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La via della sete
‘Di Pablo Echaurren, pittore, illustratore e autore di fumetti, sono state allestite mostre in tutta Italia, Europa e Stati Uniti. Nel 1990 giunge a Faenza, per misurarsi per la prima volta con la maiolica. L’antica capitale della ceramica costituisce per il suo percorso artistico una sorta di “via di Damasco”: inizia a collaborare con Davide Servadei, crede dell’illustre Bottega Gatti. Elegge come exemplum nell’ambito della tradizione faentina la “grottesca”, che visse il suo trionfo nel primo quarto del secolo XVI: si tratta di una delle principali forme del manierismo come “stile della crisi”. Un revival leggibile nel quadro dell’attuale crisi, malamente schermata dalla supposizione di un nuovo ordine mondiale: il tragicomico diviene una prima cifra stilistica delle ceramiche di Echaurren. L’esperienza faentina segna una “rottura di livello” anche nella pittura: l’artista riscopre le sue origini – il Sud-America, una rivincita del sangue e dell’identità – rifacendosi alla lezione di Joaquin Torrès-Garcia, di Estuardo Maldonado, di Alejandro Puente: approfondisce quella che lui stesso chiama “malattia simbolica”. Le “periferie della cultura”, di cui cui Achille Bonito Oliva parla, riferendosi al fumetto, diventano così tutti i luoghi del mondo non ancora asserviti al “new global order” della pittura: dopo la maniera dotta, Echaurren diviene maestro di una maniera barbara. Le ceramiche di Echaurren sono, per Giovanni Testori, “felici e felicitanti”, governate da “qualcosa che appartiene alla bambinità dell’uomo”. In esse riappare “quell’immenso rombo di quotidianità e di religiosità, di forza drammatica e d’ironia” dell’antica arte precolombiana.’