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L’Europa romanica
‘Nell’accostarsi all’espressione artistica romanica colpisce constatare come essa abbia avuto una diffusione capillare nell’area europea, ciò che permette di riconoscere, al di là delle peculiarità proprie di singole regioni e scuole, l’esistenza di una. Cultura basata su valori accettati in quell’epoca come fondanti. Tali valori si possono riassumere sinteticamente nell’espressione “senso religioso dell’esistenza”, inteso come fenomeno sociale. Ciò non significa ovviamente considerare il Medioevo come un’epoca di uomini miti e pii, alieni da violenza, ma solo individuare le coordinate entro le quali la dinamica del vivere quotidiano allora si svolgeva. Il raggiungimento di tale dimensione culturale omogenea non risulta di facile spiegazione attraverso i sistemi di indagine storica attualmente in uso – che pure, nel caso specifico del Medioevo, si rivelano preziosissimi per la quantità di dati che producono -, non potendosi sempre porre in rigorosa relazione con fenomeni evolutivi, sociali, economici, politici e di costume: questo spiega forse parzialmente lo stato di empasse in cui parte della storiografia medioevale, soprattutto di estrazione marxista, si trova oggi. Può non essere inutile porre l’attenzione sullo stupore con il quale così spesso le cronache medievali descrivono lo svolgersi delle vicende che trattano; esso rivela una incapacità di comprendere il senso ultimo della storia umana, una inadeguatezza, mai negata o subita, ma accettata come condizione naturale dell’uomo. Senza per questo sminuire l’importanza di tutto lo sforzo storiografico che a vari livelli ed in vari campi ha portato negli ultimi anni sempre maggiore luce sul mondo medievale, riteniamo che non debba andare perduto questo insegnamento che lo stesso Medioevo ci ha trasmesso come modalità di accostamento al proprio passato, soprattutto nel momento in cui ci avviciniamo a questa civiltà attraverso la sua espressione artistica. L’arte romanica infatti è l’espressione più chiara di questa capacità di stupore che caratterizza l’uomo medievale; anche quando si esprime nelle sue forme più grandi, possenti e ricche – pensiamo ad alcune abbazie francesi, Conques e Cluny, ad esempio – l’arte romanica non è mai Babele, presunzione, ma alla radice, umile offerta al Padre di qualche cosa che nel suo compimento supera incommensurabilmente la capacità dell’uomo, e di fronte al quale l’unico atteggiamento razionale è proprio lo stupore. C’è insomma uno spazio di mistero che agisce nella storia, svelandosi attraverso quelle che all’uomo appaiono come insospettate rotture o coincidenze causali; non riconoscerlo implica una scelta, conscia o inconscia, per una lettura del passato e del presente preoccupata più di salvaguardare l’integrità del proprio criterio che non la totalità del suo oggetto. La mostra non vuole presentare risposte che spengano lo stupore di quanti incontreranno i monumenti ed i luoghi ivi presentati; al contrario, vorrebbe suscitare questo stupore laddove non c’è, e mantenerlo vivo in tutti.’