LE ASSOCIAZIONI E LA LORO DIVERSITÀ. QUALE VALORE PER IMPRESE E PAESE

Le associazioni e la loro diversità. Quale valore per imprese e Paese

In collaborazione con Unioncamere. Partecipano: Ferruccio Dardanello, Presidente di Unioncamere; Maurizio Gardini, Presidente di Confcooperative; Giorgio Merletti, Presidente di Confartigianato; Roberto Snaidero, Presidente di FederlegnoArredo; Antonio Tajani, Vicepresidente della Commissione Europea, Commissario Responsabile per l’Industria e l’Imprenditoria. Introduce Bernhard Scholz, Presidente della Compagnia delle Opere.

 

LE ASSOCIAZIONI E LA LORO DIVERSITÀ. QUALE VALORE PER IMPRESE E PAESE
Ore: 11.15 Sala Neri
In collaborazione con Unioncamere. Partecipano: Ferruccio Dardanello, Presidente di Unioncamere; Maurizio Gardini, Presidente di Confcooperative; Giorgio Merletti, Presidente di Confartigianato; Roberto Snaidero, Presidente di FederlegnoArredo; Antonio Tajani, Vicepresidente della Commissione Europea, Commissario Responsabile per l’Industria e l’Imprenditoria. Introduce Bernhard Scholz, Presidente della Compagnia delle Opere.

BERNHARD SCHOLZ:
Buongiorno a tutti, benvenuti a questo incontro sul tema delle associazioni e del contributo che danno sia alle imprese sia al Paese. Alexis de Tocqueville ha scritto, nel suo famoso libro sulla Democrazia in America, questa frase: “Un governo potrebbe sostituire qualcuna delle più grande associazioni americane? In seno all’Unione, molti singoli stati l’hanno tentato. Ma quale potere politico sarebbe mai in grado di bastare all’innumerevole moltitudine di piccole iniziative che i cittadini americani eseguono quotidianamente tramite il loro associazionismo?”. Io penso che questa affermazione sia vera anche oggi perché senza le associazioni, senza il loro lavoro, secondo me sarebbe difficile parlare di una società civile. Avremmo semplicemente una massa di anonimi individui gestiti da un potere centrale. Perché l’esistenza di una società civile dipende anche dal fatto che i cittadini si aggregano, lavorano insieme, si aiutano reciprocamente. Senza questi elementi, le cosiddette realtà intermedie, uno Stato prima o poi diventa centralizzante, centralistico ed inefficace. E quindi se parliamo oggi di associazioni, non è per una riflessione autoreferenziale di quanto facciamo, di quanto siamo bravi, ma è per capire il contributo che ci è chiesto, la responsabilità che abbiamo per contribuire al bene comune. E in questo aggiungo che la diversità è un altro paletto importante di fronte ad un’omologazione che altrimenti sarebbe inevitabile, perché una società diversa ha culture diverse, identità diverse e quindi anche associazioni diverse. Questo vuol dire che è chiesta ancora una collaborazione e il fatto che qua siamo oggi in diversi, la ritengo una positività grande e quindi comincio a salutare le persone che hanno accettato questo invito, partendo da un rappresentante di una grande istituzione, quindi del Vicepresidente della Commissione Europea Antonio Tajani. La sua presenza è importante perché la collaborazione tra pubblico e privato è, dal nostro punto di vista, uno dei temi più importanti per il futuro dell’Europa in quanto tale. Ferruccio Dardanello, Presidente di Unioncamere, Maurizio Gardini, Presidente di Confcooperative, Giorgio Merletti, Presidente di Confartigianato e Roberto Snaidero, Presidente di FederlegnoArredo. Abbiamo concordato di impostare questi incontri in due sequenze, due round come si dice nel gergo e nel primo, vorrei fare ai rappresentanti delle associazioni la domanda su che cosa sta cambiando nell’aiuto, nel sostegno, nel rapporto verso gli associati in termini di servizi, di formazione, qual è il supporto che danno a chi si associa. Poi faremo un secondo round dove parleremo della rappresentanza, cioè di come le istanze che emergono all’interno delle associazioni, vengono rappresentate pubblicamente, con quale scopo e quale modalità. Anche qui stiamo assistendo a vari cambiamenti, a un Paese cambia. Per adesso non avete capito niente? Va bene, comunque essendo solo moderatore non è così importante quello che dico io. Allora cominciamo con Maurizio Gardini sulla prima domanda.

MAURIZIO GARDINI:
Buongiorno e grazie dell’opportunità di un confronto fra soggetti diversi, in un momento di cambiamento della società, della politica, della vita delle imprese, quindi necessariamente anche delle organizzazioni di rappresentanza. Le organizzazioni di rappresentanza sono strutture in funzione della vita delle imprese, non viceversa. Sono un mezzo e non un fine e quando le organizzazioni diventano un fine, decretano la loro morte, decretano lo snaturamento, diventano dei soggetti ibridi e non è certamente il modello organizzativo che Confcooperative e il suo Presidente ha oggi in testa. Allora in questo momento di cambiamento e di difficoltà per le imprese, è importante che un’organizzazione di rappresentanza sia a fianco delle imprese, degli imprenditori, nel caso specifico per le cooperative, dei consigli di amministrazione, dell’espressione della proprietà oltre che del management. Per aiutare le imprese, le cooperative, ad affrontare meglio questa dinamica e questo cambiamento, si chiede alle cooperative, alle imprese di essere più dimensionate, di essere più tese ad un mercato che cresce, di essere più internazionalizzate, di acquisire una cultura al mercato globale e quindi non c’è dubbio che da questo punto di vista l’organizzazione deve interpretare questo stato e deve dare delle risposte. Ma c’è anche oggi un problema di accesso al credito più difficile, più problematico, enormemente più difficile per le piccole medie imprese, perché una grande impresa riesce, bene o male, a determinare le condizioni per l’accesso al credito, per la relazione con gli istituti bancari. Le piccole medie imprese hanno più difficoltà. Quindi anche la necessità di creare degli strumenti, in primis penso ai consorzi fidi, che qualcuno decreta come uno strumento vecchio da sostituire col Fondo centrale di garanzia. No, noi pensiamo che i consorzi fidi siano ancora degli strumenti importanti per migliorare l’accesso al credito e per alleggerire il peso del credito, pur con le difficoltà e con la consapevolezza che le gestioni degli ultimi anni sono state gestioni difficili e hanno creato criticità. Ecco, queste sono fondamentalmente le cose che ci devono oggi vedere impegnati a fianco delle imprese per recepire quelle che sono le necessità, per recepire anche quelle che sono le esigenze per determinare sviluppo. In questi quattro anni dall’inizio della crisi, quando il Paese ha perso un discreto numero di occupati, le cooperative hanno fatto +8% di occupazione e quindi hanno buttato il cuore oltre l’ostacolo, sacrificando gli utili, decretando come priorità assoluta la salvaguardia dell’occupazione. Questo rimane per noi l’elemento basilare e soprattutto il tema, il dramma dell’occupazione giovanile. Oltre un terzo dei nostri giovani non trova lavoro, non riesce ad inserirsi nel mercato del lavoro. Questa è una grande opportunità che noi dobbiamo saper cogliere e deve diventare la priorità numero uno del Paese, a fianco di altri interventi di natura fiscale che pure sono altrettanto importanti. Ecco, penso a grandi linee che queste debbano essere oggi le priorità di un’organizzazione che antepone le esigenze delle imprese a quelle che sono le esigenze dell’organizzazione.

BERNHARD SCHOLZ:
Grazie Maurizio, parliamo di Confartigianato, Merletti.

GIORGIO MERLETTI:
Allora, buongiorno a tutti ovviamente e grazie a voi per l’invito. Innanzitutto io sono Presidente della Confartigianato, quindi delle MPI, micro piccole imprese, che sembrano dai numeri essere in Italia, ma non solo in Italia, un numero estremamente rilevante. In Italia, addirittura, con una forbice che va dall’88,7 al 92,3%: praticamente è la quasi totalità. Questo non è un merito per l’amor di Dio, però è una realtà. È come se io guardandomi allo specchio dicessi. “Guarda che capelli lunghi”. Questa è la fotografia e quindi da lì non ci si scappa. Chiaro che questo crea dei problemi che vanno affrontati. In questo momento siamo in una situazione eccezionale. Un momento di crisi cioè un momento di passaggio, un po’ lungo per la verità, però è questo. Io credo che a questo punto per la piccola impresa ci sia un’occasione più unica che rara. Ovvero, se dobbiamo ripartire, dobbiamo ripartire da quello che c’è, non da quello che se ne è andato, per 1001 motivi, non stiamo ad indagare, ma da quello che c’è. Quindi è un’impresa che ha bisogni reali e concreti ma io aggiungo non solo di business, anche, ma non solo. Ha bisogno di organizzazione, di accompagnamento al mercato. Sono venute a mancare quelle che erano le subforniture e quindi le filiere che c’erano, quindi bisogna cercare di lavorare in rete per affrontare nuovi mercati. Serve un discorso di protezione, una rete sociale, di welfare, di sostegno e supporto al rischio, come diceva giustamente Gardini prima. Serve anche un’interfaccia, che è sempre stato un po’ il ruolo dei sistemi di rappresentanza, un’interfaccia con la politica. Più siamo piccole imprese, più abbiamo bisogno di parlare con la politica, che non sempre ci sta ad ascoltare, ma non è assolutamente vero che sia sempre così. Qui vedo due politici, un parlamentare italiano. Raffaello Vignali. che sappiamo cosa ha fatto per le imprese e anche per le piccole imprese e alla mia sinistra Antonio Tajani, che da quando sono Presidente sono più le cose positive che posso a lui ascrivere piuttosto di quelle che non hanno avuto effetto. Pensiamo alla legge sui pagamenti, la pubblica amministrazione, pensiamo alla tracciabilità dei prodotti inseriti in un contesto di sicurezza del consumatore. Essere imprenditori, quindi il rischio, è un valore perché si crea benessere per tutti e ciascuno. Allora se queste sono le esigenze, io credo che una rappresentanza serva. Arriviamo da un periodo di liberismo dove forse la rappresentanza era considerata qualcosa di superfluo, oggi come oggi, anche la politica ne ha bisogno. C’è un problema di cambio di contesto e quindi anche le associazioni devono cambiare pelle. Non devono sposare la burocrazia che viene avanti, diventando a loro volta burocratiche, non devono essere a loro volta, come diceva il Presidente Scholz, autoreferenziali, anzi sarebbe un guaio, un danno gravissimo. I contesti che son cambiati, sono abbastanza semplici per certi versi, ma fanno riflettere. Il declino della forza del sindacato. Settimana scorsa abbiamo assistito ad una richiesta, in nome di una sentenza, che la tutela di rappresentanza deve essere stabilita da una legge. Secondo me c’è qualcosa che non funziona. Se interviene la legge nelle relazioni industriali, c’è qualcosa che non va. Quindi quella parte del sindacato che si è sempre schierata su queste posizioni, non deve cedere quello che è un suo potere, a mio modo di vedere. Si diventa attori sociali perché si partecipa alle trattative, dove si discute, dove si giunge anche ad una conclusione, non pensando di avere la soluzione in tasca. C’è poi il discorso di una diversificazione delle istituzioni. Le Province non ci sono più, i riferimenti sono diversi, pensiamo al livello europeo, pensiamo allo Stato, pensiamo alle Regioni e poi i Comuni o le aree metropolitane. Un cambiamento di peso dei partiti politici e le privatizzazioni, sperando che arrivino le liberalizzazioni. Da qui la necessità, anche da parte nostra, di vedere come affrontare questi problemi che ci costringono a radicali cambiamenti di prospettiva. Nel mondo Confartigianato, c’è una parte delle associazioni che sono pronte e c’è una parte che non lo è ancora, ma dobbiamo andare in quella direzione. Cambiamo, vengono ridefinite le leadership storiche. Fino a pochi anni fa c’era il Governo e il Sindacato e Confindustria; ora i giochi sono leggermente cambiati, anzi senza leggermente. E poi c’è la perdita di interesse da parte della politica rispetto ai sistemi associativi. Queste occasioni sono più uniche che rare. C’è solo da lavorare parecchio, ma penso e credo che questo non ci faccia paura. Tanto è che nel mese di ottobre, avremo i nostri stati generali, sto parlando di Confartigianato, un percorso per il quale mi ero impegnato nel momento in cui sono stato eletto Presidente, il mese di dicembre dell’anno scorso. In questi stati generali la dinamicità del nostro mondo deve portare ad atti concreti. Tenendo presente che è un momento difficile, quindi non si può costruire un percorso fino al 2020. Il mondo cambia talmente rapidamente che le schede che dobbiamo sfilare devono essere reinfilabili e modificate senza che il castello crolli e questo è ancora il lavoro più difficile che dobbiamo fare.

BERNHARD SCHOLZ:
Grazie. È evidente che Federlegno è, a differenza delle altre due associazioni che hanno parlato, diversa. È una filiera che si occupa di un settore merceologico specifico e quindi ha anche un’altra dinamica di svolgimento nelle sue attività. La parola a Roberto Snaidero.

ROBERTO SNAIDERO:
Signori buongiorno. Grazie per l’invito a presentare un po’ la nostra Federazione. Prima di parlare della Federazione, vorrei che vedeste un video che la Federazione ha preparato per il nostro settore.

“Video”

Questo è un filmato che la Federazione ha preparato per sostenere il nostro settore in giro per il mondo. Voglio dare alcuni numeri di FederlegnoArredo. Federlegno è una Federazione che raggruppa 10 associazioni diverse, più 3 associazioni aggregate. Ho oltre 2800 associati, una struttura a Milano con 140-150 persone che seguono tutte le problematiche riferite alle nostre aziende e la Federazione sta lavorando in maniera naturalmente positiva per quanto riguarda il mercato estero. Faccio dei numeri: nel 2008 il settore legno arredo in Italia fatturava circa 42 miliardi di euro e nel 2012 abbiamo chiuso con 28 miliardi di euro, abbiamo perso oltre il 40% del mercato italiano, mentre sul mercato estero stiamo recuperando quest’anno, fine 2013, e raggiungeremo gli stessi livelli del 2008. Abbiamo dovuto, in un momento di crisi in cui non vedevamo un futuro positivo davanti a noi, rimboccarci la maniche; come Federazione abbiamo aperto dei nostri uffici a Chicago, a Londra, a Mosca, a Belgrado e adesso ne stiamo aprendo uno a Shanghai, proprio per mettere a disposizione dei nostri associati le strutture della Federazione. Gli associati, solo quelli di Federlegno, hanno a disposizione queste risorse con delle persone preparate da noi direttamente in Federazione, che quindi sanno dare delle risposte concrete, sia ai nostri associati ma anche al mercato. Questo è il lavoro che sta facendo la nostra Federazione. Sul mercato interno avrete letto recentemente – e noi abbiamo fatto a tal fine un lavoro di lobby – del bonus fiscale, il bonus mobili del 50%. Stiamo facendo una campagna stampa sostenuta interamente dalla FederlegnoArredo, l’abbiamo fatta su tutti i giornali nazionali, sui settimanali, sulle radio locali, proprio perché vogliamo smuovere un po’ questo mercato. Voi sapete che massimo sono 10000 euro di spesa, con un bonus del 50% recuperabile in 10 anni. Quindi già qualcosa si muove, si muove e proprio in questi giorni, stamattina, mi davano dei dati secondo i quali sono già 170.000 i visitatori sul nostro sito www.bonusmobili.it per chiedere informazioni, per leggere. Vogliamo, dobbiamo crescere, abbiamo un grande settore. Io dico sempre che il prodotto, l’arredamento italiano è il migliore, non detto da me, io ripeto quello che dicono i nostri competitors, quelli che ci copiano, quelli che vengono al “Salone del Mobile”, che tra l’altro è di proprietà di FederlegnoArredo, quelli che vengono al “Made Expo”, che è proprietà del salone del FederlegnoArredo, quelli che ci vengono a copiare al “Crocus”, al salone “WorldWide” a Mosca. Noi siamo copiati da per tutto e poi ci ritroviamo i nostri prodotti sul mercati esteri al 30% dei nostri prezzi. Di questo proprio stamattina parlavo con l’On. Tajani, proprio di questo problema, della lotta alla contraffazione al “Made in” necessario, imprescindibile per avere “la tracciabilità” del prodotto. Io assieme ad altri miei colleghi europei stiamo lavorando per questo. E’ una situazione veramente preoccupante, i cinesi ci hanno rubato, e lo dico chiaro e tondo, tante vendite proprio per questo loro modo di comportarsi sui mercati. Abbiamo, oltre a questo, missioni all’estero. Abbiamo fatto quest’anno circa 20 missioni “be to be” con associati e hanno partecipato oltre 270 aziende. Noi abbiamo, come dicevo prima, 2800 associati, mediamente hanno 37 dipendenti. Io non posso pensare che una azienda possa avere il direttore marketing, il direttore estero e quant’altro. Quando si affrontano nuovi mercati, la Federazione fa dei corsi di formazione per questi nostri associati in modo che si presentino sul mercato in maniera professionale. Ma c’è un altro settore molto importante: il Polo Formativo. Inizierà quest’anno, a settembre, il Polo Formativo a Lentate sul Seveso, in Brianza, dove formeremo dei giovani per le nostre aziende associate. Ne faremo un prossimo in Friuli Venezia Giulia, un altro simile e poi uno nel Veneto, dove la Federazione si accollerà gran parte delle risorse proprio per portare dei giovani nel nostro settore. Anche la nostra presenza qui al Meeting di Rimini non è una presenza destinata, se visitate il nostro stand che è qui vicino in A1, abbiamo fatto una dimostrazione di come si possono costruire delle case in legno e vicino a questo ci sono delle stanze arredate. Non siamo qui per vendere una cucina, piuttosto che un mobile piuttosto che dei divani, per dimostrare il bello, quello che noi sappiamo fare come produttori di arredamento, che, come dicevo prima, i nostri concorrenti esteri ci riconoscono, proprio per far vedere alla gente, a più gente possibile quello che è il settore dell’arredamento oggi. Grazie.

BERNHARD SCHOLZ:
Grazie. Ferruccio Dardanello: il sistema camerale, grande fase di riforma e ristrutturazione, è un anello di congiunzione tra il pubblico e il privato, per sostenere sia le imprese e le loro istanze sia per l’interpunzione con il pubblico.

FERRUCCIO DARDANELLO:
Grazie per questo ennesimo invito, abbiamo accettato molto volentieri questo dibattito su temi cosi strategici ed importanti, che riguardano sia la storia del nostro passato sia il futuro. Il nostro passato, che vuol dire gli anni dal nostro rilancio, della nostra ricrescita e a questa nostra ricrescita hanno contribuito, mi piace sempre ricordarlo, perché ogni tanto uno se lo dimentica, 6 milioni di imprese. In questo momento sono iscritte tutte le imprese famigliari e c’è un esercito straordinario di uomini e donne, di giovani, di imprenditorialità, che ha caratterizzato tutti questi 50 anni passati, 100 anni passati della nostra storia. Una storia che è cresciuta in modo diverso da quello che è la crescita di altri Paesi, di altre Nazioni che con noi contribuiscono a costruire l’Europa; una società, la nostra, di piccole e micro imprese. Se voi fate un rapido calcolo, i numeri che vi ho dato prima vi aiuteranno in questa direzione. Siamo 60 milioni di abitanti, 6 milioni di imprese, che operano sul territorio: vuol dire c’è un’impresa ogni 10 abitanti. Se consideriamo che siamo un Paese dove i nati sono pochi e i centenari sono tanti, perché c’è ancora una qualità della vita straordinaria in casa nostra, vuol dire che c’è un’impresa ogni 6/7 persone, vuol dire che c’è un’impresa all’interno di ogni famiglia del tessuto sociale, politico, economico italiano. E queste piccole imprese nella storia hanno avuto come supporto fondamentale, sostanziale alla loro crescita, l’aiuto di chi poteva permettergli di crescere, di formarsi, di avere servizi, di avere strutturazioni così strategiche ed importanti come il momento associativo. Le associazioni sono state la base della crescita del nostro Paese, sono state il faro, sono state il momento fondamentale. Io ho vissuto anche sul piano personale tanti anni all’interno delle associazioni, e tutte queste diversità, che un tempo erano lo strumento del lavoro quotidiano, del tempo, della storia del momento associativo, le interpretazioni e anche le individuazioni della politica, oggi devono essere un punto di partenza per farle diventare, all’interno del sistema camerale che è oggi la sintesi di tutta questa diversità, all’interno della nostra grande istituzione economica, lo strumento sul quale noi vogliamo costruire il nostro futuro. Credo che su questi temi dovremmo sederci per meglio confrontare, per poter meglio unire queste diversità, farle diventare sempre più sinergiche tra di loro, e dare alle nostre istituzioni gli strumenti per portare nuova competitività, per fare in modo che questa nostra Italia possa riprendere il suo cammino, possa affermarsi sul mercato del mondo. Pensate, in mille argomenti siamo nei primi tre posti. Vuol dire che c’è una credibilità del nostro fare, del nostro sapere, delle nostre proposte, delle nostre emozioni, che ci permetterà probabilmente, se sapremo in qualche modo valorizzarle meglio, riprendere il cammino operoso. Stamattina si diceva accendiamo qualche luce, io dico accendiamo qualche faro, ce n’é bisogno, diamo un po’ di fiducia a questo nostro Paese, diamo un po’ di fiducia ai nostri imprenditori, che saranno sì copiati come diceva Snaidero, ma copiati perché vincenti, perché sanno fare cose che gli altri non sanno fare. Il mondo guarda a noi con la curiosità e la voglia di fare le cose con il nostro ingegno. Ripartiamo di qua, utilizzando quel grande patrimonio di gioventù che c’è all’interno del nostro Paese, e credo che anche qui le associazioni dovranno guardare in modo propositivo, dovranno svecchiarsi un attimino, dare più spazio, più forza a chi entra con nuove idee, con nuova cultura, con nuova capacità di saper interpretare in qualche modo il bisogno. E poi utilizziamo meglio questa nostra grande funzione di collante tra il pubblico e il privato, creando le condizioni per mettere in rete questo nostro Paese. Ecco, questi contatti diretti sono diventati uno degli strumenti nuovi della nuova politica: mettere insieme il nord e il sud e l’est l’ovest di questo nostro Paese, dietro filiere produttive che non vanno più considerate lo stretto ambito di un piccolo territorio all’interno del nostro Paese, ma sistemi per creare una rete per internazionalizzare le nostre proposte, per poter più facilmente intervenire in questa grande sfida della ricerca di innovazione sulla quale poi vive la nostra competitività. L’impresa, che per ripartire ha bisogno, lo dicevamo prima, anche di nuove politiche, di nuovi strumenti per poter meglio competere, ha anche bisogno di essere in qualche modo tutelata. Non possiamo far crescere il lavoro all’interno del nostro Paese se non partiamo innanzitutto dal creare le condizioni perché l’impresa possa creare le condizioni del lavoro. Io credo che ce la faremo, sono un convinto assertore delle potenzialità della nostra storia passata, ma per le potenzialità che metteremo insieme anche sul nostro futuro, un futuro nel quale sempre di più avremo bisogno di Antonio, della Comunità Economica Europea. Per plasmare meglio queste diversità che ancora oggi persistono all’interno della nostra competitività, non è più accettabile che vi siano condizioni diverse all’interno del nostro stesso mercato interno, all’interno della competitività delle nostre imprese. Ma se l’Italia saprà continuare a fare l’Italia come ha saputo farlo in modo straordinario in questi 150 anni, io credo che le nostre istituzioni, a fianco delle associazioni di rappresentanza, possano rimettere in moto quel meccanismo sul quale costruire politiche e stagioni di nuova economia e di nuova crescita, di nuovo sviluppo del nostro Paese.

BERNHARD SCHOLZ:
Grazie, allora, Vicepresidente Tajani, l’assist è stato fatto: mille prodotti primi, l’Europa, molto criticata per tanti versi, sempre richiesta quando si parla di tutela di questa prodotti, made in Italy, made in Europe… Qual è la prospettiva che dobbiamo affrontare nel contesto europeo?

ANTONIO TAJANI:
Grazie ancora una volta perché si mette al centro, da parte del Meeting, la politica europea. Sono anche io convito che la grande sfida che tutti noi ci troviamo di fronte, in modo particolare gli uomini e le donne che fanno parte della associazione imprenditoriale, dalla più piccola alla più grande, sia una sfida da combattere a livello europeo. La grande sfida è a livello globale e le imprese europee non possono pensare di competere e di vincere la partita a livello globale, se noi non puntiamo sulla qualità di fronte ai giganti come la Cina, l’india, la Russia, gli Stati Uniti, il Brasile, tutte le nuove potenze economiche, che hanno capacità di produrre. Noi abbiamo la forza della qualità, che però deve essere tutelata. Noi abbiamo pensato di tutelarla a livello normativo. Ecco perché, qualche mese fa, ho proposto al Parlamento Europeo e al Consiglio degli Stati membri una nuova normativa che prevede la tutela della qualità dei prodotti europei. La tutela che parte innanzitutto dalla difesa del diritto del consumatore. Ogni cittadino europeo, ognuno dei cittadini europei ha diritto di sapere cosa acquista ogni qual volta entra in un negozio, deve sapere come è stato realizzato quel prodotto e dove è stato realizzato quel prodotto, conoscerne la storia e poi scegliere liberamente. Questo significa poter garantire la salute propria e dei propri figli, perché i prodotti chimici per realizzare il prodotto non sono eguali in tutto il mondo; significa tutelare anche le imprese che realizzano prodotti di qualità e tutelare imprese che realizzano prodotti di qualità significa garantire una concorrenza leale nei confronti dei prodotti extra europei importati nel mercato interno europeo e garantire tra l’altro una tutela contro quel fenomeno, che è molto più ampio e pericoloso del traffico di stupefacenti, che è la grande industria della contraffazione. Valgono circa 60 miliardi di dollari i prodotti contraffatti in giro per il mondo e non dobbiamo assolutamente pensare che il responsabile sia il povero senegalese che vende la borsetta finta o riprodotta davanti al supermercato, lui è l’ultima catena di grandi organizzazione malavitose, che fanno grandi affari con la contraffazione. Devo dire che l’Italia, da questo punto di vista, ha il merito di avere un sistema di repressione della contraffazione molto efficace. Di questo bisogna ringraziare tutte le forze dell’ordine e in particolare la guardia di Finanza. In che cosa consiste la proposta della Commissione europea che ora il Parlamento sta discutendo? Mi auguro che questa proposta sia approvata prima della fine di questa legislatura. Tutti i prodotti che sono, che saranno in vendita all’interno dell’Unione Europea devono essere tracciabili, non soltanto quelli più grandi, anche quelli più piccoli, anche le cucine, i prodotti di legname dovranno essere tracciabili. Abbiamo corretto quello che era stato forse un errore da parte della Commissione europea, perché nella proposta precedente era prevista la tracciabilità dei prodotti importati, e questo avrebbe reso non competitivo, non equo, il confronto tra prodotti realizzati in Europa e prodotti realizzati fuori. Noi invece abbiamo avviato un’altra proposta che mette sullo stesso livello tutti i prodotti, che devono avere una marchiatura e responsabilizziamo non soltanto i produttori ma anche l’importatore e colui che commercializza i prodotti. Per i prodotti che hanno un iter più complicato valgono le norme doganali in vigore, possono essere favorevoli e alcune contrarie, ma queste sono e non possiamo pretendere di cambiarle, comunque si tratta di un consistente passo in avanti che tutela industria, lavoro, salute dei cittadini. E’ uno strumento fondamentale nella lotta anticontraffazione. Qual è lo stato dell’arte? Questa proposta che introduce in maniera semplificativa il made in Italy, è qualcosa di più che una tracciabilità complessiva. Il Parlamento europeo sta procedendo in maniera abbastanza spedita, abbiamo trovato consensi ampi, c’è qualche resistenza da parte di alcuni Stati membri che ritengono troppo vincolanti per il libero mercato la marchiatura del prodotto, quindi il dibattito è aperto. Ma alcuni Paesi come la Polonia hanno fatto la scelta, dopo una prima fase di contrarietà alla nostra proposta, si sono avvicinati e considerano positiva la proposta della Commissione europea. La Polonia è un grande Paese e quindi i voti che ha nell’ambito del Consiglio sono voti importanti, quindi avremo il sostegno di un Paese con molti consensi. Questa proposta, poi, è accompagnata da un’altra proposta che punta a rafforzare il collegamento con le norme e le azioni doganali dei Paesi dell’Unione europea. Per tutelarci da prodotti contraffatti messi sul mercato, noi, Commissione europea, non abbiamo la guardia di finanza e ci affidiamo agli stati membri, ma dobbiamo fare in modo che il controllo fatto alla frontiera sia omogeneo, perché se la guardia di finanza fa un ottimo lavoro nei porti di Napoli e Bari, e poi in un altro Stato la frontiera è una groviera, è assolutamente inutile o vano lo sforzo che fanno i finanzieri italiani o i doganieri olandesi. Dobbiamo avere un sistema dove non ci siano buchi, che il partito della contraffazione possa utilizzare per immettere sul mercato prodotti contraffatti. Per questo abbiamo deciso di accompagnare la norma madre con una proposta normativa che l’accompagni, al fine di rinforzare anche il coordinamento tra le dogane. Infatti il testo porta la firma anche del Commissario della politica doganale europea. Con il Commissario Borg, responsabile tutela salute, abbiamo preparato il primo testo normativo. In reazione anche allo scandalo della carne di cavallo nelle lasagne in Inghilterra, anche i Paesi più titubanti cominciano a porre attenzione. Concludo con un esempio. Noi abbiamo costretto le imprese europee nel settore della chimica a rispettare regole severissime, il famoso regolamento che ha portato sacrifici ma che tutela la salute dei cittadini; noi non possiamo permettere che un imprenditore che ha fatto grandi sacrifici, anche per la tutela della salute, che produce una maglietta colorata con prodotti chimici non dannosi perché rispetta le regole, non sia tutelato rispetto ad una maglietta realizzata fuori dall’Unione europea, che non rispetta le severe regole e che poi provoca, come è già successo, eritemi ai bambini, danni alla pelle e una cattiva tutela della salute. Non credo che si possa fare politica a sostegno dell’impresa con interventi scomposti; ogni azione che noi conduciamo a livello di Commissione europea, è parte di una strategia più ampia. Rimettere al centro della economia europea l’industria e l’impresa, è l’unico strumento per creare occupazione, per uscire dalla crisi. Ecco perché abbiamo fissato un obbiettivo del 20%, da raggiungere entro la fine del 2020, proveniente dalla attività industriale e imprenditoriale, che non è volto contro la finanza, purché la finanza sia uno strumento a disposizione della economia reale per creare nuovo benessere ed occupazione.

BERNHARD SCHOLZ:
Su questo forse torneremo ancora in questo secondo giro, dove io faccio appello alla vostra già dimostrata capacità di sintesi. Faccio, un attimo, una precisazione sulla rappresentanza. Tutto quello che il Vicepresidente Tajani adesso ha illustrato, è frutto anche di un dialogo fra la politica e le varie rappresentanze industriali produttive dell’Europa, perché a Bruxelles esiste ciò che lì si chiama lobby in un senso vero, perché il vero concetto di lobby è molto diverso da questo lobbysmo di basso livello, che cerca favori e privilegi, che noi contestiamo alla radice come errato e sbagliato perché fa male al Paese e fa soprattutto male alle imprese. Quale tipo di rappresentanza dobbiamo sviluppare, che tipo di dialogo dobbiamo avere con la politica?

MAURIZIO GARDINI:
Io penso che oggi non possiamo limitarci a dire solo quello che non va in questo Paese. Noi abbiamo fatto un’assemblea come Alleanza delle Cooperative – Confcooperative crede in questo progetto – a fine giugno, dove abbiamo buttato il cuore oltre l’ostacolo, oltre i problemi e abbiamo delineato uno scenario. Io penso che noi non possiamo neanche morire, dall’altra parte, sforzandoci di guardare gli elementi di ottimismo. La nostra prospettiva non può essere quella di consegnare ai nostri figli i talenti che abbiamo ricevuto, la parabola è molto chiara. Noi abbiamo una prospettiva e un obbligo, un dovere morale, in questo si configura il nostro impegno: consegnare qualcosa in più rispetto a quello che abbiamo ricevuto. Allora qualcosa in più significa che, come organizzazione di rappresentanza oggi, io come Presidente sento il dovere di tutelare le imprese associate a Confcooperative, ma sento anche il dovere di essere interlocutore, in nome loro, nei confronti della politica, per esercitare, in qualche misura, una richiesta, per sollevare una proposta, per tentare di costruire anche un Paese diverso. Perché se noi seguiamo, dopo la crisi del 2007, dopo gli effetti della globalizzazione che ci hanno scombussolato e ci hanno cambiato tutto, se noi seguiamo lo sviluppo secondo i vecchi schemi, noi non andiamo da nessuna parte. Noi dobbiamo cercare di interpretare lo sforzo fondamentale che le organizzazioni di rappresentanza fanno, cercando di mettere insieme il tanto dei tanti piccoli, cercando di trasferire, cercando di costruire un sogno, qualcuno diceva anche un’utopia. Quando nacquero le prime cooperative sociali negli anni ’80, qualcuno le bollava come un segno di utopia. Oggi la cooperazione sociale è un pezzo fondamentale del welfare di questo Paese e si candida a gestire anche il cambiamento profondo che dovrà avere questo Paese, perché questo modello di welfare, se non cambia, diventa un modello esclusivo e non inclusivo. Ecco allora il grande sforzo di mutualità esterna che noi dobbiamo cercare di esercitare, dobbiamo stimolare. Il Presidente del Consiglio, una settimana fa, in occasione di un incontro, ci disse: «Vi chiederò poche idee ma molto concrete». Certo, noi siamo già pronti su questo, siamo già pronti a fornire i nostri progetti, a fornire le nostre indicazioni. Vorremmo che questo Paese, oltre a fare le cose che ha già cominciato a fare per incentivare l’economia, si guardasse anche in casa e guardasse il mondo come sta cambiando. Ci sono due miliardi di cittadini di questo mondo che nei prossimi dieci anni hanno sicuramente un processo di crescita più rapida di quella che avremo noi, che vorranno mangiare in maniera diversa, non si accontenteranno più di una ciotola di riso, che vorranno girare e che vorranno migliorare complessivamente la qualità, la qualità della loro vita. Allora è chiaro che, anche su questo, da questo punto di vista, noi siamo un Paese che ha delle fondamentali opportunità: il nostro cibo, che ci è riconosciuto, cominciamo a difenderlo. Col presidente Tajani abbiamo fatto tante cose insieme, io apprezzo certamente il lavoro che abbiamo fatto, ma ne abbiamo ancora tantissimo da fare per difendere il falso made in Italy, la contraffazione. Ci sono delle cose che si possono fare, delle cose più difficili, delle cose che può fare la politica, delle cose che possono fare le imprese, ma se le concertiamo sicuramente potremo fare di più. Abbiamo un Paese che ha delle bellezze straordinarie dal punto di vista del turismo, dei beni culturali. Io non sarei oggi rassegnato a dover esplorare solamente una difesa attraverso l’esplorazione dei processi di innovazione del sistema manifatturiero. Non significa che io non sono per esplorare questi processi, ma abbiamo sicuramente tante opportunità per stimolare nuove forme di impresa, per stimolare occupazione. Io penso ad esempio che, se la priorità è l’occupazione in questo Paese, l’innovazione in un processo manifatturiero oggi mica fa esplodere occupazione – dobbiamo essere anche chiari fra di noi -, difende e tutela quella che c’è ma non sempre fa esplodere occupazione. Ci sono dei settori che oggi invece sono sicuramente in condizioni di far esplodere maggiormente crescita occupazionale. C’è poi un altro tema che noi dobbiamo assumere come impegno prioritario: questo Paese deve cambiare anche nella impostazione. Quando noi diciamo meno pubblico, non significa che vogliamo lanciarci in un liberismo esasperato, ma questo Paese, se sa dare spazio al protagonismo dei cittadini, all’esaltazione della persona e al suo protagonismo, attraverso i suoi modelli, questo Paese ha sicuramente delle grandi opportunità. Prima accennavo al welfare: noi pensiamo di poter continuare in questa maniera a dare una risposta al welfare, pensiamo di essere rassegnati a un sistema assicurativo americano che ha prodotto degli sconquassi, oppure pensiamo che in Italia possiamo costruire attraverso la sussidiarietà? Io ho chiesto come priorità – può sembrare un’esagerazione – ma ho chiesto al Presidente Letta, fra le prime priorità, di dare applicazione alla sussidiarietà. Pensiamo che la sussidiarietà sia un’opportunità per questo Paese? La cooperazione pensa di sì, pensa di sì. Non solamente sul welfare, pensa di sì su tanti temi della nostra economia. Ecco allora, questo non è interesse immediato delle mie 20.000 imprese, ma è sicuramente quel concetto di organizzazione di rappresentanza che io ritengo moderno e soprattutto eticamente sostenibile, che si fa carico di un’emergenza del Paese, gli dà una prospettiva, gli dà un sogno, e gli dà una possibilità di essere di nuovo protagonista nello sviluppo e non è rassegnato invece a giocare una battaglia di retroguardia.

BERNHARD SCHOLZ:
Grazie. Giorgio Merletti.

GIORGIO MERLETTI:
Innanzi tutto bisogna far un piccolo passo indietro, capire perché il mondo della rappresentanza nasce così frammentato. Nasce così frammentato per tutta una serie di problematiche legate alle tipologie di produzione o di attività. Nasce anche perché in un certo qual senso c’era, oggi non c’è più, una vicinanza ai partiti politici, quindi erano espressione di partiti politici. E quindi direi che questo momento ormai è superato, l’ho detto prima. E però il momento di crisi ha fatto sì che ancora di più ci sia una frammentazione, perché sorgono dei movimenti spontanei che di fatto vanno a indebolire il sistema di rappresentanza. Credo che non sia quella la via giusta, ma sia quella di cercare di addensare. Bisogna addensare perché, come dicevo prima, la missione del soggetto è quella di rappresentare gli interessi collettivi, occupandosi però dei problemi del Paese, oltre quelli del comparto. Cosa avviene in questi anni? Sarà per necessità, sarà perché in effetti io ho partecipato a qualche tavolo convocato dal Presidente del Consiglio dove c’erano 30 sigle, dove sedersi voleva dire rubarsi la sedia, in alcuni casi bisognava star lì e tenersela, perché non ci si poteva neanche alzare tanta era la densità. Bene, si inizia con Rete Impresa Italia, sono cinque sigle, delle quali fa parte anche ConfArtigianato del Commercio, dell’Artigianato, della Produzione, dei Servizi. Queste cinque sigle rappresentano qualcosa come due milioni di imprese. Segue poi l’Alleanza delle Cooperative di lì a qualche tempo. Ora, al tavolo del governo, anziché 30 sigle, siedono solo in cinque: Rete Impresa Italia, Confindustria, ABI, ANIA e Alleanza delle Cooperative, oltre ai quattro Sindacati. Oltretutto queste aggregazioni sono una tendenza a livello europeo. Noi come ConfArtigianato, con altre sei sigle, abbiamo costituito, e vorremmo che si riprendesse, il Forum delle persone e delle associazioni di ispirazione cattolica nel mondo del lavoro, che era una sigla che ha lavorato nell’alveo dei riferimenti valoriali. Questa è stata un’esperienza che poi è finita maldestramente o perlomeno non è finita, speriamo, anche perché le buone, come le cattive idee, camminano sulle gambe delle persone e qualcuno si è fatto prendere la mano. Ma è un percorso che va ovviamente ripreso. Praticamente questo è il sistema rappresentativo, di rappresentanza oggi. Rispetto al discorso dell’occupazione giovanile, per una mia esperienza recente negli Stati Uniti, mi sono reso conto come i giovani potrebbero approcciare il mondo della piccola impresa: è il mondo che dobbiamo affrontare tutti. Noi piccoli che, come dicevo prima, non abbiamo più una filiera di riferimento, dobbiamo pensare di andare sui mercati. E chi meglio dei giovani sa usare gli strumenti web, utili a questo scopo? Ecco, io credo che, in un certo qual senso, dei segnali positivi ci sono. Molti colleghi dicono: «Finalmente mio figlio, anche probabilmente in seguito alla crisi, è rientrato in azienda». Ci sono delle esperienze assolutamente positive. Io sono d’accordo che i prodotti italiani sono molto apprezzati all’estero, mi fa oltretutto molto piacere che il Presidente Snaidero parli di prodotti artigianali: bene, abbiamo recuperato anche nel mondo industriale, la cosa ci fa estremamente piacere. Però vi posso assicurare che, essendo andato con la fondazione Bassetti di Milano nell’anno della Cultura Italiana negli Stati Uniti, ho visto molte belle cose fatte da nostri piccoli imprenditori. Ormai con una stampante a 3D si riescono a fare delle cose eccezionali; poi serve la produzione, non dico di massa, ma di quantità, per l’amor di Dio, di quantità e di qualità perché, se noi pensiamo di andare a fare concorrenza sul basso valore aggiunto, non andiamo molto lontano. Io non potevo partecipare, è andato un mio collaboratore, un mio Vicepresidente a questo convegno a Firenze, ha detto – era un incontro con un sistema cinese di importazione – ha detto: «Noi vogliamo prodotti italiani fatti in Italia, non fatti da un’altra parte, vogliamo prodotti italiani fatti in Italia». E la cartina al tornasole sono queste aziende italiane acquistate da società estere. Io so che la Lamborghini da quel dì è di proprietà di Audi, ma continua a costruire a Sant’Agata Bolognese, se non ricordo male. Quindi le nostre maestranze hanno valore. La Ducati idem come sopra. Quindi le nostre competenze, anche giovani credo, soprattutto giovani, le abbiamo e le dobbiamo valorizzare in Italia, dopo di che chi fa altre scelte, per l’amor di Dio, io non sono per condannare niente e nessuno. Rispetto al web, ecco, è un discorso che va usato anche nei sistemi associativi. E’ giusto che si entri e si controlli ciò che i sistemi associativi fanno, ma noi siamo per un contatto diretto, cioè vogliamo confrontarci nelle assemblee, poi ovviamente vogliamo anche essere controllati. Quindi bisogna tendere ad un utilizzo intelligente delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Dardanello, tu lo sai che nella ricomposizione delle Province, anche le Camere di Commercio dovranno essere riconsiderate. Ma non dico questo perché le Camere di Commercio devono chiudere, le Camere di Commercio devono vedere anche come andare incontro al nuovo metodo di lavoro. Le obiezioni che mi vengono fatte dai miei associati rispetto al ruolo delle Camere di Commercio è molto semplice: «Guarda, noi per aderire a ConfArtigianato paghiamo una quota, paghiamo una quota anche alla Camera di Commercio, ma mentre la tua è libera, quell’altra è obbligatoria, quindi è una nuova tassa». Io ho detto: «Calma, io credo che anche le associazioni servano a ragionare attorno a queste cose, però bisogna discernere bene qual è il ruolo. Io dico nel Canton Ticino cosa succede alle Camere di Commercio?». Uno dice: «Beh ma è un’altra roba». Per l’amor di Dio, uno si iscrive, e paga la swot successiva quando c’è il cambio di società. Noi siamo un sistema diverso, però diamo dei ruoli precisi, di modo che quello che ha auspicato il presidente Gardini della sussidiarietà sia una cosa reale che funzioni, perché quando ero presidente della Confederazione Regionale di ConfArtigianato in Lombardia questo veniva applicato. Se guardiamo il Confidi, alla fine è un sistema sussidiario che doveva essere cancellato, cara grazia che è restato.

BERNHARD SCHOLZ:
Dopo potrai rispondere.

ROBERTO SNAIDERO:
Rispondo io intanto.

BERNHARD SCHOLZ:
Tocca a te.

ROBERTO SNAIDERO:
Vorrei ricordare al collega Merletti che nello stand di Federlegno, qui al Meeting, ci sono due artigiani, un ebanista e uno che fa un divano, che quindi anche noi utilizziamo gli artigiani per le nostre imprese, perché è chiaro, la grande impresa non può mettersi a fare certe cose, e noi crediamo che gli artigiani, che purtroppo sono sempre meno nel nostro settore, siano una necessità. Tra l’altro, io circa cinque anni fa ho firmato un accordo tra Federlegno e ConfArtigianato Legno proprio per avere questo rapporto di collaborazione nella formazione e che è ancora lì, poi dopo io sono andato via da Presidente, sono ritornato, e l’accordo è ancora fermo lì. Comunque ritengo che ci possa stare anche questo rapporto di maggiore integrazione tra Federlegno Arredo e ConfArtigianato. Ecco io penso che l’Associazione, la Federazione debba svolgere un ruolo di apprendimento delle problematiche e poi trasferirle, e avere la discussione con la parte politica. Noi, per esempio, stiamo organizzando, come dicevo prima, il Salone del Mobile, Made Export, Salone Worldwide a Mosca, ma il mese di Novembre avremo il Forum dell’Innovazione, un problema che sentiamo molto. Proprio per mantenere questa nostra immagine di primato nel design, vogliamo che le nostre aziende abbiano sempre a disposizione il meglio, e gratuitamente, perché la Federazione deve fare questo. Oggi ritengo che la Federazione deve essere avanti a tutti, deve essere avanti alle proprie imprese, accompagnarle sul mercato. E in questo senso anche abbiamo nominato uno dei miei Vicepresidenti, Vicepresidente con specifica sulle reti d’impresa. Come vi dicevo prima, noi abbiamo le imprese in media di 37 dipendenti, cerchiamo di metterle insieme per andare sui mercati esteri in maniera compatta: chi fa la cucina, chi fa la camera da letto, chi fa i divani. Oggi noi stiamo esplorando i nuovi mercati, e non è più il monoprodotto, oggi sono i grossi contracts. Parlavo l’altro giorno con un mio amico che mi diceva: «Ho preso un grosso contract in Vietnam, tre milioni e mezzo di lavoro» – non so se era un hotel o qualcos’altro – «ho messo insieme dieci aziende, dieci imprese, assieme facciamo questo grosso lavoro in Vietnam». Quindi nuovo mercato che si apre. Abbiamo un ufficio studi in Federazione che esplora tutti questi mercati, poi mettiamo a disposizione delle nostre aziende questi dati, perché proprio le aziende devono correre perché, come dicevano, noi siamo come la gazzella, se uno non corre viene mangiato dal leone e il leone sono i cinesi, come dicevo prima. E noi corriamo, stiamo correndo con l’apporto dell’Associazione, della Federazione, come dei nostri politici, sia a livello italiano che europeo, perché non possiamo dimenticare che siamo in Europa, anzi, noi favoriamo il rapporto con l’Europa perché da lì che nasce tutto. Faccio anche parte dell’Associazione dei Produttori Europei di Mobili, e devo dire che anche loro hanno i nostri stessi problemi, sia a livello di contraffazione, sia a livello del prodotto: i parametri del prodotto per la salute del cittadino. Quindi se non lavoriamo assieme, io, Federazione, Confartigianato per quanto riguarda il nostro settore, ritengo che non avremo grosso futuro e ci mangeranno gli altri. Questa è la realtà delle cose. Dobbiamo essere compatti ed uniti, come dicevo l’altro giorno, e assieme anche al settore bancario. Si parlava prima del settore bancario: noi abbiamo fatto un accordo con due istituti, Unicredit e Banca Popolare di Milano, per aiutare le nostre aziende, i nostri associati nel partecipare alle fiere in Italia dall’estero. Sta avendo un grosso successo: le aziende hanno a disposizione qualcosa che prima mancava. La nostra Federazione è una grande Federazione, lo sta facendo, quindi grazie.

BERNHARD SCHOLZ:
Cosa rappresentano le Camere?

FERRUCCIO DARDANELLO:
Beh, ci vorrebbe probabilmente il tempo di tutto il Meeting per poter raccontare che cosa si fa all’interno dei sistemi camerali, quali sono i risultati che il sistema riverbera positivamente sulla crescita e sullo sviluppo del Paese, ma vi do solo alcuni dati perché altrimenti diventerebbe eccessiva questa nostra analisi. Innanzitutto abbiamo parlato di credito, all’inizio di questa nostra riunione, come uno dei momenti fondamentali per la ripresa e per la ricrescita, per la riconsiderazione positiva del nostro Paese. In questa direzione le Camere di Commercio, nell’anno passato, hanno investito 150 milioni di euro, proprio a vantaggio dei confidi delle associazione di rappresentanza, che potevano poi essere a loro volta vicino al sistema delle imprese. Io credo che sia una cifra straordinaria, senza la quale probabilmente molti di questi confidi non avrebbero potuto assolutamente adempiere questa loro funzione. L’anno passato, le Camere hanno investito 140 milioni di euro per quanto riguarda le grandi azioni sull’export mondiale; 2000 iniziative che nascono all’interno delle Camere per poter portare, credo, positivamente la nostra credibilità sul mercato internazionale e per mettere in moto i meccanismi insieme alla rete di cui noi disponiamo. Perché oggi è una questione di reti e con le reti si vincono le grandi sfide. Il sistema camerale italiano ha una rete diffusa, non solo nel nostro Paese, all’interno dei sistemi delle Province che dovranno essere riviste, che dovranno in qualche modo essere riconsiderate, ma anche nel mondo. In 76 paesi del mondo vi è un presidio del sistema camerale italiano, dove, in qualche modo, grazie a questo presidio, arrivano più facilmente, io credo, tante opportunità per le nostre imprese. Il sistema camerale, poi, sta lavorando sempre di più e meglio per mettere a disposizione del Paese la semplificazione del Paese. La semplificazione del Paese credo che sia uno dei tasselli fondamentali da cui non possiamo prescindere, se vogliamo avere la nostra competitività. Semplificazione vuol dire semplificazione di processi, vuol dire semplificazione di tutti i meccanismi della burocrazia; grazie al nostro registro delle imprese, tutto quanto noi stiamo costruendo, ci stiamo sempre di più avvicinando a quelle che sono alcune risposte, alcune soluzioni. Vi porto ad esempio tutto il grande nuovo discorso legato alla semplificazione della giustizia civile. Io credo alla mediazione, alla conciliazione: sono nati, all’interno delle nostre Camere, tutti questi strumenti che hanno fatto sì, e credo che questo sia un risultato di cui noi siamo orgogliosamente fieri, che un processo civile sia trattato all’interno delle ospitali stanze delle Camere di Commercio, si risolva in 56 giorni e non in 1300 giorni, come si risolve nelle aule del tribunale, e anziché costare 100 costi unicamente 10 o 15. Ecco, sono piccoli tasselli, ma credo che nascano proprio tutti da questa importante, straordinaria operatività che le Camere di Commercio mettono a disposizione del Paese e dei propri associati, delle proprie imprese. Che ci sia bisogno anche nel mondo delle Camere di Commercio di una revisione, di una spending review, che oggi come oggi va di moda, assolutamente sì. Su questo tema stiamo lavorando e ragionando oramai da un lungo periodo e stiamo già ottenendo, io credo, degli importanti risultati che andranno in questa direzione, in totale sintonia, però, con le sigle di rappresentanza, quelle sigle che oggi sono il cuore pulsante della nostra istituzione, perché i Consigli delle Camere vengono formati proprio dai rappresentanti delle associazioni di rappresentanza. E con loro, aldilà di qualche egoismo che inevitabilmente succede in ogni angolo del nostro Paese, c’è invece la sintesi di quelli che sono i problemi, di quelli che sono le difficoltà, le strategie. All’interno delle nostre riunioni, tutti i settori economici hanno il loro grande ruolo, la loro grande funzione e vengono assorbite nelle strategie le politiche di cui ha bisogno il paese (internazionalizzazione, semplificazione, sburocratizzazione, innovazione tecnologica), quei quattro grandi temi, che, io credo, soltanto una grande istituzione che raccoglie al suo interno i problemi, i bisogni di tutti, possa in qualche modo trasferirli positivamente con delle azioni concrete, con delle risorse economiche che sono delle imprese e che ritornano alle imprese. Pensate, quasi nel 70-80% dei casi, quelle risorse che ci sono state affidate, ritornano positivamente tra credito d’internazionalizzazione, d’innovazione, alle imprese stesse. Quindi approntiamoci a riscrivere un nostro Paese, in tante sue funzioni, in tanti suoi ruoli, compreso le associazioni di categoria, che intelligentemente hanno già visto, come diceva prima Merletti, e anche Gardini, la nascita di nuove aggregazioni che vanno al di là degli steccati di un tempo. Alleanza delle Cooperative è un caso, Rete Imprese Italia è un altro. Poi, all’interno di queste nuove formule, si cerchi di stemperare un attimino quella competizione che ha caratterizzato tanto della storia passata e si cerchino in qualche modo, insieme con le istituzioni che hanno a cuore il problema della crescita e dello sviluppo – e le Camere di Commercio hanno proprio questa funzione – gli strumenti per dare non solo nuova dignità al nostro Paese, ma nuove opportunità di grandi successi. Io credo che in questa fase di riscrittura e di revisione di quelli che sono i problemi, non si tenga soltanto conto di certe esteriorità ma si vada a fondo di quelle che sono le grandi opportunità che possono contribuire a ridare veramente nuova prospettiva e nuova fiducia a questo nostro Paese.

BERNHARD SCHOLZ:
Con il famoso smart business act, l’Europa ha dato fiducia alle imprese, riconoscendo che non solo in Italia, ma in quasi tutti i Paesi Europei esisteva un sistema basato sulle piccole imprese. Quindi l’Europa cosa intende fare per sostenere questo sistema che caratterizza il nostro continente non solo dal punto di vista economico, ma anche culturale e quindi economico?

ANTONIO TAJANI:
Sinteticamente, cosa stiamo facendo e cosa faremo per 23 milioni di piccole e medie imprese europee? Dal punto di vista politico, innanzitutto, già il presidente Scholz lo ha indicato molto bene, abbiamo approvato lo Smart business Act, che aggiorniamo periodicamente, come percorso politico e normativo che punti a rimettere il piccolo al centro. Tutte le nostre scelte normative dovranno guardare sempre alla tutela delle piccole imprese nel contesto di una politica industriale e imprenditoriale. Una delle scelte normative più importanti è stata quella che ha permesso all’Europa di intervenire in maniera drastica sulla piaga del ritardo dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese. Il problema non è soltanto italiano, ma il problema italiano è certamente enorme. Dal primo Gennaio di quest’anno è in vigore la direttiva europea sul ritardo dei pagamenti. Tutte le amministrazioni devono pagare entro 30 giorni, eccezion fatta nel settore della sanità, nel settore degli appalti pubblici dove per alcune aziende pubbliche si può pagare entro 60 giorni. La direttiva è in vigore, però bisogna vedere come viene applicata. Allora voglio dire una parola sul ruolo delle associazioni, perché io non mi accontento del lavoro che fanno le burocrazie, né quella europea né quelle nazionali, per controllare se questa norma è veramente applicata, perché c’è anche una sanzione dell’8% dal primo giorno, quindi non è una norma senza conseguenze. Se l’amministrazione pubblica non paga, dal primo giorno ha una mora dell’8%. E allora per verificare dal lato impresa se e come questa norma viene applicata, ho scelto in ogni Paese due rappresentanti di organizzazioni di categoria perché facciano i miei advisor personali; mi dicano, dati alla mano, attraverso la loro rete, se e come funziona la direttiva. In Italia ho scelto due rompiscatole, uno è Merletti, che, avete capito, non è uno che dice “tutto va bene, madama la marchesa”, o che quando vede un politico si genuflette. E’ l’esatto contrario: ti fa lo sgambetto per vedere se sei bravo a saltare l’ostacolo. E ho scelto un altro rompiscatole, il Presidente dell’ ANCE, Buzzetti. Poiché il settore delle costruzioni è uno di quelli che soffre di più, ho chiesto a Buzzetti di essere per l’Italia uno dei miei guardiani dal lato imprenditoriale sull’applicazione della direttiva. Un’altra cosa abbiamo fatto, grazie allo Smart business Act, abbiamo dato vita ad una rete di ambasciatori di piccole e medie imprese che sono rappresentanti della macchina dello Stato, che verifica in ogni Paese membro, con il coordinamento della Commissione europea, l’applicazione dello Smart business Act. Però io ho voluto anche avere il sostegno del mondo dell’impresa, attraverso la loro rete articolata, per avere la realtà dei fatti, i dati. I primi dati che mi ha dato Merletti non sono incoraggianti; ha detto: cominciano ad andare un po’ meglio nei Comuni, ma per quanto riguarda le altre amministrazioni le cose non vanno come dovrebbero andare. Ecco perché nelle prossime settimane, entro i primi giorni di settembre, mi riunirò con Merletti e con Buzzetti per fare il punto della situazione e vedere come intervenire. Le stesse cose farò con i loro gemelli negli altri Paesi della Unione Europea. E questa è la parte pagamento dal primo Gennaio di quest’anno. C’è poi il grande problema dei debiti pregressi. Io mi sono preoccupato soltanto di togliere ai burocrati italiani la foglia di fico, secondo la quale non si potevano pagare i debiti pregressi perché era l’Europa che non voleva. Abbiamo sbloccato, con un documento che porta la firma del Vicepresidente e mia del 18 marzo di quest’anno, una situazione che sembrava irrisolvibile. Noi Europa abbiamo detto: si può pagare tutto il pregresso senza violare il patto di stabilità. Abbiamo dato una lettura non ragionieristica del patto di stabilità, ma una lettura politica, e da allora il Governo ha cominciato lentamente a pagare tutti i debiti pregressi, ha cominciato a pagare i debiti pregressi, e da questo punto di vista lo stimolo dell’Europa credo che sia servito. Quindi, un’altra cosa concreta, diciamo 80, 90, 100, 110 miliardi, nessuno sa quant’è, e già mi pare incredibile che in uno Stato moderno non si sappia quanto ammontano i debiti che ha con gli altri, come se io non sapessi quanto devo pagare al fornaio, al panettiere, al calzolaio e al sarto. Perché è la prima cosa, per una buona amministrazione, sapere quanto si deve dare a chi fornisce dei beni e dei servizi. Comunque su questo l’Europa ha fatto, nella dimensione del sostegno alle piccole e medie imprese, dei passi importanti in avanti ed è servito da stimolo ai Governi. Altro tema importante, parliamo sempre di accesso al credito, è il credito sperato. Due cose importanti ha fatto la Commissione europea: siamo riusciti a fare in modo che Basilea 3 non si applichi alle piccole e medie imprese per prestiti fino a un milione e mezzo di euro. Questa è una proposta, è una decisione presa, che agevolerà l’accesso al credito per le piccole e medie imprese. Altra proposta che ha fatto la Commissione europea all’ultimo Consiglio dei Capi di Stato e di Governo, è quella di dar vita ad un pacchetto finanziario per l’accesso al credito per le piccole e medie imprese, che avrà un effetto leva di circa 100 miliardi di euro per l’intera Europa. I soldi si prenderanno dai fondi regionali, dai fondi che metterà a disposizione la Banca Europea degli investimenti, e dal pacchetto COSM, così dico pure che cos’è il pacchetto COSM. Quindi un effetto leva – stiamo elaborando il progetto, una volta avuto il consenso da parte degli Stati membri – di questo pacchetto che servirà per l’accesso al credito. Altro segnale forte che abbiamo dato alle piccole e medie imprese, nell’ambito delle prospettive finanziarie 2014-2020, è un pacchetto dedicato soltanto alle piccole e medie imprese, per la loro internazionalizzazione, per l’accesso al credito venture capital, che è un pacchetto poco utilizzato in Europa e che forse andrebbe utilizzato di più, specie dalle piccole e medie imprese per il settore del turismo. Sono circa 2 miliardi di euro, non è tanto, ma per la prima volta nel bilancio comunitario c’è fisicamente una piccola cassaforte riservata alle imprese. In più, nel grande pacchetto dell’organizzazione, che si chiama Cosme, da Cosimo de’ Medici, un altro grande pacchetto di circa un po’ meno di 80 miliardi di euro per la innovazione, una parte degli appalti sarà dedicata alle piccole e medie imprese. E visto che nel settimo programma quadro per l’innovazione e la ricerca c’erano problemi per l’accesso ai finanziamenti per le piccole e medie imprese, stiamo cambiando i regolamenti per accedere al finanziamento, in modo che anche le piccole e medie imprese possano farlo. Questo è l’altro aspetto importante sul quale noi abbiamo lavorato e stiamo lavorando. Ultima cosa sulla quale mi voglio soffermare è quella delle riforme. Nel mese di ottobre darò vita ad una Conferenza di alto livello sui rapporti pubblica amministrazione e competitività industriale per le imprese, perché purtroppo la burocrazia, sia essa europea, sia essa nazionale, rappresenta troppo spesso un ostacolo insormontabile per la crescita. A volte si uccidono prima di nascere le imprese, perché una burocrazia soffocante impedisce di fare impresa. E quando parlo di burocrazia parlo anche di giustizia. In Italia in modo particolare, ma non solo, il problema della giustizia e della lentezza è enorme, perché per le imprese in genere si è molto lenti, in altri casi si è più veloci, ma per le imprese si è molto lenti – e questo non è una dichiarazione politica mia, sono le denunce che ha fatto la Commissione europea, che ha messo l’Italia, per quanto riguarda la giustizia civile nei rapporti con le imprese, in coda nell’Unione Europea, mi pare che l’Italia sia terzultima. Una delle raccomandazioni che l’Unione Europea fa ogni anno agli Stati membri e quindi anche all’Italia, è di avere un sistema della giustizia civile molto più rapido, molto più efficace, per sostenere le imprese. Quindi anche questo al rientro lo affronteremo, è un altro tema importante per la crescita della nostra economia. Ultimo tema, quello della internazionalizzazione. Cito l’internazionalizzazione e le missione per la crescita che come Commissario europeo sto organizzando. Non sono missioni commerciali, ma sono missioni industriali in tutto il mondo. Siamo già stati in tutto il sud America, Argentina, Perù, Colombia, Brasile, Uruguay, abbiamo fatto Stati Uniti, Messico, tutto il nord Africa, la Russia, la Cina, adesso saremo in Myanmar, in Vietnam, poi Israele e all’interno dell’Unione Europea, in Grecia e Portogallo in segno di solidarietà, poi andremo l’anno prossimo in Canada e in Australia. Poi arriverà il nuovo Commissario e vediamo cosa succederà. Però, il mio obbiettivo è quello di portare un messaggio nuovo, non in contrasto con le missioni industriali che fanno gli Stati, quello di dare un valore aggiunto alla realtà dell’economia reale europea, di presentare la forza dell’economia reale europea. E le associazioni sono molto importanti, perché non accompagno soltanto la grande industria, accompagno anche le piccole e medie imprese; insomma sono delegazioni miste, Snaidero era con me in Russia, ma insieme a Snaidero c’erano piccole imprese magari sconosciute, che senza il sostegno della Commissione europea non avrebbero mai avuto la possibilità di capire come funziona la chiave per entrare nel mercato imprenditoriale in Russia; e questo capita in Cina, e capita in Sud America, e ci sono piccole e medie imprese che grazie a questo lavoro di internazionalizzazione della Commissione europea hanno cominciato a lavorare in altre parti del mondo, a fare politica industriale. Siamo riusciti, in questo contesto molto difficile, a nominare 15 imprenditori europei Consiglieri speciali del Governo algerino, scusate, del Governo tunisino, in questa situazione così complicata, per la reindustrializzazione della Tunisia. Ben tre sono imprenditori Italiani e anche rappresentanti delle piccole e medie imprese. Quindi, lavoro con le Camere di Commercio, con il Presidente di Eurochambre, che è anche il Presidente della Camera di Commercio di Torino ed è stato uno dei protagonisti di queste missioni per la Grecia. Ma anche le banche di credito cooperativo, quindi anche piccole banche, ci hanno accompagnato, come tante altre imprese. Moltissime hanno partecipato: studi di consulenza che raggruppano dieci-quindici imprese artigiane o commerciali o turistiche vengono lì per capire come poter fare politica industriale, come poter realizzare nuovi impianti appoggiandosi all’ambasciata dell’Unione Europea, alle ambasciate degli altri 28 Paesi dell’Unione Europea; imprenditori europei che già lavorano non per delocalizzare, perché questo è il rischio, ma per internazionalizzare. Concludo, ricordando che stiamo dando vita, in tutte le ambasciate del servizio esterno dell’Unione Europea, ad uno strumento di sostegno per l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese. In Cina il nostro help-desk è molto ampio ed è sostenuto dall’organizzazione delle Camere di Commercio che si sono riunite di tutti i Paesi dell’Unione Europea. Tutte le Camere di Commercio italo-cinese, siro-britannica lavorano assieme, hanno organizzato per la delegazione che ho accompagnato in Cina, che si occupava di industria ambientale, hanno organizzato più di mille incontri con imprese cinesi. Ecco, quello che vogliamo avere è un help-desk in tutte le rappresentanze, per permettere concretamente alle piccole e medie imprese di potersi internazionalizzare. In più c’è il grande tema della formazione, ne hanno fatto cenno Snaidero e Merletti, il Documento sullo spirito imprenditoriale parte proprio dalla formazione. Noi abbiamo bisogno che le nostre scuole cambino un po’ atteggiamento, e abbiamo proposto di arrivare non al sistema duale, come è in Germania o com’è in Austria, ma quantomeno a mettere nei programmi scolastici degli ultimi due anni un periodo di un mese di stage operativo dentro un’impresa. Nei Paesi dove ci sono questi corsi di studio, aumenta altamente il numero dei giovani che vogliono fare l’imprenditore. Scoprono dentro di loro uno spirito imprenditoriale andando a fare uno stage di uno o due mesi tutto il giorno in un’impresa, oppure scoprono di voler diventare manager. Quindi, anche l’aspetto formativo diventa fondamentale per avere più imprenditori, perché nessuno ha detto che i nostri figli devono andare tutti quanti a lavorare o alle Poste, o al Ministero o alla Regione, o al Comune, o alla Provincia. Magari i nostri figli potranno fare gli imprenditori, i piccoli imprenditori, gli artigiani, i commercianti, gli industriali, per creare benessere per sé e per i loro concittadini.

BERNHARD SCHOLZ:
Grazie ai partecipanti, grazie a tutti voi, io penso che abbiamo avuto stamattina testimonianze che ci sono tante iniziative, tanti uomini di buona volontà pronti ad affrontare l’emergenza che questo Paese sta attraversando. Grazie.
Trascrizione non rivista dai relatori

Data

20 Agosto 2013

Ora

11:15

Edizione

2013

Luogo

Sala Neri
Categoria
Incontri