Chi siamo
Il Risorgimento italiano. Un tempo da riscrivere
‘La mostra, curata dall’Associazione culturale internazionale ‘Identità Europea’, non intende affatto negare la legittimità dell’aspirazione all’unificazione politica dell’Italia con Roma capitale (il che però non significa che si trattasse dell’unica o necessariamente migliore scelta), né la presenza nel Risorgimento di episodi di valore e di coraggio, di protagonisti mossi da disinteressati ideali, perseguitati fino al sacrificio della vita. Tuttavia, questo aspetto è fin troppo noto e la storiografia ufficiale (l’unica che abbia accesso nelle pubbliche scuole) lo ha propagandato ed esaltato fino ad avvolgere l’intero processo risorgimentale nell’aura di un mito che, se da un lato lo trasforma in un’icona per gli altari laici, dall’altro finisce col renderlo scarsamente credibile. Ci è sembrato del tutto superfluo insistere sulla beatificante oleografia ufficiale, convinti come siamo che, per una conoscenza ‘a tutto tondo’ del Risorgimento, occorra svelarne anche la faccia nascosta. Un aspetto che caratterizza il Risorgimento, quanto meno nella stessa misura di quello luminoso delle celebrazioni ufficiali, con il quale è compresente fin dalle origini e dalla sua preparazione nell’ambito del Regno Sabaudo, non comparendo affatto solo dopo il 1870, come vorrebbero quegli storici che, comprendendo l’inutilità di negare gli scandali e le malefatte che hanno segnato l’Italia umbertina, credono di salvare il mito risorgimentale facendo coincidere il suo momento finale con la presa di Roma. Non si tratta quindi di ridiscutere il risultato dell’unità politica dell’Italia, ma di riconoscere gli errori compiuti nella scelta dei mezzi e nel cammino per raggiungerla, primi fra tutti la persecuzione della Chiesa cattolica e l’organizzazione centralista, di stampo giacobino, dello Stato, in un Paese che tutto – storia, caratteristiche geografiche e vocazione naturale degli abitanti – destinava a forme politiche di tipo confederale o federale. Errori da riconoscere, non per un inutile revanscismo della parte che rimase allora soccombente, ma per eliminare le conseguenze negative di quella ‘unità che divise’, che in buona parte tuttora permangono ed impediscono all’Italia di divenire finalmente ‘un Paese normale’.’