Chi siamo
IL SENSO RELIGIOSO E IL PENSIERO CINESE
Il senso religioso e il pensiero cinese
Un impiego per ciascuno. Ognuno al suo lavoro. L'Italia e la crisi
In occasione dell’incontro presentazione del libro Il senso religioso tradotto in lingua cinese. Partecipano: Paolo Costa, Missionario Fraternità Sacerdotale San Carlo Borromeo a Taipei; Ci-Han Lü, Student Counsellor alla Fu Jen Catholic University; Emmanuele Silanos, Missionario Fraternità Sacerdotale San Carlo Borromeo a Taipei; Chen-Hsin Wang, Docente di Lingua Tedesca presso i Dipartimenti di Musica e Psicologia alla Fu Jen Catholic University. Introduce Ambrogio Pisoni, Università Cattolica Sacro Cuore di Milano.
AMBROGIO PISONI:
Buon pomeriggio a tutti e benvenuti a questo appuntamento che il Meeting ci regala, occasione nella quale possiamo presentare, per la prima volta, dato che è comparso nelle edicole della capitale di Taiwan, Taipei, lo scorso mese di maggio, il testo, in lingua cinese, uno dei più importanti e dei più noti di don Luigi Giussani, Il senso religioso.
Abbiamo qui delle persone, due sacerdoti della Fraternità San Carlo Borromeo nata dal carisma donato a don Giussani, con Paolo Costa e don Emmanuele Silanos. Ci siamo accordati in questo modo cioè affido a loro il compito di presentare le nostre ospiti in modo tale che la pronuncia dei loro nomi sia, per lo meno, adeguata. Prego.
PAOLO COSTA:
Allora io presento alla mia sinistra la signora Wang Chen-Hsin, una nostra parrocchiana, della parrocchia di San Francesco Saverio, che è anche una nostra collega di lavoro, perché anche lei, come tutti, insegna all’Università Cattolica di Fu Jen. Come hai detto tu Ambrogio, ci ha aiutato nel lavoro di revisione della traduzione in cinese de Il senso religioso. Invece la signora Ci-Han Lü la presenta Lele Silanos.
EMMANUELE SILANOS:
Alla mia destra la professoressa Lü Ci-Han. Anche lei è una professoressa dell’Università Cattolica di Taipei, dove insegna italiano. Lei insegna Introduzione alla religione e teologia. Spendo due parole per presentarla, dicendo la ragione per cui l’abbiamo invitata. Lei sin dall’inizio, da quando i primi del movimento, Icio, Isa, Andrea e Cecilia sono arrivati a Taipei, ci ha accolto. Abbiamo cominciato, piano- piano, a collaborare con lei, quindi negli ultimi due anni la collaborazione è diventata più intensa.
Perché ci interessa sentirla, perché ci interessa continuare questa collaborazione con lei? Perché abbiamo incontrato alcune sorprese quando siamo arrivati a Taipei, cercando di fare breccia tra gli studenti universitari. Abbiamo scoperto che gli studenti universitari di Taipei sono molto più immaturi, ancora più immaturi dei nostri. Sono totalmente disinteressati alla gran parte di quello che succede fuori di loro, fuori del loro Paese ma anche all’interno del loro Paese, nella loro società. Inoltre la cosa che ci ha colpito molto è che spesso riusciamo a diventare amici loro ma difficilmente riescono a diventare amici tra di loro.
Incontrando la professoressa Lü, abbiamo scoperto una persona appassionata sia a Cristo che alle persone. Il suo lavoro educativo è basato soprattutto sulla proposta, fatta agli studenti, di impegnarsi nella realtà sociale, in particolare quella taiwanese, in particolare quella dei bambini aborigeni, cioè i bambini più lontani dagli agi che adesso i taiwani cominciano a vivere, e poi anche di quelli che vivono in situazioni più disagiate nelle metropoli taiwanesi. Attraverso questo tipo di lavoro ha creato delle persone adulte.
Quello che ci colpisce di noi, guardando loro, è che sono, a differenza degli altri studenti, sono persone adulte, interessate alla realtà e amiche tra di loro.
Allora, noi troviamo in questo una sintonia, una sintonia con il modo in cui siamo stati educati.
Allora, le abbiamo proposto di misurarsi col testo di don Giussani e vogliamo sentire oggi che cosa ci dice.
Durante la sua testimonianza scorreranno delle immagini, saranno le immagini dei bambini che i suoi studenti aiutano in queste opere di volontariato e di sostegno. Quindi grazie alla professoressa Lü che oggi è qui presente.
AMBROGIO PISONI:
Abbiamo chiesto innanzitutto a don Paolo di raccontarci gli avvenimenti più significativi che hanno segnato il lungo lavoro di questi 10 anni, dal momento in cui è cominciata questa avventura di traduzione del testo di don Giussani. Grazie.
PAOLO COSTA:
Grazie. Dunque il lavoro di traduzione di questo testo, appunto, è stato molto lungo. Ma non perché abbiamo passato tutti i giorni a tradurlo, perché in questi 10 anni abbiamo avuto diversi problemi.
La presenza della Fraternità San Carlo sull’isola di Taiwan si inserisce in una storia che ci precede. Prima di noi preti erano andati a Taipei Isa e Icio, una coppia di Rimini con i loro figli. I primi a insegnare al dipartimento di italiano dell’università cattolica Fu Jen, appena aperto. Quando sono tornati in Italia li hanno sostituiti un’altra coppia di sposi novelli, Andrea e Cecilia di Gubbio che insieme a Valentina hanno continuato ad insegnare italiano e a conoscere persone. L’idea di tradurre Il Senso Religioso in cinese è venuta ad Andrea. Ha cercato all’università chi potesse tradurre il libro e dal momento che il dipartimento di italiano non era ancora in grado di fornire traduttori esperti, ha chiesto ad un signore laureato in spagnolo: il signor Yao. È stato lui ad iniziare il lavoro di traduzione del libro, leggendolo in spagnolo e in inglese per farne una prima traduzione. Nel 2003 io ero ancora diacono e in missione a Taiwan da poco meno di un anno. Andrea e Cecilia erano tornati in Italia e ci avevano lasciato la responsabilità di portare a termine questo lavoro di traduzione. All’epoca eravamo in tre, giovani, alle prime armi col cinese mandarino, impegnati a studiarlo a scuola ma anche ad insegnare italiano all’università cattolica. Eravamo inesperti e inadatti a portare a termine questo immane lavoro di traduzione. Leggo una lettera nostra che poi venne pubblicata sul tracce di maggio del 2003.
“Carissimo don Giussani, siamo due sacerdoti e un diacono della Fraternità San Carlo. Da un anno il signor Yao, cinese cattolico, sta traducendo Il senso religioso. Ogni mese ci troviamo per rispondere alle sue domande riguardo alle difficoltà che incontra nella traduzione. Negli incontri precedenti i rapporti con lui erano sempre stati abbastanza formali. Arrivato alla traduzione del decimo capitolo e in particolare del paragrafo L’io dipendente ha iniziato a cambiare totalmente atteggiamento. Ha incominciato a dire che capiva dove tu volevi condurlo. Diceva: «Dietro queste frasi c’è veramente un grande significato, c’è una vita». Noi, a bocca aperta, stavamo ad ascoltarlo mentre ci raccontava la sua storia: «Questo libro è proprio ciò che attendevo, ciò di cui avevo bisogno. Dieci anni fa ho ricevuto il Battesimo ma, se devo dire la verità, quando dovevo parlare della mia fede mi sono sempre trovato in difficoltà come se non avessi strumenti adeguati. Inoltre, l’educazione che ho ricevuto, mi imponeva di censurare i sentimenti che provo, come se fossero ostacoli per la fede. Così mi ha colpito tantissimo vedere come don Giussani parte invece proprio dall’uomo così come è con tutti i suoi desideri, con tutti i suoi sentimenti, facendo vedere quanto questi siano grandi e come siano la strada verso il Signore. Penso ci sia veramente tanto bisogno di questo libro qui a Taiwan». Poi ha iniziato a chiederci dell’incontro di Scuola di comunità. Sono ormai quattro settimane che viene. Lo scorso giovedì Vincenzo (un nostro amico Taiwanese) ha fatto una domanda che noi non riuscivamo tanto a capire (anche perché parlava molto velocemente). Yao alla fine gli ha detto che secondo lui, la parte de Il senso religioso che parla della sproporzione strutturale è ciò che Vincenzo tentava di esprimere con il suo racconto e la sua domanda. Inoltre l’ha collegato con un detto di Confucio. Insomma a Vincenzo si accendevano gli occhi mentre parlava e siamo rimasti stupiti da questa persona che conosce così bene Il senso religioso e che riesce a esprimerlo valorizzando la cultura propria di ogni uomo cinese”.
Fu esattamente così. La cosa più bella fu il cambiamento di questo uomo. Prima estraneo, un po’ scocciato, forse non coglieva il valore di quello che stava traducendo. Poi un cambiamento improvviso e totale. Era felice di vederci, di stare con noi e con i nostri studenti. Purtroppo per motivi di lavoro il signor Yao dovette lasciare Taipei e trasferirsi al sud dell’isola, lasciandoci con un libro finito ma non rivisto e rifinito. Mancava la revisione. Abbiamo stampato il libro per uso interno e incominciato ad usarlo nell’incontro settimanale di scuola di comunità che facevamo in università con i nostri studenti quasi tutti non cristiani. Il libro presentava alcuni errori di traduzione di alcune parole. Le frasi a volte erano molto difficili da capire, ma col fatto che lo leggevamo insieme e cercavamo di spiegarne i punti più oscuri, fu comunque un bel lavoro. Una nostra amica taiwanese del movimento aveva scritto a don Giussani nel 2004. Leggo la parte della lettera in cui cita Il senso religioso che le avevamo regalato ancora in questa prima versione per vedere se una taiwanese normale potesse capire quello che era scritto.
“Il senso Religioso è già stato tradotto in cinese e adesso è in via di revisione. Quando leggo questo libro, sembra proprio che tu stia parlando a me: ogni parola e ogni frase colpiscono il mio cuore. Tutto quello che dici sono le domande che si possono incontrare nella vita ma che io non ero riuscita a formulare in maniera così chiara. In particolare la spiegazione che dai di ragione, sentimento, valore che fai nel libro così perfettamente mi fanno guardare dentro me stessa, ripensare al significato della presenza della fede nella mia vita”.
È evidente che pur nella prima versione la traduzione colpiva al cuore. Penso che quello che descrive Julie sia una esperienza di molti di noi che hanno letto don Giussani. È l’esperienza di avere a che fare con un genio o con un artista. L’artista riesce a dire quello che tutti pensano o sentono o presentono ma che non riescono ad esprimere in parole o musica o colori. Quando incontriamo un artista o le sue opere ci sentiamo vibrare dentro il cuore perché quello che esprime lui è quello che sentiamo anche noi.
Questa prima versione del libro venne regalata anche a don Giussani prima che morisse come piccolo segno per dire che le sue parole e il suo insegnamento avevano raggiunto anche il mondo cinese.
Dal 2005 al 2008 il libro non era più di nostra competenza. Lo avevamo passato ad altri amici coinvolti col cinese per aiutare a dare un giudizio, correggere e magari fare la revisione. Noi eravamo impegnati chi nello studio del cinese, come Emmanuele Silanos appena arrivato, chi in università a insegnare, chi come me a guidare la prima parrocchia che nel frattempo l’allora vescovo Zhen ci aveva affidato.
Poi il libro tornò a noi per cercare di portarlo alle stampe. Il primo traduttore restava introvabile. Allora io cercai un mio amico, cattolico, molto intelligente, laureato in inglese alla nostra università, che conosce benissimo anche il francese: Christof wu long ling. Christof mi aveva aiutato a tradurre dei volantoni di natale o pasqua. Mi aiutava col cinese e io gli insegnavo un po’ di italiano. Aveva esperienze di traduzioni. Aveva tradotto anche alcuni libri del papa. Era la persona giusta per aiutarci nella revisione. Purtroppo anche lui finite le prime tre premesse aveva deciso di lasciarci per entrare in un seminario in Germania e iniziare una nuova vita.
In quel periodo la signora Gao che si trova al mio fianco, mia parrocchiana, era impegnata con un gruppo di amiche a leggere insieme a loro dei libri che poi paragonavano con la loro esperienza. La Gao voleva che io partecipassi a questo tipo di incontri ma io non ne avevo voglia. Dissi alla Gao perché non leggete un libro del prete che ha fondato il nostro movimento? Le diedi il libro da leggere. Mi disse che era illeggibile. Dalla prima pagina si vedeva che era un libro non scritto da un cinese e tradotto da una lingua straniera. Questa non poteva essere una obiezione perché effettivamente Giussani era un genio ma non era certo cinese, che il libro fosse una traduzione era ovvio. Cercai di entrare nel contenuto del libro e non solo nella forma che magari poteva essere migliorata in futuro. Così partecipai a questo incontro della signora Gao con le sue amiche e tentai di spiegare il percorso del libro capitolo per capitolo. Questa mia spiegazione spalancò il testo alla signora Gao. Da allora si prodigò per riuscire a renderlo ancora più comprensibile per un lettore cinese. Altri amici entrarono ad aiutare come la Nu lin altra parrocchiana insegnante di inglese all’università di Fu Jen ci aiutò a ritradurre alcuni capitoli più problematici.
Ma il lavoro determinante fu fatto durante le vacanze invernali del febbraio 2009. Tutti i taiwanesi che di solito non hanno mai ferie si fermano per un mese per le vacanze di capodanno cinese che cade di solito in febbraio. Ne approfittammo per fare un lavoro di équipe in casa nostra per finire la revisione del testo. C’erano la signora Gao Helga wang zen xin, insegnante di tedesco all’università cattolica, che leggeva il testo in cinese e in tedesco, Caterina Huang lan li, nostra parrocchiana, laureata in tedesco che ci aiutava a correggere il testo col computer. Nicola Sun de hao anche lui cattolico, nostro studente di italiano dell’ultimo anno. Don Paolo Cumin e io. Ci siamo chiusi in casa con tutti i nostri libri, col computer e con la voglia di finire questo libro. Leggevamo frase per frase e se qualcuno non capiva ci fermavamo per cambiare e per rendere il testo comprensibile e scorrevole senza stravolgerlo. Dopo questo lavoro da certosini che è stato difficile ma utile per diventare più amici, e per conoscere meglio Il Senso Religioso, una nostra studentessa Isabella ha curato le note per renderle omogenee in un unico formato.
A questo punto il libro era quasi pronto. Per portarlo alle stampe Vincenzo Lin huai Min è stato indispensabile. Vincenzo è un nostro studente laureato da alcuni anni, battezzato da poco, sposato con Flora, ragazza taiwanese anche lei appena battezzata grazie a lui, conosciuta nel 2006 sul lavoro. Lavoravano per una casa editrice essendo molto innamorati dei libri. Entrambi sono del movimento. Vincenzo da molti anni, Flora da un po’ meno. Vincenzo ci ha aiutato a contattare delle case editrici laiche. Una sembrava interessata a pubblicare il libro ma all’ultimo si è ritirata. Allora abbiamo cercato le case editrici cattoliche dell’isola. Vincenzo ci ha trovato la Kuangchi, casa editrice legata ai gesuiti. L’allora direttore era un prete anziano gesuita. Quando Vincenzo lo ha contattato per telefono gli hanno risposto che era appena uscito da pochi istanti per andare a predicare gli esercizi spirituali. Al suo ritorno avrebbe dato la risposta se pubblicare il libro o no. Purtroppo non sarebbe mai tornato da quegli esercizi. L’anziano prete aveva avuto un malore e morì dopo poco. Abbiamo avuto per un istante il dubbio che questo libro non s’aveva da pubblicare. Abbiamo pregato don Giussani di pensarci lui. Dopo poco la casa editrice ci ha dato il benestare. Paolo Cumin e Vincenzo hanno continuato a leggere e rileggere le bozze per trovare eventuali errori prima della pubblicazione. Abbiamo pensato di adottare lo stesso titolo che avevano tradotto i nostri amici in Giappone. Il cuore religioso. Il giapponese utilizza nella scrittura moltissimi caratteri cinesi. Avevano tradotto senso con la parola cuore che mi sembra una traduzione molto bella. In cinese la parola cuore è infatti un carattere molto significativo. Non è solo un organo del corpo, ma è la sede del pensiero e dell’affezione. In tantissimi caratteri cinesi compare il radicale cuore per esprimere la ragione e il sentimento. Ci è sembrato una parola molto vicina all’uso che ne fa la Bibbia come ci ha insegnato don Giussani proprio in questo libro.
Finalmente il libro è uscito. Tempo fa ero stato invitato dalla facoltà di teologia dell’università Fu en a parlare della nostra spiritualità. Avevo parlato di don Giussani, del nostro movimento, della mia vocazione della mia vita come prete nella fraternità san Carlo. Dissi che il primo libro in cinese di don Giussani era pronto per essere pubblicato e che quando lo fosse stato mi sarebbe piaciuto presentarlo in quel luogo. Durante quell’incontro c’era il nostro arcivescovo Hong Shan Chuan Giovanni il quale ci stima molto ed è molto colpito dalla nostra vita. Dopo l’incontro mi ha invitato a ripetere la stessa cosa durante il ritiro mensile dei preti della diocesi. Ho aspettato che uscisse Il Senso Religioso e ne ho approfittato per presentarlo e per venderlo ai preti presenti. Avevo pronta una copia omaggio per il Vescovo che ha insistito per comprarne un po’ di copie che poi ha regalato ai suoi collaboratori. Dopo poco tempo Vincenzo mi ha mandato il link di un blog di una ragazza taiwanese. Questa ragazza era appena stata battezzata dal vescovo in cattedrale e tra i regalini che il vescovo aveva fatto loro c’era anche questo libro. Mi ha commosso sapere che il vescovo aveva regalato loro Il Senso religioso. Le ho scritto una lettera e lei mi ha risposto così:
Carissimo padre Costa,
Ogni volta che leggo questo libro, devo rileggere lo stesso paragrafo 2 o 3 volte perché è veramente troppo profondo e bello. Ieri sera mentre leggevo questo passo in cui Giussani dice: “L’urgenza del nostro sentire apre alla vita nella sua concretezza e completezza, non si può fermarsi a metà strada, crogiolandosi in una esperienza emotiva che diventa evasione e spreco” mi sono messa a gridare perché è proprio quello che di solito facciamo tutti: fermarci a metà strada e non andare fino in fondo al nostro cuore. Il mio gatto si è spaventato ed è saltato giù dal divano. Se non avessi conosciuto Cristo anche io sarei ancora a cercare un po’ dappertutto senza però trovare una risposta. Ringrazio molto il vescovo di avermi regalato questo libro così denso e così bello. Sarebbe però molto utile leggerlo insieme ad altri.
L’ho ringraziata per quello che ha scritto e l’ho invitata a partecipare ai nostri incontri di scuola di comunità proprio per aiutarci a leggere e capire questo libro insieme come lei stessa suggeriva e come noi da sempre facciamo.
Anche nelle ultime scuole di comunità in parrocchia ho letto insieme a loro il quinto e il decimo capitolo per introdurli a quello che avremmo fatto quest’oggi. Insieme a noi ci sono un trentina di amici taiwanesi parrocchiani e studenti amici, che hanno iniziato a frequentare le nostre scuole di comunità o che sono colpiti e interessati a noi. Li abbiamo invitati a questo pellegrinaggio in Italia e al Meeting di Rimini perché vedano e tocchino con mano la bellezza che è nata dal carisma di questo grande prete che è don Giussani che continua a generare persone nuove in tutto il mondo. Grazie.
Bene, adesso, dopo il mio intervento devo introdurvi la signora Chen-Hsin Wang come un po’ ho già detto, lei parlerà in cinese e io tradurrò. Sentiamo il suo intervento.
CHEN-HSIN WANG:
Cari fratelli e sorelle buon giorno. Ringrazio Dio che mi dà l’occasione di essere di fronte a voi, prima di tutto mi voglio presentare: sono made in Taiwan. Mi chiamo Chen-Hsin, Chen-Hsin vuol dire cuore vero, è di solito la parola che dicono gli amanti tra di loro, per esempio io ti amo di cuore vero, e adesso vi regalo il mio cuore vero. Chen-Hsin è un cuore vero che incontra l’amore e quindi adesso Dio fa in modo che io possa regalarmi a ciascuno di voi.
Questa parola cuore vero, il cuore, cuore vero, ha un significato molto profondo. Io prima ero buddista, nella tradizione buddista noi impariamo che dobbiamo ritrovare il nostro cuore vero, ritrovare la nostra natura originaria, sono una persona che ha ricercato sempre la verità. Ho fatto come un voto di trovare nella mia vita il cuore vero e questo cuore è il cuore con cui noi possiamo incontrare Dio, questo cuore vero è proprio il cuore di Dio. Questa cosa del cuore, cuore vero è proprio quello che dice anche don Giussani nel Senso religioso. Cercare questo cuore vero non è facile, quando avevo 33 anni ho iniziato a cercare la verità. Ho iniziato a cercare a Taiwan dove ci sono tantissime diverse religioni e tradizioni. Ho avuto tantissime esperienze, ma al mio cuore era ancora difficile trovare la pace. “L’anima mia è inquieta finché non riposa in te, mio Dio”. Uno dei testi a cui sono più legata è questo di Sant’Agostino, con cui inizia le Confessioni perché descrive esattamente quella che è la mia esperienza e anche l’esperienza descritta in questo libro. Il cuore di ogni uomo è inquieto finché non trova riposo in Dio.
Questo grido di Agostino mi fa tornare alla mente un testo buddista, in cui un uomo normale, che rappresenta ognuno di noi, chiede a Buddha; “Come può il mio cuore trovare riposo? Come può abbandonare la sofferenza e trovare la letizia?”.
Ecco, questo è perché amo questo libro, il Senso Religioso, perché parla della mia stessa esperienza.
Io sono stata battezzata 9 anni fa. Nei 40 anni precedenti ho vagato molto nella mia ricerca della verità, io che prima sono sempre stata di religione buddista ma che non ho mai trovato la vera pace in quella religione.
Dopo essere stata battezzata, ho fatto un viaggio in Europa, in Germania più precisamente a fare delle ricerche su una grande Santa, Ildegarda di Bingen, da cui ero fortemente attratta per la sua forte personalità e per la sua spiritualità. Volevo interrogare questa grande santa e trovare in lei le risposte che ancora cercavo da parte di Dio.
Quando sono tornata ho incontrato nella mia parrocchia i preti di Comunione e Liberazione. Ero andata a cercare una dona del passato, una donna del dodicesimo secolo e Dio mi ha risposto dandomi da gruppo di persone da incontrare: questa era la sua risposta alle mie domande. Una comunità fortemente legata al tempo di oggi, una comunità capace di rispondere alle domande che l’uomo del ventunesimo secolo ha.
Quando ho letto questo libro, all’inizio non riuscivo a capirlo bene. Poi ho capito che per comprenderlo dovevo partire dall’incontro con i tre preti di Comunione e Liberazione che avevo incontrato. Allora ho capito il nesso forte e potente che c’è tra queste parole e la vostra esperienza.
Voglio allora sottolineare alcune parole di questo libro e che sono importanti per me.
La prima è la parola libertà. Quello che mi ha più colpito di voi e della vostra esperienza è l’accento sulla libertà che voi mettete. Non ho mai conosciuto nella mia vita dei preti o degli educatori che mettessero così in risalto la libertà dell’uomo. Credo che in questo stia il vostro pregio più grande ma anche il rischio più grande che correte. Perché è rischioso puntare sulla libertà dell’altro. E anche per noi che non siamo abituati è difficile, soprattutto all’inizio, capire il rapporto che c’è tra libertà e fede.
Un’altra parola importante è la parola “segno”. Per la prima volta, ascoltandovi parlare, ho colto l’importanza del rapporto con l’altro per arrivare a conoscere Dio. L’altro, il “tu” sono segno di Dio, sono il modo con cui io conosco Dio, attraverso la comunione con te, attraverso l’amicizia con te, io posso fare esperienza di Dio. Questa per me è stata una novità assoluta. Per noi orientali il rapporto col divino è assolutamente personale e spirituale invece per voi passa attraverso l’altro. Passa attraverso la sua carne.
L’altra parola, allora, è la parola “incarnazione” (che in cinese non esiste neanche, si dice solo: “Dio nasce come uomo”). Questo non solo vuole dire che il mio incontro con Dio passa attraverso l’altro. Ma significa anche che il rapporto con voi cambia le persone che incontrate. Il significato del fatto Dio si è fatto uomo l’ho capito grazie al cambiamento della mia persona, della mia vita.
Un’altra parola è tradizione. Voi siete certi della tradizione di cui fate parte. Siete venuti a Taiwan, col gusto per certi poeti, scrittori, per certi canti. Ma avete incontrato una realtà diversa. Per voi essere certi della tradizione da cui venite vuole comunque dire saper valorizzare anche la tradizione che trovate nei luoghi in cui venite mandati. Un esempio è quello dei canti. Voi avete un certo gusto per la musica: a voi piace il gregoriano, vi piacciono le laudi medievali, vi piace la “mia” Ildegarda di Bingen, vi piacciono i canti del vostro Movimento…. Arrivati a Taiwan, avete trovato un’altra sensibilità: una chiesa più giovane di età, appena nata, con musiche che uniscono le sonorità delle tribù aborigene a canzoni più popolari cinesi o taiwanesi. Ma voi non avete imposto la vostra tradizione, avete saputo accogliere anche la nostra e man mano integrarvi. Questo è un concetto di tradizione interessante perché voi continuate a cercare di comunicare ciò che piace a voi, ma valorizzando quello che c’è.
Una parola per me fondamentale contenuta in questo libro è “in azione”. Giussani dice che per capire se stessi bisogna guardare a sé in azione. Quello che mi ha colpito e che voi fate così su di voi. Voi parlate di voi stessi della vostra esperienza e la giudicate e in questo modo lo insegnate anche a noi.
Infine nell’ultimo capitolo don Giussani dice che l’avvenimento dell’Incarnazione è un fatto nella storia, un fatto nel tempo che da’ senso a tutto il tempo. Un fatto attraverso cui si può capire tutto ciò che è stato prima e tutto ciò che verrà dopo. Ecco, per me l’incontro con il cristianesimo, l’incontro con voi è stato questo fatto, attraverso cui io ho davvero potuto capire di più tutto ciò che mi è accaduto prima e tutto ciò che mi aspetta nel futuro.
AMBROGIO PISONI:
Adesso a don Emmanuele il compito di introdurre la testimonianza della nostra amica.
EMMANUELE SILANOS:
Innanzitutto io ci provo a tradurre. Se non ce la faccio so che Paolo mi aiuta.
Ho appena….
CI-HAN LÜ:
Cari amici buon giorno. Nonostante sia la prima volta che vengo in Italia, da 35 anni a questa parte, da quando sono stata battezzata e durante tutta la mia vita, ho avuto un forte rapporto con l’Italia e con gli Italiani. Mi dispiace di dover usare per forza il cinese ma in futuro spero di venire più spesso in Italia e di poter incominciare ad usare l’italiano.
EMMANUELE SILANOS:
Visto che le ho detto di rilassarsi un po’, le ho dato un dito e si è preso un braccio, per esprimere la gratitudine al movimento e al Meeting che ha invitato noi e gli studenti taigonesi che qui vedete e tutti gli amici taigonesi che qui vedete, per esprimere la nostra gratitudine, vogliamo cantare una canzone. Il significato di questa canzone dice:
Non importa se tu stai camminando su un’alta montagna, bella e alta montagna, oppure in una valle oscura, se tu alzi la tua testa, potrai scoprire tutti i doni, tutte le cose che Dio ha preparato per te. Anche se ci sono le nuvole che ogni tanto coprono il sole, però quello non potrà mai cambiare, ci sarà sempre, anche se un po’ di pioggia bagna il tuo volto, il sole non potrà mai cambiare, il sole ci sarà sempre.
Canto
CI-HAN LÜ:
Vorrei innanzitutto ringraziare Comunione e Liberazione e il Meeting di Rimini per l’invito che mi hanno fatto e hanno fatto agli studenti dell’Università Fu Jen di Taipei, dandoci la possibilità di condividere con voi l’amicizia e la comune esperienza di fede. Oltre al desiderio di farvi conoscere i frutti del nostro lavoro e della nostra esperienza a Taiwan, noi speriamo anche e soprattutto di poter imparare dalla vostra esperienza e verificare la possibilità che un domani ci possa essere anche da noi a Taiwan un evento come quello del Meeting.
Conosco il vostro movimento dal 1996, quando i primi due di voi, marito e moglie, invitati da Monsignor Ti Kang, vennero a Taiwan. Si tratta di Icio e Isa che ricordo con affetto e amicizia.
In seguito ho potuto approfondire la conoscenza vostra prima con Andrea e Cecilia poi con i sacerdoti della Fraternità San Carlo.
Attraverso di loro ho potuto conoscere di più le caratteristiche fondamentali e le colonne portanti del movimento fondato da don Luigi Giussani, in particolare l’accento d lui posto su: cultura carità e missione.
Colgo questa occasione per congratularmi con voi per la pubblicazione della traduzione in cinese del Senso Religioso che credo abbia una importanza fondamentale per la gente di oggi perché ricorda ad ogni uomo quali sono le sue esigenze fondamentali. Il senso religioso è ciò che di più originario abbiamo dentro di noi, è la ricerca della verità, è la nostra appartenenza all’unico Dio creatore, è la ricerca di ciò che è il valore fondamentale e che rende piena l’esistenza dell’uomo.
La sintonia che sento con questo libro deriva anche dal fatto che è il frutto del lavoro che Giussani ha fatto in tanti anni di insegnamento con i suoi studenti. Oggi io sono qui per fare la stessa cosa, condividere con voi il metodo con cui provo ogni giorno a educare i miei ragazzi, a cercare di aiutarli a trovare se stessi, prima di tutto aiutarli a capire qual è il desiderio più profondo del loro cuore, e poi aiutarli a cercare di realizzarlo. In questo processo di maturazione è fondamentale la vita della comunità perché la carità emerga nella loro vita così da poter diventare operatori di giustizia nella società e poter servire e abbracciare coloro che in essa sono tra i più bisognosi.
In questa esperienza educativa i punti di contatto con don Giussani sono tantissimi, per cui vi ringrazio della possibilità che mi avete dato di condividere con voi le mie riflessioni dopo la lettura di questo testo.
Prima vorrei fare una breve introduzione riguardo al background culturale in cui i giovani di Taiwan sono inseriti.
1. innanzitutto il concetto di educazione derivato dal pensiero confuciano, per cui il giovane per poter migliorare se stesso e trovare il suo posto nella società deve passare attraverso una serie infinita di esami per cui al giovane taiwanese manca la capacità di riflessione su di sé e sulla propria persona e sui propri bisogni più profondi. I ragazzi taiwanesi non si fanno domande su di sé. Così al termine del lungo processo formativo della scuola, il ragazzo non è messo nelle condizioni di poter trovare né cercare se stesso.
2. Nella cultura cinese la famiglia ha un ruolo fondamentale ma è totalmente slegato dal resto della società. I nostri ragazzi non si interessano né dei problemi sociali del loro paese né, tantomeno, di quello che accade fuori dalla nostra piccola isola.
3. La storia e la politica di Taiwan influenzano profondamente la vita e il pensiero dei nostri giovani. La storia di Taiwan comincia 400 anni fa e da allora l’isola è sempre stata controllata da stranieri. Per questa ragione ai nostri ragazzi manca una autocoscienza di chi siamo noi, di chi sono loro. A Taiwan oggi ci sono: aborigeni, Akka, cinesi della prima generazione, cinesi venuti con Chiang Kai-shek, nuovi immigrati.
4. La crescita economica del paese è un altro fattore importante: nel ventennio dal 60 all’80 il Paese è passato dall’essere poverissimo ad un rapido e improvviso processo di arricchimento. Ma allo sviluppo materiale non ha corrisposto un adeguato sviluppo spirituale.
5. Infine la posizione internazionale: la comunità internazionale subisce l’influenza politica cinese per cui Taiwan non può partecipare in modo autonomo alle attività della comunità internazionale.
Tutti questi fattori vanno ad alimentare la mancanza di equilibrio dei giovani taiwanesi. Che mancano di una identità nazionale e personale.
I giovani sono ritenuti dal resto della popolazione un segno di speranza ma in questi anni abbiamo scoperto che gli studenti che passano dall’università vanno dietro alle mode e a una cultura consumistica. Il loro atteggiamento è improntato a un generale menefreghismo che li rende maleducati e irrispettosi senza il minimo atteggiamento necessario a chi vuole imparare davvero.
Questi giovani sono assolutamente incapaci di elaborare e di esprimere un pensiero proprio, autonomo. Di fronte ai problemi, alle difficoltà non sono capaci di affrontarli e analizzarli in modo più profondo. Inoltre si sentono completamente estranei ai problemi del resto della società.
Se chiedi a uno dei nostri studenti: “Conosci la storia del tuo Paese?” “Non mi piace la storia. A cosa mi serve la storia per trovare lavoro?” “che cosa vuoi fare nel futuro? Qual è il tuo scopo nella vita?” “Trovare un lavoro stabile che mi dia uno stipendio sicuro. Uno scopo più profondo non l’ho mai cercato”. Se noi osiamo insistere a chiedere loro: “sai che nella vita c’è un sacco di gente che soffre? Credi di poter fare qualcosa per loro?” “Perché dovrei cercare di capire la gente che soffre? Se avessi la possibilità potrei anche entrare a far parte di qualche organizzazione o gruppo che aiuta i più poveri ma adesso non ho i soldi né il tempo per occuparmi di loro. Quando avrò i soldi comincerò ad occuparmi di questo genere di problemi”.
Così anno dopo anno ho affrontato questo tipo di studenti e mi sono chiesta: “Cosa posso cavar fori da questo genere di ragazzi? Che tipo di vita posso proporre a questo tipo di gioventù?”
1. La tradizione è l’eredità che ogni uomo riceve al momento in cui viene al mondo. Gesù è nato dentro una cultura particolare, quella ebraica, esercitando di quella cultura tutta la bellezza e la profondità, ma anche sfidandone gli aspetti più ingiusti e sbagliati. Dentro a questa sfida da Lui portata ogni uomo ha potuto godere della liberazione e della vera libertà che solo Lui può portare. Grazie a questa libertà ognuno può entrare in contattato con ogni uomo e ogni aspetto del reale.
2. Personalmente io guardo con grande attenzione all’atteggiamento dei giovani di fronte alla società e alla realtà per cui spingo i ragazzi a interessarsi ai problemi della società e della realtà che li circonda. Lo sappiamo tutti quanti: se sempre più persone si occuperanno dei problemi della società questo aiuterebbe molto il progresso della giustizia e del senso di solidarietà nel mondo. Del resto questa è la preoccupazione di Gesù nel vangelo che predilige i poveri e gli emarginati per sfidare la mentalità dell’epoca e le ingiustizie dell’epoca. Per cui la liberazione portata da Gesù parte dall’educazione della sua gente a giudicare la propria cultura e tradizione.
3. Perciò durante il processo di educazione di questi giovani li spingo innanzitutto a osservare, giudicare, riflettere su di sé e sulla propria esperienza in modo tale da renderli capaci di osservare e riflettere sui problemi del nostro mondo e della società e di offrire ad essa il proprio contributo.
Come potevo far emergere nella vita di queste persone quelle domande che loro avevano nel profondo del loro cuore ma che non si facevano?
Questo è quello che in questi anni ho proposto loro. Una educazione alle loro persone che fosse una educazione alla carità.
La mia proposta si basa su tre fuochi fondamentali:
1. Affrontando ragazzi nell’età in cui dovrebbero maturare una maggiore passione e vitalità la mia prima preoccupazione è fargli conoscere e prestare attenzione ai bambini che nella società hanno più bisogno di aiuto. A Taiwan non tutti bambini hanno la fortuna di avere, come noi, una famiglia che li aiuti a crescere e a maturare. Questi bambini, poveri e emarginati, sono sempre di più a Taiwan, a causa dei problemi economici e sociali che il nostro Paese come gli altri sta attraversando. Sempre più bambini vivono in famiglie che mancano di equilibrio, o perché hanno solo il papà o la mamma perché non hanno nemmeno uno dei due. Questi bambini senza famiglia vengono spesso affidati agli orfanatrofi. Educare questi bambini è un problema molto grosso. Loro durante il periodo della scuola rimangono spesso indietro rispetto agli altri bambini, perdendo stima e fiducia in se stessi, alla crescita biologica non corrisponde una adeguata maturazione intellettuale. Quando questi bambini diventano ragazzi vengono facilmente attratti da comportamenti sbagliati e malavitosi.
2. Nel 2005 ho cominciato ad invitare alcuni studenti universitari ad aiutare alcuni bambini che vivono nei dintorni dell’Università. Bambini poveri o bisognosi di essere aiutati nello studio, nell’uso del tempo libero, nello sport, ecc. Questo programma di sostegno è cresciuto fino ad oggi secondo modalità diverse tra loro.
1 – Un primo modo è l’uso di Internet per fare lezioni di ripetizione. Grazie all’utilizzo di Internet i nostri studenti possono raggiungere stando all’università bambini delle zone più disperse dell’isola per aiutare loro a feri compiti e rispondere ai loro problemi.
2 – Andare negli orfanotrofi a far compagnia ai bambini che lì vivono, aiutarli a fare i compiti, costruendo un rapporto simile a quello che c’è in una famiglia.
3. Ogni estate andiamo a organizzare una scuola estiva presso bambini appartenenti a varie tribù aborigene o che vivono in zone particolarmente sperdute e disagiate.
Attraverso questa compagnia alle loro vite i bambini possono scoprire il valore che ha la loro persona, la loro vita e in molti hanno potuto trovare uno scopo vero e positivo per cui vivere e impegnare le loro risorse e capacità.
Noi vogliamo continuare a percorrere questa strada sperando che sempre più ragazzi possano unirsi a noi in questo cammino di carità verso il prossimo.
Questo è quello che in questi anni ho proposto loro. Una educazione alle loro persone che fosse una educazione alla carità.
La mia proposta si basa su tre fuochi fondamentali:
1) “Che la mia presenza sia una benedizione per gli altri”
I giovani hanno bisogno di affrontare con sincerità se stessi, costruire senza sosta la pienezza della propria vita per renderla completa, certa. Solo così potranno poi dare agli altri qualcosa, donando loro serenità e speranza così come faceva Gesù’ che diceva spesso ai suo “La pace sia con voi”. Facendo partecipi gli altri di questo amore e di questa letizia possiamo ancor più profondamente capire noi stessi.
Come mostra bene tutto il cammino che don Giussani fa ne “Il Senso Religioso”, questo processo di comprensione di sé nient’altro è se non il cammino di conoscenza della verità e quindi di Dio. Così un ragazzo potrà dare agli altri letizia e speranza solo se prima l’ha guadagnata lui per sé.
2) “Dare il meglio a chi ha più bisogno”.
Dio ci ha creati per amore e ci ha fatti a sua immagine e somiglianza. E ci ha dato il comandamento di amarci gli uni gli altri come Lui ci ha amati. Per educare i nostri ragazzi a servire e amare i bambini disagiati con cui abbiamo a che fare, insistiamo molto su quali sono gi ideali che ci spingono ad aiutare il prossimo e su alcune regole fondamentali, proponendo ai nostri studenti un percorso di formazione di 3 o 4 mesi. Durante questo periodo di formazione, la cosa più importante è che in questo periodo il ragazzo possa sviluppare il proprio punto di vista, la propria creatività al servizio del gruppo come strada per realizzare se stesso, evitando ogni eccesso personalistico. Il valore più alto che perseguiamo è quello di un “amore totale nel servire il prossimo”, affinché ogni ragazzo, attraverso questo “trattare il prossimo come se fosse Dio” venga attratto verso il significato più profondo della propria vita. Come dice don Giussani nel “Senso Religioso”: affinché seguendo continuamente le domande che ciascuno di loro ha nel più profondo del loro cuore possano arrivare a conoscere il Solo che può rispondere a esse, cioè Dio.
3) “Accompagnare l’altro attraverso la mia persona, attraverso quello che vivo insegnare a vivere”.
Allo stesso modo in cui Cristo si è fatto carne guarendoci dal nostro male e portandoci l’amore del Padre, allo stesso modo nella nostra vita noi siamo chiamati ad essere come i tralci della vite di Dio, dobbiamo comunicare tra noi, sostenerci e aiutarci a vicenda. Gesù’ ci ha anche donato la conoscenza profonda dei più alti valori morali, così noi, ispirandoci al buon esempio proposto dal Vangelo, possiamo davvero realizzare noi stessi e al tempo stesso diventare buoni esempi per gli altri. In questo modo possiamo educare i nostri studenti a voler bene in modo profondo a quei bambini, come fossero i loro migliori amici, come fossero le persone che amano di più, così da creare tra studenti e bambini un rapporto di reciproco amore, comunicazione, sostegno. Questo rappresenta una speranza grande per il futuro della società’ taiwanese ed è il primo passo perché questi ragazzi facciano esperienza di cosa sia l’affetto e l’amore per l’altro.
Operatori di giustizia e di pace
1. Gesù Cristo venendo a contatto con noi, condividendo la nostra vita ha cominciato a rivelare il Regno di Dio. All’inizio gli apostoli hanno cominciato a diffondere la nuova visione del mondo e dell’uomo portata da Cristo in tutto il mondo e a tutte le genti. Ogni cultura entrando a contatto con il cristianesimo ha permesso alla Parola di Dio di entrare in ciascuna di esse dando agli uomini di tutte le razze e popoli la possibilità di conoscere e seguire Cristo.
2. Nell’accompagnare i miei ragazzi a servire e aiutare gli altri ho da sempre usato la mia fede per poterli educare. “Ama il prossimo tuo come te stesso”: nella vita comunitaria condividere questo spirito, questa carità reciproca è l’inizio della missione.
3. La prima cosa che insegno loro è il reciproco rispetto e il servizio reciproco. Il nostro gruppo è missionario nella misura in cui è capace di dare testimonianza di carità reciproca ed è capace di mettere in pratica questa carità anche verso gli altri. In questo modo noi allo stesso tempo mettiamo in pratica l’insegnamento di Cristo e invitiamo gli altri a seguirlo.
4. Il nostro gruppo in questi anni ha cominciato a riscuotere l’attenzione e l’approvazione della società e, in particolare, di alcune importanti aziende. Quello che hanno visto in noi è un modo diverso di lavorare, improntato a valori diversi da quelli del mondo del lavoro, al punto da far riscoprire a queste aziende il loro senso di responsabilità nei confronti della società intera e a spingerle a proporre anche loro dei programmi di aiuto e sostegno sociale per poter così contribuire con la loro esperienza a una società più giusta ed equa. In questo modo tali aziende hanno cominciato a mettere a nostra disposizione soldi, risorse, mezzi informatici, ecc. per aiutare le persone più bisognose. Questa è una preoccupazione propria di chi appartiene alla Chiesa affinché nel lavoro di tutti i giorni giustizia e pace si possano incontrare così da realizzare il Regno di Dio sulla Terra.
5. Nel nostro gruppo non tutti sono cattolici ma grazie l’educazione di questo gruppo tutti assumono atteggiamento e comportamento ispirati agli ideali cristiani. Come fare per rendere possibile che loro arrivino al punto di farsi battezzare e diventare parte della Chiesa? Questa è la sfida che vogliamo affrontare adesso.
Don Luigi Giussani ne Il Senso Religioso sottolinea l’importanza dell’io. Attraverso l’osservazione e la comprensione dell’io in azione diventa possibile per me capire più profondamente la vera statura della mia persona e di conseguenza il mio rapporto con la totalità del mondo di cui faccio parte e che è parte della mia stessa vita.
Don Giussani valorizza l’interiorità’ di ciascuno e cioè gli deriva dalla sua esperienza di creata amata e preferita da Dio. Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza perciò ogni uomo se arriva a conoscere profondamente se stesso può giungere a conoscere Dio (Giussani nel libro lo chiama “l’Altro” con la “A” maiuscola. Grazie all’incarnazione, noi veniamo costituiti figli di Dio, e seguendo l’esempio di Cristo via, verità e vita ogni uomo può ricercare ciò che il suo cuore più profondamente desidera e pienamente realizzare se stesso.
Gesù venendo ad abitare in mezzo a noi è entrato in contatto con ogni uomo, in particolare si è reso presente ai più emarginati portando loro perdono e liberazione. Questo ci insegna ad accogliere e giudicare in modo critico ogni cultura a partire dalla nostra. Attraverso il servizio nella società vissuto alla luce della verità del Vangelo, il ragazzo può conoscere pienamente se stesso, e scoprire il valore della propria vita e della propria persona. Come dice Carrón nella prefazione del libro: “è attraverso una apertura totale alla vita e dentro un impegno senza riserve con essa che io mi scopro fatto per conoscere la verità”.
EMMANUELE SILANOS:
Prendo la parola solo per una breve conclusione che parte, però, da lontano, dal 1660, da un anedotto di cui parlano i libri di storia.
Nel 1660 l’allora imperatore della Cina Kang Xi si rivolse così ai gesuiti che dai tempi di Matteo Ricci frequentavano la corte imperiale: “Io ho stima per voi e per la vostra saggezza, ma, se come voi dite, la vostra religione è quella vera e il vostro Dio l’unico Dio, com’ è che per tanto tempo ha trascurato i cinesi?”
Dietro a questa domanda sta tutta la sfida della missione della Chiesa oggi presso il mondo e il pensiero cinese. Com’è possibile spiegare oggi al mondo e al popolo cinese che il vero Dio √ qualcuno che ha lasciato loro, il popolo della terra di mezzo, la terra al centro del mondo, estranei alla verità per così tanto tempo.
Dietro alla domanda di quell’imperatore c’è la domanda di un figlio, di un popolo di figli che si sentono abbandonati dal loro padre: “ma come” sembrano dire” e Dio è Padre, com’ è che si è dimenticato di questi suoi figli?”
Il Movimento è presente a Taiwan da 15 anni. Prima sono arrivate due giovani famiglie, poi siamo arrivati noi preti della San Carlo. E quello che abbiamo trovato è stato innanzitutto questa domanda, la domanda di un abbraccio paterno e materno che sembra mancare nella vita di questa gente.
Mi ricordo che l’anno scorso ero nel nostro cortile e stavo chiacchierando con un amico. Noi teniamo sempre la porta aperta così i bambini che abitano vicino a noi possono entrare e giocare. Non sono cattolici, ma ci vogliono bene, sono amici nostri perché non hanno altro posto, altrimenti, dove andare a giocare. Quel giorno una bambina di due anni stava giocando sullo scivolo. A quella bimba, un pochino selvaggia…, piace stare con noi, in particolare con me… non so perché, forse perché; il mio livello di cinese è scarso come il suo e allora le sto simpatico… in ogni caso ha cominciato a dirmi: “Shen Fu! Shen Fu!” che vuol dire “prete!” “Kan” “Guarda!”. “ok guardo” gli dico. “Shen Fu! Shen Fu! Kan!” “Sto guardando” “Shen Fu, Kan!” “Ho capito, guardo! Ma guardo, cosa?”. Allora lei mi ha detto: “Kan wo”, “Guarda me”. Allora mi sono messo a guardarla. Lei è salita sullo scivolo ed è scesa. E io: “brava!” e ho applaudito. Poi di nuovo: “Shen fu kan wo” sale sullo scivolo e scende, e io: brava! Così due tre quattro volte. Alla fine mi giro e trono a parlare col mio amico. Se non che a un certo giro nuovamente la testa e vedo che la bimba è ancora lì, sullo scivolo, ma non fa più avanti e indietro. E’ lì ferma, che mi guarda. E ha l’aria triste, sconsolata. Sembra dire: “Sì, va beh, ma… se non mi guardi che senso ha che io vado avanti e indietro su ‘sto scivolo?”. Era come si mi stesse dicendo: “Sì ma adesso se non c’è qualcuno che mi sta guadando, che si preoccupa di me, che mi vuole bene, tutto il mio sforzo, il mio prodigarmi è assolutamente inutile”.
Ecco lì io ho capito che noi siamo tutti così. Che la nostra vita può essere inutile e disperata se manca la consapevolezza di essere guardati dallo sguardo di uno che ci vuole bene. E che in fondo dietro a quella domanda dell’Imperatore cinese, ci fosse la domanda di tutto un popolo, di tutto un mondo, che chiede di essere guardato e amato. E’ questo il primo grande dato della gente che abbiamo incontrato lì a Taiwan. E’ questo il primo grande bisogno che queste persone hanno, a cominciare dai giovani, dai ragazzi. Perché in tante famiglie ciò che manca è questo sguardo sul valore profondo che ognuno di loro ha. Come ci dirà la professoressa Lü, tra poco, nelle famiglie taiwanesi i figli sono un valore perché garantiscono un guadagno sicuro per il futuro della famiglia. Sono un investimento. Ma manca quel dialogo fatto di affetto e di interesse per il destino dell’altro che lo sguardo di quella bambina chiede.
Due anni fa, proprio qui al Meeting, feci un intervento raccontando qualche storia di persone che avevamo incontrato. Ricordo di aver accennato a quella ragazza che da piccola, lei, terza figlia dopo due sorelle maggiori, era stata regalata dai genitori alla famiglia della zia, con questo ragionamento: “Due figlie femmine si possono sopportare, ma tre sono troppe”. Cosa molto frequente a Taiwan e in Cina. Ecco, lei è cresciuta con la rabbia dentro, col risentimento nei confronti della famiglia d’origine e una freddezza anche nei confronti della famiglia che a accolta sì, ma come sopportandola come un peso. Qualche anno fa si è fatta battezzare pur sapendo poco della religione, così io cercavo di parlarle di Gesù e del vangelo anche se era difficile (è difficile) discutere con lei. Un giorno mi ha detto: “Sì adesso basta parlare di Gesù. Tanto io so cosa dice e sono d’accordo su tante cose ma non su tutto. Ad esempio, quando Lui dice che bisogna perdonare tutti anche i propri nemici io su questo non sono d’accordo. Io i miei genitori non li perdonerò mai”.
Un popolo che sente abbandonato dal loro Padre. Ecco il primo dato.
E poi un secondo dato. Parlando di Senso Religioso. Di che religione sono i taiwanesi? Difficile dirlo. Lì c’è un po’ di tutto. Taoismo, buddismo, paganesimo, religione popolare… ma, soprattutto, superstizione. Ecco, la religione lì è ridotta a mero rito, ripetizione di gesti che sono privi di significato per chi li fa. E’ incredibile chiedere ai ragazzi, ai nostri studenti per esempio, in che religione credono e la maggior parte di loro dicono: “in niente”. Però poi vanno al tempio a pregare, a fare il “bai bai” come dicono loro.
Questo mese, per esempio, è chiamato il mese dei fantasmi. E non c’è da ridere, è vero, ed è una cosa molto seria per loro. Perché a Dio non ci credono, ma ai fantasmi sì, eccome…
In particolare credono che nel mese di luglio lunare, che è agosto per noi, nell’aldilà’ aprono le gabbie in cui sono rinchiusi gli spiriti cattivi, che sono quelli che nell’aldilà’ non hanno soldi, perché non c’è nessuno che prega per loro. Allora cosa succede ad agosto: si aprono le prigioni e gli spiriti cattivi sono liberi per un mese di andare in giro a fare macello, e con chi se la prendono? Con i vivi, naturalmente. Ecco perché ad agosto non si può fare nulla: cambiare casa, cambiare lavoro, sposarsi, comprare una macchina nuova… Tutto proibito dalla loro mentalità, se lo fai, sfidi gli dei, perché di sicuro i fantasmi ti fanno andare male il tuo affare, il tuo matrimonio, il tuo viaggio, ecc. anche andare al mare non si deve: se poi anneghi, non lamentarti, non è colpa delle correnti forti o del fatto che il 90 per cento dei taiwanesi non sa nuotare… no, la colpa è dei fantasmi…
Beh, allora qual è la soluzione in tutto ciò? Bruciano dei soldi. Bruciano dei soldi finti, così l’essenza del soldo vero arrivi allo spirito maligno che può usarlo per acquistare da mangiare nell’aldilà’ e si acquieta. E se tu chiedi loro: “ma scusa, i soldi finti, dove vai a prenderli, li fai tu?” “No, li vai a comprare al negozio dei soldi finti”. “Ma allora, scusa, ma secondo te il soldo vero a chi va. Allo spirito maligno oppure al negoziante che ti ha venduto i soldi finti? Chi è ricco adesso, il fantasma o il negoziante?”… se tu fai una domanda del genere non ti rispondono. Ricordo che feci una domanda simile a una nostra studentessa, di quelle che stanno con noi da tanto tempo e frequentano i nostri incontri. Le chiesi: “Ma tu perché fai questi riti? Tu ci credi davvero?”. Non mi rispose. Io insistetti: “Ma se non ci credi, perché lo fai?”. Al che, lei, un po’ contrariata, mi disse: “Ma anche t sei così. Anche tu sei cattolico perché te lo hanno detto i tuoi genitori”.
Ecco, è così evidente per noi dentro questa frase l’assoluta diversità tra questo concetto di tradizione e il nostro concetto di tradizione, così come ce lo presenta don Giussani in Il Senso Religioso. La tradizione è per loro qualcosa da prendere così com’ è in modo acritico. Senza farsi domande sulla sua verità o meno. E così anche la religione. E’ un uso della ragione e anche della libertà in cui ragione e libertà sono tarpate, bloccate, ridotte.
Ecco allora perché noi siamo lì ecco perché per noi la pubblicazione di questo libro è una grazia, un dono, passato sì attraverso gli sforzi di 9 anni di traduzione e le tante persone che ci hanno aiutato a tradurlo. Ma è innanzitutto un dono. Perché attraverso di esso la gente che incontriamo possa imparare un modo nuovo di usare la ragione, di usare la libertà e anche di usare i migliaia di anni di cultura cinese che rappresentano il background culturale da cui provengono per farsi le domande più profonde e vere del loro cuore.
E’ un dono questo libro così come, ne sono certo, è un dono, anche se apparentemente fragile e piccolo la nostra presenza lì, quel piccolo seme che oggi queste trenta persone con la maglietta blu in prima fila rappresentano. Un dono perché sono la possibilità che viene data a questa gente di conoscere che c’è qualcuno che adesso li sta guardando, li sta abbracciando, che vuole loro bene. Qualcuno che è loro Padre e che si fa vicino alle loro vite attraverso la fragilità delle nostre. Così che si possa rispondere alla domanda di quell’imperatore dicendo che quel piccolo seme che sono le nostre persone sono la prova che quel Dio che i gesuiti tanti anni fa avevamo cominciato ad annunciare loro non si era dimenticato di loro. Grazie.
AMBROGIO PISONI:
Incontri come questo non sopportano una conclusione. Ma soltanto il compito di custodire la memoria di questa gratitudine, di questo stupore che ancora oggi ci ha sorpreso. Circa venti anni fa, durante un raduno di responsabili del Movimento, Don Giussani ad un certo punto disse: “comunque – ed era un comunque che introduceva un silenzio gravido di attesa – che cosa abbiamo fatto essenzialmente in questi quaranta anni: poesia”. La parola poesia, nel suo significato originale in lingua greca- significa creazione, ri-creazione dell’essere, Cristo è la ri-creazione dell’essere, è Colui unico che permette al cuore che si ridesti in una avventura altrimenti impossibile. Oggi siamo stati testimoni di questo avvenimento, che questa poesia è ancora un avventura presente.
Grazie.
(Trascrizione non rivista dai relatori)