stanziati, diamoli alle politiche attive. Ringrazio veramente tutti i Parlamentari che hanno lavorato con l’Intergruppo per la Sussidiarietà in questi cinque anni. Fatemi solo ringraziare una persona che, con me, ha lavorato in questi cinque anni, una persona che non è qui, è Gabriele Toccafondi, credo che gli vada un applauso anche perché so che ci sta seguendo via video. Ringrazio la Fondazione per la Sussidiarietà. I tre temi li abbiamo già individuati: lavoro, educazione e scuola, per la prossima legislatura e credo sia fondamentale che lavoriamo insieme, partendo dalle nostre differenze sul tema delle riforme, dalla legge elettorale quelle sulle riforme costituzionali. Credo che sia un impegno che dobbiamo prenderci tutti. Grazie.

 

Giorgio Vittadini: Io non sintetizzo, non solo perché è impossibile e lungo, non è giusto. Ognuno di noi può decidere. Ma una cosa è avvenuta: oggi è avvenuto per la diversità del bene comune. Io ringrazio moltissimo i nostri sette interlocutori, perché hanno dato una dimostrazione di cos’è la politica e di cos’è un partito per la comunità. Hanno discusso animatamente con le loro idee, ma in un clima di collaborazione. Io vorrei che li ringraziassimo con un grande applauso, perché questa è la risposta al tema della disaffezione della politica. Non è che, per essere così, si è naif, ci vuole spirito critico, apertura, conoscenza, coraggio, quello che abbiamo visto oggi. Se questo avviene, è la ripresa dei partiti. Questa possibilità di un dialogo reale in cui noi abbiamo partecipato con gli applausi, perché è stato un dialogo.

Ma la seconda cosa che voglio dire riguarda noi. Abbiamo sentito, interrogato loro, ma senza partecipazione dal basso, non possono farlo. Questo dipende da noi: basta con gli alibi, la politica cattiva, la cosa sporca. noi dobbiamo impegnarci è compito nostro, come oggi, con competenza, curiosità, buttarci dentro, chiedere, non è “se loro fanno, noi faremo”. noi facciamo prima, noi ci impegniamo in questa collaborazione, a questa partecipazione, a questa costruzione, a questo dialogo. Noi vogliamo con loro, lottare contro la disaffezione per costruire un’Italia insieme. Oggi è stato un esempio per tutta la nazione e per ciascuno di noi.

Grazie.

 

Luciano Fontana: Grazie a tutti. Grazie ai partecipanti. E soprattutto grazie a voi che siete stati qui questo tempo. Io colgo l’invito di Matteo Salvini a tornare il prossimo anno e verificare quello che ci siamo detti e a che punto siamo. Comunicazione sul Dona ora e sulla splendida macchina che tiene in piedi il Meeting. Grazie, grazie davvero a tutti.