INVITO ALLA LETTURA. HO SETE, PER PIACERE. Padre, madre, figli. Una esperienza a sostegno dei genitori

Invito alla lettura: HO SETE, PER PIACERE. Padre, madre, figli. Una esperienza a sostegno dei genitori

Presentazione del libro di Vittoria Maioli Sanese, Psicologa della Coppia e della Famiglia (Ed. Marietti 1820). Partecipano: l’Autore; Emilia Guarnieri, Presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli. Introduce Francesca Fabbri Fellini, Giornalista.

 

FRANCESCA FABBRI FELLINI:
Buonasera a tutti. Che bella questa foto di gruppo! Mi fa molto piacere vedere le sale, dove si presentano i volumi, così belle piene. Parto subito con le presentazioni. Questa sera è un momento davvero clou di questa XXXV edizione, perché questa sera dovete sapere che voi siete qui, non ci sono torte, non ci sono candeline, ma siete qui per il decennale di un volume che ha avuto un successo incredibile, che si chiama “Ho sete, per piacere” – Padre, madre, figli della dr.ssa Vittoria Maioli Sanese. Grazie di essere qui.
La dr.ssa Vittoria Maioli Sanese non ha bisogno assolutamente di presentazioni, perché è un’amica delle nostre famiglie, è un’amica di questa città, è una psicologa della famiglia, dei giovani, è un’antropologa, è un gigante, io la vorrei considerare così. Sono onorata di essere seduta alla sinistra di questo gigante, entreremo subito nel vivo del decennale di questo volume, ma un altro gigante è seduto alla mia sinistra ed è la Presidente dal 1993 del Meeting per l’amicizia tra i popoli:
Emilia Guarnieri, che non ha bisogno di presentazioni perché è una sicurezza, una certezza, è una pietra portante di questo Meeting ovviamente. In questo tavolo ci sono due amiche che è la cosa fondamentale, perché la parola “amicizia” ha un valore immenso, più che mai in questo momento.
Due donne amiche ha valore ancora di più in assoluto, è difficilissimo essere amiche, essere donne, essere compagne anche su un percorso, su una strada. E poi è molto bello, perché io ricorderei che i nostri tre mariti invece, i nostri tre compagni di vita, sono seduti in prima fila: è un momento importante, i mariti seduti in platea e le donne sul palco. Sono mariti tutti di grande caratura questi bei signori della nostra città. Allora, il futuro è delle donne, io sono sempre di questa idea qui, il futuro è donna, partirei anche parlando di questo. Quello che mi ha colpito del tuo volume, Vittoria – mi permetto di darle del tu solo per un discorso familiare, perché Vittoria è un’amica della mia famiglia da quando ero bambina, anche se ci si perde di vista, io adesso ho quarantanove anni, però ci conoscevamo da quando ne avevo tre, quindi ne sono passate di primavere -. Vittoria, quello che mi ha colpito del tuo volume, che io consiglierei davvero a tutti, dai giovani alle madri, ai padri, ai nonni, è che non è assolutamente un prontuario, perché non c’è la risposta a tutto come molte volte vengono considerati i libri degli psicologi. Hai un problema? Vai a pagina 37. Assolutamente no. E’ solamente il dono che la dottoressa, in 43 anni di esperienza, dal suo grande osservatorio che ha avuto in prima linea con la famiglia, fa a tutti noi. E’ un grande dono questo che ha la dottoressa, che non tutti gli psicologi possiedono. Questo credo che sia uno dei più grandi doni della scrittura di Vittoria.
Mi ha colpito molto, Vittoria, ed entriamo subito nel vivo, una cosa: io sono sempre stata bacchettata che i libri non bisogna segnarli, ma quando mi emoziono, io prendo appunti sul libro ed evidenzio, perché ci sono delle cose che mi hanno colpito molto. Siccome vengo da una famiglia che ama scrivere, a partire dal mio grande “zione” che mostrava il suo talento già nei temi scolastici dove si capisce subito se uno è portato per la scrittura… Allora Vittoria, tu fai una dichiarazione al tuo pubblico, al tuo lettore: “Ho vissuto scrivendo”. Bellissima io trovo, bellissima e con una grande onestà. Tu sei una psicologa che poteva essere tranquillamente una scrittrice. Hai mai pensato, facendo proprio un passettino indietro, quando eri giovane di diventare da grande una scrittrice, Vittoria?

VITTORIA MAIOLI SANESE:
Io da giovane avevo molti desideri, volevo diventare scrittrice, volevo diventare attrice, volevo diventare medico, volevo diventare tutto e quello che sono è tutto. Non mi sono dimessa da nessuno dei miei desideri e quando dico, “ho vissuto scrivendo“, non c’è bisogno di prendere la penna in mano per scrivere, si scrive in tanti modi, ho scritto lasciando orme e poi, sì, mi è sempre piaciuto scrivere, e spero che qualche nipote abbia ereditato questo dono, credo di sì, ogni tanto qualche nipote viene fuori con la sua voglia di scrivere e credo che qualcuno l’abbia ereditato.

FRANCESCA FABBRI FELLINI:
Senti Vittoria, c’è questa cosa molto bella e che ti invidio molto, perché io sono figlia unica e chissà perché fin da quando ero piccolina invidiavo i Natali, i momenti dove ci si trova tutti insieme, perché il Natale è un momento di unione di tutta la famiglia, ma non pensandolo dal punto di vista dei regali, proprio la tavola, io ho questa visione bellissima di una bella tavola apparecchiata e avevo sempre la mamma che mi diceva: “Sai Franceschina? A me piacerebbe poter sporzionare tanti piatti”. Tu mi dicevi: “Lo sai Francesca quanti siamo a casa quando ci riuniamo tutti? Siamo 34!” E questa cosa mi piace da impazzire. In tutti questi anni di esperienza che cosa hai imparato? Qual è stata l’esperienza che ti ha arricchito, anche scrivendo questo volume che doni a tutti noi?

VITTORIA MAIOLI SANESE:
Questa è una domanda che richiederebbe un sacco di tempo per rispondere. Dico queste due cose fondamentali. Una, che la relazione, la famiglia non può mai essere qualcosa che prende e soffoca, ma un luogo di respiro, di libertà, dove ciascuno è guardato per se stesso e in se stesso. Io spero di avere realizzato nella mia esperienza personale, nella mia famiglia questo…. Realizzato no, la parola giusta è generato, un luogo, dove ciascuno ha potuto essere…. spero, lo spero con tutto il cuore. Questo fondamentalmente.

FRANCESCA FABBRI FELLINI:
Vado a Emilia. Ho detto dieci anni, tu c’eri quando è stato presentato dieci anni fa questo volume e che effetto ti fa dieci anni dopo, come lo consideri? Che cosa è cambiato secondo te, Emilia, in questi dieci anni dalla prima scrittura? C’è un approfondimento in questa edizione che presentiamo questa sera?

EMILIA GUARNIERI:
A me ha colpito un aspetto leggendo l’ultima parte, cioè la parte nuova, al di là del fatto che ci sono questi contenuti nuovi, i nonni, il cibo, ma mi ha colpito proprio in maniera immediata che c’è una sapienza cresciuta, c’è una consapevolezza del senso delle cose cresciuta. Io, se posso permettermi di leggere questo tratto dell’esperienza della Vittoria… La Vittoria è sempre partita dalla realtà, è sempre partita dalla realtà, non ha mai messo le idee sopra la realtà, sempre. Io Vittoria la conosco abbastanza, anche negli aspetti professionali, nel modo di trattare le questioni professionali. Vittoria è sempre partita dalla realtà. Non sovrapponendo…, la realtà vuol dire la lettura rigorosa, direi tra virgolette, tecnica delle cose. Vittoria ha un altissimo livello di professionalità, senza mai sovrapporre idee su questa lettura, cioè sulla realtà. Andando avanti e nel salto dei dieci anni, questo è molto evidente, è come se questa consapevolezza di tipo tecnico avesse progressivamente conquistato una sapienza, una profondità, uno spessore più grandi, non delle idee aggiunte, ma una conquista. Io uso proprio il termine sapienza, cioè intendendo con sapienza la penetrazione del senso delle cose. Una sapienza, quindi una penetrazione del senso più grande, più consapevole e questo mi ha molto colpito. Il commento che mi è venuto dentro è stato: però, non è che il tempo passa invano, il tempo passa per conquistare più coscienza del senso e questo io l’ho proprio percepito nella lettura di quest’ultima parte, insomma di questa parte nuova.

FRANCESCA FABBRI FELLINI:
Dieci anni, ma non li dimostra questo libro, Vittoria.

VITTORIA MAIOLI SANESE:
Io lo so perché non li dimostra, perché concretamente quel tipo di sapienza che l’Emilia legge, io lo ritrovo dentro di me come esigenza molto forte, l’esigenza di poter dire o di poter far emergere nel rapporto, anche nella lettura di un libro, qualcosa di immutabile. Ho avuto la pretesa dieci anni fa e me lo sono riconosciuto, di poter scrivere qualcosa che potessero usufruire anche i miei post nipoti fra cent’anni, perché nella famiglia, nel rapporto si vive qualcosa di immutabile, non il contingente, è qualcosa che appartiene alla verità più profonda di noi stessi. I dieci anni non li dimostra per questa ragione. Io sono molto contenta di questo, perché dopo dieci anni avrei riscritto le stesse cose, oltre a quelle che ho aggiunto e che la parola scritta possa essere davvero un dialogo con chi lo legge e non idee da aggiungere alle proprie.

FRANCESCA FABBRI FELLINI:
Senti Vittoria, a chiunque non conosca questo libro e lo trova solamente in libreria, colpisce il titolo: “Ho sete”, poi c’è una virgola e “per favore”….

VITTORIA MAIOLI SANESE:
“per piacere”

FRANCESCA FABBRI FELLINI:
“per piacere”! Scusami. “Per piacere” è giusto…

VITTORIA MAIOLI SANESE:
… è diverso …

FRANCESCA FABBRI FELLINI:
E’ assolutamente diverso, hai ragione. Ma è qualcosa al quale non siamo abituati. Non siamo abituati a sentire proprio anche nel tono di voce la virgola e il “per piacere”. Tu lo spieghi all’interno, anche perché è un bisogno immediato che hanno i bambini quando….ho sete, ho fame…., c’è questa corsa nel richiedere attenzione e nel ricevere immediatamente qualcosa. Tu lo spieghi attraverso un episodio personale che vorrei cortesemente che tu regalassi questa sera come anticipazione ai nostri ospiti che sono numerosissimi qui, Vittoria.

VITTORIA MAIOLI SANESE:
Ma anche qui c’è un punto molto importante. Pensate come suonerebbe diverso educare un figlio a dire: “Mamma mi dai l’acqua per favore”. Invece dire: “Ho sete”, io ho sete. Allora la richiesta più immediata del bambino non è “mamma mi dai l’acqua” e sarebbe un grave errore educarli a fare la richiesta dell’oggetto, ma dire “io”, “io ho sete”, porre il proprio bisogno e il “per piacere” è proprio “mamma guardami, mamma rispondi al mio bisogno, mamma ci sono” per il mio piacere e per il tuo. Questo titolo è nato proprio da un figlio che aveva questa espressione qui, usava “ho sete” in termini imperativi. Diceva: “Ho sete!” Io lo guardavo e il più delle volte dicevo: “Tesoro non ho capito” e lui: “Ho sete!” ed io: “Tesoro, guarda la mamma, mi dispiace, stasera è sorda, non ho proprio capito cosa vuoi”. Allora lui capiva che doveva correggere questa richiesta con tutta la tenerezza che poteva e allora cambiava tono e diceva: “Per piacere”, che è poi il conflitto, il contrasto che c’è in ogni nostra richiesta. Non possiamo mai rinunciare al nostro desiderio, il nostro desiderio richiede un’imperatività dentro la nostra vita, fortissima, però contemporaneamente dobbiamo anche essere così docili, così piccoli da dire: “per piacere”. Sono tutte due le cose che dobbiamo vivere dentro.

FRANCESCA FABBRI FELLINI:
Bello, grazie, è una bellissima lezione di vita. Quello che mi colpisce di Vittoria, leggendo anche il suo libro, e tu la conosci poi come amica anche, è la sua estrema autorevolezza nel dire le cose, nello spiegare. Lo riscontri tu questo, Emilia, nelle pagine del libro? C’è anche magari un passo che ti ha colpito particolarmente?

EMILIA GUARNIERI:
Sì, sì assolutamente. Ma l’autorevolezza di Vittoria, che c’è, Vittoria è autorevole, ma l’autorevolezza di Vittoria a me pare che discenda dal fatto che lei dice cose autorevoli, lei è anche autorevole di suo, ma forse…devo dire bene, cioè lei è autorevole di suo, perché in genere lei dice cose che sono autorevoli. Sono autorevoli cosa vuol dire? Che rispondono a un’evidenza e a un’oggettività della realtà. Questo è uno degli aspetti che mi colpisce di più nei contenuti di questo libro. Se uno dovesse dire come comportarsi, o sarebbe autoritario o assolutamente relativista, perché o direbbe: “Devi comportarti così, perché io ti dico che devi”, oppure da relativista direbbe: “Secondo me dovresti comportarti così”. L’autorevolezza è un’altra cosa, l’autorevolezza che io riscontro in ciò che lei dice è un’autorevolezza che nasce dal fatto che ciò che lei dice risponde a un’evidenza della realtà. Questo, secondo me, è la forza della cosa. Infatti Vittoria quando parla delle relazioni fra padre, madre, coppia, figli, poi nonni adesso, ecc., ha sempre due fattori che mi pare metta continuamente in evidenza, da una parte l’ordine delle relazioni – l’ordine, cioè l’ordine non si scardina: madre, padre, figli, nonni, coppia, non si scardinano, non c’è nulla che possa scardinare questa struttura oggettiva della realtà -.
L’altro aspetto, che mi pare altrettanto risponda a un fattore di evidenza, è questo richiamo continuo che lei fa alla dimensione identitaria, cioè all’identità: “Tu chi sei? Tu, dentro questa relazione, tu dentro questo rapporto, chi sei?” E anche questo è qualcosa che fa riferimento all’evidenza del reale. Tu chi sei? Perché se tu sei questo, non sei quest’altro. L’autorevolezza mi pare che nasca da questo, cioè nasca dal fatto che ciò cui lei fa riferimento è qualcosa che ha a che fare con l’evidenza, direi con l’oggettività del reale. Questa è la forza e dico l’ultimissimo aspetto: in questa evidenza e in quest’oggettività del reale c’è e c’è sempre nel libro, non solo nel libro, c’è sempre un aspetto, potremmo dire così, drammatico e misterioso, c’è sempre un aspetto nella relazione, così come nella persona, drammatico e misterioso, di cui non puoi non tenere conto. Quando parli di uomo, se vuoi essere autorevole, devi tenere in conto quest’aspetto di mistero, perché se non tieni conto quest’aspetto di mistero non sei autorevole, perché dici qualcosa sull’uomo che è falso. L’unico modo per non essere falsi sull’uomo è mantenere quest’aspetto.

FRANCESCA FABBRI FELLINI:
Grazie Emilia. Vittoria tu dici che il figlio oggi non esiste più ed è una cosa che mi ha colpito molto, è molto forte, ma dai anche una spiegazione di questo: perché oggi il figlio è diventato un lavoro. E’ verissimo questo, ormai abbiamo delle giornate, le mamme hanno delle giornate dove incasellano il figliolo. Questo è un crollo della famiglia quando non ha più il suo ruolo, la sua unicità. Tu dici ogni figlio è qualcosa di unico, è una creatura unica e meravigliosa. Io su questo ho trovato un passo molto interessante, ti chiederei cortesemente di…

VITTORIA MAIOLI SANESE:
Io su quest’aspetto, in questi dieci anni o in questi trent’anni, su quest’aspetto ho continuato a essere molto preoccupata. Io sono molto preoccupata. Bisognerebbe andare a fondo anche con quello che diceva Emilia che ringrazio, perché ha colto la mia preoccupazione sull’identità, cioè che ogni situazione, ogni circostanza, anche un libro come questo possa essere un modo per incontrare se stessi e per capire chi si è. Allora dentro la famiglia c’è questo, mi viene una parola familiare che mi fa sorridere, c’è questo disastro e disastro è che abbiamo fatto diventare lavoro ciò che invece ci costituisce, ciò che è identità, che non può mai essere lavoro. Essere madre non è un lavoro, è un’identità. Essere figlio non è essere oggetto di un lavoro, è un’identità. Le ragioni per cui siamo arrivati a questa deriva io credo che siano tantissime e forse non vale nemmeno la pena scoprirle tutte, forse vale la pena incontrare il proprio disagio e il proprio desiderio e rimetterlo in gioco, perché poi il disagio rispetto a questo è molto evidente nella famiglia e nella coppia, moltissimo. Sui bambini il disagio si vede moltissimo. Sui genitori si vede moltissimo. Quindi forse non vale la pena andare ad analizzare le ragioni sociologiche, antropologiche, culturali di questo disastro.
Forse vale la pena prendere sul serio il disagio, il disagio dei bambini, la sofferenza che c’è rispetto a questo. E’ vero, ci sono pochi genitori che diventano davvero padre e madre, perché non c’è più una coscienza generativa, non si genera più. Si fa un lavoro. Io incontro dei genitori bravissimi, spendono la vita, ma senza generare un figlio. Secondo me abbiamo fatto diventare scopo ciò che invece è un tramite, perché lo scopo è l’essere, invece abbiamo fatto diventare scopo il funzionamento, abbiamo fatto diventare scopo la prestazione, abbiamo fatto diventare scopo l’autonomia. La capacità di funzionare è diventata scopo, per cui il genitore educa a questo, ma questo è un tramite, non è lo scopo. Lo scopo è che uno impari se stesso fino in fondo, con tutti gli aspetti della realtà umana tramite le capacità che di mano in mano nella crescita si acquisiscono, ma non sono quelle lo scopo. Io credo che nella famiglia forse possiamo ritrovare ancora la risorsa per mettere in ordine – grazie Emilia che hai colto quest’aspetto che mi sta molto a cuore – per mettere in ordine questo, perché mettere in ordine lo scopo è già una cosa grandissima, che piano piano metterebbe in ordine tutto.
Vi faccio un esempio: anche l’altro giorno ho incrociato una coppia che si sta trattando come se fossero due compagni al bar dopo aver bevuto tre birrette, che cominciano a litigare e si trattano senza dignità e senza onore. Ecco, la dignità e l’onore è qualcosa di fondamentale nel rapporto familiare, nella famiglia e nella coppia. Invece è come se la famiglia non riuscisse più a custodire il suo ambito originale. Ma facciamocela questa domanda: esiste un metodo per vivere la coppia? Esiste un metodo originale per essere famiglia? Sì. Allora andiamo alla scoperta di questo metodo, perché se non lo viviamo, facciamo qualcosa d’altro, non facciamo più né coppia, né famiglia.

FRANCESCA FABBRI FELLINI:
Parole sante. Leggendo il tuo libro mi sono appassionata e invito tutti ovviamente a comprare questo libro perché ritengo veramente che sia una perla nella nostra libreria. Imparate però anche a regalare i libri. Se sapete di qualche vostro amico, di qualche famiglia che potrebbe averne bisogno, regalateglielo, perché da queste pagine c’è davvero tanto da imparare. Io mi sono appassionata e invito tutti voi a leggere l’epilogo che ha scritto Vittoria, perché normalmente non si trova un epilogo del genere, perché l’ha scritto alla James Joyce. Cosa aveva di particolare il grande James Joyce? Aveva di particolare che non metteva la punteggiatura. La scelta di Vittoria di non mettere la punteggiatura nel suo epilogo, significa che il racconto non si può fermare attraverso tanti punti, punti e virgole, virgole, ma dev’essere tutto d’un fiato, come è stata per me la lettura del tuo epilogo. E’ molto importante. Io consiglio proprio questa lettura, mi ha appassionato, come leggere un romanzo. Non è un saggio, è un libro dove traspare –
poi adesso ti faccio una domanda anche sull’uomo che è seduto in prima fila davanti a te, perché l’importanza del padre all’interno di una famiglia c’è in questo libro, quindi tiriamo in causa il consorte – quello che è Vittoria come donna, come donna che si è presa cura di sé, della sua famiglia nei vari legami, quindi marito, figli e continua ovviamente con i nipoti, ma tutto questo mi dà un’idea di un bellissimo cerchio, una circolarità che non li elimina e li fa essere partecipi. Io, se avessi bisogno di un consiglio, sceglierei una donna così, perché sei una donna realizzata. Io ti posso dire che conosco molti psicoterapeuti, sociologi, amici che conosco da anni e dei quali presento i volumi. Innanzitutto questo è il primo libro che ho letto dove, Signori, non ci sono citazioni a fondo pagina, prese da altri libri. Questo libro è un libro scritto tutto dalla dr.ssa Vittoria. Questa è un’altra particolarità che emerge dal tuo libro. E’ stata una tua scelta non mettere le citazioni?

VITTORIA MAIOLI SANESE:
È stata una scelta, fra l’altro riflettuta per anni, fin dall’inizio. Amando io scrivere, ho subito pensato che potevo scrivere, desiderando però che il libro stesso fosse un rapporto, un rapporto che aiutasse a scoprire se stessi. Per cui ho fatto questa scelta volutamente, perché non volevo spostare intellettualmente i problemi, ma volevo che anche il libro fosse in primo luogo un incontro con se stessi e con i propri desideri.

FRANCESCA FABBRI FELLINI:
Infatti è un incrocio di generazioni questo libro. È un incrocio tra educatori, genitori, padri. L’importanza del padre. Tu hai incontrato un uomo che è stato ed è tuo compagno da una vita. Il ruolo del padre che tu dici fondamentale, Vittoria, all’interno della famiglia, vorrei che ora delineassi in breve.

VITTORIA MAIOLI SANESE:
Beh, io sono un’appassionata del padre proprio perché mi piace descriverlo all’origine. La madre è quella che porta e attraverso di sé fa nascere, questa è un po’ la descrizione della maternità, la madre porta e fa nascere sempre, finché i figli sono grandi. Poi nel momento in cui il bambino nasce e si stacca dalla madre, c’è il padre che lo accoglie e lo definisce, dice “si chiama…”, lo definisce, lo chiama per nome, lo guarda. Ecco, proviamo a non fermarci in maniera rigida a questa immagine. Questo è un po’ tutto quello che accade nella crescita di un figlio, per cui la madre costantemente consegna al padre la conoscenza del figlio e il padre se lo prende e lo definisce. Purtroppo non si può andare a fondo in questo argomento, però mi piacerebbe che usciste di qui con la suggestione dell’andare alla scoperta e alla riscoperta della presenza del padre nella nostra vita. Vi do soltanto un flash: psicologicamente si imputa all’assenza del padre tanta dipendenza, tanti problemi di dipendenza che i ragazzi hanno.
L’assenza del padre. Pensate che responsabilità. Da anni stiamo dicendo che la famiglia ha preso il carattere esclusivamente femminile, è una famiglia femminilizzata, dove al suo interno si prodiga cura di tipo materno e l’autorevolezza paterna viene esercitata dallo Stato e dalle leggi. È un grave problema questo, è un gravissimo problema. Io credo poi che ultimamente la famiglia abbia fatto un altro passaggio. Non è più femminilizzata, ma dentro la famiglia si è creato un clima di tipo tribunalesco, io lo chiamo così. Anzi, tutti i rapporti sono diventati rapporti da tribunale: si ha bisogno del reato, del reo, tutti stiamo dando dei giudizi su tutto e questo dare giudizi è diventato forse l’unico modo con cui vengono educati i figli. È una cosa tremenda questa cosa qui. Fra l’altro la famiglia si sta piano piano prosciugando e rinsecchendo, perché il sentimento – che pure c’è, perché io raramente ho incontrato genitori che non amano i figli; nei miei 43 anni di lavoro ho solo presenti cinque situazioni dove c’era l’assenza totale di sentimento; è impossibile incontrare un genitore che non ami un figlio – che si vive è solo il sentimento emotivo, si consuma nell’emozione. Quando io pongo un po’ questo problema, sento spesso dire, per esempio quando mi capita di poter dire “ma come circola l’amore fra di voi?”, risposta: “Tutte le sere ci facciamo le coccole”. Non è questo. Perché la famiglia si sta prosciugando? Perché l’amore, ma l’amore quello vero, l’amore non è più il criterio con cui vivere, si è ridotto a semplice sentimento. Questo è tutto.

FRANCESCA FABBRI FELLINI:
E’ così. Io voglio chiedere a Emilia, così facciamo prendere un pochino fiato a Vittoria, ma lo chiedo a entrambe, visto che state con i giovani: con tutto quello che si legge sui giovani, tanti casi in negativo, baby prostitute, cyber bullismo, alcolismo, che fiducia avete nei confronti dei giovani per esperienza personale? C’è dell’ottimismo in voi, c’è del pessimismo? Qual è il polso della situazione? Come lo percepisce Emilia, insegnando tutti i giorni in un Liceo e Vittoria incontrando i giovani?

EMILIA GUARNIERI:
Stima assoluta nei confronti dei giovani, stima assoluta per una ragione, perché l’esperienza che io ho da x anni dei giovani dice che c’è un punto dentro di loro che se riesci a incrociarlo, fa scattare un dinamismo, un interesse. Insomma quel punto lì fa scattare tutto. Quel punto lì c’è, non solo perché abbiamo incominciato questo Meeting parlando del potere del cuore, ma lo dico con convincimento perché ha trovato un riscontro, trova continuamente un riscontro nella mia esperienza che mi fa dire stima, credito grandissimo. I giovani di oggi sono fragili, sono dediti a tutte queste cose, hanno interesse per i telefonini, sono tutti presi da questa realtà virtuale: tutto questo è vero, però se sono deboli dal punto di vista dei grandi ideali, questa fragilità li rende estremamente sensibili, estremamente capaci di impattarsi quando trovano qualcosa di vero e di attaccarsi. Non è vero che non sono capaci di attaccarsi, sono capaci di attaccarsi, però per attaccarsi bisogna che incontrino veramente qualcosa di vero che li prenda, cioè un amore che li prenda. Di fronte ad un amore che li prende, si attaccano. Quindi stima assoluta, totale.

FRANCESCA FABBRI FELLINI:
Qui giovani e belli se ne vedono tantissimi all’interno del Meeting. Io oggi ho avuto la fortuna di avere una splendida guida all’interno di questa mostra che c’è su Tolstoj, che è una delle mostre del Meeting e si vedeva l’emozione. Lei era innamorata della storia che stava raccontando e ha detto: “Io devo dire grazie, Francesca, perché nel percorso che ho fatto, imparare, studiare la vita di Tolstoj e tutto quello che è stato questo grande personaggio, ho imparato delle cose che mi accompagneranno per tutta la vita”. Questo credo che sia già una cosa meravigliosa ed è l’amore di cui dicevi tu: hanno bisogno di innamorarsi di qualcosa, di quella scintilla che dobbiamo essere noi adulti a scatenare in loro.

VITTORIA MAIOLI SANESE:
Sono appassionata …

FRANCESCA FABBRI FELLINI:
Con quella tavola da 34 …

VITTORIA MAIOLI SANESE:
Io sono un’appassionata dei giovani, guai chi me li tocca, tutti. Io sono curiosissima, mi piacerebbe avere tanta vita da poter vedere anche l’esito del loro modo di essere oggi. Credo una cosa, che abbiano bisogno di vedere adulti che sappiano camminare con sicurezza dentro la vita, perché comunque sono bastonati da questo ideale di autonomia e invece hanno proprio bisogno totale di compagnia. Credo che non possiamo rinunciare da adulti alla nostra capacità di trasmettere il senso della vita. I ragazzi hanno bisogno di questo, di vedere che qualcuno ha dato un senso alla vita. Hanno bisogno di una proposta. Io sono preoccupata rispetto a noi adulti, perché non sappiamo più essere proposta per i giovani. Senza proposta, loro non riescono a esercitare la loro libertà.

FRANCESCA FABBRI FELLINI:
Forse dobbiamo chiudere. Io continuerei fino a domani. Ringrazio la dottoressa Vittoria Sanese, ringrazio la Presidente Emilia Guarnieri. Il messaggio che deve arrivare, alzandoci questa sera, è che alla base di tutto c’è la famiglia. E’ bellissimo il messaggio che hai dato tu, “non smettiamo di essere esempio”, perché anche se diventano grandi, i giovani hanno sempre bisogno degli esempi, di un papà, di una mamma, di una famiglia che c’è sempre per loro. Grazie dottoressa Vittoria Senese, grazie Emilia Smurro, grazie a tutti voi per essere stati con noi, buona continuazione e buon ritorno a casa. Grazie.

Data

26 Agosto 2014

Ora

19:00

Edizione

2014

Luogo

eni Caffè Letterario A3
Categoria
Testi & Contesti