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LA SICUREZZA ENERGETICA DEL MEDITERRANEO
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Gianna Elisa Berlingerio, direttore del dipartimento sviluppo economico della Regione Puglia; Marco Bernardi, presidente Illumia; Fabrizio Iaccarino, responsabile Affari istituzionali Italia Enel; Gaetano Mazzitelli, Chief Commercial & Regulatory Officer di Snam; Carla Napolitano, responsabile Innovazione all’interno della Direzione Strategia, Digitale e Sostenibilità Gruppo Terna; Mario Antonio Scino, capo di gabinetto Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. Introduce Giuliano Frosini, docente Luiss Guido Carli
La crisi energetica globale ha evidenziato un problema di resilienza dell’attuale sistema energetico alle scosse geopolitiche. In questo contesto, il ruolo del nostro Paese risulta potenzialmente decisivo soprattutto in chiave europea, con l’obbiettivo dell’attuale esecutivo di rendere l’Italia l’hub energetico del Mediterraneo. Peraltro, tali shock si sono inseriti all’interno di un faticoso percorso di transizione energetica, in cui da un lato sarà necessario il ruolo del gas come bridge fuel, ma dall’altro sarà prevedibile aspettarsi un’impennata della domanda per le materie prime necessarie affinché gli obiettivi ambientali possano essere conseguiti. In questo senso, solo gli Stati in grado di agganciarsi alla nuova catena di approvvigionamento per la transizione saranno quelli destinati a subire minori costi, altri, al contrario, rimarranno indietro e ne pagheranno ben più elevati.
Con il sostegno di Enel, Terna, Snam, Montello, SGR Efficienza energetica
LA SICUREZZA ENERGETICA DEL MEDITERRANEO
LA SICUREZZA ENERGETICA DEL MEDITERRANEO
Giovedì 22 agosto 2024
Ore 13:00
Sala Conai A2
Partecipano:
Gianna Elisa Berlingerio, direttore del dipartimento sviluppo economico della Regione Puglia; Marco Bernardi, presidente Illumia; Fabrizio Iaccarino, responsabile Affari istituzionali Italia Enel; Gaetano Mazzitelli, Chief Commercial & Regulatory Officer di Snam; Carla Napolitano, responsabile Innovazione all’interno della Direzione Strategia, Digitale e Sostenibilità Gruppo Terna; Mario Antonio Scino, capo di gabinetto Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica.
Introduce:
Giuliano Frosini, docente Luiss Guido Carli
Frosini. Buongiorno a tutti, benvenuti a questo incontro. Come sapete, il tema di questo Meeting è “Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo?” Posso garantire che noi siamo alla ricerca dell’essenziale. Cercheremo quindi di dialogare con voi, provando a spiegare questa materia, che anche per i meno addetti ai lavori è sempre un po’ complessa, cercando di renderla accessibile e di raccontare un po’ le cose che andremo a introdurre insieme ai nostri ospiti. Ringrazio tantissimo i nostri ospiti per essere qui con noi oggi e li presento velocemente: la dottoressa Berlingerio della Regione Puglia, Carla Napolitano di Terna, Marco Bernardo di Illumia, Fabrizio Iaccarino di Enel e Mario Antonio Scino del Masi, il capo di gabinetto del Ministro. L’argomento di oggi necessita di una brevissima introduzione. Quando parliamo di fonti energetiche e quindi di approvvigionamento, le cose che interessano di più a noi cittadini comuni sono: avere il gas, avere la luce, che resti sempre accesa, e non dover spendere troppo. Con le crisi di cui sentiamo parlare da tanto tempo, come le guerre o, più in generale, le tensioni geopolitiche, si creano dei problemi. Si creano problemi per gli approvvigionamenti, tipicamente di gas, ma anche per la produzione di energia elettrica. E questi problemi spesso impattano sia sulla continuità del servizio sia sui costi. Con i nostri ospiti oggi cercheremo di capire come l’Italia si stia proponendo di risolvere questi problemi e come si stia cambiando per assumere un ruolo centrale nel sistema energetico del Mediterraneo, ipotizzando di creare alternative alle fonti di approvvigionamento classiche. Cioè, il gas che veniva dalla Russia arriva con maggiore difficoltà dopo le crisi recenti, e quindi i recenti governi hanno pensato di guardare, ad esempio, all’Africa, che è una mossa intelligente, cercando di capire come si possano creare situazioni alternative per garantire il nostro servizio a un prezzo sostenibile. Queste sono le domande che proverò a rivolgere ai nostri ospiti, chiedendo loro di raccontare queste questioni in modo semplice, immaginando che il pubblico condivida le stesse esigenze di noi tutti. Comincerei con la dottoressa Gianna Elisa Berlingerio della Regione Puglia, perché la Regione Puglia, per la mia conoscenza delle questioni elettriche ed energetiche, è un’eccellenza anche dal punto di vista dei procedimenti amministrativi che hanno iniziato a riguardare le attività di una Regione che si è trovata, prima di tutto, con il TAP, di cui tutti avete sentito parlare, ma che sta facendo anche molte altre cose per l’integrazione di quella che oggi chiamiamo capacità green, come il solare e il fotovoltaico. Approfittiamo quindi della presenza della dottoressa per chiederle a che punto siamo.
Berlingerio. Grazie mille e buongiorno a tutti. Naturalmente, il mio è il punto di vista di un microcosmo, di una regione all’interno di una più ampia strategia energetica nazionale, e questo probabilmente mi dà la possibilità di dare un taglio particolare al racconto di dove siamo e, soprattutto, di dove vorremmo andare. Questo taglio ha a che fare con quanto si è detto in questi giorni a Rimini. Al centro della riflessione c’è l’essenziale, c’è la pace, un tema ricorrente nelle parole del presidente Mattarella, ma non solo. E alla fine di tutto ci sono le persone, o forse all’inizio di tutto ci sono le persone. Allora, il tema dell’energia può sembrare un tema tecnico, un tema freddo, ma in realtà ha un impatto evidente sulla vita delle persone, forse meno evidente rispetto al tema dell’acqua, che è stato trattato, ad esempio, anche per conto della Regione Puglia dal professor Catalano, ma altrettanto importante. Ora, qualche numero giusto per comprenderci. La Regione Puglia è la prima regione in Italia per produzione di energia eolica ed è la seconda per potenza installata di fotovoltaico, dopo la Lombardia, ma comunque la prima per energia prodotta da fotovoltaico. Nel corso del tempo, questo primato cosa ha portato alle persone e al territorio? Sicuramente una medaglia d’oro che ci siamo appuntati sul petto, la possibilità di sviluppare conoscenze, competenze, un numero di posti di lavoro interessante, ma limitato, considerando che non si tratta di attività “job consuming”, e poco altro, devo dire. Come si sa bene, a fronte di questo, c’è il tema dell’accettabilità dell’impiego di suolo o di paesaggio per le energie alternative. Come si trova l’equilibrio e qual è la chiave? Considerate che l’ultimo numero che vorrei dare è quello relativo a quanto produciamo. Oggi in Puglia siamo a poco più di 6 giga prodotti da energie rinnovabili. Il PNIEC ci dice che entro il 2030 dobbiamo arrivare a 13 e qualcosa, quindi dobbiamo più che raddoppiare la produzione di energia da fonti rinnovabili. Ma pendono sul territorio pugliese, e qui c’è l’ingegnera Napolitano di Terna che potrà darci il dato aggiornato, ma l’ultimo che ho visto io riportava richieste per 92 giga tra fotovoltaico, eolico onshore e eolico offshore, un altro tema molto caldo. Le chiavi di sviluppo che il governo regionale vorrebbe dare sono fondamentalmente due, che riflettono sul territorio e sulle persone il vantaggio di questo primato: l’autoconsumo e la filiera industriale. Per quanto riguarda l’autoconsumo, noi promuoviamo, con strumenti regionali di sostegno, la produzione di energia da fonti rinnovabili nelle imprese, dalla micro alla grande impresa, con una serie di strumenti. C’è un video che sta andando in loop mentre parlo che vi racconta anche un po’ degli obiettivi raggiunti, dei numeri realizzati durante la scorsa programmazione, quella che si è chiusa alla fine del 2023, per quanto riguarda gli strumenti di sostegno ai progetti delle imprese per l’efficientamento energetico e la produzione di energia da fonti rinnovabili. Poi ci sono le famiglie. La povertà energetica è una delle forme di povertà che sono esplose nel corso del 2022, quando è aumentato in maniera repentina il costo dell’energia, e con il reddito energetico, che è uno strumento premiato a livello europeo per la sua innovatività, abbiamo sostenuto le famiglie a basso reddito per l’installazione di impianti fotovoltaici, ossia di forme di produzione di energia da fonti rinnovabili per le famiglie a basso reddito. Queste famiglie ottengono l’energia, e il surplus che va in rete ritorna alla Regione Puglia per finanziare altri impianti sugli immobili pubblici. È in corso un bando, ma durante il periodo di programmazione conclusosi abbiamo investito oltre 150 milioni di euro per l’efficientamento degli immobili pubblici. Per quanto riguarda la filiera industriale, si parla di abbondanza energetica in relazione alla Puglia, ma non solo alla Puglia: anche ad altre regioni del sud Italia, che producono energia. Il tema è che tutte le macchine per la produzione di questa energia, dalle pale eoliche, con un importante insediamento di una multinazionale a Taranto, fino alle batterie e passando per una serie di macchinari, sarebbe interessante fossero prodotti nello stesso territorio in cui si produce l’energia, anche per sfruttare quel know-how, quelle competenze, appunto, il sapere delle persone che è al centro di tutto. Diciamo, ribaltare questo vantaggio sul territorio, in un Paese in cui c’è il regime del prezzo unico dell’energia, quindi non abbiamo la possibilità di abbassare il prezzo dell’energia per le famiglie perché si produce sul loro territorio, ma agire in questo modo, cioè favorendo la produzione per autoconsumo, ma anche forme di produzione collettiva come le comunità energetiche presso il proprio territorio, è altrettanto importante quanto produrre per lo sforzo industriale dell’intero Paese.
Frosini. Bravissima, grazie. Alcuni benefici e pochi altri, non so, pochi apparentemente, anche perché l’ultima cosa che ha citato la nostra ospite è quella delle comunità energetiche rinnovabili, un tema molto caro e sensibile a tutti noi e tipicamente anche alle nostre platee. Devo dire che il lavoro che ha fatto la Regione Puglia, che state facendo, è veramente straordinario. Naturalmente, non si potranno risolvere tutti i problemi con questo tipo di iniziativa, ma è sicuramente un buon viatico. Grazie, grazie anche per la sinteticità. Adesso dovremmo avere un collegamento. Un collegamento con Gaetano Mazzitelli, di Snam, che saluto e che spero mi senta. Ciao Gaetano, buon pomeriggio!
Mazzitelli. Ti sento bene, buon pomeriggio!
Frosini. Ben trovato. Allora, siccome sei collegato, paghi il dazio: prima di tutto prometti di venire in presenza il prossimo anno qua, altrimenti non ti facciamo una domanda.
Mazzitelli. Assolutamente, assolutamente.
Frosini. E anche il dazio di una domanda aperta, come si sarebbe detto, cioè la Commissione ti fa una domanda aperta. Noi vorremmo avviare, abbiamo sentito il punto di vista di una regione importante per queste materie. Ci siamo organizzati in modo da avere SNAM “eterna” e quindi, in sequenza, cominciamo da te che sei collegato. Vorremmo sapere un po’ il tuo punto di vista, alla luce anche delle cose ascoltate adesso dalla dott.ssa Berlingerio. Quali sono le iniziative? Come si fa a tenere in sicurezza questo sistema energetico? Voi cosa fate?
Mazzitelli. Bene, allora innanzitutto ti ringrazio e ringrazio tutti per il gentile invito. Per me è un grande piacere essere qui con voi oggi a parlare di sicurezza energetica, un tema che, come sapete, ultimamente ha molto animato il dibattito politico sia nazionale che comunitario. Ci siamo trovati, ricorderete, alcuni di voi ricorderanno, qui a Rimini due anni fa a discutere su come affrontare una situazione di crisi mai conosciuta in passato, interrogandoci su quali azioni avremmo potuto porre in essere per garantire forniture sicure a famiglie e imprese italiane. Abbiamo tratteggiato possibili interventi di breve, medio e lungo termine che avrebbero coinvolto tutte le linee di business su cui SNAM opera. Ci ritroviamo oggi a riparlarne, con soddisfazione, la soddisfazione di aver trasformato quelle idee in un piano industriale già in fase di avanzata esecuzione, già in buona parte realizzato, indubbiamente provati dagli effetti economici e sociali della crisi, ma certamente arricchiti da nuove consapevolezze. La sicurezza energetica non può essere improvvisata, ma va programmata e costruita per tempo. La sicurezza energetica non può essere delegata al mercato, ma va coordinata centralmente dall’intervento pubblico coadiuvato dall’operatore di sistema. La sicurezza energetica non può essere risolta nella transizione energetica, un processo quest’ultimo che si sta rivelando molto più complesso di quanto si credeva. In altri termini, vedete, la sicurezza energetica intesa come disponibilità di energia a prezzi sostenibili è un bene essenziale, e sottolineo l’aggettivo essenziale, che ricorre per la collettività e che va costruito con scelte coraggiose e lungimiranti, anche se volte impopolari. In un contesto caratterizzato da situazioni di tensione senza precedenti: alta stabilità geopolitica, alta volatilità dei prezzi, alta variabilità climatica, abbiamo elaborato un programma di investimento poderoso. Guerre, prezzi e clima. Tre emergenze concomitanti che hanno messo a dura prova il sistema energetico comunitario e che costituiscono i tre principali driver sottostanti gli interventi individuati da SNAM per fronteggiare questa crisi e per riportare il sistema nazionale verso un nuovo punto di equilibrio: più sicuro, più economico e più sostenibile sotto il profilo ambientale. Sì, perché gli equilibri si stanno spostando su tutti gli anelli della filiera infrastrutturale. Sul versante dello stoccaggio abbiamo, negli ultimi due anni, progressivamente modificato la gestione di questo asset, storicamente utilizzato per assicurare la modulazione stagionale dei consumi tra estate e inverno, con cicli di riempimento, che potevano anche essere parziali, e cicli di svuotamento pressoché totali. A seguito della crisi, il portafoglio dei nostri servizi è stato ampliato con l’obiettivo di massimizzare le iniezioni nel periodo estivo e di limitare le erogazioni nel periodo invernale. Questo nuovo assetto nella gestione degli stoccaggi, sempre meno stagionale e sempre più assimilabile a funzioni di riserva strategica, si è rivelato essenziale per la sicurezza non solo in termini di maggiore disponibilità della fisica di sport, ma anche per gli effetti di stabilizzazione sui livelli di prezzi. Anche per quest’anno le attività di riempimento stanno procedendo molto bene. In questi giorni abbiamo raggiunto un livello di scorte di circa il 92%, superiore rispetto alla media europea e con più di due mesi di anticipo rispetto al previsto. Puntiamo a raggiungere, fino a ottobre, una giacenza nel sistema di stoccaggio italiano prossima a 14 miliardi di metri cubi, livello nuovamente superiore rispetto al record di riempimento dello scorso anno. Questo ci consente di affrontare il prossimo inverno sicuramente con fiducia. Sul fronte della rigassificazione, a maggio 2023, in tempi serrati, abbiamo messo in esercizio le unità galleggiate FSRU, Golar Tundra, a Piombino, ed entro fine anno saranno completate le opere per la connessione di una seconda unità galleggiante, la BW Singapore, nel sito offshore di Ravenna. Queste infrastrutture sono state posizionate in prossimità del baricentro dei consumi italiani, per non appesantire il trasporto interno, e in due diversi versanti costieri, quello tirrenico e quello adriatico, per diversificare il rischio di condizioni meteorologiche avverse. Anche per i rigassificatori si stanno trovando nuovi assetti nelle modalità di utilizzo. Infrastrutture che in passato venivano usate come risorse di flessibilità, ovvero come asset volti ad accogliere di volta in volta opportunità commerciali su vari mercati regionali, stanno invece assumendo sempre più caratteristiche di approvvigionamento stabile di più lunga durata per la copertura della domanda e dei consumi finali. Funziona e questa tradizionalmente assolta dai gasdotti. Le vendite di capacità in passato molto basse di rigassificazione, intendo, negli ultimi due anni si sono attestate ben oltre l’80%. Le capacità di rigassificazione di Piombino sono state vendute al 100% nell’anno interno di concorso, al 95% nei prossimi due anni termici e all’86% per i prossimi 20 anni. In autunno faremo la stessa cosa anche per Ravenna. Quindi, a partire dal prossimo anno, la capacità di rigassificazione italiana quasi raddoppierà, raggiungendo i 28 miliardi di metri cubi, pari circa al 45% dei consumi italiani.
Venendo alla rete di trasporto, in tempi accelerati abbiamo avviato la realizzazione di importanti interventi di sviluppo del sistema di importazione nazionale. La realizzazione della linea Adriatica, unitamente all’interconnessione delle due nuove navi, consentirà di restituire al nostro Paese indipendenza energetica rispetto alla principale fonte di approvvigionamento. Nel 2021, il gas proveniente dalla Russia costituiva circa il 40% delle importazioni. Nel 2022 questo contributo è stato dimezzato al 20% e nel 2023 è stato praticamente azzerato attestandoci intorno al 4%. Vedete, un risultato straordinario reso possibile dalla rapidità di intervento delle nostre istituzioni, il Ministero e l’Autorità, dalle flessibilità infrastrutturali degli asset di SNAM nonché dal portafoglio di approvvigionamento molto diversificato che non ha eguali in Europa, potendo appunto fare leva su ben sette distinte direttrici di importazione: dalla Russia, dal Mare del Nord, dall’Algeria, dall’India, dal Caspio, dal GNL, che significa sostanzialmente tutto il mondo, inclusi gli Stati Uniti, e non ultima la produzione nazionale, che in questi giorni ha visto l’entrata in esercizio della piattaforma Cassiopea nel nuovo campo offshore nel canale di Sicilia. E qua anche la rete ha dovuto trovare e sta cercando nuovi punti di equilibrio, dovendosi adattare a un vero e proprio ribaltamento dei flussi che precedevano. In poco più di un anno siamo passati da un sistema a trazione anteriore, cioè alimentato da nord, a un sistema a trazione posteriore, ovvero alimentato da sud, saturando tutte le capacità disponibili lungo questa direttrice. Ma il nostro lavoro non è finito, non vogliamo creare nuove dipendenze e dunque stiamo costruendo un sistema infrastrutturale a trazione integrata, che rende possibili rapidi adattamenti a variazioni anche significative dei flussi di importazione, da nord a sud, da gasdotto a GNL e viceversa. Queste evoluzioni, profonde del contesto esterno, hanno dato impulso anche all’iniziativa di più lungo termine funzionali alle transizioni energetiche, nell’ambito delle quali sono state accelerate le valutazioni per un’evoluzione del sistema infrastrutturale verso una logica multivettoriale: il disegno di una prima dorsale dedicata al trasporto di idrogeno, il cosiddetto SoutH2 Corridor che collega l’Africa con la Baviera, lo sviluppo di una prima rete di trasporto di CO2, nuovi criteri di connessione degli impianti di biometano, i primi impianti di elettrificazione distribuiti per il recupero del surplus energetico, tutti questi sono elementi fondanti di questa evoluzione e la qualità di questi progetti è stata recentemente riconosciuta anche a livello europeo con lo status di progetti di interesse comune. Ciò ormai è un ampio consenso sul fatto che il mix energetico del futuro sarà costituito per il cinquanta per cento da elettroni e per il restante cinquanta per cento da molecole verdi decarbonizzate, quali il biometano, l’idrogeno, i gas sintetici e il gas naturale accoppiato a sistemi di cattura e stoccaggio del carbonio. Gli sviluppi infrastrutturali che stiamo realizzando per rafforzare la sicurezza energetica di oggi sono riutilizzabili con opportune modifiche anche per raccogliere i nuovi vettori energetici decarbonizzati di domani. Concludo quindi il mio intervento con un’ultima riflessione. Ogni crisi, anche la più distruttiva, contiene al proprio interno i segni per una rinascita, nuove possibilità per costruire nuovi equilibri e aprire nuove prospettive. Il razionale strategico degli interventi che stiamo realizzando è certamente riconducibile alla necessità di dare una risposta rapida all’emergenza degli ultimi anni, ma nello stesso tempo esprime l’ambizione di voler restituire una nuova centralità all’area del Mediterraneo nel più ampio contesto energetico globale. Il Mare Nostrum e l’Italia, con i suoi porti e le sue coste, saranno a crocevia di flussi energetici di gas e molecole verdi, sempre più prodotti in prospettiva non solo con il vento del Mare del Nord, ma anche con il sole del nostro Sud. Grazie per l’attenzione.
Frosini. Grazie, Gaetano. Grazie. Grazie perché ci hai convinto. Ci hai molto convinto e pensiamo che tu possa fare anche il divulgatore dell’energia. Veramente uno straordinario set di argomenti molto interessanti. Eppure io penso che, pare che vada tutto bene, perché siamo molto convinti di quello che tu ci hai raccontato, però ci riprovo anche con l’ingegnere Napolitano, perché poi a un certo punto Mazzitelli diceva che c’è una questione che riguarda l’annosa vicenda delle rinnovabili, e quindi una vicenda proficua, annosa, proficuamente annosa, e anche la modalità con la quale possiamo far fronte al loro alloggiamento nelle nostre reti. È anche un tema che è stato un po’ sfiorato precedentemente da entrambi i nostri relatori, cioè questo tema della rarità delle materie prime. Quindi riproviamo anche con l’ingegnere Napolitano: alla fine come si fa a garantire la resilienza di questo sistema? E come si fa eventualmente anche a trovarci pronti all’appuntamento con il reperimento di queste materie in modo tale che si possano utilizzare proficuamente?
Napolitano. Grazie per la domanda e buongiorno a tutti. Saluto gli illustri relatori e ringrazio gli organizzatori di questo panel per aver acceso i riflettori su una tematica così importante e di stringente attualità. Gli avvenimenti geopolitici degli ultimi anni hanno mostrato come lo sviluppo delle interconnessioni tra i sistemi elettrici nazionali europei e, più in generale, del bacino del Mediterraneo sia la chiave per costruire un sistema elettrico più sicuro, più sostenibile, più economico, più resiliente, quindi per risolvere un po’ questa sfida che noi chiamiamo del trilemma energetico, cioè sicurezza, economicità e sostenibilità, in vista appunto degli obiettivi di decarbonizzazione e delle milestone che abbiamo del 2030-2050. Negli ultimi mesi abbiamo assistito a questo incremento esponenziale della produzione di energia da fonti rinnovabili. Da gennaio a giugno 2024, in Italia, abbiamo segnato questo record storico per il Paese del sorpasso della produzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili rispetto alle fonti fossili. È un trend europeo, però è un po’ la performance dell’idroelettrico, dell’eolico, del fotovoltaico. Questa crescita esponenziale della produzione ha avuto una corrispondenza sugli investimenti. La capacità installata da fonti rinnovabili è cresciuta esponenzialmente, quindi in meno di 4 anni, da 1 gigawatt a 6 gigawatt all’anno di capacità installata. E gli investimenti sulla rete di trasporto in alta e altissima tensione sono cresciuti altrettanto esponenzialmente. Terna, per esempio, nell’ultima semestrale ha annunciato un incremento degli investimenti di più di un miliardo di euro rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, quindi più del 25%. Tornando alla domanda e anche al tema del panel, il Ministro Pichetto Fratin già al convegno a Selinunte del MEDREG, cioè delle autorità regolatorie dell’energia elettrica, aveva sottolineato il ruolo e l’importanza del Mediterraneo e dell’Italia nel Mediterraneo con l’opportunità di diventare il ponte energetico fra Nord Africa, Nord Europa e Est e Ovest del bacino del Mediterraneo. Per fare questo, il Ministro sottolineava, è necessaria la cooperazione strategica fra i Paesi. Terna, che è parte integrante del sistema Paese, è l’autostrada che trasporta, sempre per parlare un po’ più semplicemente…
Frosini. Certo, poi io ho un debole per Terna, essendo un ex ternano, lo confesso.
Napolitano. Quindi lo sviluppo della rete di trasporto abilita la transizione energetica. Terna, che è parte integrante del sistema Paese, può essere proprio il braccio operativo per l’attuazione di questo disegno strategico che mette l’Italia al centro dell’hub energetico del Mediterraneo. Nei progetti di piano industriale di Terna, anche questo è un piano da record, 16 miliardi e mezzo nell’arco di piano 2024-28, tra i progetti strategici parlando di cooperazione e di come possiamo intervenire per realizzare il disegno strategico italiano di metterci al centro dell’Europa come ponte dell’energia, uno dei progetti strategici è questo che chiamiamo Elmed, che è il collegamento tra Tunisia e Italia, tra la penisola di Capo Bon e Partanna in provincia di Trapani. Si tratta di un progetto che geopoliticamente e anche tecnologicamente è molto strategico. Si tratta di un collegamento di 220 chilometri, di cui 200 sottomarini, 600 megawatt di capacità, 500.000 volt di tensione, e raggiunge profondità record di 800 metri. È un progetto il cui costo dell’opera, che è 850 milioni, è finanziato per la prima volta da un Grant europeo verso un paese terzo della comunità. Questo ha significato quanto sia di interesse, è definito un progetto di interesse comune per la comunità europea, però il Consigliere Diplomatico del Presidente del Consiglio Fabrizio Saggio, audito dalla Camera, ha riferito che questo è un progetto che è inserito perfettamente nel piano Mattei e suscita l’interesse degli Stati Uniti e della Comunità Europea, tant’è che è un progetto che è finanziato per 307 milioni di euro dal grant europeo. Ma per la parte di STEG, che è l’operatore omologo di Terna in Tunisia, quindi parliamo di cooperazione strategica, questo collegamento, infatti, viene realizzato insieme alla Società Tunisina dell’Elettricità e del Gas, appunto STEG, la cui parte è finanziata dalla Banca Mondiale e dalla Banca di Ricostruzione Tedesca, questo a significare quanto l’opera sia strategica. Quest’opera abilita la riduzione di 200 tonnellate di CO2 all’anno, quindi va assolutamente nella direzione di aiutare alla sostenibilità dell’opera. L’obiettivo è quello di incrementare la capacità di interconnessione tra Nordafrica e il continente europeo e quindi anche la sicurezza dell’approvvigionamento delle fonti. Il piano di Terna è il piano della Twin Transition, quindi della duplice transizione energetica-digitale, però è anche il piano in cui l’architrave è la transizione giusta, cioè la Just Transition. E la cooperazione strategica con i Paesi dell’Africa è assolutamente un tema che va in questa direzione, tant’è che il nostro amministratore delegato, l’ingegnere Di Foggia, ha già annunciato che insieme al progetto Elmed lanceremo in autunno un progetto di responsabilità sociale di impresa, che è il Terna Innovation Zone, un Open Innovation Hub a Tunisi, dove ci saranno degli spazi fisici in cui uno dei filoni sarà quello della formazione del personale di STEG, che si trova ad esercire per la prima volta un collegamento in alta tensione a corrente continua, che è questa tecnologia innovativa di trasmissione. Un altro filone sarà quello dello sviluppo dell’innovazione in termini proprio di mindset, quindi di incubazione e di accelerazione di startup, ed infine il terzo filone sarà quello dello sviluppo dei talenti localmente, perché un tema appunto in Tunisia è quello dell’altissimo turnover e della migrazione dei talenti.
Frosini. Ottimo, grazie. Grazie Carla. Ricapitoliamo un attimo. Abbiamo ascoltato il punto di vista della dottoressa Berlingerio, che rappresenta una regione e ci ha detto più o meno cosa stanno facendo. Snam e Terna ci hanno raccontato un po’ come intendono implementare le loro attività a servizio della decodifica di questo fabbisogno. Sono due aziende ma hanno una sorta di pelle istituzionale, svolgono anche un ruolo a servizio del sistema e le cose che ci hanno descritto Gaetano e Carla, l’ing. Mazzitelli e l’ing. Napolitano, sono tutte quelle attività complesse che questi due TSO fanno a servizio anche degli operatori, che a loro volta svolgeranno un ruolo per gli utenti finali. In questo contesto, spero sia chiaro, arrivano gli operatori. Abbiamo la presenza di Fabrizio Accarino, di Enel e di Marco Bernardi. Io comincerei da Marco Bernardi, che ho il piacere di ospitare qui insieme a tutti voi, perché sulla strategia descritta, Marco, il contesto difficile, le tensioni geopolitiche, quindi la necessità di fare le cose che Carla adesso ci ha ben descritto, cioè devo realizzare delle infrastrutture, devo farlo in modo tale da portare qui tutto quello che mi occorre. In questo contesto poi ci sono state delle straordinarie cavalcate, penso alla tua azienda, Illumia. Illumia era un operatore più piccolo anni fa, siete cresciuti tanto. Avete vinto delle aste recentemente, che sono quelle organizzate per gli approvvigionamenti e un certo numero di lotti, non ricordo quanti, ma comunque siete una grande realtà del panorama. Mi chiedevo se questo tipo di strategia che gli altri ospiti hanno un po’ lumeggiato sia in qualche modo stata anche un po’ funzionale, abbia avuto un ruolo nello sviluppo di operatori che hanno cominciato la loro vita più piccoli e che invece sono diventati operatori a pieno titolo nel panorama nazionale.
Bernardi. Buongiorno a tutti e grazie per questo gradito invito. Disegnare una strategia per un operatore elettrico delle nostre dimensioni è sempre complesso e necessita sempre in qualche modo di un buon tasso di agilità perché i cambiamenti del settore elettrico sono sempre molto repentini, però se dovessi dire la prima condizione, una precondizione per disegnare una strategia, è quella di crearsi una visione personale, aziendale del contesto di mercato. Possibilmente una visione che parta dai dati di realtà e non da quello che si desidera. C’è sempre questo trade-off piuttosto complesso, perché sembra banale, sembra semplice, forse un po’ scontato, ma credo che non lo sia. D’altra parte sappiamo che ci sono due visioni abbastanza diverse, per esempio sulla transizione energetica. C’è chi, come l’Agenzia dell’energia di Parigi, dice sostanzialmente che la transizione energetica sta galoppando a gonfie vele, trainata dalla produzione rinnovabile che aumenta in doppia cifra, e chi, e io mi metto, diciamo, su questo secondo gruppo, invece, guarda questa transizione in maniera un po’ più cauta, un po’ più realista, cercando di guardare i dati di realtà. D’altra parte, l’Energy Institute proprio qualche settimana fa ha pubblicato alcuni dati, a mio parere, abbastanza chiari a livello mondiale. I consumi energetici mondiali stanno aumentando, più di quello che si pensava, più del 2%. Le materie prime a livello mondiale di produzione per l’energia elettrica nel ranking prevedono ancora il petrolio al primo posto, che è sempre ben consolidato, e anche il carbone, che in valore assoluto addirittura cresce. È vero però che c’è un aumento della produzione rinnovabile, soprattutto degli investimenti nel rinnovabile, ma questo avviene soprattutto nelle economie avanzate. Da un certo punto di vista dove, lasciatemi dire, c’è meno bisogno, nel senso dove la domanda elettrica sta diminuendo. In realtà le emissioni sono tutte nella parte sud del mondo dove questi investimenti non avvengono. In Italia e in Europa la situazione non è molto diversa. C’è stato un interessante articolo di due ricercatori dell’Enea qualche giorno fa, che cerca di indagare se l’impatto delle due crisi, pandemica e ucraina, nel settore elettrico ha creato dei cambiamenti che sono diventati poi strutturali. Le conclusioni sono piuttosto interessanti, perché da una parte si fotografa il fatto che in questo quadriennio, dal 2019 al 2023, effettivamente c’è stata una riduzione shock dei consumi e conseguentemente fino al 10% delle emissioni. Ma poi facendo un’analisi, uno step ulteriore, quello che emerge da questa ricerca è che ciò che ha trainato giù i consumi non è diventato poi comportamento strutturale, cioè sono tutti fattori esogeni. Ciò che ha portato in basso i consumi sono effettivamente la chiusura delle aziende per la pandemia, una temperatura più mite sopra le medie, i prezzi alti della crisi dell’Ucraina, non è diventato un cambio di abitudine strutturale e allora normalizzando i numeri si vede che addirittura siamo più indietro del 2019 nel raggiungere gli obiettivi del 2030. Quindi ci sono due visioni: chi pensa che bisogna continuare ad alzare l’asticella degli obiettivi, magari posticipando le deadline, e chi invece pensa che forse bisognerebbe cambiare. Questo è importante saperlo nella creazione di una strategia, perché sennò diversamente, se non si cerca l’essenziale, se non si guarda la realtà per com’è, quello che emerge come criterio è sempre una deriva un po’ ideologica. E questo diversamente da quello che si può pensare è molto più vicino alla vita delle imprese di quello che magari abbiamo immaginato. Piccolo aneddoto della nostra realtà: noi abbiamo un’azienda all’interno del gruppo a cui appartiene Illumia che è nata 4-5 anni fa, si occupa di vendita di gas nel mercato finale. Quando è nata, ha voluto costituirsi come società benefit, che, come sapete, è una società che nel proprio oggetto sociale dichiara di conseguire obiettivi di profitto ma anche una diffusa socialità e sostenibilità. Ogni anno poi c’è un certificatore esterno che deve verificare e misurare il raggiungimento di questi obiettivi. E, giustamente, ogni anno, proporzionalmente alla crescita dell’azienda, sollecita, pungola l’azienda affinché questi obiettivi vengano aumentati. Quello che è successo l’anno scorso è che dopo una fase di startup e una crescita importante di questa azienda, il certificatore, non trovando strumenti più semplici per la riduzione delle emissioni, ha pensato bene di vincolare la certificazione alla riduzione della vendita di gas stesso, cioè sostanzialmente ci ha chiesto di cambiare business, ci ha chiesto di chiudere nel lungo periodo: l’unico modo per non inquinare è smettere di vendere quello che stai vendendo. Allora si capisce che è una deriva evidentemente ideologica questa e, ovviamente, non abbiamo chiuso l’azienda, però abbiamo chiuso il contratto con il certificatore e ne abbiamo trovato un altro un po’ più ragionevole e meno ideologico. C’è un noto economista brillante che si chiama Hirschman che dice che una buona idea è tale quando incoraggia. E’ chiaro che queste idee non incoraggiano. Ecco allora che, tornando a Illumia, quello che abbiamo fatto in questi quattro anni di crisi è sì cercare di trarre qualche lezione da un momento particolarmente complesso. Abbiamo tirato fuori tre linee guida che in modo molto umile e prudente abbiamo cercato e stiamo cercando di perseguire. Il primo è che nei momenti di crisi l’asset migliore sono sempre i clienti. Se sei stato in grado di costruire una relazione con loro, sembra controintuitivo. In un momento di crisi il cliente è meno disponibile a pagare, più attento al prezzo, ma la nostra esperienza dice che se si è creato un dialogo in quello spazio c’è la possibilità di non vedere il prezzo come unica variabile, c’è la possibilità di spiegare. E allora questa è stata la chiave, per esempio, per essere l’unico operatore indipendente italiano a partecipare a quelle aste che citavi tu prima e passare da 500 mila clienti a un milione di clienti. Questo è il nostro cambio pelle del 2024. La seconda linea guida è che le tensioni geopolitiche non sono un’eccezione ma sono la regola nel nostro settore e questo l’abbiamo visto soprattutto nel 2022 ma è una caratteristica che ci portiamo dietro ormai da 15 anni. E allora per la prima volta, forse perché la botta è stata più forte, abbiamo capito che forse dovevamo metterci un po’ in discussione, per cui quello che abbiamo fatto è di creare un modello di business sostanzialmente opposto a quello che abbiamo avuto fino all’anno scorso, cioè sostanzialmente noi siamo sempre stati un grossista puro e abbiamo deciso di essere meno dipendenti dal mercato e dalla sua volatilità, anche per dare più stabilità ai clienti, e quindi di entrare nella produzione rinnovabile, scontrandoci poi con tutte le contraddizioni della transizione. Perché se da una parte vengono giustamente sponsorizzati questi interventi, poi capita di costruire impianti e di dover aspettare tre anni per l’allaccio, quindi cose da terzo mondo. Ultimo, intelligenza artificiale, nuove tecnologie. Anche qui, quello che noi abbiamo capito, che pensiamo di capire anche qui con grande umiltà, è che nel nostro settore forse l’applicazione migliore per queste nuove tecnologie è l’analisi dei dati e non la sostituzione di persone che gestiscono i clienti. Se vogliamo tenere una relazione, la relazione deve essere umana. E allora, da qualche anno, ormai come tanti, abbiamo visto questo incremento delle rinnovabili e ci siamo dotati quindi di professionalità ed expertise in grado di utilizzare l’intelligenza artificiale per cosa? Innanzitutto per fare previsioni meteorologiche. Se le rinnovabili aumentano, la capacità di prevedere piovosità, irraggiamento, ventosità, ti dà la possibilità, allora, di poter prevedere la creazione del prezzo dell’energia in Italia e questo ti crea efficienza negli acquisti e quindi puoi creare, come è accaduto negli ultimi anni ed è stata una leva di crescita, spazi di extra marginalità che poi vengono condivisi tra cliente e azienda. Quindi, per rispondere nel merito alla tua domanda, sì, i momenti di crisi possono essere una leva per la crescita, a patto che succeda quello che dice Einstein, cioè che non c’è merito senza crisi, cioè deve esserci una disponibilità a mettersi in discussione e a non essere pigri.
Frosini. Grazie Marco, grazie, molto chiaro ed è un punto di vista di estremo interesse. Peraltro, io condivido molto questo, taluni ideologismi energetici rischiano, se non contemporaneamente adeguati, di non far bene al nostro sistema, perché tutti vogliamo la transizione energetico-climatica, poi non sempre siamo disposti a sopportare talvolta il prezzo che deve essere pagato per portarla avanti. Ed in questo senso approfitto della presenza di Fabrizio Iaccarino, che so di poter stimolare e provocare anche in modo un po’ più diretto (sempre tenendo presente che lo spieghiamo a tutte le persone che vogliono un po’ sapere): da una parte vogliamo la transizione, quindi vogliamo ridurre le emissioni, magari azzerarle, vogliamo fare delle cose che vanno in questa direzione e dall’altra abbiamo tutta una serie di problematiche, talvolta di carattere normativo e regolatorio, ma anche ambientali. Allora, contemperare questi due aspetti mi sembra essenziale, anche per quello che diceva adesso Marco. Enel che cosa fa? Perché poi quello che fa Enel molto spesso è quello che noi registriamo come impatto nelle nostre abitudini e nel prezzo anche talvolta dei nostri consumi.
Iaccarino. Grazie Giuliano, buongiorno a tutti. Credo che questa bella moderazione abbia fatto emergere una cosa per partire dal nostro ragionamento: il fatto che tutto sommato forse siamo messi meno peggio di quanto crediamo in Italia, perché tutto sommato abbiamo un sistema emerso con regioni ben governate e illuminate, abbiamo degli operatori dei TSO sia nel gas che nell’elettricità che comunque sono ai primissimi posti sempre in Europa per classifiche, performance e quant’altro. Abbiamo degli operatori agili molto illuminati come il collega che mi ha preceduto. E abbiamo anche un’azienda come Enel, insieme ad altre aziende, che prova a dare il suo contributo in questo scenario, che è sicuramente uno scenario complesso, è inutile nasconderlo. È da qualche anno che ci siamo resi conto di quanto sia importante l’energia, l’energia elettrica nel nostro caso in particolare, i costi. Siamo diventati più abituati a sentire parlare di mix, di produzione, di approvvigionamenti, riverberi suoi prezzi. Abbiamo anche una regolazione tra le migliori, io qui vedo Guido Bortoni, che è stato Presidente d’autorità, Capo del Dipartimento energia del Ministero e che ha contribuito a fare del sistema italiano, un sistema molto ben regolato, una regolazione raffinata che oggi siamo anche in grado di esportare addirittura, penso al piano Mattei, al sud del Mediterraneo. Il ruolo di Enel è un ruolo innanzitutto di abilitatore di questa transizione. Noi abbiamo nell’ambito del nostro gruppo innanzitutto un piano industriale che dal 2024 al 2026, a livello mondiale, Enel ormai è una multinazionale presente in 28 paesi, investe 36 miliardi, ma è una multinazionale italiana e quindi oltre 17 di questi miliardi vengono investiti in Italia. E di 17 miliardi, non a caso, ben 12 sono dedicati alle reti di distribuzione di energia elettrica. La collega di Terna ha parlato di autostrade e noi siamo le strade provinciali, le strade che arrivano fin dentro le vostre case. Dodici miliardi di investimenti in questi tre anni, perché? Perché per fortuna, Enel nel tempo ha iniziato a investire per rendere possibile quello che sta avvenendo oggi. Noi siamo passati da circa 50.000 connessioni, allacci di impianti alle fonti rinnovabili di piccola taglia all’anno, che era la nostra media di lavoro, negli ultimi due anni a 360.000 l’anno e anche quest’anno stiamo andando a questo ritmo. Significa che allacciamo mille impianti al giorno, uno ogni minuto e mezzo. Una cosa straordinaria che è possibile solo grazie alla digitalizzazione, investimenti in resilienza, tutte cose appunto favorite da un sistema che è molto strutturato, quello italiano, e su cui dobbiamo continuare ad andare avanti. Siamo in grado di contribuire a spendere bene i soldi del PNRR, 4 miliardi di questi 12 vengono da risorse PNRR. E quindi innanzitutto un ruolo di abilitatore, un ruolo di abilitatore anche del cliente, abbiamo anche un’anima appunto che si interessa evidentemente a vendere, a relazionarsi con il cliente in modo diretto, un ruolo di abilitatore innanzitutto di una consapevolezza di quanto sia importante appunto consumare bene, il tema dell’efficientamento, la spinta verso l’autoproduzione che oggi rimane probabilmente l’unico vero appiglio in questo mondo così complicato e soggetto a queste fluttuazioni: chiunque ha un tetto, che sia un’impresa, che sia un singolo, ha la possibilità di farlo. A mio avviso è veramente illuminato il fatto di poter realizzare un impianto che contribuirà a stabilizzare i propri costi, cosa che può poi assumere una dimensione sociale. Tu hai citato le comunità energetiche rinnovabili, che più che uno strumento per l’abbassamento dei prezzi generalizzato, sono comunque uno strumento di sostenibilità molto importante, se ne parlava qui con gli amici del Meeting nei giorni scorsi. Quindi, cosa fa Enel? Enel investe, Enel prova ad accompagnare il Paese, come nel nostro spot raccontiamo, accompagniamo la storia del Paese anche in questa evoluzione così complicata, turbolenta, dando tutta la propria affidabilità, tutte le proprie competenze. È un’azienda che ha grandi competenze, continua ad averne di veramente solide, e dialoga anche con le istituzioni. Abbiamo le autorità, i rappresentanti della Regione Puglia, del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, in qualunque paese siamo presenti. Questo è qualcosa di cui abbiamo preso consapevolezza oggi, essendo in 28 Paesi, avendo situazioni importanti anche in altri Paesi, penso al Brasile, penso alla Spagna, quanto sia importante dialogare con l’istituzione in modo costruttivo nel rispetto dei ruoli per provare a contribuire a creare un sistema che sia sempre più efficace, solido e che risponda soprattutto all’unica cosa che conta, all’essenziale vero, che è l’interesse del cittadino e del nostro cliente.
Frosini. Grazie Fabri, anche nel tuo caso è molto chiaro. Quindi, diamo una veste a questo nostro dibattito. I territori hanno delle esigenze. La dottoressa Berlingerio l’ha spiegato bene, in modo molto chiaro: a queste esigenze bisogna fare fronte. I sistemi di trasmissione costruiscono infrastrutture, quindi Snam e Terna, gli operatori ci dicono che devono avere un occhio particolare alla transizione energetico-climatica, quindi alle fonti rinnovabili con tutte le descrizioni fatte sia da Marco che da Fabrizio e quindi questa dicotomia è sicuramente oggetto di una sintesi molto interessante. Considerate che da poco tempo il Ministero dell’Ambiente ha incorporato una parte, quella dell’energia, che storicamente era allocata nell’ambito del vecchissimo Ministero dell’Industria, poi diventato Ministero dello Sviluppo Economico. E quindi qui abbiamo l’avvocato Mario Antonio Scino, che ringrazio veramente tanto, insieme a tutti i nostri ospiti, il quale magari può spiegarci con le sue conclusioni, come si fa a risolvere questa dicotomia. Da una parte la realizzazione delle infrastrutture che ci servono per portare gas, energia, come Elmed e altri grandi progetti e dall’altra il problema di come contemperare le istanze che provengono dalla transizione. Cioè, come si mettono insieme queste cose, Antonio?
Scino. Buongiorno, quasi buon pomeriggio, diciamo, siamo a cavallo tra il buongiorno e il buon pomeriggio. Quindi è un piacere essere qui di nuovo al Meeting. I messaggi che si devono dare al Meeting sono diversi da quelli di un convegno specialistico di settore e ci tenevo a portare questo malloppo che è il PNIEC, un documento di programmazione economica per il prossimo quinquennio, cioè disegna le traiettorie per l’energia e il clima dei prossimi cinque anni, che è stato notificato a Bruxelles il 30 giugno di quest’anno. Ha dietro un lavoro che proviene dall’anno scorso: c’è stato un parere della Commissione Europea sulla bozza del PNIEC che ha visto partecipare attivamente tutti gli attori che ruotano intorno ai temi di cui ci occupiamo questa mattina in questo panel. Seguirà poi un ulteriore esame, ci sono i tempi supplementari anche per il PNIEC, perché c’è la VAS, cioè la Valutazione Ambientale Strategica, che verrà eseguita entro fine anno e che terrà conto di alcuni aspetti, ma io penso che sugli scenari, sulle cifre qui indicate, non avremo degli scossoni. C’è da dire subito che la VAS (a cui lavoreranno ISPRA e altri soggetti) potrebbe tenere conto del fatto che il documento presenta lo scenario PNIEC con il nucleare e senza nucleare. Nucleare inteso come ricerca del nucleare: come sapete, l’Italia è entrata nell’Alleanza nucleare da mero osservatore a soggetto attivo dell’Alleanza e anche dell’Alleanza industriale e per questo sono stati costituiti gruppi di lavoro proprio per valutare a che punto è la ricerca sul nucleare nel nostro Paese. E quindi la VAS terrà conto di questo aspetto. Ora, evidentemente, in questo documento si aderisce proprio all’obiettivo dell’Unione Europea, della Commissione Europea, di raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione e quindi di implementare le rinnovabili nel nostro Paese. C’è da dire che già il nome del Ministero, che non si chiama più Ministero della Transizione Energetica ma Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica il nome è tutto un programma, cioè le reti, la sicurezza delle reti al servizio dello sviluppo delle energie rinnovabili, delle nuove tecnologie, flessibilità, mix energetico, questi sono i driver che guidano questo documento. In qualche modo si è superato il documento del 2019. Per motivi ovvi, quelle previsioni che forse erano un po’ troppo spostate sul tutto elettrico, previsioni del 2019, hanno scontato, come dicevate voi, la pandemia, i conflitti di geopolitica, le guerre, quindi non poteva il nuovo documento non tener conto di questi scenari. Non c’è contraddizione da parte del governo nel sostenere gli investimenti infrastrutturali, soprattutto in un momento in cui lo scenario geopolitico dell’energia si sposta dall’est Europa al Mediterraneo, quindi in uno scenario nel quale il nostro Paese può giocare un ruolo di attore proprio perché l’Italia comunque storicamente è interconnessa con i sistemi europei di trasmissione della rete elettrica e del gas, a differenza, per esempio, della Spagna che nel periodo della pandemia ha potuto giocare sui prezzi dell’energia proprio per questa sua non interdipendenza della rete. Quindi, in qualche modo, c’è da dire che proprio questi due elementi, la pandemia e i conflitti, ci hanno portato a un’operazione che chiamiamo la verità, cioè un documento onesto, non si vuole dire il più bello del mondo, in cui si designano le traiettorie delle fonti di approvvigionamento energetiche, quali saranno le ricadute, quali gli scenari e, al contempo, non si tralascia lo sviluppo delle reti, proprio perché possiamo giocare un ruolo di attore nel Mediterraneo per il trasporto delle energie dal sud del mondo al nord del mondo, al nord Europa. Per lo sviluppo della rete, per esempio, lo snodo dell’Adriatico, Sulmona, quindi l’hub del gas di cui diceva prima il nostro interlocutore Snam, effettivamente è vero, ci sono stati dei dibattiti con le comunità locali, ci sono stati dei lunghi dibattiti con il Regolatore, con ARERA, perché poi questi costi hanno anche dei ribaltamenti su tariffa, per carità. Quindi il governo sta attento anche ad evitare che il prezzo dell’energia non si ribalti poi sull’utente finale e sulle imprese, soprattutto le imprese che hanno bisogno appunto di avere una certezza sui prezzi dell’energia, le imprese energivore, gasivore a cui pensiamo e nonché anche ai cittadini, ovviamente. I primi mesi di governo sono stati impiegati proprio a completare, diciamo, la coda della trattativa sul cap del gas europeo del governo Draghi, poi quelle successive, insomma, sono state dedicate ai bonus energetici per le famiglie e per le imprese energivore. Quindi il sistema delle imprese pubbliche, delle imprese distributrici è tutto volto ad assicurare che la domanda di energia venga soddisfatta ma anche con un occhio ai prezzi. Ora, mentre il gas, insomma, in qualche modo per tutta una serie di elementi tecnici che non sta a me evidenziare si è stabilizzato, il prezzo dell’energia ancora ha delle flessioni, è un po’ la conformazione del mercato elettrico con il prezzo day by day. L’Italia ha assunto una posizione anche sull’Electricity market design, questo importante documento che l’Unione Europea ha pubblicato l’anno scorso. Noi abbiamo espresso la nostra posizione come Paese cioè di mantenere quell’accoppiamento fra rinnovabile e gas nonché anche i contratti finanziari a due vie che mantengono fermo il sistema. Le infrastrutture che oggi servono per il passaggio del gas, dal Nord Africa al Nord Europa, oltre a porci al centro di una politica energetica europea, allo stesso modo danno stabilità al nostro sistema ma sono infrastrutture flessibili anche per il trasporto delle future energie, perché nel documento noi diamo valore a tutte le nuove tecnologie. Quindi l’idrogeno verde è ancora lontano, ma prima o poi arriverà. Ovviamente i prezzi sono ancora alti, la sostenibilità è ancora lontana da raggiungere rispetto all’idrogeno blu, ma le reti saranno adatte e flessibili anche per il trasporto di queste nuove fonti. Il gas si pone come ponte tra il vecchio e il nuovo e quindi il ponte della decarbonizzazione accompagna nel mix energetico la transizione e quindi non la sconfessa. È un elemento di stabilizzazione del sistema. Quindi non c’è contraddizione in questo doppio elemento. C’è da dire poi che l’Italia, come tutti i Paesi europei, è sovrana sulla sicurezza energetica. Lo dice l’articolo 194 del trattato; qui fatemi citare da giurista almeno questo, noi siamo sovrani nella sicurezza energetica. Questa sovranità ovviamente la condividiamo nei contesti europei e internazionali. Il G7 di Venaria Reale ha dato dei segnali importanti: la decarbonizzazione, l’ uscita dal carbone entro il 2035. Nei Paesi G7, l’Italia, anche grazie alla collaborazione dei territori, delle regioni interessate, la Puglia, il Lazio, l’Enel forse uscirà molto prima del 2035. Direi che ci siamo, siamo quasi in dirittura d’arrivo però c’è da accompagnare questi processi con le riconversioni dei territori. E quindi nonostante le energie rinnovabili siano energie instabili per certi versi e abbiano bisogno di molti servizi collaterali per poter essere immesse nella rete e stabilizzate, il carbone ci è servito nella fase delle guerre, della pandemia, quindi l’abbandono ormai è segnato anche dalla decisione del G7. Come sapete, le varie COP sono nate per occuparsi di clima ma ormai sono importanti appuntamenti annuali anche per i temi energetici e già la COP28 svoltasi in un Paese arabo, quindi con piena produzione fossile, ha fatto delle aperture sulla decarbonizzazione, questo ci fa capire come in qualche modo le due cose vadano a braccetto e non siano antinomiche. Quindi le nuove fonti, i biocarburanti, i biocombustibili, il biogas, l’idrogeno verde, sono tutti elementi evidenziati nel documento e le infrastrutture che il Paese sta portando avanti comunque consentono di poterle utilizzare flessibilmente anche per il trasporto, con degli adattamenti, di queste nuove fonti di energia, quindi neutralità tecnologica. Sul nucleare, ovviamente vi dirà poi il Ministro venerdì quando viene, ovviamente i referendum dell’87 e del 2013 dopo l’incidente di Fukushima hanno dato un importante giudizio su queste fonti ma nulla toglie che la ricerca possa andare avanti sugli small reactor, cioè dei mini reattori che possono supportare le stesse rinnovabili per renderle più stabili. Nel G7 a Venaria Reale si è deciso di triplicare le rinnovabili, sestuplicare gli accumuli, quindi le rinnovabili devono avere un contorno di servizi e di sistemi importanti. C’è da dire poi, e concludo, che c’è un importante aspetto di cui tenere conto quando si parla di sicurezza energetica e di rinnovabili: i cittadini, da un lato, l’accettazione che le comunità hanno delle fonti energetiche, di qualunque genere. Con il nostro ufficio stampa abbiamo realizzato, grazie al PNRR, dei programmi di cultura e consapevolezza per poter accompagnare le azioni del PNIEC e della nostra programmazione. Dall’altro c’è da negoziare con le Regioni, perché come sapete, hanno competenza in materia e dopo le riforme del titolo quinto con le Regioni dobbiamo parlare; c’è la Regione Sardegna capofila della materia energia, una regione un po’ complicata sul piano del territorio, c’è la Regione Puglia, la Regione Sicilia, la nostra ospite ci ha detto qual è la situazione in Puglia. Abbiamo individuato le aree idonee. Recentemente è stato pubblicato un documento importante di pianificazione sulle aree idonee. Qual è la geografia del nostro Paese delle aree in cui si possono sicuramente installare le rinnovabili? Le Regioni hanno 180 giorni per emanare le loro leggi regionali e quindi, in qualche modo, dobbiamo accompagnare questo processo e, insieme ai territori arrivare all’obiettivo che il 2030 ci pone e soprattutto arrivare al famoso Net Zero, un obiettivo sfidante, che non possiamo fare senza i cittadini e senza le Regioni e quindi le comunità. Quindi ci vuole un’alleanza non solo europea, ma un’alleanza stretta tra i vari livelli di governo; occorre un impegno serio anche perché l’Europa ha appena approvato la RED III, una direttiva comunitaria sulle rinnovabili con aree di superaccelerazione che è una milestone del PNRR che dobbiamo attuare altrimenti perdiamo soldi del PNRR, quindi siamo vincolati. Allo stesso modo, all’Europa, in sede di riesame del PNRR, dovremmo chiedere un allentamento o un ripensamento della milestone sulle concessioni elettriche, un asset strategico del nostro Paese a cui dobbiamo prestare grande attenzione sia in termini di produzione di energia che, soprattutto, di equilibrio del sistema ambientale perché gli accumuli di acqua che garantiscono i sistemi idroelettrici sono importanti per il nostro Paese come abbiamo visto due anni fa con la siccità, quando è stata istituita la figura del Commissario. Quindi, alleanza con i territori, non ideologia sulle fonti. Il gas non è il nemico, è molto meno inquinante rispetto al petrolio e al carbone ed è il ponte verso la transizione.
Frosini. Grazie Antonio! Incombe l’orario di pranzo, però ringrazio molto tutti. Antonio ci ha raccontato bene questa cosa così mettiamo le basi per un prossimo appuntamento: dal punto di vista della sicurezza possiamo stare sicuri, questo ci hanno raccontato un po’ tutti; dal punto di vista dei costi, insieme alle istituzioni cercheremo di vigilare, così faremo un ciclo di incontri che ci consenta di verificare un po’ che non ci siano, come dire, costi parassitari travestiti da tutte queste importanti iniziative che poi mettono mano alle nostre tasche. Qui siamo ai saluti e ringraziamenti. Voglio fare soltanto due cose velocissime: un ringraziamento particolare alle nostre due splendide relatrici, perché rispetto a noi, non soltanto in quanto tali, ma anche perché rispetto a noi hanno sopportato dodici ore di macchina per stare qui con noi presenti e tiriamo anche le orecchie a Mazzitelli che invece non l’ha fatto e quindi gli diamo di venire l’anno prossimo. Grazie. Grazie a tutti voi. Grazie a voi, popolo del Meeting. Se stiamo qua, lo sapete meglio di me, ma mi fa piacere sempre dirlo, che se stiamo qua per fare tutta questa roba, che sembra semplice, ci sono all’opera 3.000 ragazzi e non, che fanno i nostri volontari, i vostri volontari. Se potete, ricordatevi di aiutare un po’ il Meeting quando vi capita, con il Dona Ora o con le altre iniziative. Grazie per essere stati qua fino a quest’ora. Grazie.