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INVITO ALLA LETTURA. IL PAPA E IL FILOSOFO
Invito alla lettura: il Papa e il filosofo
Presentazione del libro di Alver Metalli e Alberto Methol Ferré (Ed. Cantagalli). Partecipano: Massimo Borghesi, Docente di Filosofia Morale all’Università degli Studi di Perugia; Guzmán Carriquiry, Segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina; Alver Metalli, Giornalista e Scrittore. Introduce Camillo Fornasieri, Direttore del Centro Culturale di Milano.
CAMILLO FORNASIERI:
Salutiamo e chiamiamo gli altri amici per il prossimo libro.
Presentiamo ora un libro edito dalla Cantagalli che si intitola Il Papa e il filosofo. Il libro è di Alver Metalli, che è il giornalista qui alla mia destra, e riguarda il filosofo Alberto Methol Ferré che, nato in Uruguay, ha percorso le stagioni dell’America Latina, del pensiero europeo e anche della germinazione di nuove consapevolezze, che sfociano in questo tempo che con grande sorpresa, affetto e commozione viviamo, determinato dall’altro nome che dà il titolo al libro, questo Papa Francesco, il Cardinal Bergoglio. Dico subito che questo libro, che è una lunghissima intervista di Alver Metalli con Methol Ferré, era stato editato qualche anno fa (mi pare cinque o sei anni fa) in lingua spagnola col titolo L’America Latina del XXI secolo. Questo libro che presentiamo oggi è stato presentato dal Cardinal Bergoglio nel 2009, quindi noi stiamo facendo la seconda presentazione della presentazione da lui fatta a Buenos Aires. Personalmente mi ha molto coinvolto questa proposta culturale. Ci consentirà, se seguiamo l’invito, di conoscere quella posizione umana di pensiero e di azione anche pastorale che ha contraddistinto l’America Latina e diversi Paesi, soprattutto quelli di lingua spagnola, nel corso della seconda metà del Novecento, fino agli albori di questo nuovo secolo. Methol Ferré, che è stato ospite al Meeting sicuramente due volte, e si è nutrito anche di quelle intuizioni, di quegli autori, di quegli spunti che hanno caratterizzato l’esperienza da cui nasce il Meeting, cammina nel nostro tempo offrendoci però una novità assoluta, dalle quali prende le mosse quel coraggio e anche quella novità che ha portato alla elezione di Papa Francesco. Quindi, è molto utile per scoprire quale sia il giudizio sull’uomo, sul tempo, e la differenza con quello che abbiamo vissuto negli anni ’60, ’70, ’80, in Italia e in Europa, i dibattiti, i pensieri, la fine delle ideologie, il dibattito interno alla Chiesa. Tutto questo viene ben detto da Guzmán Carriquiry, che è qui con noi, alla mia destra. È un carissimo amico del Meeting, è anche lui uruguaiano, ha lavorato e lavora presso la Santa Sede, per il Pontificio Consiglio per i Laici. Nel 2011 è stato nominato da Benedetto XVI Segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina. È questo a suggerire forse, come un momento simbolico, quell’importantissima conferenza episcopale di Aparecida – di cui forse parleremo di più fra qualche giorno con un altro libro di Filippo Santoro – che Benedetto XVI guidò e nella quale emersero tante delle riflessioni, delle consapevolezze che Methol Ferré nell’intervista con Metalli ci offre in questo libro. Ecco, poi abbiamo Massimo Borghesi che salutiamo, filosofo italiano, romano, grande amico di tanti del Meeting, che da tanti anni segue l’amicizia di Alver e di Guzmán in un dialogo con l’America Latina fitto e importante. Viene giustamente qui a presentare questa figura di Methol Ferré, perché Methol Ferré non è l’intellettuale italiano che parla e scrive e poi non lo si vede vivere, ma è una persona intera, una grandissima figura di uomo, che si è formato vivendo e leggendo, con una curiosità superiore agli stimoli e agli obblighi che dà il mondo riguardo alla necessità accademica o della ricerca. È dunque una figura di inseguitore di Cristo, del fatto cristiano. E poi, salutiamo Alver Metalli, che è giornalista, per il suo lavoro importante di fedeltà a Methol Ferré. Lascio la parola dapprima a Carriquiry, perché inquadri anche meglio di come ho fatto io l’utilità e la preziosità del volume. E perché entri un po’ anche nei punti cruciali del pensiero di Methol Ferré e in quella consonanza grande a cui non ho voluto accennare ma che c’è tra il Cardinale e Arcivescovo di Buenos Aires, Bergoglio, e quanto ci sta dicendo da quando è alla guida della Chiesa. Grazie.
GUZMÁN CARRIQUIRY:
Grazie. Compiuti i settanta anni, cominciano ad apparire minacciosi i primi segni dell’arteriosclerosi. Uno di questi è aver lasciato appeso alla porta di casa a Roma, prima di partire per Rimini, l’abito e la giacca con i quali dovrei vestirmi per gli interventi pubblici. Spero che arrivino quando sarò con il Cardinale di Perugia venerdì prossimo. Nell’interim, potete pensare che mi adeguo alla semplicità e all’informalità del Pontificato di Papa Francesco. Il Papa e il filosofo. Il Papa lo conosciamo tutti, abbiamo imparato a conoscerlo, a seguirlo, ad amarlo, è Papa Francesco. Il filosofo è Alberto Methol Ferré. Forse alcuni di voi ricordano che è stato due volte invitato qui, al Meeting di Rimini. Forse qualcuno ricorda di aver letto il bellissimo dialogo tra don Giussani e Alberto Methol Ferré, ripreso anni fa nella rivista “Trenta Giorni”. Ricordate? O forse qualcuno di voi ha letto il libro Il Risorgimento cattolico latino-americano, un compendio di articoli di Methol tradotti in italiano e pubblicati tanti anni fa da don Francesco Ricci nella CSEO, Centro Studi Europa Orientale. Dopo le sue esplorazioni missionarie nell’Europa Orientale, don Francesco Ricci guardava all’America Latina e gli sembrò importante raccogliere tutti questi testi di Methol in questo libro che è ancora molto raccomandabile. È più probabile che sappiate poco di lui, che a mio parere è il pensatore cattolico latino-americano più geniale della seconda metà del XX secolo. Methol è uruguaiano, come me, nato a Montevideo nel 1929, convertito alla fede cattolica ai 20 anni di età grazie alle letture di Chesterton. Diceva: “Da lui ho imparato che l’esistenza è un dono, così come la salvezza e la fede. Per cui si è cristiani per gratitudine”. Autodidatta, avido, intelligente lettore di teologia, filosofia, storia, scienza politica, tanto dei classici come dei moderni, Methol manifestò una sorprendente capacità di rendere ragione della fede come giudizio storico, come principio ermeneutico di tutta la realtà. Fu un appassionato latino-americano, cresciuto sotto l’influsso dei grandi movimenti popolari e nazionali dell’America Latina, grande studioso della storia del substrato culturale dei nostri popoli, l’apertura e la modernità della religiosità popolare dei nostri popoli e le loro lotte per la giustizia e per la liberazione. Fu anche un grande polemista, fu il critico più sistematico e acuto dei famosi libri di Guevara e di Dewey nei quali si teorizzava la strategia di guerriglia nell’America Latina. Nonostante ciò, alla fine dei suoi giorni fu ricevuto con grandissimo rispetto nell’isola di Cuba. Fu anche un grande critico di certe contaminazioni ideologiche della teologia della liberazione e, nonostante ciò, nel libro intervista con Alver Metalli dichiara che la Chiesa latino-americana si è liberata troppo presto dalle intuizioni profetiche che erano origine della teologia della liberazione. Io ho il merito, se si può dire così, di aver messo in contatto Alberto Methol Ferré, il mio maestro e il mio amico, maestro di una generazione nel Rio de la Plata, soprattutto, con Comunione e Liberazione, in modo particolare con don Francesco Ricci e molti altri, e dopo con il carissimo amico Alver Metalli, che sviluppò con Methol, destinato al Rio de la Plata, un’amicizia piena di affetto e di intelligenza, che si manifesta propriamente nel libro che stiamo presentando. Ho un altro piccolo merito, che è l’aver messo in contatto Alberto Methol Ferré con Augusto Del Noce: entrambi hanno appassionatamente esplorato il filone culturale del pensiero cattolico all’interno dell’evolversi della modernità, cosa che portava a Methol Ferré ad un giudizio storico sul Concilio Vaticano II come quello di una nuova Riforma e un nuovo illuminismo, tematica d’altro canto sviluppata dal Santo Padre Benedetto XVI. Il libro che presentiamo dimostra tutta la tensione di Methol Ferré non soltanto riguardo alla realtà contemporanea dell’America Latina ma anche ai nuovi paradigmi di lettura e di giudizio della scena internazionale, dopo il crollo degli schemi dominanti dopo la fase bipolare di Yalta, nel tempo del post-comunismo. Ci sono pagine importanti da leggere, da rileggere, in questo libro sul passaggio culturale dall’ateismo messianico all’ateismo nichilista libertino, destinato a non reggere, diceva Methol, per essere intrinsecamente debole, fragile e perciò richiedendo in aiuto un certo ecumenismo spiritualista, altra faccia del materialismo compiuto nel nostro tempo. Ci sono pagine importanti sulla fase di passaggio degli Stati continenti verso la mondializzazione. Methol è un appassionato dell’unità dei popoli latino-americani e dunque dell’integrazione latino-americana. Riprendeva l’idea che c’era una fase di passaggio verso la mondializzazione che passava dai grandi Stati continenti. Primo Stato continente, all’inizio del XX secolo, sono gli Stati Uniti d’America. Secondo grande Stato continente, l’Unione Sovietica, e lo sarà la Russia, che si sa ricostruire e ricomporre. Più contemporanei a noi, l’Unione Europea, nonostante il pantano nel quale si trova. Adesso la Cina, l’India. Methol era un convinto assertore del cammino dell’America Latina verso un nuovo Stato continente, la regione che conta i maggiori fattori di unità, dentro questi Stati continenti. Lui diceva che doveva passare attraverso tante mediazioni storiche ma che giocava il suo destino verso questo scopo. Mi piace ricordare anche, intorno al Papa, la profonda stima personale e intellettuale che Jorge Mario Bergoglio aveva per Alberto Methol Ferré, stima cresciuta soprattutto da parte di Bergoglio con la lettura assidua dei testi di Methol, due importantissime riviste cattoliche latino-americane dalla fine degli anni ’60 fino agli anni ’80. La prima è la rivista “Vispera” e la seconda la rivista “Nexo”. Bergoglio era un lettore immancabile di tutti i testi di Methol in queste riviste, ma era allo stesso tempo ausiliario del cardinale di Buenos Aires, Antonio Quarracino, con il quale Methol aveva collaborato durante gli anni della Presidenza di Quarracino nel CELAM e continua ad essere un amico molto vicino al cardinale Quarracino durante il tempo del suo episcopato a Buenos Aires. In questo quadro mi piace ricordare che poco prima del conclave, ad aprile del 2005, in una lunghissima intervista nel giornale argentino “La Nacion”, Methol Ferré anticipava con grande gioia la sua convinzione dell’elezione del cardinale Ratzinger alla sede di Pietro, affermando che si stava avvicinando il tempo per un latino-americano ma che ancora non era arrivato il momento. Methol morì il 15 novembre del 2009. L’elezione del cardinale Bergoglio come successore di Pietro sarebbe stata per lui motivo di profonda commozione personale e intellettuale. Si sarebbe messo a ripensare a tutta la storia dell’America Latina e alla sua realtà attuale alla luce di questo avvenimento. Lo avrebbe spinto a ricominciare, a riprendere le sue letture sul Risorgimento cattolico latino-americano. Avrebbe tenuto in conto tutto ciò che stiamo vivendo su un’America Latina emergente nel concerto internazionale e si sarebbe messo a scrivere e a condividere appassionatamente delle nuove esigenze, delle nuove responsabilità che questo pontificato porta per tutta la Chiesa latino-americana. Perciò Methol ci manca molto e questo libro ce lo fa presente, ci fa presente il suo legame e ci aiuta veramente con il suo pensiero ancora così vivo. Grazie.
CAMILLO FORNASIERI:
Pochi tratti di una pennellata, quella che Guzmán Carriquiry ha disegnato, dove ogni segmento veramente ha un grande peso. Do adesso la parola a Massimo Borghesi. Vorrei citare una piccola parte dell’introduzione che scrive Metalli quando, citando quella presentazione del cardinal Bergoglio nel 2009 del libro L’America Latina del XXI secolo, che presentiamo oggi, Bergoglio sottolineava come il soggetto della metafisica di Methol Ferrè, il soggetto dell’indagine, dello studio, del rapporto tra l’io e il suo destino, sia il soggetto del cristianesimo, della cultura cristiana. Questo apre le porte all’universale concreto, cioè mette al centro l’esperienza dell’io. E questo mostra che il problema di Dio non si può porre al di fuori di un popolo. È il tratto di una contaminazione positiva tra quel passaggio di relazioni che Carriquiry ha raccontato tra Methol Ferré, don Ricci, don Giussani, Metalli, le persone dell’America Latina e fa uscire da un dibattito schematico che aveva sempre polarizzato qua da noi l’attenzione tra laicità e fede, tra religiosità e mondo moderno, individuando invece nell’esperienza umana, nel popolo, nell’io, il punto di interesse e di bellezza per la Chiesa. Vorrei che Borghesi potesse rintracciare anche questo snodo nella grande intuizione di Del Noce che il dibattito non è più tra marxismo e contro marxismo, ma di questa ideologia vuota che poi è il nichilismo libertino che citava prima Carriquiry. Quindi, chiediamo a Borghesi questo importante intervento.
MASSIMO BORGHESI:
Grazie a Camillo. Io dico che bisogna essere grati ad Alver Metalli per questa lunga intervista che ha fatto con molta pazienza, tante ore perché non era semplice – Alver me l’ha detto più volte – incastrare Alberto Methol Ferrè e tenerlo fermo per una lunga intervista: non solo tanti caffè fumanti ma tanta pazienza e tante ore nella sua casa sul molo di Montevideo, ripiena di libri, come tu scrivi. E naturalmente questa intervista riceve una nuova attualità: era uscita nel 2006, ci viene ricordato, ma è oggi che assume la sua pregnanza alla luce del pontificato di Bergoglio, di papa Francesco. E bisogna essere grati perché ci permette prima di capire di più il Papa: da questo punto di vista, le prefazioni di Carriquiry e di Metalli sono preziosissime. E ci permette di comprendere quello che, come diceva Carriquiry prima, è stato uno dei più grandi intellettuali cattolici latino-americani della seconda metà del XX secolo, se non il più grande, sicuramente tra i più grandi. Personalmente, ho avuto la fortuna di conoscerlo in un’occasione in America Latina, ne ricordo la grande umanità, la simpatia, il fervore, l’effervescenza delle idee, una persona amabilissima, curiosa di tutto. E poi Alver è stato il tramite tra noi nel proseguo degli anni, dei rapporti e degli scambi che abbiamo avuto. Per questo sono doppiamente contento di ricordarlo. Questa intervista ha un valore particolare, in un certo qual modo è il testamento di Alberto Methol Ferrè, un punto di sintesi e di maturazione di un pensiero assolutamente originale che ha molto da dire anche a noi che siamo qui in questo Meeting. L’interesse di Methol Ferrè è nei giudizi che dà in quest’intervista che possono interessare anche molti di noi che sono qui oggi. Qual è il dramma del pensiero cattolico contemporaneo, ammesso che esista ancora un pensiero cattolico contemporaneo? È quello di essere spesso subalterno al tempo storico, cioè al potere. E si può essere subalterni in due modi: per opposizione semplice, ed è la posizione tradizionalista, quella che oggi non guarda con molta simpatia al papa attuale, o si può essere subalterni per l’identificazione con il tempo storico, cioè per l’omologazione al potere e alla moda del momento. In ambedue queste prospettive, manca un pensiero critico capace di discernimento, capace di separare il positivo e il negativo, perché questa è la vera sfida, la vera operazione. Un pensiero è intelligente quando è critico, quando sa cogliere il positivo nel negativo e i limiti di certe posizioni. Il pensiero critico è quello che si misura con la storia e sa che la storia non è il regno del diavolo ma degli angeli e della loro lotta con il diavolo. Ebbene, Methol si misura con la storia perché “un pensatore cristiano”, come dice, “deve avere il senso della storia”. Il dramma di questi anni è che il pensiero cosiddetto cattolico ha perso il senso della storia e che i cattolici hanno perso il senso della storia, non sanno dare più un giudizio storico, vanno dietro ai giudizi di tutti e cambiano vento appena cambia il vento. Questo è il vero problema di oggi, la mancanza di un giudizio critico su ciò che accade. Critico non vuol dire unilateralmente negativo e per Methol un pensiero cristiano deve avere il senso della storia, cioè dell’incarnazione di Cristo nel tempo. Un senso storico e critico. Sotto questo duplice profilo, Methol è un pensatore di livello originale in America Latina e per noi. Dico per noi perché anch’io l’ho letto negli anni e ne avevo sempre colto l’originalità, lo spessore, però devo dire l’intervista di Alver mi ha permesso di scoprirlo nella sua potenza di pensiero. E’ un pensatore attuale, non un pensatore del passato. Originale perché, nonostante il Vaticano II, noi siamo ancora dentro la zavorra dell’opposizione tra modernisti e tradizionalisti, moderni e antimoderni, siamo dentro la falsa polarizzazione tra Ratzinger e Bergoglio, come si vede benissimo in questi giorni, in questa polemica stucchevole che contrappone i due papi con una mancanza di intelligenza senza fine. E allora, occorre leggere l’intervista Il Papa e il filosofo per comprendere come il pensiero cattolico, quello vero, abbia da tempo superato questa alternativa. I maestri di Methol ci venivano ricordati: Chesterton, soprattutto l’autore di Ortodoxy, Ortodossia, quello per cui il pensiero cattolico è la sintesi tra le posizioni opposte; e l’altro, l’Augusto Del Noce studioso dell’ateismo moderno, la sua originalissima interpretazione che liberava i cattolici dal peso dell’antimoderno. Perché Del Noce distingue tre correnti nel pensiero moderno: ce n’è una razionalista, ce n’è un’altra empirista e c’è una terza cattolica. E la linea cattolica del pensiero moderno non è contro la modernità, è una linea originale dentro la modernità: questo era il senso della grande lettura di Del Noce che faceva piazza pulita di tutta la vulgata dell’antimoderno cattolico e dei sogni della restaurazione del Medioevo che hanno pesato in maniera enorme sulla formazione intellettuale dei cattolici, per cui il cattolico era sempre quello che era anti per definizione, senza mai trovare dei punti d’incontro con la modernità in quanto tale. Ebbene, Del Noce da un lato, Chesterton dall’altro. Perché Chesterton? Perché Chesterton è l’autore che conia quella bellissima addizione delle verità impazzite. La modernità è piena di verità impazzite che le provengono dall’esperienza cristiana e dal cristianesimo. Verità impazzite nel moderno devono essere riscattate, quindi la verità deve riscattare l’errore. Posizione assolutamente non manichea. Per Del Noce, il moderno non è solo ateismo: è anche ateismo ma non è solo ateismo. Contro la visione della neoscolastica, la prospettiva è che il cattolicesimo sia interno alla modernità e non semplicemente esterno ad essa. Modernità che non sorge semplicemente dal desiderio dell’autonomia dell’uomo rispetto a Dio, la solita visione laica per cui il moderno nasce dal Rinascimento dove all’improvviso, dal Medioevo, gli uomini si svegliano e prima obbediscono a Dio, poi, con il Rinascimento, diventano autonomi e vogliono creare il mondo da sé. Questa è la visione laica della storia della modernità che tuti abbiamo imparato nei manuali di letteratura, di storia, di filosofia e che continua a non essere problematizzata, è una visione assolutamente non reale, il moderno non si costituisce così. Methol dice una cosa che mi trova assolutamente consenziente e sono pochi quello che lo dicono. Methol dice: il moderno nasce dalle guerre di religione. Solo per questa affermazione l’intervista di Alver Metalli meriterebbe di essere applaudita. Il moderno nasce dalla crisi della cristianità divisa, non nasce perché un giorno l’uomo smette di credere in Dio, nasce per lo scandalo dei cristiani divisi ed è da lì che nasce lo Stato moderno: se la Chiesa è divisa, lo Stato unisce. Da lì nasce l’illuminismo: se la fede divide, la ragione unisce, così funziona. La modernità è il tentativo di sanare una ferita interna al cristianesimo. Il cristianesimo porta la responsabilità del moderno. Non può dire che il moderno è esterno a me, il moderno è una ferita all’interno del mondo cristiano. Da questo punto di vista, cambia interamente la prospettiva. Ebbene, per Methol il punto di sintesi, di incontro tra cristianesimo e modernità, è il Concilio Vaticano II: e anche qui, grandissima intuizione che, come giustamente dicevi tu, è la grande idea di Benedetto XVI e del teologo Ratzinger, che ha scritto delle pagine memorabili su questo punto che sconfessano interamente l’immagine tradizionalistica di Ratzinger che è improponibile e impossibile da fare. Il genio di Methol è il Vaticano II più Del Noce. È rileggere Del Noce alla luce del Vaticano II e rileggere il Vaticano II alla luce di Del Noce. Oltre Del Noce, perché certo Del Noce non si è mai espresso sul Vaticano II, un suo limite se vogliamo, ma è paradossale perché con il suo libro sull’ateismo, scritto nel ’64, paradossalmente compiva idealmente il Vaticano II. Se c’è un libro che corrisponde al Vaticano II è Il problema dell’ateismo, che esce nel ’64, cioè a conclusione del Vaticano II. E che poi Del Noce non si sia espresso sul Vaticano II è davvero un paradosso, visto che lui stesso in qualche modo aveva offerto la possibilità teorica di una conciliazione tra cristianesimo e modernità. Del Noce, dice Methol, è la migliore interpretazione filosofica del nostro tempo. Pertanto, dice Methol, è antistorico pensare a un superamento della modernità fuori dalla modernità. Un’affermazione così è geniale, lasciatemelo dire, dice una prospettiva, dice una capacità di intelligenza del moderno assolutamente unica. Il Vaticano II è la fine per Methol del cattolicesimo reattivo, perché riconosce il volto di Cristo nei propri nemici, cioè nelle verità impazzite che sono l’illuminismo e il liberalismo moderno. Questa prospettiva positiva non porta però Methol a una lettura quieta, modernista e paga del nostro tempo, perché è una visione drammatica, la sua. Il punto d’incontro col moderno non significa modernismo. Methol amava un autore tedesco quasi sconosciuto a noi ma non a Roberto Graziotto che è in Germania: Erich Przywara, autore difficile ma grandissimo, gesuita e autore di uno spessore enorme, con un pensiero simile a quello di Romano Guardini. Ricordo che gli mandai una tesi bellissima della Maria Tosetto Banfi, una delle pochissime tesi, forse l’unica in Italia, all’Università di Torino, su Erich Przywara e fu contentissimo di questa tesi che lesse con grandissimo interesse perché trovava conferma della sua posizione. La storia è tensione, occorre di volta in volta individuare il nemico, diceva, in una forma analoga e al contempo radicalmente opposta a quella di Carl Schmitt. Vi leggo una citazione sul nemico, visto che oggi è di moda: tutti vogliono il nemico, la guerra contro il nemico. Ecco cosa dice Methol sul nemico: che bisogna innanzitutto riconoscere il nemico, che un pensiero cristiano che non individua il nemico è un pensiero senza storia, questo dice. E però aggiunge: “L’originalità di Cristo non è solo amore al prossimo ma peculiarmente l’amore al nemico”. La dialettica amico-nemico in termini cristiani non si risolve con l’annichilimento del nemico ma con il recupero del nemico come amico. In un altro ordine non è così: il nemico lo si liquida, lo elimina lo Stato. Nella Chiesa, le cose sono radicalmente differenti: e quando la Chiesa non si è comportata in questo modo, la storia glielo ha rinfacciato, come in certi momenti dell’inquisizione. E più ancora, delle guerre di religione. Giustamente, no? Qual è il nemico oggi? La chiesa dopo l’89 e la fine del comunismo è rimasta senza giudizio storico. Il nemico, dice Methol alla luce di Del Noce, è l’ateismo libertino, ci veniva ricordato, divenuto di massa dopo il tramonto dell’ateismo messianico, comunista. È l’ateismo che non vuole cambiare il mondo ma è solidale al potere economico, allo spirito della globalizzazione, all’eros senza amore, senza tu, senza sacrifici, è il principio del piacere individualistico separato da ogni ethos, cioè da ogni sacrificio. Mi colpisce come nell’intervista insista sul sacrificio: una società che non sa educare più al sacrificio è una società che si distrugge perché la società è solidale solo a partire dal sacrificio. E l’edonismo di massa distrugge la possibilità del sacrificio, e la favela con le antenne, e la promessa del paradiso che genera frustrazione, quindi la droga. Negazione del senso religioso nel materialismo edonistico volgare: di fronte a questo ateismo, a questo nemico, cosa può opporre la fede, cosa può proporre? Methol, che si definiva un tomista silvestre, conosceva la distinzione tra la grazia e la natura. Così, sul piano della natura il cristianesimo deve corrispondere alla sua forma sociale di giustizia, di carità. Methol era un critico della teologia della liberazione, ci è stato ricordato, per la sua commistione acritica con il marxismo. Però si rendeva conto che nella teologia della liberazione c’era un contenuto di libertà ed era l’attenzione agli oppressi, ai poveri. E quando la Chiesa liquida la teologia della liberazione rimane un vuoto, rimane scoperta. E quando dopo l’89 questa passa di moda, lui dice: peccato! Era l’ora di valorizzarla. Ora! Depurata dal marxismo, era un elemento importantissimo per un’attenzione ai poveri e agli oppressi di questo mondo. L’esito era al contrario uno spiritualismo solidale con il neocapitalismo. A lui interessava la chiesa popolare, la chiesa di popolo, la teologia del popolo. Così si impediva il deserto dell’ateismo libertino. Questo sul piano della natura. Sul piano della grazia, qual è la verità – si chiede – dell’ateismo libertino? Vi leggo solo due minuti e termino. Vi leggo alcuni passi molto belli della sua intervista: “Poiché anche nell’errore c’è una verità, qual è la verità dell’ateismo libertino?” dice lui. “La verità dell’ateismo libertino è la percezione che l’esistere ha una destinazione intima di godimento, che la vita stessa è fatta per una soddisfazione. Senza questa base esistenziale nessuno sopporterebbe la sofferenza di vivere, salvo che non venga sottomesso. Detto in altre parole, il nucleo profondo dell’ateismo libertino è una necessità recondita di bellezza. La vita stessa è godimento. Una prostituta, una pazza, un perverso, un assassino vivono per quello che contiene di bello l’atto stesso del vivere. Qual è l’errore dell’ateismo libertino? Separare la bellezza dal bene e dalla verità”. E anche qui un’annotazione bellissima: “San Francesco è uno degli esempi più straordinari di una bellezza captata e riflessa in una figura umana storica. In san Francesco, la potenza della bellezza dell’essere è splendente. Calvino non supera l’ateismo libertino perché semplicemente lo nega, lo respinge, elude ciò che lo muove nel profondo. L’ascetismo protestante anche generoso non può rispondervi. Il cattolicesimo invece può farlo”. E aggiunge: “Come può farlo? È l’amore, l’unità perfetta di verità, bene e bellezza. È un’attrazione incessante”. Mi ha colpito molto questo termine che poi è il termine della grazia: il cattolicesimo può vincere perché è un’attrattiva, perché è l’attrattiva Gesù, direbbe Giussani, un’ attrattiva più grande dell’ateismo, dell’edonismo libertino che il cattolicesimo può vincere, riscattando l’intuizione di verità, quel principio di soddisfazione che sta al centro di quell’ateismo. Dice: “Storicamente la Chiesa è l’unico soggetto presente sulla scena del mondo contemporaneo che può affrontare l’ateismo libertino. Il fatto è che riscattare il nucleo di verità dell’ateismo libertino non è umanamente possibile fino in fondo. Ogni posizione umana non può vincere l’ateismo libertino. Non lo si può fare con un procedimento argomentativo o dialettico” mi sembra di sentire Giussani, “non è per un discorso che l’uomo di oggi diventa cristiano. Meno ancora ponendo proibizioni, lanciando allarmi, dettando regole astratte. L’ateismo libertino non è un’ideologia, è una pratica. Ad una pratica occorre opporre un’altra pratica, una pratica autocosciente, beninteso, intellettualmente dotata. È a livello di esperienza che si deve entrare in rapporto con l’ateismo libertino o morale”. Permettetemi di dire che questa intuizione è davvero unica. È per un’esperienza che si può riscattare l’umano che sta dentro a quella posizione così distante. E anche qui, quanta consonanza con Giussani! Savorana ci ricorda nel suo volume che alla fine dei suoi giorni Giussani dice: “E’ solo per un’esperienza! E’ la cosa più importante che ho detto in cinquant’anni di insegnamento”. Grazie.
ALVER METALLI:
Avevo ragione a preoccuparmi prima dell’incontro su cosa avrei potuto dire dopo Guzmán e dopo Massimo. In questi giorni, avevo un po’ questo assillo e selezionavo concetti interpretativi della realtà del nostro tempo che sono comuni a Methol Ferrè, a Bergoglio: qualcosa è stato detto, anzi, molto è stato detto, e pensavo di segnalarli nella loro originalità. Poi mi è venuto in mente un ricordo di un momento che mi aveva profondamente colpito in questa lunga frequentazione quotidiana, di un anno, che ha dato vita al libro. Ed è stato un giorno, mentre gli rileggevo cose che aveva detto il giorno precedente per riprenderle e approfondirle. Lui si era buttato come faceva con molto fervore ad analizzare e a considerare la trasformazione di quello che chiamava ateismo messianico in ateismo libertino, che sono due espressioni del suo linguaggio che ricorrono molto nel libro. L’ateismo messianico è quel pensiero che è stato alla base, anche in America Latina, di trasformazioni sociali e politiche vittoriose come in Nicaragua con il Sandinismo, in Salvador, ma anche in un certo senso in Brasile, in Cile, con il ciclo di socialismi nazionali o con rivoluzioni sconfitte, come nel caso di Sendero Luminoso in Perù e soprattutto Cuba, questo grande sommovimento tipicamente latino americano che ha contagiato un po’ tutto il continente e tante generazioni, fino al collasso dei socialismi reali. Methol faceva considerazioni originali come sempre sul nuovo scenario che si stava delineando. Il capitolo 5 è un po’ dedicato a questo passaggio dall’ateismo messianico a quello che lui chiamava ateismo libertino, cui ha accennato Guzmán. E lo descrive in lungo e in largo nel capitolo, nelle sue derivazioni teoriche dal pensiero aristocratico delle corti europee del XVIII secolo, la convivenza con il calvinismo, ecc. Diceva che il vecchio ateismo aristocratico si era convertito in un edonismo agnostico la cui logica ultima è un ateismo libertino di massa. L’ateismo libertino è l’esaltazione della corporeità, l’apoteosi del corpo senza un tu, posto al servizio ansioso dell’eros. Nel capitolo 5, dall’ateismo messianico all’ateismo libertino ripercorre questa mutazione sino ai giorni nostri. Ed è un punto che è anche sensibile in Bergoglio, che l’arcivescovo di Buenos Aires formula quasi allo stesso modo, letteralmente allo stesso modo. Lo fa notare Sandro Magister, recensendo il libro qualche mese fa quando si presentò a Roma, Sandro Magister che non sente simpatia per Bergoglio e che forma parte di quell’offensiva tradizionalista, conservatrice a cui accennava Massimo e in cui ci sono altri nomi conosciuti anche alla platea del Meeting. Fa notare, recensendo il libro, che all’origine del giudizio di Bergoglio sul mondo attuale c’è soprattutto un filosofo, il suo nome è Methol Ferrè, uruguaiano di Montevideo, che attraversava spesso il Rio de la Plata per visitare a Buenos Aires il suo grande amico arcivescovo. Considera Magister che certe idee di Methol Ferrè rivestano un’importanza capitale per comprendere non solo la sua visione del mondo ma anche quella del suo amico che è arrivato ad essere Papa. E qual è questa importanza capitale? Magister cita quello che Bergoglio ha scritto nella prefazione del libro di Guzmán Carriquiry, credo sia Una scommessa per l’America Latina. Cita Bergoglio quando parla dell’ateismo edonista e dei suoi supplementi dell’anima neognostici che si sono trasformati in cultura dominante, con proiezione e diffusione globale. Costituiscono – è sempre la citazione di Bergoglio al prologo del libro di Guzmán Carriquiry – l’atmosfera del tempo in cui viviamo, il nuovo oppio dei poveri. Il pensiero unico, oltre ad essere socialmente e politicamente totalitario, ha strutture gnostiche, non è umano, ripropone le diverse forme di razionalismo assolutista con cui si esprime un edonismo nichilista che è lo stesso edonismo che descrive Methol Ferrè. Methol Ferrè e Bergoglio dialogano con questa posizione, come può dialogare un cristiano, cioè cercando di capirla, di assumerla e di superarla. C’è un punto che è bellissimo: ripeto una cosa che ha detto Massimo perché mi ha sempre colpito questo approccio che Methol Ferrè fa al nemico. Un avversario, un nemico lo si sconfigge superandolo, cioè incontrando i limiti della sua posizione e andando oltre ad essa. È stato così, rispondeva Methol Ferrè, con la riforma protestante ed è stato così con l’illuminismo secolare, poi con il marxismo messianico. Potremmo dire che un nemico lo si sconfigge assumendo il meglio delle sue stesse intuizioni e spingendosi oltre. L’errore sempre affonda la radice in una insufficienza accusata dagli uomini a livello di esperienza sensibile. E allora a questo punto gli chiesi: nel caso dell’ateismo libertino o dell’ateismo edonista, che cosa c’è che deve essere assunto e superato? E lui risponde: la verità dell’ateismo libertino è la percezione che l’esistere ha una destinazione intima di godimento, che la vita stessa è fatta per una soddisfazione. Senza questa base esistenziale, nessuno sopporterebbe la sofferenza di vivere, salvo che non venga sottomesso ad estremi terribili di coercizione. Detto in altre parole, il nucleo profondo dell’ateismo libertino è una necessità recondita di bellezza, la vita stessa è godimento. Faccio un inciso, poi concludo con quello che avrei voluto dire. L’inciso conferma che in due occasioni Methol Ferré si è incrociato con il Meeting. È stato nel 1982, era l’edizione sulle Risorse dell’uomo, partecipò con un intervento su matrimonio e famiglia. Nel 1983 a Roma venne invitato a un incontro sul pensiero cristiano organizzato da Istra alla Lateranense, e lui partecipò. Questo stesso anno, 1983, c’è l’incontro di Methol Ferré con Giussani – e qui completo una lacuna che forse non ha chiuso Guzmán per modestia -, questo incontro al margine del Meeting che procurò Guzmán, perché in un incontro di redazione che stavamo facendo decidemmo di portare Methol Ferré a Rimini, lo caricammo in macchina, venimmo e ci fu questa conversazione straordinaria che ho voluto ripubblicare in questi giorni integrale sul sito Terre d’America. Methol Ferré ritornò a Montevideo e rimase colpito. Aveva colto in Comunione e Liberazione una capacità di dialogare con l’uomo moderno che non vedeva altrove. Questo lo commentò a Montevideo in Uruguay, ci sono amici suoi che me lo hanno riferito: da lì partì, sempre con la mediazione di Guzmán, l’invito a Giussani a viaggiare. Giussani viaggiò nel 1984, ho cercato di circostanziare, di documentare questo momento, forse a futura memoria. Ci sono conversazioni, testimonianze: un amico intimo di Methol Ferré, Elvio Lopez, mi ha detto che aveva i brividi sentendo parlare Giussani, per la convinzione con cui parlava di Cristo, come un uomo presente qui e ora. Bene, è una parentesi per arrivare a un punto, a un aspetto che, credo, renda conto della statura umana e intellettuale di Methol Ferré perché Methol Ferré è un intellettuale che pone il dialogo del cristianesimo con la modernità a livello di esperienza e c’è un aspetto di umiltà intellettuale, che mi ha sempre molto colpito. Arrivando ad un punto del suo argomentare, è come se si fermasse, riconoscendo una impotenza intellettuale, non so come chiamarla. Un limite, qualcosa oltre il quale si rendeva conto di non poter andare. C’era in questo anche un’autoironia che non è comune. Non solo autoironia, è una coscienza precisa che questo riscatto a fondo dell’ateismo libertino per salvarlo è qualcosa che avviene e può avvenire solo sul terreno dell’esperienza. Diceva: “Storicamente la Chiesa è l’unico soggetto presente sulla scena del mondo contemporaneo che può affrontare l’ateismo libertino. Non dico che lo sia in assoluto, ma una ricognizione nel nostro tempo mi spinge a dire che oggi lo è. Per me solo la Chiesa è veramente post moderna. Il fatto è che riscattare il nucleo di verità dell’ateismo libertino non è umanamente possibile fino in fondo. Non lo si può fare con un procedimento argomentativo o dialettico. Meno ancora ponendo proibizioni o lanciando allarmi, dettando regole astratte. Non può essere un’ideologia che si oppone ad un’altra ideologia. Perché l’ateismo libertino non è un’ideologia, è una pratica. E ad una pratica occorre opporre un’altra pratica, autocosciente beninteso, quindi intellettualmente dotata. È a livello di esperienza che bisogna entrare in rapporto con l’ateismo libertino o morale. L’ideologia è la caricatura del pensiero così come il moralismo è la caricatura della morale”. E’ questo aspetto di umiltà in Methol Ferrè che ha aperto la strada ad una esperienza con le caratteristiche di quella che aveva conosciuto qui in Italia, un tratto originale, inusuale, che credo renda onore a Methol Ferrè.
CAMILLO FORNASIERI:
Credo che abbiamo assistito a un dialogo bellissimo, abbiamo ascoltato parole, giudizi di una evidenza e di una forza propri delle esperienze. Abbiamo conosciuto un uomo e una serie di uomini, relazioni, una compagnia vivente che ci fa ben comprendere quale occasione storica stiamo vivendo in questo momento. Va capita, assunta, superata l’esperienza dell’uomo che cade, dell’uomo che gira la testa da un’altra parte, attraverso questo tema della Chiesa che va verso la periferia che tutti noi siamo, quando non sottomettiamo la ragione all’esperienza. Perché quest’ultimo punto di umiltà è una caratteristica del giudizio e la lotta è tutta sul giudizio. Io penso quindi che il pensiero sorgivo di Ferrè, il pensiero sorgivo di Benedetto, l’assoluta continuità di questi papi tra loro, straordinaria fino allo slancio dell’Evangelii Gaudium, siano esattamente quello che siamo chiamati a comprendere come pensiero e come giudizio, perché possa diventare esperienza. Grazie al vostro lavoro e al contributo al libro di Alver.