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LE COMUNITÀ ENERGETICHE COME SUPPORTO AL TERZO SETTORE
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Organizzato da Compagnia delle Opere
Paolo Arrigoni, presidente GSE; Mauro Bettini, Direttore Tecnico Gruppo SGR, Direzione Servizi Efficienza Energetica; Stefano Saglia, componente collegio ARERA; S.E. Mons. Filippo Santoro, arcivescovo Emerito di Taranto. Modera Felice Vai, vicepresidente Compagnia delle Opere e referente Filiera Energia
L’incontro si focalizza sullo sviluppo delle Comunità Energetiche Rinnovabili dopo un anno dall’emanazione delle relative normative. Analizziamo il grado di successo raggiunto e quale concezione prevalente di CER sta emergendo. Riteniamo che le CER rappresentino un valido sostegno per le realtà sociali educative e di carità che operano nel nostro Paese. La CER, infatti, è uno strumento molto concreto (anche se spesso frainteso) che fonda il suo equilibrio in un insieme di benefici (ambientale, economico, sociale) che devono essere necessariamente considerati in modo unitario. Attraverso la CER si può sancire una “alleanza” tra il mondo delle imprese ed il terzo settore (e la Pubblica Amministrazione) per un bene per tutti.
Con il sostegno di Enel
LE COMUNITÀ ENERGETICHE COME SUPPORTO AL TERZO SETTORE
LE COMUNITÀ ENERGETICHE COME SUPPORTO AL TERZO SETTORE
Sabato 24 agosto 2024 ore 18:00
Arena cdo C1
Partecipano:
Paolo Arrigoni, presidente GSE; Mauro Bettini, Direttore Tecnico Gruppo SGR, Direzione Servizi Efficienza Energetica; Stefano Saglia, componente collegio ARERA; S.E. Mons. Filippo Santoro, arcivescovo Emerito di Taranto.
Modera:
Felice Vai, vicepresidente Compagnia delle Opere e referente Filiera Energia
Vai. – 0:08:42 – Buonasera a tutti. Emerge immediata una domanda: il titolo di questo incontro del Meeting, “Comunità energetiche come supporto al terzo settore”, ma perché in un evento culturale della portata del Meeting parliamo di qualcosa che pare così tecnico, così attinente agli addetti ai lavori che sono le comunità energetiche? È qualcosa che magari si fa fatica a comprendere immediatamente. Ma la sfida, grazie ai nostri autorevoli relatori, è quella di comprendere che ogni strumento, se utilizzato per il suo senso, per il suo fine, può essere molto utile. Può dare veramente una grande mano. I primi beneficiari di questo, non gli esclusivi, però è per iniziare a fissare qualche punto, perché la comunità effettivamente è un’architettura particolarmente complessa, quindi bisogna parlare dei punti fondamentali.
Iniziamo a pensare ai fruitori dei benefici delle comunità. Vedo tra di voi degli amici che ne hanno compreso il significato, che vuol dire sostenere, supportare, finanziare, dare la possibilità alle opere del terzo settore, educative, caritatevoli, sociali, culturali, di vivere e di poter fare sempre meglio quello che sanno fare, quindi avere anche le risorse per poterle fare sempre meglio. Quindi, un incontro che è molto attinente con il Meeting ed è molto attinente con lo stand e l’arena di Compagnia delle Opere, la quale racchiude al suo interno queste tre anime: impresa, sociale, educazione. Questo è il punto che mi piacerebbe sviluppare questa sera e per questo abbiamo tre personalità autorevoli in questo ambito, in questo campo.
Prima ci sarà un intervento di Sua Eccellenza, Monsignor Filippo Santoro, arcivescovo emerito di Taranto. Un bel applauso. Il dottor Paolo Arrigoni, presidente del GSE, Mauro Bettini, direttore tecnico del gruppo SGR. Ed infine, perché la “S” è l’ultima lettera dei nostri relatori, Stefano Saglia, che è componente del collegio di Arera. Bene, iniziamo subito, ma prima di dare la parola a Sua Eccellenza, vorrei dare un avviso importante. Questo Meeting è realizzato grazie a 3.000 volontari, 3.000 persone che la settimana precedente e quella successiva lo allestiscono, lo costruiscono, lo gestiscono e poi rismontano tutto. Il Meeting ha dei costi, ma quest’anno voglio dare questo avviso. In questo momento particolare, dove sempre più incognite ci fanno chiedere come sia possibile costruire dialogo e pace, non potevamo non sentirci provocati e riaccesi da quanto ci ha detto il Cardinale Pizzaballa nel suo intervento all’incontro inaugurale. Per questa ragione, il Meeting devolverà parte delle donazioni raccolte nel corso di questa settimana per l’emergenza in Terra Santa. Invito tutti voi, quando magari andrete a vedere altre mostre oppure quando state per uscire, fermatevi: ci sono dei volontari con la divisa rossa che raccolgono le donazioni. Questo è lo scopo: sosteniamo il Meeting e sosteniamo la Terra Santa.
Sua Eccellenza ha lo scopo di introdurci a quella che io definisco umilmente una CER alta, una CER che ha… CER è l’acronimo di Comunità Energetica Rinnovabile. Chiedo scusa perché non voglio dare per scontate delle sigle che magari noi operatori del settore siamo abituati a usare. La comunità energetica rinnovabile alta, con una funzione alta. A lei la parola, Eccellenza.
Santoro. – 0:14:20 – Grazie, grazie e felice per questo invito. Innanzitutto, molte persone mi hanno chiesto: “Ma Eccellenza, Don Filippo, in che cosa ti vai a mettere? Che c’entri tu, che sei vescovo, con le comunità energetiche?” Una spiegazione immediata è che tre anni fa abbiamo fatto a Taranto la settimana sociale dei cattolici italiani sul tema del pianeta che speriamo, quindi sulla questione ambientale. Alla fine di questo incontro, può partire la prima slide… alla fine di questo incontro, ho fatto le conclusioni e ho parlato della necessità di impiantare comunità energetiche.
Allora, la questione delle comunità energetiche rinnovabili fatta nel contesto della CDO corrisponde all’idea al cuore di Don Giussani, di un cristianesimo vissuto nella carne e vissuto insieme, cioè… e… “Perché Don Filippo, tu che sei vescovo, ti sei messo in queste questioni?” Perché quando ero vescovo a Taranto, andavo all’ospedale Nord di Taranto a visitare gli ammalati e tra questi, i bambini malati di cancro per l’inquinamento prodotto dall’Ilva. Come pastore, quindi quella cosa lì mi feriva, ma non può il mio ministero essere estraneo a un dolore come questo. Come ancora andavo a visitare gli operai dell’Ilva che mi dicevano: “Ma Don Filippo, nella situazione in cui siamo, le banche non ci fanno più il prestito se sanno che siamo dell’Ilva perché si chiude e 8.000-9.000 operai, come facciamo?” Vedete, si può trovare una soluzione sia alla questione ambientale sia alla questione lavorativa.
Allora, è indispensabile, proprio a partire dall’esempio dell’Ilva di Taranto, un cambiamento di rotta fondamentale: la sostituzione del modo di produzione dell’acciaio, non più con il carbone, ma con misure senza fossili o riducendo al minimo i componenti fossili, il carbone e altro, sostituendoli con altri componenti come l’idrogeno, i forni elettrici eccetera. Speriamo che l’attuale governo, come molti altri antecedenti che hanno promesso e non hanno fatto, possa fare un’inversione di rotta nella produzione. Per questo, nella conclusione della settimana sociale, il 49°, a Taranto, la Chiesa italiana aveva raccolto la sfida lanciata dall’IPCC, rapporto intergovernativo, in cui si diceva che era indispensabile una riduzione delle emissioni di CO2. Allora lì abbiamo riflettuto su un fatto: in Italia ci sono 64.500 parrocchie. Se queste 64.500 parrocchie mettono insieme le forze, certo non da sole, perché ci sono parrocchie piccole, parrocchie grandi, ma con altri soggetti delle comunità energetiche, fino al 2030 si riduce del 2% l’emissione di CO2 e fino al 2050 si eliminano totalmente le emissioni di CO2. Quindi è un impegno in prima persona della Chiesa italiana.
Poi ci sono state tante belle iniziative in questo senso. Il mio giudizio sulle comunità energetiche è proprio che la Conferenza Episcopale Italiana, dopo quel momento del 2021, ha preso sul serio la questione di creare nelle parrocchie le comunità energetiche. Ma non c’erano ancora gli strumenti legislativi e non c’erano nemmeno gli strumenti tecnici. La CEI ha messo in atto un tavolo per provvedere, per monitorare la situazione normativa delle comunità energetiche a livello nazionale e per provvedere un’assistenza alle diocesi. C’è un contatto: tavoloenergia@chiesacattolica.it, e anche è possibile consultare il sito proprio per la necessità della riduzione del cambiamento climatico.
Ma per affrontare la questione, il mio è un intervento che favorisce l’impostazione del problema; poi i miei relatori, qui più autorevoli di me nel campo tecnico, diranno il come. La bussola per affrontare questa sfida, questo cambiamento di rotta, parte dall’enciclica *Laudato Si’*. Non possiamo fare un discorso semplicemente tecnico, possiamo fare invece una prospettiva globale che abbraccia anche la tecnica, le innovazioni tecnologiche, proprio per venire incontro a ciò che l’enciclica *Laudato Si’* diceva in riferimento alle comunità energetiche rinnovabili. Dice il Papa, *Laudato Si’* 179 (quello che è scritto in giallo): “In alcuni luoghi si stanno sviluppando cooperative per lo sfruttamento delle energie rinnovabili, che consentono l’autosufficienza locale e persino la vendita della produzione in eccesso.” Questo semplice esempio indica che, mentre l’ordine mondiale esistente si mostra impotente ad assumere responsabilità, l’istanza locale può fare la differenza e infatti è lì che possono nascere una maggiore responsabilità, un forte senso comunitario. Il senso delle comunità energetiche è quindi innanzitutto un senso comunitario in cui le persone, le parrocchie insieme ad altri, non sono solo consumatori ma sono produttori, producono insieme una maggiore responsabilità, un forte senso comunitario, una speciale capacità di cura, una creatività più generosa, un profondo amore per la propria terra, come pure il pensare a quello che si lascia ai figli e ai nipoti. Questa è la prospettiva; quindi la comunità energetica rinnovabile rappresenta uno strumento di produzione di una visione integrale della cura dell’ambiente.
Nella *Laudato Si’* Papa Francesco ci richiamava a prenderci cura dell’ambiente avendo come prospettiva la visione di San Francesco d’Assisi: prendersi cura dell’ambiente, avere uno sguardo contemplativo sulla realtà. La realtà è un dono e quindi non è un elemento da sfruttare a nostro piacimento. Questo però comporta una conversione nello sguardo sia ai rapporti interpersonali: si tratta la realtà come si trattano le persone. Se si depreda la realtà, si depredano le persone; si vive questa chiusura in se stessi senza un dialogo effettivo con la realtà. Perciò è necessaria una vera conversione. Quindi l’elemento fondamentale della *Laudato Si’* è essenziale per una conversione, per un cambiamento di mentalità. Dice il Santo Padre: “Un essere umano che pretende di sostituirsi a Dio diventa il peggior pericolo per se stesso.” Se non c’è un punto di riferimento fondamentale per cui la realtà è un dono che ti è fatto, non è un qualcosa da depredare, arriva la distruzione della realtà. E Papa Francesco insiste in questa prospettiva. Le comunità, le nuove realtà, le comunità energetiche, quindi sono descritte come una grande opportunità. Perciò è nata l’idea di coinvolgere le parrocchie e di coinvolgere le diocesi in questo cammino per far fronte, particolarmente, al cambiamento climatico che è in corso.
Altra slide. Papa Francesco ha preparato un messaggio per la giornata mondiale della cura del creato che va dal 1° settembre al 4 ottobre, festa di San Francesco di Assisi, in cui dice: “Abbiamo compiuto progressi tecnologici impressionanti e sorprendenti e non ci rendiamo conto che allo stesso tempo siamo diventati altamente pericolosi, capaci di mettere al repentaglio la vita di molti esseri e la nostra stessa sopravvivenza. Pensate alle guerre in atto in Ucraina, Russia, Terra Santa, Israele, Palestina. Un potere incontrollato genera mostri, si ritorce contro noi stessi. Perciò è urgente oggi porre limiti etici allo sviluppo dell’intelligenza artificiale, che con la sua capacità di calcolo e simulazione potrebbe essere utilizzata per il dominio sull’uomo e sulla natura, piuttosto che messa a servizio della pace e dello sviluppo integrale.” Non è una condanna dell’intelligenza artificiale, ma un uso etico dell’intelligenza artificiale a servizio della pace e dello sviluppo integrale.
Nella nuova slide vedete il Papa continua, sempre su questo messaggio del 1° settembre 2024, che richiama all’obbedienza allo spirito per un cambiamento reale della realtà e poi conclude dicendo: “Continuamente attratta dal suo futuro, la creazione non è statica o chiusa in se stessa. Oggi, grazie alle scoperte della fisica contemporanea, il legame tra materia e spirito si presenta in maniera sempre più affascinante alla nostra coscienza.” Altra slide dice il Papa: “C’è una motivazione trascendente, teologico-etica. Per questo io faccio l’intervento in questo contesto, perché c’è una motivazione. In ogni cosa c’è un motore, c’è un motore che spinge al cambiamento, alla cura, al prendersi cura, che impegna il cristiano a promuovere la giustizia e la pace nel mondo, anche attraverso la destinazione universale dei beni. Si tratta della rivelazione dei figli di Dio che il creato attende, gemendo come nelle doglie di un parto. In gioco non c’è solo la vita terrena dell’uomo in questa terra, c’è soprattutto il suo destino eterno. Quindi quando si fanno le CER c’è in gioco il destino eterno. Oppure l’ignoranza o l’infingardia di fronte a questo aspetto è una omissione sia sul destino terreno che sul destino eterno, l’escaton, cioè il fine della nostra beatitudine, il paradiso della nostra pace in Cristo Signore del Cosmo, crocifisso e risorto per amore.” E poi ancora il Papa dice: “Sperare e agire con il creato”, altra slide, “significa vivere una fede incarnata, un cuore incarnato come il Giuseppe ha detto quando ha fondato le CDO, che sa entrare nella carne sofferente e speranzosa della gente, condividendo l’attesa della risurrezione corporea a cui i credenti sono predestinati in Cristo Signore. In Gesù, il Figlio eterno della carne umana, siamo realmente figli del Padre. Mediante la fede, il battesimo inizia per il credente la vita secondo lo Spirito, una vita santa, un’esistenza da figli di Padre come Gesù, poiché per la potenza dello Spirito Santo Cristo vive in noi. Una vita diventa canto d’amore per Dio, per l’umanità e con tutto il creato.”
Vedete come queste cose centrano anche con interventi a questo livello. Quali sono i passi promossi dalla Conferenza Episcopale Italiana? Dal 2022 si è costituito il tavolo tecnico dell’ECER. Il 22 maggio scorso è stato presentato dal Cardinal Zuppi, in sede della CELVA, per l’ECER alla presenza del professor Gilberto Pichetto Frati, ministro dell’Ambiente della Sicurezza Energetica, dall’ingegnere Paolo Arrigoni, presidente del Gestore dei Servizi Energetici, dell’avvocato Vinicio Mosè Vigilante, amministratore delegato del GSE. Per la Chiesa il percorso di valutazione e di costituzione della CER non può e non deve essere l’iniziativa di un singolo individuo o di un singolo ente; la visione solidaristica di questa opera mette in atto un cammino comune, deve essere l’espressione di comunità attraverso il massimo coinvolgimento delle varie realtà parrocchiali e diocesane, in particolar modo di coloro a cui è affidata la promozione delle attività caritative, delle iniziative di pastorale sociale e dell’amministrazione dei beni.
E quindi qui, nella prossima slide, c’è come tutto un percorso. C’è una fase di costruzione delle CER, e sintetizzo: deve essere pensata la cosa. Non è che una diocesi si mette a fare, una parrocchia si mette a fare. Deve vedere come può fare. Non è che i pannelli solari si possono mettere sul Duomo di Firenze o sulla Cattedrale di Taranto, che è dell’anno 1000. Cioè bisogna trovare i punti adeguati, le forme adeguate. E poi bisogna trovare una formula giuridica, perché ci sia un organo di controllo e un organo di governo, criteri di riparto dei benefici economici, i benefici economici a chi vanno, la redazione di uno statuto. E poi io vorrei indicare alcuni elementi. È chiaro che a partire da quest’anno, da gennaio di quest’anno, c’è una legge definita. Però prima non c’era nemmeno una legislazione; adesso c’è una legge che indica come si deve procedere, ci sono anche tanti tentativi di buona volontà, ci sono tante comunità energetiche sparse per tutta l’Italia. In Italia, a Treviso, si è fatta già una comunità energetica; in varie parti c’è, in alcune parti, penso per esempio nella Puglia, dove io sono, a Bari, c’è un tentativo; a Taranto stiamo vedendo come farle, e c’è da superare ancora difficoltà legate all’aspetto tecnico, all’aspetto anche giuridico della formazione, però la sostanza è che ci vogliono non sono più arcivescovo di Taranto, quindi appunto bisogna spingere le ragioni ideali che sostengono, e qui si dice: aspetti essenziali alla realizzazione di un progetto. C’è un testo che la Conferenza Episcopale Italiana ha fatto che si chiama *Vademecum*, quindi andate dai vostri parroci e dai vostri vescovi e ditegli: “Guardate che la CEI ha già lavorato, non stiamo a zero.” Si indica passo per passo che cosa si può fare. È un’iniziativa comunitaria: prendete la pastorale sociale dei problemi sociali, lavoro, giustizia e pace, e ci sono i passi segnati con facilità, si spiega tutto, si spiegano tutte le sigle. Qui, se state qui, qualcosa di più degli altri la capite, quindi bisogna proprio fare un lavoro per dire che non è un’opera per specialisti; gli specialisti sono quelli che la realizzeranno, però è tutta la comunità quella che deve spingere perché l’ideale proposto dalla *Laudato Si’* si possa realizzare.
È opportuno che la diocesi interessata alla reazione di una CER costituisca un gruppo di lavoro che coinvolga gli uffici interessati, sia pastorali che amministrativi, le figure tecniche con competenze economiche, finanziarie, giuridiche e caritative. Tale gruppo di lavoro farà sì che i progetti locali siano coerenti con un indirizzo diocesano comune, permettendo di unire le forze tra più soggetti. Poi, secondo, avviare un processo di maturazione e sensibilizzazione del territorio, perché la comunità energetica non la fa solo la parrocchia: sensibilizza il territorio e fa la comunità insieme con altri enti laici presenti nel territorio per benefici comuni, quindi anche un’opera sociale e un’opera ecumenica, coinvolgendo anche altri credenti di altre forme religiose. Terzo, esistono organizzazioni che possono rappresentare una fonte importante di informazioni, e qui ci sono fonti di informazioni, fornire strumenti operativi, ad esempio il Ministero dell’Ambiente e Sicurezza Energetica, la GSE, ARERA, ENEA, cooperative, Renael, Legambiente, eccetera. Un altro punto importante è mantenere sempre un equilibrio tra le preoccupazioni di ordine tecnico-giuridico e le prospettive di iniziative in termini di animazione delle comunità e di promozione del protagonismo delle persone e delle comunità.
Ecco, bisogna valorizzare questa spinta ideale che sorregge tutto il lavoro pratico. Nell’individuare consulenti, player, operatori nelle varie fasi di costituzione delle CER, è consigliabile interloquire con più operatori effettuando opportune verifiche senza prendere decisioni affrettate. Non è che se ne prende uno perché c’è di mezzo il fattore economico. Bisogna fare valutazioni attente. Sesto, avvalersi della collaborazione di consulenti esperti professionali sul territorio. Perciò, quello che il Meeting sta facendo è un’informazione adeguata in questo senso. Aspetti essenziali per la realizzazione del progetto, li trovate nel *Vademecum*: valutare attentamente la sostenibilità economica del progetto, dal momento che la CER prevede libero ingresso e uscita dei membri, è importante che il business plan sia sostenibile, massimizzando l’adesione del più ampio numero di soggetti alla CER, purché compatibili giuridicamente, economicamente e moralmente. Non farò la CER con un’industria produttrice di armi o produttrice di cose che vanno contro la morale. Ottavo, valutare la forma giuridica più ideale al contesto specifico. Nono, necessario costituire la CER prima di completare la realizzazione degli impianti. Ciò non esclude la possibilità di avviare studi preliminari, però sono tutti passaggi importanti. Decimo, sebbene il percorso di promozione e realizzazione di una CER sia proprio delle diocesi e delle comunità locali, il tavolo tecnico della CEI è a disposizione con il proprio servizio di orientamento per fornire informazioni e chiarimenti con professionisti a supporto delle chiese in Italia.
E per concludere, direi una luce che ci viene da queste riflessioni, da questa proposta. Qui avremo degli aiuti concreti dalle persone componenti questa tavola rotonda. Nella ricerca dell’essenziale, che è il tema di questo Meeting, un aspetto importante è la cura della casa comune. La cura della casa comune non è un aspetto secondario dell’essenziale della nostra fede. “Cosa hai fatto di tuo fratello? Cosa hai fatto della terra? Cosa hai fatto della realtà?” Quindi è un aspetto dell’amore all’essenziale, senza l’essenziale, l’essenziale per vivere, l’essenziale che ci sorprende, l’essenziale radicato nell’esperienza cristiana a quell’avvenimento che ti suscita stupore ed entusiasmo. Quello stupore ed entusiasmo si misura nel rapporto con la realtà concreta che ci troviamo a vivere. L’essenziale ci spinge ad un rapporto creativo con la realtà.
E quindi concludo, nel tempo dell’antropocene, in cui l’uomo è fattore determinante nell’esplosione del cambiamento climatico, cioè in un secolo abbiamo fatto più di tanti millenni messi insieme nel cambiamento climatico; quindi, noi possiamo anche invertire la rotta, offrire un cambiamento. È possibile un cambiamento di rotta nel coltivare e custodire la terra, *Genesi*, coltivare e custodire, non depredare e distruggere, secondo quanto ci raccomanda la *Genesi*. Perciò io ringrazio gli organizzatori di questo evento perché ci daranno anche indicazioni pratiche e tecniche perché questa spinta ideale possa trovare un cammino per poter cominciare, contribuire anche noi con l’opera dello spirito nella creazione di rapporti nuovi, di cieli nuovi e terra nuova.
Speaker. – 0:37:51 – Grazie. Grazie, Eccellenza.
Vai. – 0:37:56 – La ringrazio perché la sua introduzione è veramente fondamentale in questo panel, sia perché ha dato a mio avviso moltissimi spunti ai relatori che seguiranno, sia perché ha unito i due punti: comunità energetica. Se tolgo comunità, non è la comunità energetica, è un’altra cosa. Parliamo di comunità energetica tecnica, ma non solo tecnica. Quindi la sfida è veramente interessante, è appassionante a questo livello, è appassionante. Paolo Arrigoni, presidente del GSE, tanto si sta spendendo in questi mesi nel promuovere, nel parlare di comunità, nel supportare anche la conoscenza di questo strumento. Come stiamo andando? E ovviamente reazioni all’intervento di Sua Eccellenza libere, quindi a te la parola.
Arrigoni. – 0:39:03 – Grazie innanzitutto, un ringraziamento alla Compagnia delle Opere, al Meeting per aver organizzato questo panel, questo seminario che vuole toccare le comunità energetiche rinnovabili, di cui il GSE, di cui sono presidente, è soggetto gestore, che rappresentano un driver importante per la transizione energetica, che rappresentano la nuova frontiera di impiego degli impianti a fonti rinnovabili perché consentono il passaggio dall’autoconsumo individuale fisico all’autoconsumo diffuso, condiviso e virtuale. Noi siamo il gestore di queste configurazioni dal 2020. Monsignor Santoro ha parlato di una legge entrata in vigore a gennaio di quest’anno, però io voglio ricordare che il Parlamento e poi il Governo, all’inizio del 2020, ha introdotto una disciplina transitoria delle comunità energetiche che ha consentito ad oggi di vedere entrare in esercizio, dopo che sono state qualificate dal GSE, quasi 200 configurazioni che sono presenti nel Paese e che sono molto importanti. Innanzitutto dimostrano che questo meccanismo, che è complesso, comunque può essere perseguito, realizzato. Qualche indicazione, qualche curiosità su queste quasi 200 configurazioni che sono entrate in esercizio e che il GSE ha qualificato e che ha iniziato ad accompagnarle e le accompagnerà per vent’anni perché noi per vent’anni acquisiremo i consumi, l’energia prodotta dai soggetti che fanno parte delle comunità energetiche a degli impianti che sono afferenti alle comunità energetiche. Ogni mese calcoleremo qual è stata l’energia che è stata prodotta e consumata allo stesso momento e ogni mese riconosceremo alle aggregazioni, a questi soggetti, il contributo economico.
Qualche caratteristica di queste 200 configurazioni? Sono state tutte realizzate con impianti fotovoltaici? Hanno una partecipazione media di quasi 10 componenti e quindi stiamo parlando di circa 2.000 soggetti che oggi sono già soggetti attivi e di questi 2.000 soggetti più dell’80% sono famiglie, il resto sono in particolare piccole e medie imprese, poi autorità locali e comuni. Poi giustamente, come ha detto Monsignor Santoro, da gennaio il Ministero dell’Ambiente della Sicurezza Energetica ha approvato e pubblicato il decreto che introduce la disciplina definitiva, anche se, devo ricordarlo, un mese dopo, a febbraio, sono state approvate le regole operative del GSE e l’8 di aprile sono stati messi online i tre portali del GSE. Quindi di fatto il regime definitivo è in vigore da poco più di quattro mesi, però nonostante siano passate queste poche settimane, al GSE sono già state inoltrate qualche centinaio di domande che noi stiamo valutando. Abbiamo tre mesi di tempo per valutare queste domande, alcune sono già state riconosciute, quindi sono già in esercizio.
Una cosa importante è che nel regime definitivo alle comunità energetiche possono partecipare, oltre alle famiglie, alle piccole e medie imprese e alle autorità locali, anche gli enti del terzo settore e gli enti religiosi. Gli impianti possono essere molto più grandi di 200 kW, possono arrivare fino a un megawatt, e la cabina, cioè il perimetro entro il quale devono avere il contatore, questi soggetti, non è più la cabina secondaria ma è la cabina primaria. Che cosa vuol dire? Nel nostro Paese ci sono 2.107 cabine. Quindi pensate di suddividere il territorio italiano in 2.107 porzioni e questo vi dà l’idea di quanto ampia può essere la comunità energetica e quindi, diciamo, il percorso è in progressione. Con la nuova disciplina definitiva tante domande stanno pervenendo e una curiosità, anzi, più di una curiosità: incominciano a presentare domande comunità o richieste di contributi in conto capitale per quegli impianti che vengono realizzati nei comuni sotto i 5.000 abitanti. Qui lo voglio sottolineare: c’è un incentivo base per tutti che è la tariffa premio incentivante, per il fatto che il sistema energetico con queste comunità riceve dei benefici che vengono valorizzati con la tariffa premio incentivante che viene erogata dal GSE per vent’anni. Ma per quelle comunità che realizzano gli impianti nei comuni sotto i 5.000 abitanti, da qui l’obiettivo di tutelare i piccoli centri a rischio di spopolamento, nel PNRR ci sono anche 2,2 miliardi che servono per dare contributi per coprire il 40% dell’investimento dell’impianto.
Allora, per dire che cosa? Che oltre agli impianti fotovoltaici, il GSE sta cominciando a registrare domande molto interessanti che riguardano anche impianti idroelettrici, impianti a biogas, ovvero economia circolare, se ne parlava ieri in un altro panel, cioè la valorizzazione del rifiuto organico, la valorizzazione dello scarto dell’agricoltura in biogas anche per fare le comunità energetiche. Poi abbiamo diverse domande che coinvolgono anche impianti eolici e stiamo parlando di potenze non più di 20-25 kW, che è la media della potenza delle 200 configurazioni che sono entrate in esercizio, ma stiamo parlando di richieste di impianti di 500 kW o anche addirittura di 1 MW e questo è un dato assolutamente significativo. Questo per dire che il Paese sta accogliendo questa opportunità.
Altro aspetto importante: mentre nel regime transitorio abbiamo registrato un protagonismo positivo delle regioni del Nord e anche della Campania, invece con la CER 2.0, la cassetta degli attrezzi che si è completata l’8 di aprile, devo dire che stiamo registrando un attivismo da parte di tutte le regioni d’Italia. Certo, il meccanismo ha una sua complessità, ma questo magari lo dirò nel secondo giro di domande. Il GSE si sta mettendo a disposizione del Paese per tutte le sue declinazioni: imprese, pubbliche amministrazioni e anche singole famiglie, per aiutarli a progettare una configurazione di energia rinnovabile, più in generale delle configurazioni di autoconsumo, perché poi c’è il gruppo di autoconsumo collettivo, una CER che si svolge all’interno di un singolo edificio, piuttosto che di un esercizio commerciale, piuttosto che l’autoconsumo individuale a distanza. Ecco, il GSE si sta organizzando, sta supportando il Paese perché queste configurazioni si possano moltiplicare, perché i benefici sono importanti, l’ho detto, no? C’è il beneficio ambientale, il beneficio economico, ma poi soprattutto un altro importante, che ha ancora più importanza in questo ambiente qui al Meeting, qui alla Compagnia delle Opere, sono le finalità sociali.
Speaker. – 0:47:28 – Grazie mille.
Vai. – 0:47:34 – Mauro Bettini, un operatore; quindi, voi mettete le mani in pasta, come si suol dire, state sviluppando CER. Prima domanda: come vede la questione degli impianti? Perché poi il punto è che gli impianti vanno fatti, perché se no poi l’energia non si produce. Qual è il punto di vista tuo e di SGR?
Bettini. – 0:47:57 – Innanzitutto ringrazio la Compagnia delle Opere e il Meeting per l’invito a questo interessante convegno. Il gruppo Società Gas Rimini è attivo ormai da oltre 70 anni sul territorio, noi siamo una realtà del territorio riminese. Negli ultimi anni, sia nella fase come diceva prima il dottor Arrigoni, sperimentale, ma anche adesso nella fase più definitiva, abbiamo in qualche modo risposto credo alle esigenze e alle richieste della cittadinanza, nello sviluppo di nuovi modelli per implementare nuove comunità energetiche e rinnovabili, lo sviluppo più in generale di quello che è l’autoconsumo altrove.
Come abbiamo partecipato e in che modo contribuiamo? Essendo una grande impresa, non possiamo essere membri di comunità energetica, non tutti possono appartenere, però possiamo dare il nostro contributo nel supporto alla creazione delle CER perché oltre all’aspetto puramente legato alla comunità, alla condivisione, c’è anche un aspetto giustamente tecnico, perché la comunità comunque deve avere una sua anima commerciale, imprenditoriale; la sua valutazione non può essere lasciata alla mera condivisione di quelli che possono essere gli incentivi che possono derivare da queste iniziative, ma deve essere oltre ad avere quindi un’anima sociale e una forte caratterizzazione ambientale, deve avere una forte e solida base imprenditoriale.
Per farvi qualche esempio, noi abbiamo affrontato negli ultimi anni molti temi legati alle comunità energetiche, abbiamo fatto molti studi di fattibilità, soprattutto richiesti dalle pubbliche amministrazioni locali per lo sviluppo di studi di fattibilità pressoché orientati all’ottenimento di contributi e di incentivi in conto capitale per la realizzazione degli impianti. Ma abbiamo fornito anche il nostro supporto alla creazione e all’avvio delle comunità energetiche e rinnovabili. Un paio di esempi: due nuove realtà di comunità energetiche e rinnovabili prenderanno vita dentro la prossima metà di settembre. Una nel comune di Castelbellino, un piccolo comune in provincia di Ancona, dove il gruppo Società Gas Rimini assumerà il ruolo di produttore terzo, quindi metterà a disposizione l’impianto fotovoltaico realizzato su uno dei propri edifici, mettendo a disposizione della comunità energetica rinnovabile quell’energia elettrica che non autoconsumerà in quel momento e cederà alla rete. Quindi assumerà quel ruolo di prosumer e rappresenterà anche il referente della CER, in quanto ESCO certificata, mettendo a disposizione le proprie competenze, le proprie figure professionali in campo tecnico, amministrativo e legale per una corretta governance della comunità energetica rinnovabile.
Ad esempio, in questo caso, abbiamo voluto avviare una piccola comunità energetica. Qui considerate che i soci fondatori sono quattro: due sono privati cittadini e due imprese locali che tra l’altro non fanno neanche parte del direttivo, perché le scelte dal punto di vista gestionale della comunità energetica passeranno dal privato, dal cittadino, perché come dicevamo prima, deve avere comunque una sua valenza sociale. In questo caso noi avremo messo un piccolo punto in un piccolo comune per vedere se riusciamo a garantire uno sviluppo anche in queste piccole realtà di questi impianti fotovoltaici che poi vengono messi a disposizione delle comunità energetiche. Come ricordava prima il dottor Arrigoni, ad esempio nei comuni sotto i 5.000 abitanti, è possibile ottenere degli incentivi fino al 40% dell’investimento ammissibile per la costruzione degli impianti. Incentivi che, ad esempio, nel caso degli enti del terzo settore, non vanno a diminuire quello che è il contributo, l’incentivo che viene messo a disposizione degli enti del terzo settore proprio per cercare di massimizzare il più possibile quello che è l’incentivo messo a disposizione della collettività.
Un’altra esperienza invece riguarderà il territorio riminese. Anche qui andremo alla costituzione della comunità energetica rinnovabile entro la metà di settembre. Riguarderà in particolare un ambito della cabina primaria su cui insistono i due soci fondatori. Uno è il Rimini, che è la società di gestione dell’aeroporto di Rimini, sul quale è in procinto di realizzare un impianto da un megawatt, e quindi anche il Rimini metterà a disposizione della comunità energetica tutta quell’energia elettrica che cederà in eccedenza rispetto al proprio autoconsumo, e quindi agirà come prosumer, quale motore della comunità energetica. Abbiamo anche attivato la partecipazione di Gross Rimin S.p.A., che agirà come consumer, per cercare di avviare tutto quello che è il meccanismo legato alla comunità energetica.
Piccole realtà, se volete, però comunque sono due punti di attenzione che vogliamo in qualche modo sfruttare perché bisogna partire prima di tutto dall’informazione e rendere edotte le persone di quali sono le potenzialità delle comunità energetiche rinnovabili. E grazie al nostro portale di aggregazione XSGR-CER stiamo raccogliendo in questa fase, oltre alla collaborazione da parte dell’amministrazione pubblica locale, stiamo raccogliendo anche l’adesione di quelli che potrebbero essere i cittadini, piccole imprese, enti del terzo settore che insistono sul territorio su cui partiranno queste due iniziative per cercare anche qui di incentivare l’autoconsumo all’interno delle comunità.
Ritornando al concetto che dicevamo prima, e cioè di comunità energetica vista come comunità, quindi con un forte carattere sociale, va comunque ribadita la necessità che si affrontino tutte le tematiche legate alla costituzione di una CER. Prima di tutto, a nostro avviso, quello di trovare il modello migliore che garantisca nel tempo la necessaria solidità della comunità energetica rinnovabile. Non dimentichiamoci che l’orizzonte temporale delle comunità energetiche, quindi del regime di incentivazione, è ventennale. Quindi devono essere messe sul campo delle strutture che siano in grado di garantire la continuità. In secondo luogo, è necessario mettere in campo la professionalità, la posizione tecnica, amministrativa, gestionale, perché qui ci deve essere una gestione imprenditoriale della CER e soprattutto, a mio avviso, uno degli aspetti più importanti è quello di garantire costi di gestione di queste strutture societarie il più ridotti possibile, perché altrimenti corriamo il rischio di non massimizzare quello che è l’impatto dal punto di vista sociale, che gli incentivi che vengono messi a disposizione delle CER potrebbero poi trasferire sul territorio. Quindi non deve essere un’iniziativa fine a se stessa.
Vai. – 0:54:51 – Grazie, grazie infinite. Eventualmente, se c’è poi ancora qualcosa da aggiungere nel secondo giro, potrà sicuramente inserirlo. Dunque, Stefano Saglia, componente del collegio di ARERA. Oltre al GSE, che sta facendo un grande lavoro, anche ARERA per mettere insieme tutto quello che ora noi stiamo raccontando così in due minuti, un poco di più, ha fatto un lavoro enorme. È un lavoro anche epocale. È un passaggio veramente pazzesco quello che si può condividere, seppur virtualmente, l’energia. Dal tuo punto di osservazione, che giudizio dai a questo primo periodo di rodaggio? Come lo vedi? Quali osservazioni hai? Quali spunti puoi dare?
Saglia. – 0:55:44 – Innanzitutto, la complessità della materia non è assolutamente banale e con questo non voglio scoraggiare perché chiaramente le comunità energetiche rinnovabili sono un elemento fondamentale della transizione energetica per come l’abbiamo sentita raccontare sia dalle istituzioni europee che dalle istituzioni nazionali. Sono un pezzo fondamentale perché si inseriscono proprio nel cuore della riforma del mercato energetico degli ultimi 20 anni. Se voi pensate a come abbiamo vissuto la produzione e il consumo dell’energia elettrica, abbiamo sempre vissuto come qualcosa che viene prodotto nel punto A e che deve andare al punto B. Oggi, il mondo dell’energia, in particolare l’energia elettrica, è completamente rivoluzionato perché non si tratta più di produrre in un luogo e di consumare in un altro, ma si tratta di circolare l’energia in modo tale che venga consumata, prodotta, distribuita, trasportata, venduta in maniera efficiente ed efficace. Quindi quella che era una freccia che vedevamo in un’unica direzione, oggi la potremmo rivolgere in varie direzioni del mercato dell’energia.
Le comunità energetiche rinnovabili, che sono state introdotte con la RED2, la direttiva del 2018, fondamentalmente sono una traduzione nel mondo energetico del messaggio della dottrina sociale della Chiesa, quindi secondo me Monsignor Santoro non dovrebbe neanche dover interrogare i propri colleghi sul perché si fa, ma perché è una conseguenza della dottrina sociale. Perché ci sono dei benefici che dà la comunità energetica rinnovabile che sono ambientali, sociali e oserei dire educativi, ma forse meglio formativi, perché si tratta innanzitutto di imparare a consumare l’energia, condividere l’energia e poter vendere l’energia da un punto di vista etico. Perché dico questo? Perché i benefici che derivano dalla comunità energetica rinnovabile non derivano solo dall’ottenimento degli incentivi che già essi stessi sono significativi e hanno una convenienza economica, ma è anche dal comportamento e dalla comprensione di come funziona un sistema elettrico.
Perché se noi immaginiamo tante abitazioni, per farla facile, con i pannelli solari fotovoltaici, ognuno di questi impianti, pur rimanendo nella proprietà del singolo individuo, viene messo in comune per la produzione di energia che realizzano. E in questa comunanza c’è anche la modalità con cui noi consumiamo l’energia, perché le fonti energetiche rinnovabili sono per loro natura non programmabili; in particolar modo il sole e il vento non sono programmabili, sono prevedibili ma non sono programmabili. Quindi, noi avremo una comunità energetica che, avendo aggregato la produzione di energia, la consuma individualmente nei momenti in cui è più utile consumarla, soprattutto laddove associata ad un accumulo, ad una batteria, che oggi, ovviamente, nella tecnologia disponibile, sia in una dimensione domestica che in una dimensione su larga scala, ci consente di mettere in comune l’energia, di consumarla nelle ore corrette, di produrla quando è possibile produrla con le fonti rinnovabili e quindi di creare un sistema virtuoso i cui benefici, si faceva prima cenno alla comunità della diocesi di Treviso che oltretutto è anche una fondazione di partecipazione, quindi è interessante come elemento di studio anche da un punto di vista giuridico, che diventa una sorta di comunità delle comunità con le sue articolazioni e che consente quindi di dare un beneficio agli aderenti da un punto di vista economico e creare quella effettiva lotta alla povertà energetica.
Ecco, la povertà energetica è un concetto che da parecchio tempo a livello internazionale si cerca di codificare. Sicuramente la povertà energetica riguarda, ahimè, un miliardo di esseri umani nel mondo che non ha accesso all’energia elettrica. Spesso questo ce lo dimentichiamo ed è una cosa molto, molto grave. Poi la povertà energetica significa anche coloro che fanno fatica a pagare la bolletta. In Italia, pensate che fortunatamente funziona il sistema di bonus sociali, ovvero sia per quanto riguarda il gas che per quanto riguarda l’energia elettrica, i cittadini che sono al di sotto di una certa soglia ISEE, di denuncia dei redditi, hanno automaticamente, attraverso la bolletta, uno sconto e questo è significativo perché ha riguardato e riguarda quasi 5 milioni di famiglie italiane. Da un lato la soddisfazione che questo sistema funziona, dall’altro ovviamente l’allarme di avere oltre 5 milioni di famiglie che hanno bisogno di questo sostegno per pagare le bollette. Ma la comunità energetica può diventare un supplemento a questo, perché evidentemente nel momento in cui abbiamo aggregato la produzione di energia di ogni singola abitazione e delle piccole e medie imprese – e questo ovviamente nella fondazione della Compagnia delle Opere ci sta tutto, siamo proprio in casa, la Dottrina Sociale della Chiesa e Compagnia delle Opere centrano molto questo ragionamento – perché la comunità diventa un elemento di aggregazione, di condivisione dell’energia sia tra abitazioni sia tra residenze che con piccole e medie imprese, con esercizi commerciali e quant’altro.
Credo proprio che vada fatta tutta la comunicazione possibile per far conoscere questi strumenti. Noi, come ARERA, siamo quelli che li complicano di solito, nel senso che per riuscire a codificare nella regolazione del nostro sistema elettrico nazionale la comunità, abbiamo fatto circa sette delibere. Non è che ci divertiamo a farlo, in effetti diciamo che c’è una complessità, però questo va vissuto all’interno della transizione energetica, della trasformazione che passa attraverso un mondo in cui grandi centrali termoelettriche ad idrocarburi o al carbone producono energia per poi distribuirla sul territorio, ad un mondo in cui ci sono milioni di produttori di energia che vanno dalla famiglia fino alla grande impresa. E tutto questo, e concludo perché l’altro grande beneficio che c’è per il sistema non è solo quello di cui abbiamo parlato, ma anche per la stabilità del sistema, perché un mondo in cui l’energia elettrica viene prodotta da tanti e distribuita da ancora più tanti e trasportata verso ancora più tanti ha un problema di tenuta della rete, perché le reti di distribuzione e le reti di trasporto devono sempre più essere intelligenti e leggere da dove arriva l’energia. Perché era molto più facile un mondo in cui pochi la producevano e quindi aggregare la produzione e aggregare la domanda significa anche rendere la vita più facile alla rete e quindi far diminuire anche i costi di esercizio, perché sarà più semplice per la rete elettrica nazionale e per i distributori poter gestire e distribuire l’energia laddove non c’è una enorme polverizzazione della produzione, ma viene appunto messa e aggregata.
Speaker. – 1:03:53 – Grazie.
Vai. – 1:03:59 – Sempre a Saglia, chiedo: che prospettive vede per il futuro?
Saglia. – 1:04:05 – Allora, la prospettiva è sicuramente positiva, ma nel senso che noi stiamo vivendo un momento di grande trasformazione nel mondo dell’energia e che sono determinate anche dagli andamenti geopolitici. È inutile, dobbiamo sottolineare come ad esempio il conflitto che c’è stato in Ucraina ci ha messo davanti alle nostre responsabilità, perché il mondo che noi avevamo immaginato come europei di poterci approvvigionare facilmente di idrocarburi e di gas dalla Russia a basso costo, oltre a non essere da un punto di vista ambientale particolarmente felice, è diventato un problema anche di sicurezza. Quindi, non voglio lanciare la palla in tribuna, però dico: la diffusione delle fonti energetiche rinnovabili è anche un elemento di sicurezza del sistema energetico, perché noi non abbiamo risorse di materie prime, idrocarburi o altro. Sull’idrogeno stiamo lavorando, però non sarà la soluzione ai problemi del nostro Paese, perché l’idrogeno prodotto comunque dalle fonti rinnovabili ha un costo molto significativo. Credo che la crescita dal basso della produzione di energie rinnovabili sia uno degli elementi fondamentali per la sicurezza del sistema e non è lontano da noi dire che in questo modo rendiamo anche un po’ più facile la pace, nella misura in cui non dipendiamo più dai grandi produttori di materie prime da idrocarburi che ovviamente, spesso in alcuni casi, in alcune circostanze, utilizzano anche questo strumento come una leva di influenza geopolitica. Quindi le comunità energetiche rinnovabili le vedo anche come una diffusione di una cultura dell’energia, di una capacità di saper consumare e produrre l’energia in maniera intelligente e pulita e di conseguenza anche quella di rendere il Paese più sicuro.
Speaker. – 1:06:16 – Grazie.
Vai. – 1:06:20 – Bettini, si lascia andare così, quindi non ci sono veli. Un flash perché volevo ancora poi lasciar concludere Monsignor Santoro. Opportunità, ma anche barriere all’ingresso, le difficoltà che voi avete riscontrato.
Bettini. – 1:06:45 – Mi riallaccio all’intervento che ha fatto il dottor Saglia sul disuso dell’informazione. Quella è stata una delle più grandi difficoltà che noi abbiamo incontrato, cioè c’è stato secondo noi un difetto informativo. La cittadinanza, le imprese e anche gli enti del terzo settore purtroppo non sono ancora a conoscenza, ancora non hanno capito qual è la potenzialità delle CER; non c’è ancora questa consapevolezza. Su questo abbiamo molto da fare, soprattutto anche da parte dei media. C’è stato poco trasporto su questa opportunità. Qual è l’esigenza primaria di una comunità energetica? Quella di avere un adeguato numero di persone che consumano in maniera intelligente, nel momento in cui è necessario consumare. Per far questo esistono due metodi. Il primo è fornire la tecnologia che serve alle persone per capire come consumare in maniera ottimale, cioè garantire ad ogni potenziale membro della comunità energetica rinnovabile di capire quando è il momento di consumare e come consumare. Il secondo aspetto è capire proprio le potenzialità delle CER. Le CER hanno una grandissima potenzialità, però devono essere strutturate in maniera ottimale, cioè ci deve essere quella capacità imprenditoriale che deve essere la base delle CER. Anche sulla scelta del modello giuridico. Non esiste un modello giuridico unico che si può applicare in tutte le realtà, in tutte le configurazioni. Ogni configurazione va gestita, va scelta, va analizzata, ha una propria identità territoriale e in quanto tale deve essere studiata e scelta. Anche nella scelta del soggetto giuridico va tenuto presente il fatto che la partecipazione deve essere aperta a tutti e quindi nella scelta del soggetto giuridico dobbiamo tenere conto di quelli che sono i potenziali attori che possono far parte di una CER.
Queste sono un po’ la base delle criticità perché veramente non ci sono delle criticità dettate da particolari problematiche. La prima sicuramente sono gli investimenti, cioè realizzare gli impianti comporta investimenti importanti e quindi bisogna trovare forme di incentivazioni, contributi a conto capitale che dicevamo prima per i comuni sotto i 5.000 abitanti, trovare dei partner tecnologici che garantiscano magari l’emissione e il finanziamento delle opere. Sicuramente la complessità normativa non aiuta perché abbiamo dovuto comunque studiare dei modelli innovativi che fossero di supporto alle comunità energetiche e questo richiede sicuramente un tempo per un approccio più sistematico. A nostro avviso, noi siamo grandi imprese, quindi dobbiamo dirlo: secondo noi la limitazione che viene purtroppo dall’alto, che viene dalla Comunità Economica Europea, di limitare la partecipazione del CER alle grandi aziende secondo noi toglie un’opportunità, nel senso che le grandi aziende, in particolare quelle che sono impegnate, ad esempio, nella fornitura dei servizi energetici pubblici locali regolamentati, possono dare la continuità nel tempo che è fondamentale per garantire la sopravvivenza. Mettono la competenza tecnologica, mettono le risorse e garantiscono a continuità del tempo. Questi sono i presupposti che stanno alla base per poter garantire quell’ossatura che deve sostenere le comunità energetiche.
Gli ostacoli di natura temporale… Io costituisco la CER oggi, prima di avere un impatto sul territorio passerà del tempo, limitato coinvolgimento dell’amministrazione pubblica locale, lì non possiamo farne una colpa: i comuni, anche i piccoli comuni, non hanno la capacità e le competenze per poter in qualche modo rappresentare quel motore per la partenza delle CER. Quindi, diciamo, queste sono le criticità. Secondo me nascono soprattutto dalla mancanza di informazione. Ritengo che l’innovazione tecnologica darà un supporto per la gestione nel lungo termine, perché qui parliamo di vent’anni, quindi dobbiamo ragionare a lungo termine, però nel medio termine dobbiamo far crescere nelle persone la consapevolezza sull’importanza.
Speaker. – 1:10:47 – Grazie, grazie mille.
Vai. – 1:10:49 – Bettini mi ha preso in parola e quindi dato di slancio. Lo ringrazio. Allora, Arrigoni, domanda libera.
Arrigoni. – 1:10:59 – Sulla complessità delle CER, sono complesse, però i numeri che ho riportato prima dimostrano che si possono fare. L’obiettivo adesso è quello di realizzare, in base alle tipologie di configurazioni, se ricomprendono solo privati e pubbliche amministrazioni, qual è il soggetto giuridico più adeguato, se è un’associazione riconosciuta o no, se è una fondazione di partecipazione o una cooperativa, fare dei modelli e replicarli in tutto il Paese. E questo è assolutamente importante. Dopodiché servono, come ha detto Bettini, conoscenze e competenze. Ecco, noi stiamo lavorando dall’inizio dell’anno a questo. Stiamo facendo un supporto informativo. Sul nostro sito si possono trovare delle FAQ, delle domande e risposte che possono esaudire dei quesiti. Stiamo facendo un’assistenza con uno sportello virtuale: chiunque è interessato a progettare una CER può chiedere un appuntamento e parlare con il nostro tecnico. Abbiamo sviluppato una piattaforma di formazione e dall’inizio dell’anno stiamo svolgendo dei webinar molto interessanti, molto partecipati. Poi abbiamo messo in campo degli strumenti di promozione: newsletter, brochure. Monsignor Santoro l’ha citato, questo *Vademecum* che è stato presentato alla presenza del Cardinale Zuppi il 22 di maggio, ha visto il supporto del GSE, addirittura dal 1° novembre del 2022. Abbiamo lavorato insieme per predisporre questo strumento che è di divulgazione, che è di formazione, di informazione, ma che può insegnare a una diocesi, a un parroco, come progettare e realizzare una comunità energetica.
Parallelamente, ci siamo mossi con i comuni. Anche con l’ANCI, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, abbiamo fatto un vademecum. E di qui un primo invito: parroci e sindaci devono collaborare per realizzare le comunità energetiche rinnovabili perché queste due figure all’interno dei Paesi rappresentano una garanzia, sono dei soggetti facilitatori e possono dimostrare che dietro alle comunità energetiche non c’è un’attività commerciale aggressiva ma c’è lo Stato attraverso il GSE che è assolutamente garante. Poi la promozione la stiamo facendo nel Paese. Noi da un anno a questa parte, con il nostro Roadshow, “Diamo energia al cambiamento”, andiamo, usciamo da Roma dove c’è la nostra unica sede, andiamo sul territorio per il territorio a spiegare tutti i meccanismi di incentivazione che noi gestiamo, ma in particolare per le CER. Dopodiché, l’auspicio è che ci sia più consapevolezza da parte del mondo delle imprese e mi rivolgo qui alla Compagnia delle Opere, perché le imprese sono protagoniste, soprattutto se hanno l’obiettivo di avere un proprio bilancio sociale, se hanno l’obiettivo di fare del welfare aziendale, ben sapendo che nelle comunità energetiche c’è la cosiddetta tariffa premio incentivante sedentaria oltre il 55% – non spiego questo numero – ma che deve essere utilizzata per soggetti destinati a soggetti che non siano imprese o a progetti di finalità sociale. E poi ci vuole sicuramente un coinvolgimento. Qui ci devono credere il mondo finanziario, il mondo creditizio responsabile, perché se un aspetto, una criticità c’è, c’è quello di finanziare gli impianti che qualche costo ce l’hanno. Chiudo qua, mi sembra di poter dire e ribadire che comunque il gestore dei servizi energetici, il soggetto gestore, c’è e ha completo supporto di tutto il Paese per la nascita di queste progettualità che sono davvero tante e che stiamo consentendo di mettere a terra.
Vai. – 1:15:04 – Grazie. Monsignor Santoro ha preso appunti durante tutti gli interventi, noi alle 19:20 dobbiamo lasciare queste poltroncine per coloro che ci seguiranno, a lei?
Santoro. – 1:15:22 – Anche prima, ecco. No, ho preso appunti perché i relatori qui sono scesi nel dettaglio di tante robe, perché da un certo punto di vista c’è la mozione ideale, quello che ho detto, la *Laudato Si’* che ci dà delle linee importanti, cioè che bisogna intervenire, si aggiunge un capitolo nella dottrina sociale della Chiesa, si sviluppa un capitolo a partire dalla *Laudato Si’*, che quindi c’è una spinta ideale molto forte. Però se io do una spinta ideale molto forte e poi non offro gli strumenti per poterla realizzare, creo il disincanto, cioè non si può fare niente, ci sono tanti ostacoli. Perciò ho preso appunti perché ci sono tanti spunti positivi che certe cose sono realizzabili anche nelle parrocchie.
Allora però, voglio dire, per poter fare una comunità energetica un parroco deve essere un po’ uno specialista, perché senza avere delle competenze pratiche non la fa. Io qui c’ho il mio vicario per la pastorale, però qui ci sono dei passi in avanti che si devono fare e quindi – e qui la Chiesa insiste sulla sinodalità di qua, sinodalità di là – se insistesse un pochino di più magari in qualche momento anche su questi aspetti pratici, andrebbe bene. Ci voglio dire da un lato l’importanza della visione della *Laudato Si’*, dall’altro anche degli aiuti che la CEI sta dando con questo *Vademecum* con gli organismi adeguati, in modo che anche qualcuno che non abbia il pallino speciale per le comunità energetiche possa metterlo in atto o meglio sia capace di interessare persone che gli aiutino a porle in atto. Cioè è proprio un lavoro comune da fare perché la spinta ideale ci muove ma poi ci vogliono le piste pratiche.
Io ringrazio perché in questo incontro ho trovato vari punti che potrò utilizzare in tanti incontri del clero dove sarò chiamato, penso di essere chiamato perché mi chiamano da varie parti, e dico, la cosa è grande dal punto di vista ideale e fattibile dal punto di vista pratico. Trovatevi le compagnie giuste. La Compagnia delle Opere è una di queste.
Vai. – 1:17:53 – Grazie infinite. Grazie a tutti voi. La domanda la facciamo poi un attimo dopo coi relatori perché dobbiamo brevemente fare una foto e poi lasciare il palco. Grazie, grazie a tutti e buon Meeting.