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IL GIUBILEO 2025
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Antonello Aurigemma, presidente Consiglio regionale del Lazio; S.E. Mons. Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, responsabile Giubileo 2025; Marco Girardo, direttore Avvenire; Paolo Giuntarelli, direttore direzione regionale Affari della Presidenza, Turismo, Cinema, Audiovisivo e Sport Regione Lazio; Roberto Gualtieri, commissario straordinario Giubileo 2025 e sindaco di Roma Capitale; Danilo Zardin, professore di Storia Moderna, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano. Introduce Vincenzo Morgante, direttore Tv2000
Il Giubileo del 2025 rimette al centro la questione della speranza come àncora di fiducia che può aiutare a non lasciarsi sommergere dai timori e dalle difficoltà addensati sull’orizzonte del nostro futuro. È l’invito a un cambio di mentalità che interpella la coscienza di ogni singolo individuo. Ma come documenta la mostra “Giubilei. Il perdono che ridona la vita” la fragilità e il desiderio di bene di ogni io rimandano al modo di gestire le relazioni con tutti. Interrogano la nostra capacità di accoglienza, sollecitano la volontà di ricomporre i conflitti che lacerano il tessuto della società umana.
Con il sostegno dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
IL GIUBILEO 2025
IL GIUBILEO 2025
Giovedì 22 agosto 2024 ore 19:00
Sala Neri Generali-Cattolica
Partecipano:
Antonello Aurigemma, presidente Consiglio regionale del Lazio; S.E. Mons. Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, responsabile Giubileo 2025; Marco Girardo, direttore Avvenire; Paolo Giuntarelli, direttore direzione regionale Affari della Presidenza, Turismo, Cinema, Audiovisivo e Sport Regione Lazio; Roberto Gualtieri, commissario straordinario Giubileo 2025 e sindaco di Roma Capitale; Danilo Zardin, professore di Storia Moderna, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano.
Introduce:
Vincenzo Morgante, direttore Tv2000
Con il sostegno di Università Cattolica del Sacro Cuore
Morgante. Buonasera amiche ed amici del Meeting, buonasera a quanti siete presenti qui in sala, e siete tanti, e ai tanti che ci seguono da remoto attraverso i vari strumenti messi a disposizione dal Meeting e dalle tante testate che stanno seguendo i lavori di questa edizione. Due giorni e quattro mesi, esattamente due giorni e quattro mesi. Papa Francesco aprirà la Porta Santa della Basilica di San Pietro il prossimo 24 dicembre. La Chiesa cattolica si appresta a celebrare uno dei suoi solenni Giubilei. La storia è nota, risale addirittura al 1300 con Papa Bonifacio VIII, così come è noto che lungo questa storia si è ben presto affermata la consuetudine che il passaggio di ogni quarto di secolo sia scandito da un anno santo. Non sono dunque eventi frequenti, benché esistano i Giubilei straordinari, come il Giubileo straordinario della Misericordia, lo ricordiamo tutti, voluto da Papa Francesco e celebrato tra il 2015 e il 2016. Il precedente immediato era stato l’anno santo della Redenzione, che si celebrò con Papa Wojtyła nell’83-84 per i 1950 anni della Redenzione. Poi venne un Giubileo ordinario, potremmo dire pressoché unico nella storia, l’unico finora che ha marcato il passaggio da un millennio all’altro. L’anno santo del 2000 fu straordinariamente denso di eventi, di temi, di suggestioni, e non solo per la Chiesa e nella Chiesa. Le energie di San Giovanni Paolo II già declinavano, eppure il suo carisma conferì un enorme spessore alla celebrazione dell’intero anno santo. Si festeggiava ufficialmente così il compleanno numero duemila di Gesù Cristo. E non furono poche le voci da parte della Chiesa che espressero più o meno velatamente il timore che fra il tanto clamore mediatico generato dall’anno santo si perdesse di vista proprio il festeggiato. Anche oggi certamente è forte il rischio che parlando di Giubileo i significati religiosi e spirituali rimangano in ombra, e questa sfida interpella soprattutto il mondo della comunicazione. E comunque questo, ovvero il Giubileo del 2000, è il precedente più solenne e memorabile a cui riferirci se vogliamo provare a immaginare che cosa ci aspetta nei prossimi mesi. Nel frattempo, come è noto, è stato individuato il logo, è stato composto l’inno, il sito ufficiale è già online, e c’è un motto: “Pellegrini di Speranza”, voluto da Francesco e da lui illustrato con la bolla di indizione del Giubileo dal titolo “Spes non confundit”. Questo motto rimanda, anzitutto, alla dimensione del pellegrinaggio, un gesto carico come pochi altri di significati. La storia e la geografia cristiana conoscono tantissimi pellegrinaggi a cui corrispondono tante destinazioni e tante devozioni, ma se c’è un gesto che nell’immaginario collettivo cattolico identifica la partecipazione a un Giubileo, questo è proprio il pellegrinaggio, fin dalle origini degli anni santi. Dunque, farsi pellegrini di speranza significa fare memoria di un passato, ma anche proiettarsi nel futuro, nella dimensione appunto della speranza. E qui sono tante le domande che affiorano pensando al Giubileo che verrà. Cos’ha da offrire all’uomo d’oggi un Giubileo? Ha ancora senso una celebrazione che parla un linguaggio di comprensione certo non facile per tante persone? Sicuramente con l’approssimarsi del 25 dicembre prossimo vedremo comparire sui giornali tante schede, infografiche, ABC del Giubileo. Ma cos’è, per esempio, davvero l’indulgenza, al di là della formula tecnica che la definisce? E perché si usa il termine “lucrarla”? E cosa ha a che fare con quella ricerca dell’essenziale di cui si sta parlando in questi giorni qui a Rimini? E poi la speranza, è ancora capace di speranza la nostra epoca? Quante speranze andate in frantumi in anni ed epoche recenti? Pensiamo alla guerra che si è riaffacciata prepotentemente sulla scena del mondo. Pensiamo all’emergenza della crisi ambientale. Pensiamo alle sfide che i progressi incredibili della scienza e della tecnologia pongono all’umanità intera, a iniziare dall’intelligenza artificiale, per fare un esempio di estrema attualità. In questo nostro tempo sembrano davvero pochi gli appigli per le speranze collettive più grandi dell’umanità. L’anno santo 2025 potrà far riflettere tanto, soprattutto chi deciderà di non sprecare l’occasione, e noi siamo qui stasera già per iniziare a farlo. A confrontarci su questo tema sono state invitate personalità illustri, in qualche modo legate ovviamente all’organizzazione e allo svolgimento del Giubileo, e ve le vado a presentare.
Comincio con Sua Eccellenza monsignor Rino Fisichella, Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione ed è l’uomo incaricato da Papa Francesco per il Giubileo del 2025. Antonello Aurigemma, Presidente del Consiglio Regionale del Lazio. Marco Girardo, Direttore di Avvenire. Paolo Giuntarelli, direttore della Direzione Regionale Affari della Presidenza Turismo, Cinema, Audiovisivo e Sport della Regione Lazio. L’onorevole Roberto Gualtieri, che è collegato con noi da remoto, Commissario straordinario del Giubileo 2025 e Sindaco di Roma Capitale, che saluto, e il professore Danilo Zardin, professore di storia moderna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Permettetemi di iniziare questo incontro rivolgendomi innanzitutto appunto all’uomo che da parecchi mesi sta dedicando le sue energie alla complessa, complessissima organizzazione di questo evento, tenendo i rapporti con le istituzioni civili, quelle ecclesiali, con il mondo della comunicazione, con le realtà estere, con tutta la galassia del mondo religioso, e potrei continuare. Ovviamente mi riferisco a Sua Eccellenza monsignor Fisichella, al quale rivolgo innanzitutto questa domanda. Questo Giubileo, Eccellenza, si direbbe nato nel segno della speranza. C’è un motto, “Pellegrini di Speranza”, il cui tema fondamentale è appunto la speranza, e c’è anche una bolla di indizione, che è stata pubblicata con la firma del Papa il 9 maggio scorso, che si intitola “La Speranza non delude”. Ecco, monsignor Fisichella, perché questa sottolineatura? La speranza, potrebbe osservare qualcuno, è una virtù che ispira tutta la vita cristiana, personale, comunitaria e quindi dovrebbe ispirare anche tutti gli anni santi.
Fisichella. Grazie, innanzitutto, grazie anche per questa possibilità di riflettere insieme. Ma io direi, se siamo sinceri con noi stessi, che noi parliamo sempre della fede e della carità. Non parliamo mai della speranza. La speranza è la grande sconosciuta. Anche l’arte, quando ha dovuto cercare di esprimere la speranza, è restia, non è stata in grado di realizzare qualcosa di significativo. Noi credenti sappiamo della speranza. Viviamo della speranza. Nella bolla, Papa Francesco dice: “tutti sperano, tutti sperano”. È un’espressione che risale anche a Sant’Agostino. Sant’Agostino dice: “tutti sperano, tutti credono, tutti amano, però fammi conoscere in chi credi, in chi speri e in chi ami, perché io poi ti possa dare una risposta”. Quindi, noi parliamo e annunciamo sempre, il nostro discorso è sempre rivolto alla fede, all’esigenza del credere, alla testimonianza della carità e non ci rendiamo conto, se vogliamo prendere l’esempio di Charles Péguy, quell’autore francese dell’Ottocento, che parlando della speranza la definisce come la sorella più piccola, quella nascosta, quella che è tenuta per mano dalle sorelle maggiori, la fede e la carità, e poi dice: “stolti”, rivolto a noi, “stolti credenti che non si rendono conto che non è la fede e la carità che trascinano la speranza. È vero il contrario, è la speranza che trascina la fede e la carità”. Cioè, cari amici, senza speranza non riusciamo a cogliere l’essenziale della vita. E con me è piaciuto molto l’espressione con la quale si aprono e si svolgono queste giornate del Sinodo: “Se non cerchiamo l’essenziale, cosa cerchiamo?” La speranza appartiene all’essenziale della vita personale, quindi di chiunque, ma appartiene all’essenziale nella vita cristiana, perché insieme alla fede e alla carità, è ciò che costituisce lo stile di vita credente. Se vogliamo essere capaci oggi di dare un annuncio della nostra fede, a me sembra che dobbiamo rivestirlo con un linguaggio che parli di speranza. E la sfida è grande. Proprio perché noi non sappiamo molto della speranza. Che cos’è la speranza? Tra le domande che il direttore ci faceva era proprio: “Che cos’è la speranza? È proprio vero che abbiamo bisogno di speranza? Ma è vero che la speranza non delude?” Perché noi diamo per certo, e lo diamo anche perché è un’espressione di San Paolo, proviene dalla nostra fede, che la speranza non delude. Ma è vero che la speranza non delude? E perché la speranza non delude? Un’ulteriore domanda. E tutto questo comporta un cammino. Ecco perché siamo pellegrini. Comporta un cammino personale, un cammino di tutta la Chiesa, un cammino dell’umanità in un periodo come questo. Amici miei, non è soltanto… noi quando parliamo di speranza e di violenza pensiamo immediatamente e intuitivamente alle guerre che sono presenti nel mondo di oggi, ma c’è tanta violenza nelle nostre città, c’è tanta violenza quotidiana a cui noi supinamente siamo costretti a vivere, che ci porta inevitabilmente a dare un annuncio e a essere responsabili di speranza. Ecco perché io credo che queste domande lecite che sorgono anche dalla bolla stessa, dove il Papa intende dare la sua risposta, la sua proposta sul tema della speranza, sia ciò che ormai, al di là di tutti quelli che possono essere i lavori di cui ci dobbiamo interessare e dobbiamo fare, è l’annuncio della speranza e, consentitemi a conclusione, la grande intuizione della bolla, non c’è solo l’annuncio della speranza. L’annuncio della speranza è unito intimamente ai segni di speranza che siamo chiamati a porre in essere. Quindi, al di là della retorica in cui si potrebbe cadere, parliamo tanto di speranza e soprattutto, un anno, noi parleremo di speranza. Ma prima di dover parlare della speranza, annunciando la speranza, dobbiamo anche essere capaci di donare, di offrire, di partecipare, di porre in essere segni concreti di speranza. La bolla ne accenna alcuni, forse avremo anche il tempo per soffermarci su questo, ma certamente è l’unità di questi due elementi che comporta anche l’originalità del nostro annuncio per il Giubileo.
Morgante. Grazie e nella dimensione di un annuncio e di una responsabilità personale nella semina di questi elementi di speranza. Ma il Giubileo, come lei anche accennava, determina anche una grande organizzazione, la realizzazione di lavori. Allora io qui, travolgendo un po’ la scaletta, chiamerei in causa il sindaco di Roma, l’onorevole Gualtieri, che saluto nuovamente e che è collegato con noi dal remoto e che dovrà lasciarci anticipatamente e quindi abbiamo risistemato la scaletta per consentire di poterlo avere con noi. Buonasera signor sindaco.
Gualtieri. Buonasera, buonasera.
Morgante. Gli anni santi e ovviamente anche l’anno santo del 2025 proietterà sulla scena internazionale l’Italia e in particolare la città di Roma. Roma deve fare di tutto per far bella figura, per non sfigurare, eppure questa città meravigliosa, straordinariamente bella è attanagliata, continua a essere attanagliata, da vecchi e nuovi problemi, alcuni peraltro non ancora risolti. La gestione ordinaria dei servizi si lamenta e si vedono delle difficoltà: i trasporti pubblici, la pulizia, il decoro urbano, insomma è una gestione faticosa e non sempre efficiente. Le previsioni parlano di una affluenza di circa 33 milioni di pellegrini per il Giubileo. Pensate, una media di quasi 100 mila al giorno. Signor sindaco, Roma potrà essere, riuscirà ad essere all’altezza della situazione?
Gualtieri. Buonasera innanzitutto e grazie davvero dell’opportunità di partecipare a questo incontro nel quadro del Meeting di Rimini e di esprimere l’impegno massimo che il sottoscritto e la nostra amministrazione, la struttura commissariale in una fortissima collaborazione con tutti i livelli istituzionali e con la Santa Sede, a partire da mons. Fisichella che saluto con particolare affetto, l’impegno che tutti noi stiamo mettendo proprio per fornire anche tra i concreti segni di speranza che il Santo Padre ci ha sollecitato a dare. Anche quello di una concreta capacità della capitale di prepararsi a questo appuntamento. Questa è una caratteristica straordinaria del Giubileo, una sfida da far tremare le vene e i polsi. In realtà, la presenza sarà ancora maggiore perché la presenza media è più alta: sono più di 100.000 al giorno le persone che ci aspettiamo e poi ci saranno dei grandi eventi molto densi, molto importanti. Ma è anche una straordinaria opportunità, è un’opportunità naturalmente per i credenti, per il mondo, per la funzione universale e spirituale di Roma, ma è un’opportunità anche per la città, proprio per affrontare i suoi problemi storici, i suoi problemi endemici. Il Giubileo tradizionalmente è stato anche una grande occasione, non solo più recentemente, penso a quello del 2000, penso a quello del ‘75, ma anche i Giubilei più antichi sono stati spessissimo occasioni di interventi importanti e duraturi per la città e noi stiamo cercando proprio di fare questo, cioè in sintonia con i valori e i principi che il Santo Padre ha indicato, quelli della cura del creato, della solidarietà, dell’inclusione e del dovere naturalmente di accogliere al meglio i fedeli e i pellegrini che giungeranno a Roma, quello di cercare di trasformare Roma. Roma si trasforma un po’ nel luogo che si vede su tanti cantieri, per cui abbiamo deciso di mettere in mano in profondità a tanti di quei problemi che proprio avevano determinato molte delle criticità a cui lei ha accennato. L’assenza di manutenzione, nuovi interventi sul trasporto pubblico, pensi che abbiamo dovuto sostituire praticamente tutti i binari della metropolitana che erano scaduti, tra virgolette, da più di 15 anni, cioè andavano sostituiti da 15 anni e nessuno lo aveva fatto. Questo sta determinando disagi perché dobbiamo interrompere la circolazione. Abbiamo rifatto completamente le linee tramviarie, stiamo acquistando più di mille autobus nuovi che stanno arrivando tutti, fortunatamente nei tempi previsti, alcuni persino in anticipo. Stiamo rifacendo in profondità tutta la viabilità primaria di Roma, ma non più solamente per tappare, ma rifacendola perché molte di queste strade non venivano rifatte in profondità da decenni e quindi gli interventi di tappamento delle buche le rendevano paradossalmente ancora più fragili. Quindi abbiamo deciso di mettere in mano ai problemi strutturali della città, prendendoci la responsabilità di dire ai romani che ci sarà un anno, soprattutto questo, molto duro, con tantissimi cantieri, con tantissime opere, ma Roma sarà più bella e più efficiente di prima. E naturalmente noi non realizziamo solo interventi che riguardano le grandi infrastrutture di aria, di trasporto e di trasporto pubblico, ma anche interventi per rendere più bella e più vivibile la città. Uno, naturalmente, è estremamente importante, la grande piazza Pia, la nuova piazza Pia, che realizzerà una sorta di abbraccio tra Roma e la Santa Sede, tra Castel Sant’Angelo, via della Conciliazione e piazza San Pietro, restituendo ai cittadini due grandissime piazze pubbliche dove fino a poco fa scorrevano solamente le macchine, una sorta di autostrada urbana. Ma poi tantissimi interventi, penso al rifacimento di tanti sagrati delle chiese di periferia, penso ai tanti parchi, a partire dai parchi lungo il Tevere, penso a interventi che cercano di rendere Roma non solo più efficiente, ma anche più solidale, più inclusiva e più sostenibile, anche dal punto di vista ambientale. Nella consapevolezza che oggi questi sono temi fondamentali, sono beni su cui proprio il Magistero di Papa Francesco e la Chiesa sono particolarmente attenti e sensibili. Io ho partecipato a convegni più rilevanti su questi grandi temi, come cambiano le politiche delle città per far fronte ai cambiamenti climatici, sono proprio le conferenze, quelle nel mondo, quelli organizzati dalla Santa Sede, avanzati anche dal punto di vista scientifico. Quindi questa è una sfida ma anche un’opportunità, un dovere quello di cercare di fornire risposte anche all’altezza di questo dibattito pubblico così importante su come noi dobbiamo rendere le nostre città dei luoghi più verdi, più inclusivi, più vicini alle persone, sapendo anche naturalmente…
Morgante. Ecco, c’era già qualche segnale di qualche problema, vediamo se riescono a ripristinare il collegamento, altrimenti andiamo avanti. Proviamoci, eccolo qui. Prego, siamo già ricollegati, però non la sentiamo. Signor sindaco, non la sentiamo.
Gualtieri. Nella consapevolezza che sono problemi enormi per cui gli interventi locali devono al tempo stesso essere collegati a visioni e progetti globali e credo che questo renda questa sfida particolarmente stimolante. L’idea del Giubileo anche come occasione per rendere Roma più bella e più moderna, più sostenibile, proprio nell’idea di avere contemporaneamente interventi concreti, circoscritti, locali via per via, strada per strada, cercando di coinvolgere i cittadini, cercando di coinvolgere il volontariato e cercando di essere molto concreti, terranei.
Morgante. È davvero ogni tanto… Mi dispiace, non so come mai ci sia. No, adesso è ricollegato, la sentiamo.
Gualtieri. Vado alla conclusione per evitare che si ripeta questo inconveniente. No, dicevo, ma al tempo stesso interventi che devono essere collegati in una visione universale. L’idea, proprio, che credo che Papa Francesco ci ha detto con grandissima forza durante il Covid, che siamo sulla stessa barca, che abbiamo problemi diversi, distinti, ogni città, ogni luogo è diverso, ma anche problemi che sono poi tutti simili, tutti universali. Gli uomini sono diversi, ma sono uguali. Le grandi migrazioni, la povertà, queste sono sfide che, diciamo, attraversano il pianeta e che sono…
Morgante. È esatto, la sfida migliore in questo momento che il collegamento funzioni. Ma dobbiamo avere speranza e quindi abbiamo speranza che riusciamo a ripristinarlo.
Gualtieri. Bene, meno male. Quindi ecco, noi con grande collaborazione, con davvero gli stimoli, gli spunti della Santa Sede di mons. Fisichella nella delineazione di questo programma, gli interventi sono stati decisivi. Noi siamo fiduciosi, abbiamo speranza, abbiamo fiducia, non in termini astratti, ma nella consapevolezza di un impegno reale, di una determinazione per essere all’altezza di questa grande sfida, di questa grandissima opportunità spirituale innanzitutto, ma anche molto concreta, legata al futuro della nostra città che gode di questo privilegio, di questa responsabilità. Va bene.
Morgante. Signor sindaco, io avevo altre domande da rivolgere, però insomma, non portiamo avanti oltre la sfida, insomma, va bene. Grazie se lei ci sente ancora, grazie. Buon lavoro, grazie signor sindaco, grazie. Antonello Aurigemma è, come vi dicevo, il presidente del Consiglio regionale del Lazio. Come abbiamo sentito, l’edizione 2024 del Meeting ha messo al centro della riflessione ciò che è essenziale per vivere, appagando il desiderio di bellezza, di verità, di bene. Anche la speranza, tema principale come abbiamo sentito del Giubileo 2025, fa parte essenziale del bagaglio di tutti per guardare con fiducia al futuro. Ecco, secondo lei, il richiamo di Papa Francesco alla speranza in un’occasione così solenne, così importante come il Giubileo, come potrebbe e dovrebbe ispirare anche la politica, che spesso sembra non avere visioni di lungo termine sul futuro?
Aurigemma. I moniti di Papa Francesco sono sicuramente importanti spunti di riflessione, di ispirazione. La speranza rientra nei valori essenziali della vita che non dobbiamo mai dimenticare. Troppo spesso seguiamo con conformismo al cercare di acquisire qualcosa in più che ci allontana dai problemi reali, dai valori reali della nostra vita, come la famiglia, la salute, la generosità, l’altruismo, l’aiutare chi è in difficoltà. Prima si faceva riferimento alle guerre, alla violenza che spesso abbiamo all’interno dei nostri quartieri, delle nostre zone, ma spesso lo abbiamo anche nel confronto politico, nel modo con cui si affrontano alcune tematiche che, a prescindere dai colori o dalle bandiere di appartenenza, sono tematiche che dovrebbero trovare un’unità di intenti per dare risposte e risolvere i problemi. E quindi mi auguro che il Giubileo possa essere l’anno in cui si possono aprire le porte non solo per i milioni di turisti, ma le porte dei cuori dei tanti pellegrini che verranno. Possono essere un momento di incontro e di confronto tra culture diverse, tra identità diverse. Perché spesso la diversità diventa anche una forma di accrescimento personale, la diversità dell’idea politica, la diversità del confronto, un confronto che manca nei luoghi preposti. Ormai i dibattiti si fanno nei talk show televisivi dove spesso ci colleghiamo la sera e sentiamo prima quello che urla e poi l’altro, perché l’urlo aumenta l’audience. E quindi i luoghi istituzionali preposti, come quello delle aule consigliari, le aule dei comuni, le aule del dibattito parlamentare, le aule anche del Consiglio regionale, diventano luoghi non più di discussione, non più di confronto, non più di accrescimento per poter cercare di dare risposte concrete e reali ai problemi della gente. Quindi il Giubileo è un’opportunità non solo per noi cristiani ma anche per chi non ha la nostra fede. Roma è un incrocio di culture, ha accolto tante persone; io ricordo la beatificazione di Padre Pio, io ero assessore al comune di Roma, abbiamo accolto più di tre milioni di persone che vennero in quel giorno con tutti i problemi dovuti, ma Roma ha una storia millenaria, ha oltre 2.700 anni che riesce a dare risposte. Uno forse dei primi lavori da fare è quello della digitalizzazione per consentire anche al comune di avere una rete internet adeguata per poter dare risposte concrete anche alle tante milioni di persone; sono molti di più i pellegrini che sono previsti per il Giubileo. Penso che l’opportunità che noi abbiamo oggi è di avere quella collaborazione istituzionale che parte dal Governo nazionale, dalla Regione, dal Comune, per cercare di accogliere, per cercare di far vedere le capacità che il nostro comune, la nostra capitale d’Italia, la nostra regione, il nostro governo, hanno messo a disposizione per poter essere in grado di ricevere questo flusso di pellegrini che viene in questo anno a visitare con il Giubileo i nostri luoghi di culto, i nostri monumenti, viene a visitare la nostra storia, la nostra cultura, la nostra identità. E saremo sicuramente pronti per dare risposte concrete, nonostante le tante difficoltà che si hanno nel poter fare questi interventi e questi lavori in una città millenaria; però oggi è il momento di unirci tutti quanti insieme per poter affrontare questa nuova sfida.
Morgante. Grazie. Un evento solenne come il Giubileo, carico di storia, di cultura, eventi, di spiritualità, richiede uno sforzo di narrazione particolarmente impegnativo per il mondo della comunicazione in genere e ovviamente per un giornale che ha al cuore della propria identità l’essere un giornale cattolico e quindi Avvenire uno sforzo ulteriore. Allora io voglio chiedere al direttore di Avvenire, Marco Girardo, Direttore di Avvenire, perdonatemi, è bravissimo lui, ma questo giornale… faccio pubblicità leggetelo, spero che già lo facciate, ma perché è un signor giornale davvero per credenti e non credenti e non lo faccio solo perché abbiamo lo stesso editore ma perché io ne sono perfettamente convinto e questo giornale dovrà insomma mettere in campo uno sforzo particolare per raccontare il Giubileo. Hai già le linee guida? Io insomma lo vorrei sentire così ne prendo spunto anche per TV 2000 e Blu Radio.
Girardo. Grazie Vincenzo per le belle parole, grazie a tutti, grazie dell’invito e mi fa molto piacere essere per la prima volta nella veste da direttore che ho assunto poco più di un anno fa qui insieme a voi per parlare di un tema come quello del Giubileo. Per venire alla concretezza, cosa è successo? Che a maggio è uscita la bolla di indizione del Giubileo, il tema, la Speranza non confonda. Allora, obbligatoriamente tutta la redazione, obbligati tutti i colleghi della redazione a prendersi il Principio Speranza di Ernest Bloch e leggerlo tutto, 700 pagine sulla Speranza, e poi Teologia della Speranza di Jürgen Moltmann, e di leggerlo tutto, così sappiamo che cosa è la speranza. Ma, nonostante, come ricordavamo il signor Filesguella prima, sia stato tanto scritto e tanto vissuto, la speranza è un tema, è una condizione, è una virtù che è difficile da a cogliere sul momento. Somiglia al tempo di Sant’Agostino: viviamo tutti nel tempo e sappiamo sperimentare lo scorrere del tempo, ma se dobbiamo definire il tempo non lo sappiamo fare. Ed è così per la speranza. Ma il compito di un giornale, di un quotidiano, in qualche modo è saper tradurre questo annuncio di una speranza che non confonde in un racconto, in una narrazione quotidiana. A parte, insomma, la battuta iniziale, la bolla di indizione ci dà un grosso aiuto in questo a noi operatori dell’informazione e della comunicazione. Lo accennava già mons. Fisichella prima, perché unisce l’annuncio di un tema così robusto, così potente e così indefinibile per certi aspetti nel suo essere raccontato con dei segni concreti che promettono di ancorarlo alla quotidianità, che è ciò che si avvicina al mestiere che facciamo come giornalisti, il racconto della quotidianità. Questo consente anzitutto di dare una concretezza e di trovare ambiti di racconto e di narrazione per la speranza. In secondo luogo consente di avvicinare un tema così vasto e potente al linguaggio del contemporaneo. Per capirlo bisogna scorrere brevemente quali sono i segni che vengono indicati in questa bolla, che ha in unità di annuncio e segni la sua caratteristica peculiare e che ci aiuta a fare un piano editoriale per raccontare il Giubileo. I principali sono: la ricerca della pace con perseveranza, la trasmissione della vita, i detenuti, il tema del carcere, tanto che uno dei segni più concreti sarà l’apertura di una porta santa dentro un carcere; la remissione del debito dei paesi poveri (perché Francesco ha voluto riprendere l’intuizione di Giovanni Paolo II per il Giubileo del 2000 con questa richiesta profetica di una remissione dei debiti poveri). Parto da quest’ultimo aspetto per dirvi come è possibile tradurre in un racconto quotidiano il tema del Giubileo. Un tema così potente: la remissione del debito. Ci stanno lavorando da decenni le istituzioni finanziarie globali, ma non sono mai riuscite a trovare in qualche modo una possibilità di realizzarlo. Ci sono varie proposte sul tavolo: ce n’è una dell’OCSE con una tassazione del 15% sulle multinazionali, che non è stata votata dai paesi più poveri, però ce n’è. Un’ulteriore proposta è stata presentata pochi giorni fa in sede delle Nazioni Unite ed è stata sostenuta da 110 paesi per un meccanismo diverso di redistribuzione della tassazione in eccesso verso i paesi poveri e questo è uno dei meccanismi che rende concreta la possibilità di strutturare dei percorsi di remissione del debito dei paesi esteri. Questo è uno dei temi che seguiremo sul giornale per dare concretezza e racconto a uno dei segni del Giubileo intitolato “Speranza che non confonde”. I detenuti, il problema delle carceri, il problema del sovraffollamento delle carceri, che è un problema drammatico, che è un problema per il quale il nostro Paese è stato richiamato più volte a un adempimento, per il quale non si riesce a trovare una soluzione permanente. Raccontare una profezia in questo caso è insistere su un già che non è ancora. Differenza tra utopia, che è un non-luogo, e profezia come quella di annunciare la speranza giubilare, è quella di abituarci a porci delle domande su un già che non è un ancora, ma che rende possibile l’ancora. Se noi pensiamo, diciamo, all’articolo 1 della nostra Costituzione, “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”: quando fu scritto, il nostro Paese non era ancora una Repubblica democratica, non era ancora fondata interamente sul lavoro, perché le condizioni non erano tali, ma quell’annuncio era come un puntello messo nel terreno ancora da arare, ancora da creare, per determinare quello che sarebbe poi successo successivamente. Allora, andare a raccontare questi segni che permettono di rendere concreta una visione profetica è una delle piste da seguire. Per arrivare al tema della pace, un tema drammatico in questo momento perché vivremo un anno giubilare in un mondo insanguinato, un anno giubilare in un mondo in perenne guerra. La pace è un processo, la pace è una costruzione, la pace richiede una narrazione non schizofrenica, richiede di seguire costantemente nei tanti luoghi della Terra in cui la pace non c’è e non solo in quelli che sono nel cono dell’informazione costantemente in questo periodo e drammaticamente, dall’Ucraina alla Terra Santa, ma andare a raccontare anche tanti altri luoghi che in questo momento vivono drammaticamente il tema della guerra civile interna. Penso al Sud Sudan, penso al Myanmar, penso a un paese dimenticato da tutti come Haiti, che versa in una condizione drammatica e paragonabile solo per le condizioni esistenti, l’abbiamo raccontato qualche giorno fa sul giornale, le condizioni in cui versa la Striscia di Gaza in questo momento. Allora, andare a cercare nella contemporaneità, utilizzando un linguaggio che è il nostro linguaggio proprio, giornalistico, quello di porre le domande e inseguendo quei segni di una profezia che non è già ma non ancora, andando, essendoci presenti con onestà e con uno sguardo che non sia mai ideologico ma sempre rivolto dritto verso le persone, possibilmente rivolto all’avanti e non all’indietro, è uno dei modi per tradurre in un piano editoriale un tema così vasto come quello presentato dal Giubileo.
Morgante. Grazie, Marco. Un lavoro certamente impegnativo, ma si preannuncia di grande fascino. Per antica tradizione, nell’anno giubilare si intraprende il pellegrinaggio verso Roma, un tempo tradizionalmente ed esclusivamente a piedi. Paolo Giuntarelli è l’uomo che guida la struttura amministrativa della regione Lazio, che si occupa anche del turismo. Allora, per quanti dal mondo intero, per quanti di noi andranno a Roma, torneranno a Roma, che cosa state pensando, cosa state preparando? Quindi, al di là della capitale, nel più vasto territorio del Lazio, in percorsi, cammini non strettamente legati al turismo religioso, ma cammini che in qualche modo riconciliano con la natura e che danno la possibilità, nel camminare, nell’avvicinarsi, di porre in essere pensieri, pensieri alti.
Giuntarelli. Grazie Vincenzo, buonasera a tutti. Porto ovviamente il saluto del presidente Rocca, che non è potuto essere presente, ma che era molto coinvolto e interessato al tema. Vorrei fare un inciso. Chi mi ha preceduto finora ha parlato di speranza, della speranza del pellegrino, della speranza del cristiano che deve animare il Giubileo. La categoria dell’amministrazione, però, non può essere la speranza; deve essere l’efficienza. Se questo è vero, mi vengono in mente anche le parole di Franco Basaglia, che disse una volta che al pessimismo della ragione bisogna rispondere con l’ottimismo dell’azione. È quello che sta facendo l’amministrazione Rocca da quando si è insediata, da questo punto di vista. In che modo? Vincenzo mi ha chiesto cosa stiamo facendo sui cammini e cosa stiamo facendo nell’ottica del Giubileo. Il Giubileo, così come il turismo, rappresenta un intreccio straordinario di competenze e di saperi. Il turismo e il Giubileo non si risolvono soltanto da unsolo punto di vista, ma si risolvono se c’è una regia di tutte le competenze che ineriscono in istituzioni come la Regione. Significa l’infrastruttura, significa la cultura, significa l’ambiente, significa il turismo, significa tutto quello che rappresenta il pellegrino che, come il turista, è un cittadino temporaneo. Nel momento in cui noi abbiamo un pellegrino che verrà a Roma a piedi, in bicicletta, con il mezzo che vuole, con l’aereo, nel momento in cui rappresenterà questa sua temporaneità nella nostra città, sarà un cittadino temporaneo. Come cittadino temporaneo deve avere quei diritti che tutti i cittadini devono avere, quindi una città efficiente, una Regione Lazio efficiente. Dal suo insediamento, l’amministrazione Rocca ha collaborato molto strettamente sia col Comune di Roma che con il mons. Fisichella, con la struttura del Giubileo, per cercare, diceva bene Vincenzo, di far vedere che il Giubileo non è soltanto su Roma. Il Giubileo è nel Lazio. Il nostro slogan è “C’è tutto un Lazio intorno”. Ciò non significa che vogliamo sminuire il ruolo di Roma, ma vogliamo rivendicare il ruolo di guida spirituale e culturale che la Regione Lazio ha. Il tema di questo Meeting è proprio quello dell’essenza e noi abbiamo creato, faccio un po’ di promozione, abbiamo creato nel padiglione A1 uno stand della Regione Lazio, uno stand della Regione Lazio che si chiama “Essenzialmente Lazio”. Abbiamo dato questa definizione proprio perché vogliamo trasmettere a chi ci verrà a visitare (venite, faccio un po’ di spoiler, un po’ di pubblicità) venite a vedere quello che è il Lazio, venite a vedere cosa il Lazio trasmette a chi lo vive, a chi lo vive come cittadino ma anche a chi lo vive come turista temporaneo. Da questo punto di vista, il nostro lavoro, che stiamo facendo insieme all’assessore Elena Palazzo, è un lavoro, secondo me, molto importante, che tiene conto di quelli che sono i cammini già rodati. In questo voglio dire che c’è un lavoro veramente di sinergia con tutte le Regioni del Centro Italia. Proprio ieri ci siamo incontrati con i colleghi della Regione Umbria, con i colleghi della Regione Marche, Toscana, proprio per fare il punto su due importanti schede, diciamo così, che ineriscono la Francigena e vengono finanziate dal Ministero del Turismo, che sono la scheda 31 e la scheda 33. Tecnicamente si chiamano così. La scheda 33 punta sulla promozione della Francigena e i capifila sono della Regione Lazio. Invece, la scheda 31, che punta all’infrastrutturazione della via Francigena, è capofila della Regione Umbria. Proprio ieri abbiamo definito gli ulteriori dettagli e questo testimonia un lavoro di sinergia, un lavoro di collaborazione che caratterizza tutte le Regioni. Ci sarà un’altra Porta Santa a Loreto, ovviamente, per far vedere come il Giubileo non deve interessare solo Roma, ma deve interessare un’area vasta, un’area molto grande. Tutta questa cultura che trasmette, questa spiritualità che trasmettono questi territori, deve essere aiutata a essere compresa con delle azioni concrete che l’amministrazione fa. Noi abbiamo importanti progetti infrastrutturali, stiamo migliorando la viabilità del Lazio, stiamo lavorando a testa bassa sul miglioramento della sanità. Il presidente Rocca su questo ha veramente scommesso tutto se stesso, sul miglioramento e riduzione delle liste d’attesa e quant’altro. Stiamo lavorando sul miglioramento della qualità dell’aria. Il lavoro che si sta facendo è un lavoro che interessa non soltanto il Giubileo, ma interessa la Regione Lazio nella sua complessità. E tu mi chiedevi quali sono gli altri cammini. Noi abbiamo ovviamente i cammini tradizionali: la Francigena, abbiamo il Cammino di Benedetto. Ma abbiamo anche altri cammini “laici”, se così possiamo chiamarli, come il Cammino della Strada dei Parchi che tocca tutte le Regioni del Centro Italia, il Cammino della Via Merina. Stiamo riconoscendo un altro cammino, che è quello di San Filippo Neri, e un altro cammino, che è quello di Hasekura, un ambasciatore giapponese che nel 1600 venne a Roma, sbarcò a Civitavecchia e arrivò a Roma per incontrare Papa Paolo V. Quindi intorno a tutto questo stiamo costruendo una narrazione. Un’altra cosa che stiamo facendo è quella di costruire degli itinerari turistici religiosi, urbani e periurbani, all’interno proprio dei centri cittadini. Perché? Perché voi sapete meglio di me, il camminatore è un tipo di pellegrino che parte da qualche luogo e viene a Roma. Un turista o un pellegrino che viene a Roma non facendo il cammino, non lo fa ripartire per fare un altro cammino, mi spiego? Cioè il pellegrino, il camminatore, parte per fare il camminatore, mentre noi invece vogliamo costruire dei percorsi all’interno delle città che consentano anche al pellegrino che è venuto con l’aereo, con la nave, con la macchina, di fare un pellegrinaggio all’interno della città. Penso alle quattro basiliche all’interno della città di Roma, penso agli itinerari mariani all’interno della città di Roma. Invitavo prima Sua Eccellenza alla Madonna dell’Archetto, ma ci sono tantissimi luoghi mariani all’interno della città che i turisti, anche i pellegrini, non conoscono. Ecco, il nostro tentativo è proprio quello di fare in modo che i pellegrini, i turisti che vengono a Roma possano avere dei percorsi tracciati, misurati, che gli consentano di fare 10-12 km all’interno della città e di avere l’esperienza del cammino all’interno della cinta urbana. Secondo me, questa è una cosa importante e straordinaria che è stata accolta anche dalla Regione Marche e dalla Regione Umbria e vi è piaciuta. Costruiremo insieme un percorso di itinerari urbani e periurbani turistici e religiosi per tutte le Regioni del Centro Italia. È un’altra testimonianza di quella che è la nostra attività. Vedi Vincenzo, e vado a concludere. Il lavoro della Regione Lazio è un lavoro importante perché cerca proprio di creare le condizioni affinché il turista o il pellegrino riescano a vivere il Giubileo bene non soltanto dal punto di vista infrastrutturale, ma anche dal punto di vista culturale e spirituale. Abbiamo messo in bilancio nel 2024 e nel 2025 risorse molto importanti per quanto riguarda la realizzazione… (ovviamente tolta Roma) non voglio fare un’offesa al sindaco, ma noi dobbiamo valorizzare il resto del Lazio per fare in modo che i comuni del Lazio possano creare delle manifestazioni, dei momenti di accoglienza che riescano a strappare i turisti da Roma per fargli conoscere la bellezza e la magnificenza della nostra regione, che è una regione che trasmette spiritualità, una regione che trasmette cultura, è una regione che deve essere diffusa e conosciuta da tutti quanti.
Morgante. Grazie. Grazie. A questo panel è stata invitata anche Maria Tripodi, Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri. Non è con noi, ma io avevo inviato delle domande. Lei ha avuto la cortesia di rispondere e, andando appunto all’essenziale e coltivando in me la speranza di non annoiarvi, farò un sunto delle sue risposte.
Il primo tema era quello della pace, della passione per la pace nelle nuove generazioni. Il Sottosegretario scrive che l’Italia, con la sua lunga tradizione di diplomazia e mediazione, può giocare un ruolo chiave nel risveglio della coscienza. Guardando e conoscendo personalmente l’impegno di tanti ragazzi volontari qui al Meeting, mi sento quindi di dire che la passione per la pace non si è smarrita. Come disse Sua Santità Papa Wojtyla nel Giubileo del 2000 a Tor Vergata: “Cari amici, vedo in voi le sentinelle del mattino”. Dobbiamo agire anche nel nostro piccolo, sapendo che tutto è possibile nella speranza. Il Giubileo 2025 può essere quindi l’occasione propizia per ravvivare questa speranza e questa fraternità internazionale. Dobbiamo cogliere questa opportunità per risvegliare le coscienze, per ricordare a tutti che la pace non è un concetto astratto, ma una realtà che va costruita giorno per giorno con il nostro impegno e la nostra determinazione.
Il secondo tema che avevo posto era quello relativo al condono dei debiti per i Paesi in via di sviluppo, nella prospettiva di una pace duratura. Il Sottosegretario ci ricorda che, dal punto di vista pratico, il condono del debito non è solo una prospettiva percorribile, ma necessaria; tuttavia non si tratta di una soluzione semplice, richiede un impegno concertato da parte delle nazioni più benestanti e delle istituzioni finanziarie internazionali. In particolare, è necessario sviluppare meccanismi che garantiscano che tali iniziative portino a uno sviluppo sostenibile e a lungo termine nei Paesi beneficiari, evitando che si ripetano gli stessi errori del passato. Grazie al Sottosegretario Tripodi per questo contributo. Grazie.
Professore Zardin, professore di Storia Moderna all’Università Cattolica di Milano, i Giubilei sono entrati nel loro VIII secolo di storia. Non tutte le ricorrenze, le celebrazioni e le istituzioni della vita della Chiesa possono vantare una storia così lunga, una storia che ha attraversato epoche diverse e che ha visto il cattolicesimo modificare alcuni dei suoi connotati. Quali sono, professore, gli elementi che segnano una continuità nei Giubilei e che ancora oggi possono riportarci allo spirito originario dei pellegrini?
Zardin. Grazie anche da parte mia per questa bella occasione di approfondimento. Io cerco di rispondere appoggiandomi ad alcune immagini che aiutano a cogliere il contributo offerto a questo proposito su questi temi, proprio dalla mostra sulla storia dei Giubilei che è stata allestita nell’ambito di questo Meeting.
[1.02.55 Proiezioni slide della mostra] Credo che il primo e più impressionante elemento di continuità nella storia dei Giubilei sia da riconoscere nella radice umana da cui la vicenda storica dei Giubilei ha preso vita. Nei suoi lunghi secoli di innesto nella cristianità, ma in realtà già a partire dalle premesse più remote che la ricollegano alla tradizione del mondo ebraico ereditata dal cristianesimo, come si documenta nella sezione di apertura della nostra mostra. Si può dire che il cuore dell’invenzione dei Giubilei sia l’idea della possibilità di piegare il flusso del tempo, orientandolo in direzioni diverse da quelle della pura ripetizione. Il tempo così cessa di essere la semplice successione di istanti uniformi, diventa una catena in cui si inseriscono spazi o momenti carichi di un’intensità privilegiata, che ci chiamano a un cambio di passo, ci interpellano con i loro segni oggettivi. Secondo cronologie che si sono modificate più volte nella storia, è come se nella linea del tempo si aprissero delle parentesi di libertà per il soggetto umano. In questi momenti ogni singolo io è messo nelle condizioni di ridiscutere la forma della sua vita, la sua identità di persona, i valori e gli interessi primari che lo guidano verso il destino, nel rapporto con i propri simili, con i beni materiali, con il contesto generale del mondo. È stato così fin da quando nella legislazione del Libro del Levitico si tentò di introdurre la regola di un anno speciale di grazia ogni sette cicli di sette anni, intercalati da uno di riposo sabbatico, dunque lo scadere di ogni cinquantennio. L’immagine evoca questa idea delle lontane premesse che ci ricollegano alla tradizione ebraica.È stato così appunto fino a questo momento fondativo e possiamo sottolineare che la rivoluzione dell’annuncio cristiano fece proprio questo desiderio che si era già manifestato appunto nella storia del popolo ebraico di poter riconvertire, cioè richiamare periodicamente alla sua verità l’intera fisionomia dell’esperienza umana per spalancarla a una possibilità di bene, per riscattarla dai suoi limiti, dalla tirannia del male e degli egoismi contrapposti. Ci ha voluto più di un millennio perché l’esigenza della liberazione dal peso delle colpe e quindi delle pene accumulate dagli esseri umani con il loro agire fosse pienamente elaborata, trasformandosi in un sistema organico di dottrine, usi e rituali che dal 1300 si incanalarono nella tradizione dei Giubilei indetti dall’autorità suprema della Chiesa Latina, ormai detentrice del potere di porsi come il filtro per eccellenza dei legami di interscambio tra la terra e il cielo della misericordiosa perfezione divina.
Ma al centro del Giubileo cristiano rimase sempre, come era stato fin dall’inizio, il fermento del bisogno umano, riconosciuto in tutta la sua densità, in tutta la sua estensione, in tutte le sue implicazioni, anche le più esistenzialmente carnali: bisogno di unità del proprio io, di riconciliazione tra sé e gli altri, bisogno di pace, di riconquista di un senso per l’esistere e per il morire, in una parola bisogno di salvezza, cominciando dal qui e ora e non solo nella prospettiva dell’eterno.
Il sostrato di fondo della tradizione storica dei Giubilei, che la mostra cerca di raccontare, è stato e può essere ancora oggi l’esperienza della mendicanza, possiamo dire. L’alimentata alla tensione di un disagio o di una precarietà che, invece di schiacciare l’io umano in un malessere inguaribile, lo incitano a uscire fuori di sé, a cercare le strade per dare una risposta al vuoto che l’uomo sperimenta, per trovare una mano salda a cui aggrapparsi e approdare all’altra riva di una vita risanata. Ecco, proprio questo retroterra di bisogni e di domande che hanno a che fare con il tessuto primario del vivere, il tema del primo pannello della nostra mostra, spiega il secondo grande elemento di continuità che si può rintracciare nella storia plurisecolare dei Giubilei.
È l’impossibilità di ridurla a un fatto puramente spirituale, di semplice riordino degli scrupoli della coscienza interiore. Al contrario, vivere il Giubileo, guadagnare il perdono delle indulgenze che vi erano connesse, voleva dire passare attraverso un coinvolgimento che sollecitava la totalità del soggetto umano, incideva sull’anima ma anche sugli affetti, sulla materialità dei sensi, chiedeva di fare appello all’insieme globale delle proprie energie, comprese quelle primordiali del corpo, considerato come un intero.
La fisicità era l’asse portante dell’iter penitenziale che consentiva l’accesso alla remissione delle pene. Di norma bisognava abbandonare per un tempo molto dilatato la propria casa e le solite occupazioni. Ci si doveva trasferire nel luogo dove si costruivano le sepolture dei due apostoli Sommi. Si visitavano ripetutamente per numerosi giorni le basiliche romane con le loro porte sante. Ci si confessava, ci si piegava davanti alle reliquie più prestigiose, in testa a tutte, il velo della Veronica che riproduceva le sembianze fisiche del volto di Dio fatto carne, da cui ci si attendeva il premio tanto desiderato di una felicità senza fine.
Il pellegrinaggio, quasi per tutti a piedi, come già stato ricordato, solo per i più fortunati a cavallo o in carrozza, richiedeva decine e decine di giorni se si partiva dalle terre e dal nord Europa. Si poteva facilmente soffrire la fame. L’incertezza regnava sovrana e lungo il cammino bisognava affidarsi ai soccorsi di una carità che non era affatto garantita con i moderni sistemi dell’industria turistica. Ogni pellegrino doveva mettersi seriamente in gioco, rischiando senza coperture. La purificazione iniziava con uno spogliarsi delle proprie sicurezze, che abilitava di per sé alla conquista del perdono. Un perdono, alla fine, veramente meritato, frutto di un lento e faticoso percorso di avvicinamento. Per approdare alla meta era inevitabile accettare la pesantezza del muoversi su strade pietose, a contatto con la polvere e il fango. Si era costretti per forza a farsi umili, da “humus”, cioè terra.
E per questo il contrassegno più evidente del pellegrinare divennero, nell’arte dei secoli scorsi, il bastone di appoggio, il copricapo a larghe falde per ripararsi dal sole e dalle intemperie, fino al toccante esito estremo dei piedi nudi e sporchi in primo piano dei pellegrini davanti alla Vergine in una famosa opera di Caravaggio. Un dettaglio di rilievo decisivo, reinterpretato in senso attualizzante in una provocatoria installazione di Cattelan, all’ultima Biennale di Venezia. Entrambe le immagini sono riproposte all’interno della mostra.
Il terzo e ultimo elemento costante della grande storia dei Giubilei, per concludere, è quello delle sue dimensioni risolutamente corali. La prima concessione del perdono, perdono plenario esteso a tutti e quindi veramente straordinario, concentrata nello spazio di un solo anno, subito dopo le feste di inizio nelle prime settimane del 1300, fu una notizia strepitosa che circolò ampiamente in tutta la cristianità sfruttando ogni mezzo allora consentito. Con il suo contagio a macchia d’olio, attirò migliaia di fedeli che si unirono alla folla straripante dei romani. Se ne fa eco lo stesso Dante in alcuni passaggi memorabili della Commedia, ambientata proprio nei mesi immediatamente successivi alla proclamazione del primo Anno Santo.
Nei Giubilei che si continuò a proclamare in seguito, ogni 50, poi ogni 25 anni, la loro forza di richiamo si ingigantì, raggiungendo punte che, negli anni santi del XV secolo, stando alle fonti più attendibili, arrivarono a oscillare dai 200 mila ai 500 mila fedeli. Cifre formidabili se si pensa alle condizioni di vita e ai mezzi di trasporto della situazione di allora. La tradizione dei Giubilei si radicò poi rapidamente nella storia collettiva e assunse i contorni di un vero appuntamento di massa, capace di scandire i meccanismi di funzionamento della società intera, nel suo spirito religioso, così come nella sua organizzazione civile, chiamando tutti a raccolta in uno sforzo comune, anche se poi solo alcuni erano in grado di raggiungere Roma in prima persona.
Ogni Giubileo, questo mi sembra molto importante, era un fatto di popolo e si conservò questo carattere anche dopo la contestazione della Riforma protestante che portò alla frattura dell’Occidente cristiano. Solo l’ondata anti ecclesiastica del tardo Settecento, della Rivoluzione Francese e di Napoleone fiaccarono la credibilità dei modelli tradizionali. Ma proprio lo scontro con una modernità che cominciava a imboccare strade alternative ha spinto la coscienza cristiana a ripensare contenuti del suo messaggio tradizionale, a riproporre in modo nuovo il fondamento della sua concezione del perdono e del primato della misericordia divina, soprattutto dal Vaticano II in poi, in un orizzonte che ha potuto spalancarsi in senso planetario, trasformandosi nello scenario di un evento di portata sempre più universale. E proprio questa tematica dell’apertura in senso planetario è il punto di approdo finale del percorso della nostra mostra, che invito tutti naturalmente a visitare.
Morgante. Grazie, professore. Allora abbiamo il tempo per un secondo giro, ma deve essere davvero velocissimo, quindi con domande che vi prometto saranno molto concise e delle risposte che vi chiedo molto sintetiche. Comincerei da Sua Eccellenza Fisichella. Ci stanno seguendo in tanti in sala e molti giovani ci stanno seguendo. Allora, monsignor Fisichella, come i volti di voi sapranno, è stato anche un docente, rettore, insomma, ha a che fare con i giovani. A questi giovani noi oggi, in epoca di Instagram, di Facebook, di X, parliamo anche dell’occasione per lucrare l’indulgenza. Vogliamo spiegare che cosa significa? Ed Eccellenza, c’è la possibilità di cambiare questo verbo?
Fisichella. No, dunque, innanzitutto io direi che è da cancellare. Io non ho mai usato questo verbo, vorrei che non venisse mai usato. E non solo. Da diverso tempo stiamo portando avanti il fatto che non si parli al plurale di indulgenze, ma si parli al singolare, l’indulgenza. Quindi due cose: non c’è niente da lucrare perché non c’è niente da comparare. L’indulgenza, il perdono è un dono di Dio, questo deve essere ricordato. Vedete, cari amici, anche i giovani che ci seguono, l’indulgenza è un nome molto strano. Però fin dai primi tempi, fino anche al VII-VIII secolo, indulgenza era interscambiabile con il termine misericordia. Indulgenza vuol dire misericordia. Indulgenza vuol dire che Dio ti viene incontro. La cosa molto bella, l’ha accennato il professore, il Giubileo non nasce perché pensavano al Giubileo biblico, perché nel primo Giubileo nessuno pensava al Giubileo biblico. Quello avviene nelle bolle successive quando si incomincia a fare una prima riflessione biblica in proposito. Il Giubileo non nasce perché Bonifacio VIII lo voleva. Bonifacio VIII neanche sapeva che cosa fosse un Giubileo, nonostante il suo predecessore Celestino V aveva dato sei, sette anni prima la grande perdonanza all’Aquila che continua fino ai nostri giorni. Basta leggere, è una lettura spassosissima, De centesimo anno. Il cardinale Stefaneschi, che era presente e poi redige questo breve rendiconto di come è avvenuto il Giubileo, dice che il popolo di Roma andava al Patriarchium, cioè a San Giovanni in Laterano, perché il Papa abitava là, dove c’era tutta una cittadella, e andava a chiedere l’indulgenza, andava a chiedere il perdono. E il Papa chiama Stefaneschi e dice: “Ma che cos’è questa indulgenza e perdono per il nuovo centenario?” Non lo sapeva e fa fare una ricerca. E dalla ricerca non viene fuori niente, non c’era nulla. Per cui non so quanto Stefaneschi sia storico nel riferirlo, ma dice che gli portarono due personaggi che avevano più di 100 anni, uno di 103 e uno di 107 anni, che venivano dalla Spagna eccetera, che ricordavano che i nonni gli avevano parlato che c’era stato un grande perdono. Al che il Papa cede, il Papa letteralmente cede alla volontà del popolo romano di concedere l’indulgenza, cioè di dare un grande perdono. E nella prima bolla, Antiquorum habet, come si chiama dalle prime parole, il Papa dice: “sarà un perdono non solo pieno, ma pienissimo”. Vedete, il Giubileo, cari amici, è l’annuncio di un grande perdono che ci viene dato. Il Papa ha un’espressione molto bella nella bolla dove dice che il perdono non cambia il passato, ma può aiutare a vivere meglio il futuro. Perdonare non cambia quello che è successo. In un clima anche di rancore, di violenza, di vendetta, di tutto quello che parte della cultura di oggi ci propina, tanto da farci dimenticare il perdono, il Giubileo viene a ricordarci il grande dono di Dio. Il perdono, l’indulgenza è grazia, non è una conquista. Quindi che lucrare non vuol dire niente, si può fare esperienza dell’indulgenza, dobbiamo fare una profonda esperienza dell’indulgenza, cioè del perdono di Dio. E questa esperienza avviene attraverso un cammino, attraverso il pellegrinaggio, attraverso il passaggio dalla Porta Santa, attraverso la professione di fede, attraverso l’opera di carità, attraverso il pregare per il Papa, per la Chiesa. Questo è l’annuncio che ogni 25 anni ci viene dato. Dio ti viene incontro, non avere paura di accogliere l’invito di Dio, che è quello di ridonarti una vita nuova, perché con il perdono la vita cambia. Se tu fai esperienza di essere perdonato da Dio, la tua vita cambia, ma diventi strumento per il perdono nei confronti degli altri. Ecco, vedete, il Giubileo è questo. Ecco perché parla di speranza. Perché il perdono dona la capacità di guardare al futuro in maniera diversa, perché è un atto di amore, è un atto di conquista che ci viene dato da parte di Dio e che ci fa sentire inevitabilmente figli con una prospettiva davanti a sé che è quella di una comunione di vita con Lui.
Morgante. Grazie, monsignor Fisichella. Presidente Aurigemma, 33 milioni di pellegrini, Roma ma l’intero Lazio. La sfida, siete pronti ad accoglierla? Porti, aeroporti, rete viaria, ospitalità?
Aurigemma. Siamo pronti ad accogliere la sfida, siamo pronti a mettere a disposizione tutto il territorio della nostra regione, 378 comuni, tanti borghi, le tante bellezze. Ricordiamo che il Lazio ha dei punti di riferimento importanti, dalla città dei Papi che è Viterbo, dalla Abbazia che è Fossa Nova, dai monasteri benedettini di Subiaco e Cassino, dai percorsi della via di San Francesco e di San Benedetto a cui faceva riferimento il dottor Giuntarelli. Stiamo organizzando la macchina, visto che la scadenza è così breve, due giorni e quattro mesi dall’apertura della Porta Santa, e dobbiamo farci trovare pronti. Il rapporto e la collaborazione tra le istituzioni si è consolidato nel tempo. Una delle più grandi manifestazioni sportive è quella della Ryder Cup che nei primi giorni di settembre del 2023 ha visto in tre giorni la presenza di oltre 270 mila turisti e grazie a una ottima collaborazione tra comune, regione, provincia, città metropolitana di Roma e il governo nazionale siamo riusciti ad ospitare e a far vedere le bellezze del nostro territorio, un territorio che rappresenta cultura, tradizione, dei valori importanti e che devono essere portati a conoscenza di tutti. Noi stiamo costruendo su questo una costruzione come la mostra che abbiamo visto, una mostra bellissima tra le tante mostre oltre a quella dei Borghi e quella del Giubileo e io invito a vedere la mostra di Alcide De Gasperi che parla proprio di una politica di costruzione. Lui ha ereditato una nazione distrutta dalla seconda guerra mondiale e in pochi anni è riuscito a far sedere la nostra nazione sul tavolo delle sette potenze industrializzate, proprio perché oggi la politica deve ritornare a costruire, non solo a criticare, a scontrarsi, ma deve ritornare in quello spirito di costruzione che ha visto tanti politici anche di partiti diversi collaborare con un obiettivo comune. Il Giubileo deve essere un’opportunità anche per riportare la nostra politica sui canali giusti del confronto e della costruzione nel bene e dell’interesse comune.
Morgante. Grazie. Marco Girardo, i Pellegrini di Speranza, ci parla Papa Francesco in un mondo che davvero non sempre dare tanti segnali, ma quando si parla di Pellegrini di Speranza, a te che viene in mente, a chi pensi?
Girardo. Sentendo parlare prima il professore, mi è venuta in mente una caratteristica dei pellegrini, che è quella della pazienza. C’è un verso bellissimo di Rilke che dice: “Abbi pazienza verso tutto ciò che c’è di irrisolto nel tuo cuore”. Nel nostro mestiere abbiamo anche a che fare con questioni spesso irrisolte e siamo immersi in un mondo dell’informazione e della comunicazione che è istantaneo, velocissimo, ipertrofico, avvolgente, ma che si consuma nello spazio di un attimo, per sue caratteristiche e natura. Allora, un invito forse a trovare pellegrini, in questo caso anche operatori di informazione, è quello di avere la pazienza di raccontare le cose secondo tempi più lunghi, senza dimenticarle. Così vi invito a leggere il giornale di domani perché, per esempio, abbiamo scelto di dedicare l’apertura a che cosa è successo alle famiglie che hanno perso la casa a Scampia nel crollo della vela celeste un mese fa. Ce l’hanno a casa?
Morgante. Grazie.
Direttore Giuntarelli, tra le competenze c’è anche l’audiovisivo. Allora, il Giubileo è un evento da vivere ma anche da raccontare, da far vedere, quello delle immagini sarà determinante. Può essere un’occasione per rilanciare il settore dell’audiovisivo, un po’ in sofferenza, e poi la responsabilità di raccontare il bene che si svilupperà lungo questi dodici mesi in un momento in cui le immagini che ci circondano ci parlano soltanto prevalentemente di violenza, di sangue e di morte?
Giuntarelli. Grazie, è una bellissima domanda perché mi permette prima di tutto di dire che il Lazio finalmente ha un piano triennale per il cinema, che era diverso tempo che non aveva, e che presenteremo insieme al piano annuale tutte le attività la prossima settimana al Festival di Venezia. E proprio il piano triennale del cinema ci consente a questo punto di poter anticipare le produzioni, di mettere in campo quelle che sono delle risorse, ma dando un indirizzo a quella che è la produzione cinematografica. Noi abbiamo delle risorse che vengono spese, diversi milioni di euro, che vengono spese nei confronti dell’impresa cinematografica, sulle produzioni, cortometraggi, festival. Il piano triennale ci consente di dare un indirizzo rispetto a quello che il Lazio e che l’amministrazione vuole, e quello che vuole è anche esaltare e valorizzare il Giubileo proprio quest’altro anno. I bandi che faremo il prossimo anno saranno dei bandi che andranno proprio a cercare di valorizzare il ruolo del Giubileo, che cercheranno di creare dei festival, di dare la spinta alla creazione di festival cinematografici che svolgano questo ruolo, a creare anche la realizzazione di percorsi turistici che leghino cinema e spiritualità, perché il Lazio è un luogo che nella storia del cinema ha rappresentato in modo proprio esemplare quella che è la spiritualità, e c’è il turismo cinematografico, che è un turismo straordinario che noi dobbiamo in un certo modo sistematizzare, e con le risorse che metteremo nel 2025, abbiamo messo anche nel 2024, andremo a migliorare questo tipo di offerta. Il cinema è uno strumento straordinario per poter comunicare, per poter dare emozioni, e dicevi giustamente, il cinema è uno strumento che ci consente di dare un messaggio diverso. C’è tanta cinematografia, ne parlavo prima con degli amici, mi veniva in mente il monologo del colonnello Kurtz in Apocalypse Now, quando parla dell’orrore. Un monologo straordinario, o mi veniva in mente nel Settimo sigillo Max von Sydow che si confessa con insieme al diavolo, o mi veniva in mente anche Blade Runner, il monologo finale dell’androide che parla delle lacrime che vengono perdute, la sua vita che viene… Ecco, il cinema ha sempre trasmesso questi momenti di dramma. E noi vogliamo invece, in questo momento, che il cinema trasmetta un valore positivo. E allora, ripeto ancora, noi faremo in modo che le produzioni cinematografiche ricevano… – ovviamente, noi che andremo a finanziare soltanto cose che… produzioni cinematografiche che vadano nei confronti del Giubileo – ma tra le priorità che porremo ci sarà proprio il Giubileo, ci sarà la trasmissione del bello, dello sguardo dell’altro. Mi viene in mente Michel Desertò quando parla dell’altro. L’altro che in questo caso diventa anche Cristo. Nel momento in cui noi ci poniamo nei confronti dell’altro, l’alterità è Cristo che ci guarda. E noi vogliamo che il cinema rappresenti anche questi valori.
Morgante. Grazie. Professore Zardin, il Papa ha voluto, abbiamo sentito, dire che il tema della speranza è il tema centrale del Giubileo 2025. Chi ha fede sa che non è solo un tema, ma va oltre a essere un tema; però, la speranza come è stata declinata nei Giubilei degli anni passati? C’è stata una qualche edizione, qualche appuntamento con un aspetto specifico in cui è stato posto questo tema?
Zardin. Una continuità diretta non credo sia registrabile, anche se il tema della speranza evidentemente rimanda al registro positivo di un atteggiamento fiducioso. Già in precedenza, il Giubileo straordinario indetto da Papa Francesco era concentrato sul richiamo alla misericordia. Questo registro positivo è tradizionale, ha un fondamento tradizionale, perché dalla prospettiva della positività, cioè della possibilità di uscire dalla situazione di sofferenza, di disagio, per conquistare un perdono che ridona la vita, che rigenera, che è il titolo poi della mostra, era già presente fin dai primi tentativi di attuazione del Giubileo Cristiano. Mi sembra più interessante sottolineare l’originalità del peso dell’accento che Papa Francesco mette su questo registro positivo. Possiamo dire che in questo riposizionamento del rapporto tra i diversi elementi della proposta cristiana si assiste come a uno spostamento del centro sul primato del dono. Quello che mi sembra decisivo è proprio questo: il recupero della centralità del dono, cioè la salvezza, il perdono generato dal sacrificio di Cristo, è come una grazia che si spalanca, che si apre un suo spiraglio di luce anche nel buio più totale e viene incontro alla sofferenza dell’uomo moderno, precedendo anche la stessa mossa della richiesta, c’è una precedenza dell’amore divino, della misericordia di Dio che si fa incontro all’uomo sofferente. Questo tema della precedenza dell’amore divino era già stato anticipato o prefigurato nel Magistero degli ultimi Papi, come forse sappiamo, e ha prodotto un fenomeno che nella mostra abbiamo condensato in una formula, non so se è possibile vedere l’ultima immagine, ma forse magari adesso verrà resa disponibile. [1.31.20 slide] Abbiamo sottolineato in una formula che suona così: la ricentratura sull’essenziale. Con questo mi sembra l’aspetto più decisivo. Viene meno l’enfasi tradizionale posta sulla colpevolizzazione, sulla paura, sulla colpa, e si mette invece al primo posto, al centro, la precedenza dell’amore che si fa incontro alla sofferenza dell’uomo e lo abbraccia ridando attualità e piena concretezza alla scena evangelica del figliol prodigo che viene accolto nelle braccia del padre. Con questa ricentratura, questo spostamento dell’equilibrio dei rapporti mi sembra una sfida molto interessante, un’opportunità offerta a tutti e che il prossimo Giubileo credo consentirà di approfondire anche attraverso un’esperienza diretta.
Morgante. Grazie, professore. Siamo arrivati al termine, ma consentitemi di affidare la conclusione di questo nostro appuntamento a monsignor Fisichella al quale velocemente pongo due velocissime domande: la prima è che io, anche per cognizione diretta avendo partecipato con uno dei lavori delle sottocommissioni del Giubileo, mi sono reso conto della rilevanza e della delicatezza del ruolo che lei sta svolgendo su incarico del Papa, e le volevo chiedere dove trova la serenità che tutti abbiamo visto per continuare a svolgere questo ruolo; e la seconda domanda è: coltiva nel suo cuore e ha la possibilità di condividerla con tutti noi, una speranza particolare per il Giubileo 2025?
Fisichella. Mi viene da ridere perché io cerco sempre di essere sereno, quindi il lavoro è tanto, i miei collaboratori lo sanno, c’è una marea di lavoro da fare, lo ha detto il sindaco, il commissario, non ci si immagina il lavoro che c’è. Però è bello perché è un servizio che viene fatto alla Chiesa, viene fatto in un momento particolare e speriamo che possa essere intensamente vissuto. Mi viene in mente… ci sono state le Olimpiadi. Delle Olimpiadi noi non è che abbiamo sentito parlare di tutta la preparazione, tutti i lavori, no delle Olimpiadi, si è parlato almeno in Italia delle 40 medaglie che sono state vinte, delle 12 d’oro, quelle d’argento e via dicendo. Se mi permettete l’analogia, il lavoro passa eccetera, l’importante è che si arrivi a vivere l’esperienza con la vincita di 40 medaglie. L’unico desiderio che io porto nel cuore è che la Chiesa, vivendo, sperimentando questo Giubileo, possa essere ancora di più convinta della bellezza e della responsabilità di portare il Vangelo a tutti, perché il Giubileo è un’espressione peculiare di evangelizzazione.
Morgante. Bene, grazie a tutti voi per la presenza e per il contributo, grazie a tutti loro per l’attenzione, buon Giubileo e buon proseguimento del Meeting.