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L’AUDACIA DELLA FAMIGLIA
Organizzato da Tracce
Dialogo con Gigi De Palo, direttore generale della Fondazione Angelini. Modera Paolo Perego, giornalista Tracce
La sua esperienza di marito e di padre; l’impegno in prima linea per testimoniare il valore della famiglia, pietra angolare della società. Che cos’è l’«essenziale» nel matrimonio, nel rapporto con i figli e nel lavoro di ogni giorno per servire il bene comune e le generazioni future?
L'AUDACIA DELLA FAMIGLIA
L’AUDACIA DELLA FAMIGLIA
Organizzato da Tracce
Mercoledì 21 agosto 2022
Ore 14:00
Partecipano:
Dialogo con Gigi De Palo, direttore generale della Fondazione Angelini.
Modera:
Paolo Perego, giornalista Tracce
Perego. Allora, buongiorno a tutti. Benvenuti a questo incontro dell’Arena Tracce. Uno spazio che, come *Tracce*, abbiamo creato per festeggiare i nostri 50 anni. La prima copertina è del dicembre del ’74, quindi ci siamo quasi. Abbiamo deciso di proporvi una serie di incontri dedicati a dialogare con una serie di amici che abbiamo incontrato in questi anni, provando a seguire lo stesso schema con cui nascono, diciamo così, gli articoli che voi leggete mensilmente sulla rivista. Qualcosa che ci colpisce, qualcuno che ci genera curiosità e voglia di incontrarlo, lo si va a conoscere e poi si racconta, come se si raccontasse a casa o agli amici di qualcosa di bello che si è vissuto. Con Gigi De Palo è andata assolutamente in questo modo: abbiamo letto di lui, sentito di lui, visto quello che faceva, siamo andati a conoscerlo, siamo tornati e abbiamo raccontato a tutti chi abbiamo incontrato e cosa abbiamo visto di lui. Oggi proviamo a rifare un po’ questo percorso. Chi lo conosce sa più o meno cosa pensa, cosa fa; adesso vi dirò qualche dato in più, però l’idea è proprio questa: ci teniamo a presentarvi un amico, un compagno di viaggio, qualcuno di interessante che abbiamo incontrato perché ci ha colpito. Gli dicevo prima: per vedere il cuore di una persona non serve fargli un’ecografia, lo vedi da quello che dice, da quello che ama, dai suoi affetti, da come parla. Questo ci ha interessato e quindi oggi ve lo presentiamo in carne e ossa e proviamo a dialogare con lui per capire meglio chi è, da dove nasce tutto quello che abbiamo visto di lui in questi anni. Dal Forum delle Famiglie, ha tutto un *curriculum* che parte da lontano, attraverso le ACLI, eccetera, eccetera. Oggi è direttore della Fondazione Angelini, per cui si occupa anche di sociale, diciamo così, legato all’impresa. Insomma, una vita piena, una vita intensa. Ha una famiglia, quindi è un padre, è un marito, un uomo impegnato con la vita. Ecco, allora, partirei proprio da questo, se possiamo. Raccontaci un po’ la tua storia. Hai 47 anni, quasi 48, tra poco, hai cinque figli. Giorgio, speciale, l’ultimo arrivato. Anna Chiara, tua moglie, da 17 anni, giusto? No, venti adesso, 17 era il regalo. Venti! Dai, raccontaci un po’ di te, da dove nasci, da dove arrivi, chi sei?
De Palo. Allora, innanzitutto, avevo tensione ieri quando ho fatto l’intervento su disagio mentale e compassione, perché questa premessa mi sta mettendo un’ansia che sto sudando. Allora, io nasco, vedo anche alcune persone che lo possono testimoniare, in un quartiere di Roma, vicino alla parrocchia di Santa Francesca Romana all’Ardeatino. Perché è così importante? Perché di fatto il 27 marzo del 1986, facendo la mia Prima Comunione, mi sono innamorato di Gesù Cristo. Ho detto: questa è una cosa molto, molto figa. Ero piccolo, avevo 9 anni, e ho detto: questa cosa me la tengo, non la perdo, pur venendo da una famiglia *naïf*, non propriamente, diciamo, cattolica. Mia madre, ancora oggi, segue una santona messicana. Giuro. Voi ci ridete, ma è vero, di nome Carolina. Mia madre è tutta *New Age*: c’è stato l’anno della cristalloterapia (quindi tutti i cristalli in testa), l’anno della magnetoterapia, l’anno degli UFO. Forse avete già sentito questa storia, ma la racconto di nuovo per farvi capire da dove vengo, chi è mia madre. Il 12-12-2012, vi ricordate, c’era la profezia dei Maya, doveva finire il mondo. Mia madre ogni anno andava in Messico a settembre. Quell’anno decise di andare a dicembre. Non capimmo il motivo per cui avesse spostato questa data, ma perché loro, in questa setta dei *Noanti*, molto simpatica, molto tranquilla, dico la verità, se no mi preoccuperei, erano convinti che il 12-12-2012 ci sarebbe stata un’esplosione e quindi loro, in Messico, in questa comunità, si sono costruiti delle case con mura spesse 5 metri perché erano convinti che da loro non sarebbe successo nulla. Ecco, mia madre è il tipo che non ci ha detto niente di questo. Non è che ha detto: guarda, mi dicono che forse scoppia tutto, brucerete tutti, qualcuno vuole venire? Lei ha preso e è partita. Ecco, questa è mia madre. Mio padre è non udente, è sordo, da quando aveva due mesi, con tutti i pro e i contro dal punto di vista educativo. Quindi diciamo che quest’incontro del 27 marzo 1986 è stato veramente determinante perché in casa non ho avuto, lo dico con sincerità, persone che mi spingevano, magari dicendo di andare messa, un po’ come fanno i genitori, o in parrocchia. Ecco, io ci andavo perché ho incontrato questa bellezza che ho cercato poi di approfondire volta per volta nella vita. Ho anche una sorella che si chiama Veronica.
Perego. E da lì cosa succede? Succede qualcosa alla Giornata Mondiale della Gioventù?
De Palo. Io divento cintura nera di catechismo, nel senso che faccio tutto il percorso non solo di catechismo, ma divento anche catechista delle comunioni, della cresima, un *enfant prodige* della parrocchia. Poi, verso i 17 anni, matura una vocazione a quella che io definisco il *rimorchione cattolico*, che è questa figura presente anche qui al Meeting, ne ho visti 4 o 5, che sta nelle parrocchie, partecipa a quelle che sono le Giornate Mondiali della Gioventù, fa tutta una serie di esperienze facendo un po’ il piacione, sempre cattolico, quindi senza esagerare, che insomma il cattolico rimane o quanto meno entro certi limiti., però, inizio a fare tutta una serie di Giornate Mondiali della Gioventù fino a quella del 1997 a Parigi, dove incontro Anna Chiara Gambini. Io racconto sempre che mentre ero lì, perché avevo incontrato sacerdoti che mi avevano fatto desiderare anche la vita sacerdotale, e mentre ero lì che stavo combattendo tra: qual è la mia vocazione? La vocazione al matrimonio o la vocazione al sacerdozio? Matrimonio o sacerdozio? Matrimonio o sacerdozio? Ho capito che la mia vocazione era proprio Anna Chiara Gambini. E quindi, diciamo, tecnicamente è lei che ha deciso di sposarci. Ecco, come avviene spesso con i maschietti. Tecnicamente lei ha fatto questa scelta. Le Giornate Mondiali della Gioventù, soprattutto quella del 2000, perché nel 1997 l’ho conosciuta, giustamente da *rimorchione cattolico* non potevo che conoscerla lì. Nel 2000 ho lavorato tre anni per organizzare quella Giornata Mondiale della Gioventù, che mi permetto di dire, non so chi di voi era presente, se alzate la manina, ecco, una discreta rappresentanza. Lì Giovanni Paolo II, se vi capita, ve lo dò come consiglio, andatevi a rivedere o a rileggere il discorso che fece a Tor Vergata il 19 agosto del 2000. Giovanni Paolo II fa una profezia, che è una profezia che io mi porto dentro, perché lui in quel momento, nel 2000, il mondo era molto diverso rispetto a come è oggi: non si parlava di crisi economica, non si parlava di problemi che oggi ci angustiano. Addirittura, noi pensavamo di azzerare il debito dei Paesi africani, che è una cosa che oggi manco ce la sogniamo, perché abbiamo talmente tanti problemi… Nel 2000, davanti a 2 milioni di giovani, in un periodo bello per l’Europa e per il mondo, comunque, dove pensavamo che i problemi potessero finire, lui non parla al presente di quei ragazzi, lui non fa un discorso declinandolo al presente, ma se voi andate a rileggervelo, lui parla al futuro e dice: “Voi non vi rassegnerete. Se voi sarete quello che dovete essere, metterete il fuoco nella terra,” tutto declinato al futuro. Ecco, a mio modo di vedere, quel discorso è una profezia per il nostro tempo di oggi, perché Gigi De Palo lì, a vent’anni, alla Giornata Mondiale della Gioventù, quando stavo lì sentivo questo discorso e non capivo cosa volesse dire. Oggi so cosa vuol dire, perché oggi è il momento in cui non dobbiamo rassegnarci. Oggi è quel momento in cui dobbiamo cercare di essere quello che possiamo essere per mettere il fuoco nel mondo, perché lui citava Santa Caterina da Siena. Quindi è stato un momento molto importante, perché tutto quello che è venuto dopo, anche l’impegno sociale, l’impegno politico, l’impegno ecclesiale, nasce quella notte a Tor Vergata.
Perego. Questo impegno e la tua storia familiare, appunto Anna Chiara, ci devi raccontare anche come poi si svolge sono due strade che viaggiano intrecciate. Il tema della famiglia è qualcosa che segnerà tutto il percorso fino ad oggi. Dove appunto, come sapete, è stato prima presidente del Forum delle Associazioni Familiari, poi adesso è presidente della Fondazione per la Natalità, gli Stati Generali della Natalità, assessore alla famiglia a Roma in tempi non sospetti. Insomma, la famiglia e l’impegno sociale viaggiano paralleli, ma intrecciati continuamente. Sono due dimensioni che parlano di un uomo unito nell’affrontare la vita. Non so come riesci a portarle avanti parallelamente.
De Palo. La giornata [……13.09] è stata molto importante anche perché (questa è una cosa che immagino sia comune a molti giovani) il giorno in cui Giovanni Paolo II fa questo discorso io mi gaso, esaltato: “Ecco la risposta a tutte le domande, ho 22-23 anni, adesso il Signore mi dirà cosa devo fare, dove devo andare, qual è la mia strada, andiamo alla grande, facciamo”. Invece, il giorno dopo è iniziato un anno e mezzo di crisi di panico, un periodo difficilissimo, di aridità, di silenzio totale del Signore, durante il quale ho iniziato a mettere in discussione tutto. Quando pensavo alla Resurrezione, che prima era un dato di fatto, in quell’anno e mezzo era qualcosa che dovevo, con fatica, arrivarci, cioè non avevo gioia, non sapevo cosa dovevo fare. Mia moglie racconta spesso e volentieri che si è innamorata di me al pronto soccorso di una serie di ospedali, perché chi ha le crisi di panico sa benissimo che quando arriva una crisi di panico pensa automaticamente che sia un infarto. C’è un’oppressione qui e quindi io andavo nei vari ospedali a fare l’elettrocardiogramma perché pensavo di essere sul punto di morire e mi prendeva male. Racconto questa cosa perché è molto più frequente, molto più comune di quanto si immagini. È una cosa che, oltre ad avere delle matrici psicologiche e fisiche, ha anche delle sollecitazioni spirituali. L’unica cosa che mi ha dato giovamento in questi momenti di grande difficoltà è stata la lettura della “Storia di un’anima” di Santa Teresina di Gesù Bambino. A mio modo di vedere (gli scrupoli di cui parla Santa Teresina, qui c’è pure lo scrittore, quello francese che ha scritto questo libro e magari mi dà le botte sulle mani perché sto dicendo una cosa un po’ forzata), però mi è sembrato che quegli scrupoli di Santa Teresina fossero molto simili agli scrupoli che avevo io, a quei pensieri che non ti portavano da nessuna parte. Quello è stato un upgrade della mia fede, che dai 9 anni fino ai 22-23 anni era stata molto lineare, molto bella, molto parrocchiale, molto serena, sorridente, ma poi ho sentito che in quel momento il Signore mi chiamava a un salto di qualità. Purtroppo, questo salto di qualità tante volte non arriva con l’angioletto o con i fiorellini, ma arriva con l’angoscia, arriva con l’inquietudine, arriva con la comprensione che alla fine è un gioco molto serio. Alla fine la fede è fuoco, non è schizzi di spumante. Dico questo perché dopo questi due anni, tornando da un viaggio in Africa… Io ero stato prima… Quando ero piccolo, come uno scemo, sono stato bocciato due anni a scuola, perché avevo un approccio universitario alla scuola. Cioè, io stavo già all’università, non avevo capito che dovevo andare tutti i giorni a scuola, quindi ci andavo solo quando dovevo farmi interrogare. Però non funzionava proprio così e quindi me l’hanno fatto notare. La prima volta non l’ho capita, la seconda poi ho appreso concretamente come funzionava. E quindi ero andato prima in Mozambico nel 1995 con i Comboniani e poi sono tornato nel 2001 in Etiopia e Tanzania con il movimento Join the Missionary. E lì abbiamo visto una cosa che consiglio a tutti: il fatto che mi colpì è che in Africa, pur non avendo nulla, avevano una ricchezza di gioia che io invidiavo, e quindi abbiamo fatto con alcuni amici una mostra fotografica che si chiamava “Ho un debito con il paese più indebitato della terra”. Questa mostra fotografica ha iniziato a girare l’Italia e successivamente la gente ci voleva dare dei soldi, ma non sapendo come prenderli, abbiamo creato un circolo ACLI. Diciamo: “Ma quindi tu sei fissato?” Poteva essere un circolo, un’associazione di qualsiasi tipo… Il Signore mi ha fatto conoscere in un viaggio a Gerusalemme, dove poi ho deciso di mettere i sandali – dal 20 marzo del 2002 porto i sandali per la pace a Gerusalemme e più che un fioretto è una cazzata, io dico, perché evidentemente non sta andando bene, non vorrei essere la causa, ecco, forse metterò le galosce tutto l’anno, però non sta andando benissimo – in quella situazione abbiamo creato un circolo ACLI e da lì nasce l’impegno associativo. Perché questo circolo poi andava molto bene, le ACLI di Roma erano in grande difficoltà, hanno chiesto al nostro gruppo di provare a candidarsi. Loro venivano da 4 anni di commissariamento, e si erano rubati anche i lavandini, perché non ho mai visto una realtà commissariata da 4 anni, cioè vuol dire proprio che sei di coccio, e quindi mi hanno chiesto di candidarmi come presidente delle ACLI e mi sono candidato come presidente delle ACLI. Lì nasce l’impegno associativo. Molto tosto, perché comunque le ACLI, non so se le conoscete, ma patronato, CAF, cioè quelle di Roma hanno 40.000 tesserati, quindi comunque sono 17 sedi zonali, 70 dipendenti, quindi era un impegno associativo-imprenditoriale complesso. Da lì nasce poi tutto un po’ il percorso associativo. Quello familiare ti faccio fare un’altra domanda, perché l’ho allungata troppo.
Perego. Come si intreccia la questione di Anna Chiara, invece, in tutto questo, che poi sfocia in un impegno associativo dedicato, direzionato su un certo tema, che è quello della famiglia?
De Palo. Nel mentre, in questo viaggio in Tanzania, era venuta con me anche quella che era la mia fidanzata, che poi è diventata mia moglie Anna Chiara, e ci siamo sposati nel 2004, quindi facciamo vent’anni, e tutte quante le scelte, anche quelle associative, sono state inevitabilmente condivise anche con lei. Perché? Perché, a parte che noi non immaginavamo, lo dico con sincerità, di fare tutti questi figli. Io ero convinto di essere sterile, perché ho un varicocele da paura, e Anna Chiara anche era convinta di essere sterile perché… non so perché, era convinta, aveva questa sensazione, ma evidentemente non era così, perché tornati dal viaggio di nozze aspettavamo un figlio, e quando siamo tornati dal viaggio di nozze, due mesi dopo, sono diventato presidente delle ACLI. Quindi è stata una scelta anche complessa perché non avevamo ancora tutte le cose al posto giusto prima di sposarci e prima di iniziare a mettere su famiglia. Le ACLI sono state un’esperienza fantastica, bellissima, che fa capire la varietà e la potenzialità del mondo cattolico. E mentre ero Presidente delle ACLI, il Presidente ACLI è anche Presidente del Patronato, Presidente del CAF, e in quel momento ero stato anche eletto Presidente del Forum delle Associazioni Familiari del Lazio. E mentre in un certo senso avevo raggiunto un equilibrio, perché avevamo anche una situazione tranquilla dal punto di vista lavorativo, e avevamo fatto in quel momento tre figli, arriva una telefonata (era il gennaio del 2010) arriva una telefonata del sindaco di Roma dell’epoca, che io peraltro non avevo nemmeno votato, che mi dice che gli farebbe piacere che io facessi l’assessore alla famiglia. Ora io, un po’ perché non avevo votato quel sindaco, un po’ perché mi ero sistemato tutte le situazioni (come giustamente uno cerca di fare per vivere dignitosamente) un po’ perché non mi andava per niente, un po’ perché comunque mi occupavo di sociale, di immigrati, di famiglie, facevo una cosa che mi piaceva molto, perché comunque funzionava, quando mi è stata fatta questa proposta, io ho detto di no. Mi richiama e dice: “Guarda, ti do due giorni di tempo”. Io torno a casa, parlo con Anna Chiara, e in quel momento facciamo uno di quei rosari a pelle, io li chiamo. Quali sono i rosari a pelle? Quelli che… io ho i rosari di bassa qualità, quindi… cioè, il rosario quello di legno, che sei talmente teso, talmente angosciato, che hai le mani talmente bagnate, che il colore delle palline ti rimane sui palmi delle mani. Quella notte l’abbiamo vissuta veramente con questa angoscia, perché comunque sarebbe cambiata la nostra vita. Io torno dal sindaco e dico: “Guarda, ci ho pensato. No, non mi va”. Poi il giorno dopo è arrivata la telefonata dell’allora cardinale, che mi diceva: “Ma dai, ma se non lo fai tu, chi lo fa?” Io dico: “Ho capito, ma io qua devo lasciare tutto per una cosa che non so dove andrò, cioè come funziona”. Alla fine ho accettato, sono stati tre anni belli, impegnativi, assessore al Comune di Roma, alla famiglia, alla scuola, quindi utili all’infanzia, alle tossicodipendenze e ai giovani. Ed è stata un’esperienza molto bella, condivisa, come dicevo, al 100% con mia moglie, perché queste cose non si possono fare da soli.
Perego. Era il periodo in cui lavoravi in pizzeria.
De Palo. No, è un po’ lungo. Lui fa le domande e io non voglio annoiarvi. Sto raccontando tutti i fatti miei, però non è grave. Finita l’esperienza di assessore, mi sono candidato come consigliere comunale con una lista civica al Comune di Roma e sono stato eletto. Ora, uno si immagina, molti di voi si immaginano, consigliere comunale al Comune di Roma, comunque ti pagano bene. No, non capisce chi non c’è stato. Dice: “Comunque ti pagano bene il consigliere comunale a Roma”. No. Consigliere comunale in tutti i comuni, non solo a Roma, non ha un’indennità, prende un gettone di presenza per ogni commissione a cui partecipa fino a un massimo di 1600 euro, 1700 euro… Ecco, mi segnalano 1400 euro. Grazie, grazie. (No all’anno, a Roma no, a Roma no all’anno) al mese. È chiaro che, per carità, ringraziamo Dio, però con quattro figli, all’epoca ne avevo quattro, con un mutuo da mille euro, diventava difficile. E quindi che cosa succede? Succede che i miei colleghi consiglieri comunali che appartenevano a vari partiti, chi al PD, chi all’epoca c’era il PDL, avevano comunque delle situazioni lavorative che il partito gli aveva (come funziona, come è anche giusto che sia) gli aveva trovato chi in una municipalizzata, chi in un’altra situazione. Io avevo dovuto lasciare il mio lavoro alle ACLI, quindi mi ritrovavo, dopo aver fatto l’assessore così, a fare il consulente (perché io sono un giornalista) di comunicazione e quindi lavoravo per associazioni, cooperative. Qual è la difficoltà? È che se tu sei consigliere comunale, le persone che partecipano a un bando e quindi le cooperative, le associazioni non possono partecipare a un bando se c’ero io come consulente, quindi avevo le mani legate perché non è che mancava il lavoro, mancava burocraticamente la possibilità di lavorare. E quindi l’unica cosa che ho potuto fare è stata quella di andare la mattina a fare il consigliere comunale e il pomeriggio, se vi capita, lo trovate anche sul sito delle Iene, perché è uscito un servizio, facevo il cameriere in un ristorante. E quindi sono venute le Iene, hanno fatto un servizio dove io esco benissimo, peraltro, dove cercavo di far capire come è vero che la politica non deve essere una casta, ma come poi quando tu lavori come consigliere comunale è difficile poter coniugare le due cose. E quindi è emersa questa mia doppia vita dove per sette mesi la mattina facevo il consigliere comunale e la sera andavo a lavorare come cameriere.
Perego. Capisco che potremmo stare qua tre ore e ne avremmo da raccontare. Ma a me interessa capire adesso, approfondendo un po’ di più, questo impegno, questa voglia di mettersi in gioco fino ad arrivare al sacrificio, perché non è semplice dire: “faccio politica e vado a fare il cameriere per mantenere la famiglia”. Che cosa ha a che fare con il giorno della Prima Comunione? E soprattutto, che cosa ha a che fare con tutto quello che poi è accaduto legato alla questione della famiglia? Cioè, come tu dopo hai declinato questo impegno dedicandolo soprattutto a questo tema. E l’anticipo, poi te la rifaccio come domanda, da come l’hai descritto fino adesso, l’incontro alla Prima Comunione, da lì poi Tor Vergata, da lì decido faccio, disfo, forco… però sembra molto personale. In realtà, io so che non è così. C’è tutta un’amicizia, una serie di rapporti, una serie di persone con cui questo accade. Per cui ti ho fatto tre domande in una…
De Palo. Sì, non mi ricordo manco una. Allora, sicuramente la Prima Comunione è stata determinante perché poi… Alla fine io insisto molto su questo concetto, perché noi pensiamo che la partecipazione, l’impegno associativo, l’impegno ecclesiale, l’ho detto anche ieri ma lo ripeto, sia un atto di volontà, cioè devo impegnarmi. Io lavoro, però poi devo dare il mio contributo in parrocchia, devo. È un impegno categorico. Sono stato adesso alle settimane sociali di Trieste, si parlava di partecipazione. Il centro era: ìmpegnati, ìmpegnati, ìmpegnati. A me questa cosa non andava bene nemmeno a scuola. Figuriamoci se mi va bene in ambito associativo, in ambito ecclesiale. Quel 27 marzo 1986 e poi l’upgrade di cui ho raccontato dopo le crisi di panico sono stati determinanti perché mi hanno fatto capire che fondamentalmente non è una questione di impegno, non è una questione di bravura, non è una questione di quanto tempo dedico. Quando giriamo l’Italia con mia moglie portando i libri, le cose, il racconto della famiglia, la gente ci guarda e dice: “Ma come siete bravi, riuscite a fare tante cose, noi non riusciamo nemmeno a fare questo”. Oppure la gente ti chiede scusa: “Io ho solo due figli,” come se io… No, non è una questione di impegno. È una questione di scegliere come opzione fondamentale, a un certo punto, se dare o non dare la vita. È proprio questo. E non dai la vita e non scegli di darla perché sei bravo e non scegli di darla razionalmente perché ti metti lì e dici: “Guarda, allora da adesso mi impegno e do la vita su questo.” Scegli di darla e trovi le energie, trovi il tempo, trovi la forza, trovi la fantasia, trovi la creatività, trovi tutto quello che trovi perché? Perché tu sei stato talmente tanto amato e riconosci di essere stato talmente tanto amato che hai solo questo corpo e questa vita per provare a ridare un pezzetto di questo debito che hai accumulato con questo amore. Questo è il tema. Io non sono bravo. Ve farò parlare con mia moglie, dopo cinque minuti vi dirà che io sono pigro. Io, se sto a casa, sto sdraiato sul letto desiderando di giocare con la PlayStation, eppure la gente pensa: “No, ma questo come fa a fare tante di quelle cose?” No, io di mio sono veramente un poveraccio. È che questo tipo di amore ricevuto ti fa veramente desiderare qualcosa di bello, qualcosa di grande, ma anche a livello di creatività, come dicevo. Quindi io credo che sia determinante la fede in questo. Perché alla fine questo incontro del 27 marzo 1986, questo upgrade, e poi lo dico, non è una questione che l’hai fatto una volta ed è finita. L’hai rifatto una volta ed è finita? Magari. Ogni giorno te lo devi ricordare, ogni giorno devi fare a botte con la pigrizia, l’accidia pastorale di cui parla il Papa nella Evangelii Gaudium, o addirittura con la faccia scura, rassegnata. Ogni giorno devi fare a botte con questo atteggiamento, con questo pensiero negativo. E ogni giorno, se tu hai, e nel mio caso è stato così, ricevuto tanto, senti di dover desiderare di dare altrettanto. Quindi non è una questione di quanto tempo hai a disposizione o di quanto sei bravo ma la questione è quanto sei stato amato, quanto sei poveraccio e quanta misericordia ricevi ogni giorno. Ecco, questa è la molla, non è tanto la bravura. Lo dico perché io so chi sono. E stare qui a parlare con voi e sembrare quasi il primo della classe, quando non lo sono mai stato, come ho anche raccontato, ma quando non lo ero manco a catechismo, non lo sono mai stato in nessuna occasione della mia vita, mi fa effetto. Però effettivamente questa molla ha prodotto dei cambiamenti grandi, e questa cosa è una cosa che condivido chiaramente anche con mia moglie. Mi spiace che non è qui, se no lo raccontava centomila volte meglio di me e lei, ma è questo.
Perego. E la questione dell’amicizia? Perché mi pare – e lo racconto a modo di esempio e qualcuno lo sa già – ma da un anno e mezzo a questa parte c’è questo corso online che si chiama, chiamiamolo corso: *immìschati* o *immischiati*, tutte e due, che racconta di cosa voglia dire per un cristiano la vita nel mondo, la vita nella società, la vita nel sociale, la vita a ogni livello della quotidianità. Ma in questa avventura ci sono, per esempio, tanti amici della prima ora, se non sbaglio, no? Quindi c’è una storia anche di amicizia che arriva da lontano e che accompagna sempre, non sei un uomo solo.
De Palo. Allora, anche l’esperienza delle ACLI nasce con un gruppo di amici con cui abbiamo fatto questa esperienza in Africa e con cui poi l’abbiamo cercata di raccontare, e che poi si è presa delle responsabilità a livello associativo. Santa Francesca Romana all’Ardeatino, la parrocchia iniziale, io sono sempre rimasto lì. A un certo punto arriva, ed è stato anche interessante come legame e come collegamento, Don Fabio Rosini, che sicuramente conoscete (10 comandamenti e quant’altro) e diventa il mio parroco. Ma quanto ci siamo divertiti, amici, ne abbiamo fatte di cotte e di crude, cioè diventa un luogo dove si creano delle cose fichissime. Oltre che è l’antesignano di *Immìschati*, nasce lì. Nasce negli incontri con Don Fabio, nasce con Beatrice Fazi, Giovanni Scifoni, con Cita, che sta qui, con tanti amici che ci hanno accompagnato in questo percorso dove ci trovavamo. Anche con Pietro Schumè – dove sta Pietro? Pure Pietro veniva alle serate a casa nostra, eccolo – ci trovavamo la sera, prendevamo la pizza e ragionavamo su una cosa molto semplice: come raccontare in maniera divertente la cosa più noiosa della terra, che è la Dottrina Sociale della Chiesa. Vi racconto questa cosa, spero che non mi scomunichino per questo. Quando ho raccontato al Papa del progetto *Immìschati* – progetto *Immìschati* è un modo che noi abbiamo cercato per raccontare la Dottrina Sociale della Chiesa in maniera divertente, che cos’è? Se vi capita, www.immischiati.it – Quando sono andato dal Papa io ho raccontato: “Guardi, stiamo cercando di fare un progetto per raccontare la Dottrina Sociale della Chiesa.” Lui: “Ma come la chiamate?” “Dottrina sociale della Chiesa”. “No, trova una perifrasi” Per dire che effettivamente non è appetibilissima come nome. Quindi, diciamo, nasce in quel modo. La cosa ha voluto che poi, in quella stessa parrocchia, venisse anche e si creasse tutto il gruppo di amici con Chiara Corbella. E quindi, diciamo che in quella parrocchia, c’è stato, in un periodo storico particolare, in un momento anche in cui avevamo tanta energia, da una parte tutto il giro enorme di Don Fabio Rosini, dall’altra tutto quanto la fantasia e anche i ragionamenti, le riflessioni legate alla Dottrina Sociale della Chiesa, con “Oltre”, con “Immìschati” e con tutta una rete di famiglie, e poi anche in questa rete di famiglie la presenza di Chiara Corbella. Tant’è che se voi andate a vedere su internet – mi è capitato adesso su Instagram e mi ha divertito molto vedere un video di un’associazione brasiliana con migliaia di follower che fa questi video sui Santi e cose simili – c’è un’immagine, c’è un video di Chiara Corbella che in un certo senso rappresenta tutto questo perché è il primo evento culturale che facemmo con Don Fabio Rosini dove io convinsi Chiara e Enrico a fare la loro testimonianza quando avevano perso solamente il primo figlio, quindi era proprio una storia che aveva già una bellezza e una potenzialità straordinarie, e dove c’è una Chiara Corbella, giovanissima, che racconta questa esperienza. Ecco, quell’esperienza è stata fatta nella parrocchia Santa Francesca Romana, con le ACLI di Roma che finanziavano il progetto, con la riflessione della Dottrina Sociale della Chiesa di “Oltre”, con la presenza anche di Chiara ed Enrico. In un periodo abbiamo trovato una fecondità enorme da questo punto di vista ed è stata sicuramente una grazia perché ci ha aiutato anche a fare delle riflessioni molto alte e ha prodotto una quantità di figli che voi non avete idea perché quando tu ti trovi tra famiglie che stanno bene insieme, che sentono un sacerdote che gli racconta il Vangelo in maniera figa, che capiscono che la Provvidenza non è qualcosa di astratto ma che è molto concreta, poi alla fine l’espressione massima di tutto questo è credere che effettivamente valga la pena vivere e credere nella speranza. E non c’è un modo più concreto di dire sì alla speranza se non quello di fare un figlio, perché, diciamo, è la cartina di tornasole che noi abbiamo per vedere la speranza di un gruppo, di un paese, di un popolo.
Perego. È come dire … È qualcosa che, come dici tu, si può annusare. Un profumo che si può respirare, che si può sentire, non qualcosa che ti si può spiegare a parole. A me colpisce questa fecondità di cui tu parli, perché è qualcosa che posso vedere, che posso toccare ed è una cosa di cui tu parli spesso, questo profumo di pane.
De Palo. Allora, chi ha già sentito parlare del profumo del pane, alzi la mano, perché sennò mi sento in colpa. Va be’, la devo rifare, la devo ridire, perché mi è stata fatta la domanda. Questa però è una cosa di mia moglie, lo dico. Papa Francesco, nel capitolo 37 di Amoris laetitia, dice una cosa che a molte persone fa venire le bolle. Lui dice che per troppo tempo, quando parlavamo di famiglia, abbiamo insistito su questioni dottrinali, bioetiche e morali senza mostrare l’apertura della Grazia. Mia moglie dice che questa cosa è molto vera, e io lo condivido. Perché? Perché noi per troppo tempo abbiamo pensato che la famiglia, far vedere che la famiglia è bella, questa frase del mondo cattolico che viene utilizzata spesso, fosse qualcosa di connaturato a una serie di ingredienti. Cioè, noi ci aspettiamo anche nei convegni delle associazioni… Perché ti sposi? Perché la famiglia è la cellula fondamentale della società. Io non conosco una persona che si è sposata perché la famiglia è la cellula fondamentale della società. C’è qualcuno che ha posto questa frase alla base del suo matrimonio? No, è una conseguenza del matrimonio. Noi pensiamo che il matrimonio sia un elenco di regole. Allora, mia moglie fa questo esempio: se io mettessi qui la giusta quantità di sale, la giusta quantità di lievito, la giusta quantità di farina, la giusta quantità di acqua, la giusta quantità di olio e vi dicessi “sentite il profumo del pane”, voi non sentireste nulla. Se invece io mettessi qui una pagnotta appena uscita dal forno, profumata, e vi facessi sentire col microfono che scrocchia, a voi verrebbe il desiderio di questo pane. Le mie papille gustative si stanno attivando, sento già un movimento salivare. Perché questo? Perché, alla fine, il matrimonio, la compassione, la famiglia, ma anche il cristianesimo, funzionano per profumo. Il senso ultimo di quando inviti le persone a casa, la gioia più grande è quando uno fa la carbonara a casa e il tuo ospite va via e ti dice: “Senti, ma come l’hai fatta? Mi racconti come l’hai fatta? Me lo dici?” E tu stai lì e gli racconti: “Guarda, ci ho messo l’uovo, però l’ho fatto così,” e lui prende appunti perché vuole replicarla nello stesso modo, perché gli è piaciuta quella carbonara. Ecco, il matrimonio e la famiglia funzionano allo stesso modo: non funzionano per convincimento, non funzionano per regole, funzionano per profumo, per attrazione. Voi questo lo sapete meglio di me, perché ho sentito dire più volte questo concetto qui, ma funziona sempre. I nostri figli non si sposeranno se gli diciamo: “Sposati perché il matrimonio è un sacramento”. È vero, eh? Non è che sto dicendo che non è vero, ma si sposeranno se vedranno che io e mia moglie, nonostante i litigi, nonostante i piatti che ci tiriamo, lei li tira, io li prendo solo, nonostante le parolacce, anche io a volte, vedono che io sono disposto a dare la vita per lei. O meglio, addirittura, non se vedranno che io sono disposto a dare, ma se i nostri amici intorno a noi, la famiglia di famiglie con cui stiamo, il marito e la moglie sono disposti a darsi la vita, se Cristian e Francesca si danno la vita e loro questa cosa la vedranno. Perché se io mi sono sposato, non è perché me l’hanno detto in parrocchia o me l’ha detto mamma o papà. Mia madre ancora segue una Santona Messicana, immaginate quando mi sono sposato cosa ha detto: “Ma perché?” Se io mi sono sposato, è perché ho visto una famiglia, quattro figli, si tiravano le cartacce, i pezzi di pane a tavola e io ho detto: “Voglio questo, voglio una famiglia di questo tipo”. Ecco, il profumo dobbiamo iniziare ad aprire le finestre, le porte di casa, perché è quello che cambia la storia, non sono le indicazioni dottrinali, bioetiche e morali. Perché? Gigi De Palo dice che le questioni dottrinali, bioetiche e morali non sono importanti? No! È perché quelle sono fondamentali, ma te le chiedono loro. Te le chiederanno loro come funziona, non è che devi dire: “Per sposarti devi fare così, così, così”. È una palla. Tu devi far vedere il profumo, poi saranno le persone a chiederti: “Scusami, ma per avere le stesse cose, mi fai capire come farlo? Mi fai capire come funziona?” Perché gli ingredienti sono fondamentali: se tu non metti l’acqua ma metti il vino, non viene il pane. Se tu non metti il sale ma metti lo zucchero, non viene il pane. Quindi gli ingredienti, le questioni sono fondamentali, ma è prioritario il profumo. Mandiamo tutto a mia moglie, perché io replico, lo dico con sincerità, una cosa che dice sempre lei.
Perego. Infatti noi aspettavamo lei e poi invece … Perché abbiamo poco tempo ancora. Il titolo del secondo libro che avete scritto, tu e Anna Chiara, è “Adesso viene il bello”, allora, legandolo a questo titolo, che è una cosa che a me incuriosisce sempre come attesa, volevo chiederti cosa hai nel cuore in questo momento più di tutto. Rispetto a…parliamo proprio in termini stra-generali. Cioè, vedo un’attesa, immagino che ci sia, quello che chiedete è: che cosa attendi di più in questo momento?
De Palo. Allora, quel libro nasce, “Adesso viene il bello”, da nostro figlio, l’ultimo, con la sindrome di Down, lo dico perché…
Perego. Giorgio.
De Palo. Giorgio Maria. Lo dico perché le famiglie sono complicate e poi bisogna sempre testarle con la complessità ancora maggiore, e lui è stato veramente una ciliegina sulla torta, che è stato veramente un regalo. Lo dico non per fare “Ah, ma quanto è bravo Gigi ha aperto la vita,” no, perché effettivamente io lo auguro a tutti di fare un’esperienza di questo tipo perché a noi ci ha migliorato la vita. Cioè, noi tante volte pensiamo come sarebbe stata vuota la nostra vita senza Giorgio, quindi è un dono per cui ringraziamo Dio. Quali sono, cosa ho nel cuore, quali aspettative? Io vorrei, vado proprio libero, vorrei un mondo cattolico meno piagnucoloso, meno vittima, meno difensivo e più speranzoso, più all’attacco, più consapevole delle sue potenzialità. E lo dico qui, in un luogo che… lo dico ma non per fare piaggeria, così, dove io vengo ormai da 12-13 anni indipendentemente dagli interventi (un anno sì) perché è fichissimo, cioè io quando sto qua mi esalto, mi gaso, mi piace. Mi piace perché è così che deve essere il mondo cattolico, deve essere così pieno di proposte, così fresco, così intelligente, così colorato. Questa cosa mi piace molto. Allora, una cosa che mi rattrista, vedo qua il mio successore bravissimo ed eccezionale al Forum delle Famiglie, Adriano Bordignon (fate un applauso pure a lui perché è… alza la mano Adriano, eccolo), perché vi dico francamente, il 60-70% della bravura di un presidente si vede da chi viene dopo di lui. E io sono stato un presidente bravissimo, non per quello che ho fatto, ma perché dopo di me viene uno veramente bravo, lo dico con sincerità. Ho citato Adriano perché, come me, anche lui gira l’Italia. Girando l’Italia, vado rapido, girando l’Italia, quello che mi ha sempre messo in difficoltà è vedere le facce tristi, rassegnate di persone che pensano: “Tanto è tutto finito, si stava meglio quando si stava peggio, ormai la situazione è persa, la partita è persa, dobbiamo…”. Perché? Perché i dati sono impressionanti: aumentano le separazioni, diminuiscono i matrimoni, la gente non fa più figli (non voglio aprire questo filone, il mio grande cavallo di battaglia), la gente va sempre meno a Messa, addirittura dopo il lockdown c’è sempre più angoscia. E quando domando come mai succede tutto questo, le risposte sono sempre le stesse nelle parrocchie, nelle associazioni: “È colpa delle lobby LGBT, è colpa della massoneria, è colpa della televisione, è colpa dei social network”. C’è sempre un colpevole che ci deresponsabilizza e ci tranquillizza, perché se tu trovi il colpevole, automaticamente dici che è colpa sua, e stiamo tranquilli. E la sensazione è questa: questo vittimismo del mondo cattolico mi spaventa. Io faccio sempre questo ragionamento (a te te l’ho già fatto, ma lo devo rifare). Quanto dura la preparazione al battesimo in una diocesi italiana? Tre incontri, battesimo tre incontri. Comunione? Due anni, ci sono i veneti che ne fanno tre perché sono dei secchioni, però la media nazionale è due anni. Incontri di preparazione al matrimonio? 10-12 incontri. Preparazione alla cresima? 2-3 anni. Poi c’è la percentuale di giovani che si avvale dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali: 84%, fonte Conferenza Episcopale Italiana, vuol dire che 25 anni fa era il 95-93%. Poi ci sono le associazioni, i movimenti, i centri di formazione professionale, le scuole paritarie, i gruppi giovani, i gruppi qui e su e giù. Amici, non esiste ancora oggi una realtà capace di parlare a bambini, adolescenti, giovani, adulti, anziani, famiglie, immigrati, disabili, così capillare come la Chiesa Cattolica. Non esiste ancora. E allora qual è il problema? Il problema sono le lobby? Il problema è la massoneria? Il problema è internet? No. Il problema è che non riusciamo più a raccontare la storia più bella del mondo, che è quella di Gesù Cristo, nato, morto e risorto. Il problema è che spariamo a salve, il problema è che noi stiamo dentro una bolla di vittimismo dove non abbiamo capito che la vera responsabilità è nostra. Ecco, il mio auspicio è che ci rendiamo conto della ricchezza, della varietà, della bellezza di questo mondo e iniziamo nuovamente a giocare all’attacco, perché abbiamo tanto da dire e tanto da dare.
Perego. Io non aggiungo assolutamente null’altro se non la mia gratitudine per la tua amicizia a titolo sicuramente personale e, immagino, anche di chi ti ha ascoltato oggi, ti ha letto o ti segue da tanto tempo. Quindi chiuderei con questa cosa.
De Palo. Io chiuderei con una cosa: se vi capita, una Ave Maria al mese per la nostra famiglia è sostenibile. Una volta al mese io ve la chiedo con grande sincerità, perché ne abbiamo tanto bisogno. Quindi abbonamento di Tracce e Ave Maria.
Perego. Adesso lo dico, c’è l’avvisino perché qui c’è anche un po’ di endorsement], ci vuole. Allora, come diceva lui prima che vi alziate, due avvisi, due.
Per chi rinnova l’abbonamento a Tracce, vi ricordo che la nostra festa è per i 50 anni, guardatevi il programma di tutti gli appuntamenti che ci siamo assegnati. Al bancone si può rinnovare, c’è anche un piccolo gadget, una pubblicazione in serie assolutamente limitata. Sì, ma non aprirlo, fallo solo vedere da fuori. Ok, poi vedrete cosa c’è dentro. Vi ricordo che c’è anche una bellissima mostra delle varie copertine della storia di Tracce, attraverso alcune delle copertine più belle, più importanti, dei momenti clou della storia italiana, del mondo e del movimento, qua dietro, dietro il nostro stand. E, terzo avviso, non meno importante: tutto quello che è possibile fare qui al Meeting di Rimini non si fa da solo e soprattutto non si fa gratis, cioè la grande possibilità di sostenere questa avventura (che ormai da quarantacinque edizioni riempie l’estate riminese) attraverso il “Dona Ora”, in vari punti della fiera. Grazie anche ai ragazzi che girano con dei carrellini con dei POS, avrete anche dei bellissimi regali. Approfittate della cosa. Niente, guardate il programma per i prossimi appuntamenti di questi giorni, tutti interessanti, non tanto quanto quello con Gigi De Palo però comunque molto belli da seguire. Grazie a tutti, buonasera.