Chi siamo
FRANZ E FRANZISKA JÄGERSTÄTTER: IL QUOTIDIANO CHE DIVENTA EROICO
Erna Putz, biografa di Franz e amica di Franziska Jägerstätter. Introduce Andrea Caspani, direttore di Lineatempo e curatore della mostra
In margine alla mostra “Franz e Franziska, non c’è amore più grande”, si terrà un dialogo-intervista dei curatori con Erna Putz, biografa di Franz e amica di Franziska Jägerstätter
FRANZ E FRANZISKA JAEGERSTAETTER: IL QUOTIDIANO CHE DIVENTA EROICO
FRANZ E FRANZISKA JÄGERSTÄTTER: IL QUOTIDIANO CHE DIVENTA EROICO
Mercoledì 21 agosto 2024 ore 12:00
Sala Internazionale D3
Partecipano:
Erna Putz, biografa di Franz e amica di Franziska Jägerstätter.
Introduce:
Andrea Caspani, direttore di Lineatempo e curatore della mostra
Caspani. Buongiorno a tutti. Sono lieto di introdurre questo incontro con una delle protagoniste della grande mostra di questo Meeting, Franz e Franziska. **Non c’è amore più grande.** Direi che il titolo già dice tutto, perché è una storia d’amore quella che noi presentiamo, di amore per la vita nella parte iniziale della vita di Franz, l’amore per una donna eccezionale, Franziska, che porta a un matrimonio allietato ben presto da tre figli. Un amore per Gesù Cristo senza separazione tra la vita quotidiana e l’ideale, un amore che, proprio perché è totale, permette di guardare tutta la realtà con attenzione e quindi, progressivamente, data la situazione dell’Austria dal 1938 in poi (quando è stata occupata dal Terzo Reich nazista), permette di guardare anche con un giudizio acuto da cristiano ciò che sta accadendo. È un percorso di vita che condurrà a una scelta impopolare, difficile, ma estremamente significativa. Non un progetto, ma la scelta di lasciarsi amare fino in fondo dal mistero di Dio che fa la storia. Quindi, apparentemente, una scelta, diciamo così, perdente, senza apparente esito, e invece è una storia che ha seminato – come sempre succede con il martirio di un cristiano – una storia di fede e di testimonianza che arriva fino ai giorni nostri, perché ci aiuta a introdurci in un modo di vivere la fede che è globale, che è capace di abbracciare e dare significato a tutto: alla gioia, al dolore, alla politica e agli affetti. Questa mostra è nata dalla convergenza di tante persone che, in modi diversi, hanno incontrato l’esperienza di Franz e Franziska. C’è chi è andato a St. Radegund, il loro paese di origine; c’è chi è partito vedendo il bellissimo film (che immagino molti di voi avranno visto) del 2019, di Terrence Malick, **Una vita nascosta**; c’è chi ci è arrivato semplicemente leggendo i suoi scritti, per gran parte promossi e diffusi da Erna, che in qualche modo è la biografa ufficiale della storia di Franz e Franziska, per cui mi sembra importante ricordare, fra l’altro, che in libreria è disponibile l’ultimo libro (tradotto in italiano) scritto da Erna su Franz, così come in italiano ci sono anche testi curati da due bravi divulgatori della testimonianza di Franz e Franziska, che si chiamano Gian Piero Girardi e Lucia Togni, trentini; ci sono i libri con le lettere che si sono scambiati i protagonisti della storia. Tutto questo ha portato, alla fine del Meeting dell’anno scorso, diverse realtà a chiedere al Meeting di proporre questa testimonianza, una testimonianza che appunto non è soltanto storica, di un periodo storico passato, ma ha un valore anche attuale e vedremo magari, attraverso qualcuna delle vostre domande, di approfondire questo aspetto. Questo spiega perché la mostra è stata curata da tantissime persone. Ci sono io, ma vedo qui appunto Don Emanuele Silanos, Pippo Emmolo, che ha marciato insieme a Erna il 9 di agosto scorso a St. Radegund, nel giorno dell’anniversario della morte di Franz. Vedo Giorgio Cavalli, Samuele… Ci sono molte persone, perché è un’opera corale. Questa è la cosa che mi colpisce. La loro testimonianza attira le persone. Ho appena incontrato anche alcuni frati francescani, uno dei quali ha fatto anche una tesi su Franz. Anche la vostra numerosissima presenza mi conforta, perché dimostra che la realtà di Franz e Franziska appassiona e colpisce chiunque li incontri. Prima di concludere per lasciare la parola a Erna, vorrei raccontarvi come l’abbiamo incontrata. Erna è stata coinvolta mesi fa, quando le abbiamo chiesto di presentare il suo ultimo libro, appena tradotto in italiano, al Centro Culturale di Milano. Lei è stata disponibile; è nata e scattata un’amicizia, e da lì è cresciuto un rapporto che per noi è prezioso e che va anche al di là dei testi dei pannelli della mostra, perché lei, che nella vita ha svolto tanti lavori e si è occupata di tante attività, non è mai ferma, e pur essendo ora in pensione continua a essere attiva, a scrivere, a essere presente, a comunicare quello che ha incontrato. Erna ha incontrato personalmente Franziska e quindi è diventata poi depositaria degli scritti dei nostri due protagonisti. Ha veramente alle spalle anni e anni di duro lavoro e di raccolta, durante i quali è andata in profondità sull’esperienza di questi due sposi. Lo svolgimento dell’incontro sarà molto semplice: porrò alcune domande iniziali a Erna, dopodiché ci sarà la possibilità per chiunque lo desideri di intervenire e fare ulteriori domande. Ovviamente, Erna parla in tedesco, ma ci sarà la traduzione direttamente in italiano. Comunque, lascio un attimo la parola a Erna prima di iniziare con le domande, perché desidera dirci alcune cose.
Putz. Vi saluto cordialmente e vi ringrazio tanto per questa introduzione. Sono estremamente grata per questa grandissima, bellissima mostra, che va molto in profondità e rende possibile un rapporto con Franz e Franziska. Per iniziare, come piccolo segno della mia gratitudine, ho portato un libro che io e il vescovo Manfred Scheuer abbiamo presentato e donato a Franziska per il suo 90° compleanno e che desidero ora regalare a Elena per tutto il lavoro che ha svolto. Ho portato delle copie da regalare a tutti voi e, in aggiunta, un altro oggetto: una lettera di Franziska Jägerstätter indirizzata a me, con un francobollo sul quale è effigiato suo marito Franz Jägerstätter. È il mio modo di ringraziare tutti coloro che hanno lavorato qui e, in particolare, la mia amica Elena .
Caspani. Elena Mancini è italiana ma vive da tanti anni in Austria, è diventata amica di Erna e è stata anche lei preziosissima parte integrante di questa nostra mostra. La prima domanda è ovvia: come è avvenuto l’incontro con Franziska, con la storia di Franziska e di Franz? Che cosa ha cambiato nella sua vita?
Putz. Fu nel 1979, cioè 45 anni fa; ero giornalista e, scrivendo un articolo su St. Radegund, ho incontrato una persona importante nella parrocchia, che era presidente del Movimento delle Donne, dirigente dell’Ufficio liturgico e ministro straordinario della comunione. Era Franziska Jägerstätter. Mentre parlavamo della parrocchia, si è alzata, è andata fuori ed è tornata con un mucchio di vecchi quaderni e bloc-notes. Sulla copertina si leggeva: “Scritto nel carcere”. L’ho aperto e ho visto questa frase: “I cristiani non dovrebbero salare eccessivamente la vita degli altri mettendo troppo sale cristiano. La loro luce deve illuminare e non rendere ciechi gli occhi. E l’amore al nemico non è una mancanza di carattere o debolezza, ma è un’imitazione dell’immagine di Dio”. Restai folgorata. Jägerstätter non era uno stupido come avevo sentito fino ad allora, ma una persona che ha fatto esperienza di Dio. Avevo qualcosa tra le mani e, se non lo avessi trasmesso, me le avrebbe bruciate.
Caspani. Questa cosa, se non la trasmetto, mi rimane e mi brucia tra le mani. “Questa cosa” è, come dice anche il titolo del nostro incontro, che il quotidiano vissuto dalla coppia Franz e Franziska diventa eroico. Come ha progressivamente capito che la vita dei due era un amore completo tra loro e con Dio?
Putz. Quello che è molto importante sono le lettere di Franz e Franziska. Trattano della volontà di Dio, ma nel leggerle bisogna guardare bene per capire se l’autore è Franz o Franziska, perché sono tanto simili! Ho trascorso molto tempo con Franziska, lei raccontava sempre qualcosa di nuovo e man mano capivo sempre di più della loro vita. Sono stati molto importanti per loro i primi tempi del loro matrimonio. Era una coppia molto felice, erano innamorati, una gioia l’uno per l’altro. Franziska faceva parte di un movimento di giovani cattolici, leggeva la Bibbia; leggevano la Bibbia insieme, insieme pregavano e così la loro gioia, la loro felicità diventava sempre più profonda. Una volta Franz ha detto a Franziska: “Non potevo immaginare che essere sposati potesse essere così bello”, e Franziska ha detto: “Ci siamo aiutati a vicenda ad approfondire la fede”. Anche umanamente erano molto felici come coppia: Franziska cucinava quello che lui amava, lui portava regali che nascondeva, e lei doveva cercarli. Per lui era una grande gioia quando lei era vestita bene. Spesso raccontava come a lui piacesse il suo cappello. Era una coppia felice, stavano molto bene insieme ai bambini, che erano dispiaciutissimi per la sua assenza.
Caspani. Sorge in me una domanda: per loro, che vivevano felicemente sia sul piano umano sia sul piano religioso, come è avvenuto questo impatto con il nazismo? Perché non è stata una presa di posizione teorica, è stata una maturazione progressiva dell’impossibilità della convivenza tra un’appartenenza reale al cristianesimo e l’appartenenza, invece, al regime.
Putz. Fu subito dopo l’occupazione dell’Austria, quando c’è stato il referendum sull’annessione nell’aprile del 1938, Franz disse: “Questo non è un’elezione e quindi io non andrò a votare, anche se arrivano con i carri armati”. Franziska aveva paura, poiché dappertutto la gente veniva incarcerata, per cui disse a Franz: “Se tu non vai a votare, non ti amo più”. E, naturalmente, lui si è spaventato. Ne parlavano, ne discutevano, e Franziska si rese conto che c’erano degli ambiti in cui lei non poteva fare alcuna pressione sul marito. Nelle lettere, lei non scrive mai “Pensa a me, ai bambini”, anche quando è chiaro che lui sta rischiando la vita. E loro lasciano tutto alla volontà di Dio, si abbandonano alla volontà di Dio, quanto più Franz apprende su ciò che fanno nazisti, in particolare riguardo all’eutanasia dei malati psichici; nel ’41, mentre è in Bassa Austria, scrive: “Sarà vero quello che ho sentito su come trattano gli handicappati? Sono successe delle cose molto tristi”. Franz si trova lì per un periodo di addestramento nelle forze armate. Quando torna a casa, dice: “Se mi chiamano un’altra volta per l’addestramento, non ci vado. Non vorrei uccidere altri per aiutare Hitler a governare tutto il mondo”. Poi si è arrivati alla guerra contro la Russia. Per i soldati cristiani era una situazione nuova, perché si trattava della lotta contro il bolscevismo, ma Franz non ci sta, la propaganda non lo convince. Scrive: “Se si tratta della liberazione dei russi dal bolscevismo, che ruolo hanno le mine, il petrolio e il grano, l’interesse tedesco in tutte queste cose?”. Franziska spera tutto il tempo che la guerra finisca velocemente e pensa: “Non è ragionevole ammazzare mio marito. Che cosa li porta?” E ha detto: “Se mi lasciasse per un’altra donna, questo sarebbe stato un grandissimo dolore”. La metà degli uomini che erano nell’armata, provenendo da Stalingrado, sono morti, soprattutto a Stalingrado. E lui dice: “Se devo morire, non vorrei ammazzare prima di morire ancora altri”.
Caspani. La grandezza di Franz è stata quella di aver capito prima di molti intellettuali austriaci o pastori austriaci, che erano pronti invece ad avallare molti compromessi con il regime, che il nazismo non era soltanto un regime autoritario, ma era una vera e propria nuova religione, una religione secolare contraria al cristianesimo. Questo è veramente una caratteristica interessante per un contadino che non ha una formazione universitaria, anche se fin da giovane leggeva, leggeva tantissimo. Anzi, c’è una sua frase famosa che riportiamo anche noi nella mostra, che dice: “Chi non legge è più facilmente vittima di manipolazioni altrui”. Quindi leggere e guardare la realtà, tutta la realtà, tutte le circostanze, è fondamentale per crescere nella fede. Secondo lei, come è stato possibile che Franz, senza studi particolari, avesse questa esperienza di fede così globale da diventare giudizio culturale e giudizio culturale così pertinente, così acuto, sulla circostanza che poi gli ha permesso di affidarsi a Dio per quanto riguardava poi la sua scelta concreta?
Putz. Per la sua fede, fu innanzitutto importante il tempo insieme a Franziska. Poi era amico di molti sacerdoti, per esempio Padre Karobath, che era il parroco di St. Radegund, che fu imprigionato dai nazisti e non poté più tornare a St. Radegund. Franz lo incontrò, e di questo Padre Karobath mi ha raccontato: “Lo stimavo, lo amavo, volevo salvarlo, ma lui mi ha sempre battuto nelle discussioni citando la Scrittura”. Franz, inoltre, aveva un rapporto molto speciale con Gesù. Importante fu anche questo sogno, questa visione, che ebbe nel gennaio del 1938: non stava dormendo ma ebbe questo sogno di un bellissimo treno, tutti volevano salire su questo bellissimo treno, e poi vede come il treno va in un abisso, cade in un abisso. Dopo scrive: “Più rifletto su questo treno, più diventa evidente il significato di questo treno, che rappresenta il nazionalsocialismo con tutte le sue parti, la gioventù hitleriana, tutte le associazioni hitleriane”. Dio stesso ha dato questo avvertimento a Franz Jägerstätter, che era importante che chi, all’inizio, esponeva anche solo la bandiera nazista o cantava con i nazisti, non sarebbe più potuto tornare indietro. Era importantissimo dire no subito dall’inizio, altrimenti si scivolava sempre più verso l’abisso.
Caspani. Bene, mi sembra di aver già fatto tante domande e, dato appunto il grande pubblico, sarei lieto se ci fosse qualcuno che volesse fare una domanda. Prego.
DOMANDA. Io non sono né un teologo né un giornalista, sono un semplice amministrativo. Però quello che so della religione cattolica è che, fino almeno al Concilio Vaticano II, i preti, celebravano la Messa in latino, almeno in Italia, e le persone comuni non capivano nulla e sapevano solo il Padre Nostro e il Salve Regina. La cosa che mi ha colpito, oltre all’amore tra i due chiaramente, è questa forza che lui ha avuto, pur non essendo letterato, come ha detto lui, di andare contro quello che diceva il Vescovo, i preti. Cioè, lui è stato così forte da non ascoltare. Adesso il Concilio ha trasferito un po’ di responsabilità, tant’è che la Bibbia, più o meno, ora la leggiamo tutti, ma mio padre non l’aveva mai letta perché la leggevano solo i preti. Lui invece ha letto la Bibbia negli anni ’30 ed è andato contro il suo Vescovo. Il vescovo di Vienna, almeno nel film, non ha fatto una gran figura, si è subito accodato a Hitler e non gli è andata neanche tanto bene perché comunque sono morti anche i preti, eccetera. Perciò il coraggio che ha avuto quest’uomo, per me, e che ha previsto anche 40 anni prima quello che doveva succedere per noi cristiani comuni, cioè che è vero, che ci sono i preti, ci sono i frati, c’è la Chiesa, ma dobbiamo avere un rapporto diretto anche noi con Dio, con Gesù. Questa è la cosa, secondo me, eccezionale di quest’uomo.
Putz. Grazie tantissimo. Questa è una constatazione molto importante. Franz e Franziska, in molti modi, hanno anticipato il Concilio Vaticano II. La responsabilità per quello che faccio posso portarla solo io, non posso delegarla a un livello più alto. Anche il significato del sacramento del matrimonio fu poi sottolineato nel Vaticano II, come loro lo avevano già vissuto. Anche la libertà di coscienza venne solo con il Vaticano II. Prima era competenza delle autorità decidere, e anche il Vescovo l’aveva detto a Jägerstätter. Dopo il suo colloquio con il Vescovo, Franz uscì dal Palazzo Vescovile e disse a Franziska che avevano semplicemente paura che potesse essere una spia. E la fede e la Bibbia da una parte e il servizio militare dall’altra erano controllati molto strettamente dai nazisti. C’era la paura che ciò che facevano i testimoni di Geova potesse contagiare i cristiani. Il magistrato del Reich, disse così: “Il pensiero, che per uno che crede non sia possibile combattere con le armi, deve essere estirpato insieme con la persona che lo pronuncia”. Per questo c’era la pena di morte, solo la pena di morte per questi pensieri. Franz venne citato esplicitamente durante il Vaticano II rispetto a coloro che non volevano fare il servizio militare per ragioni di coscienza. L’arcivescovo Roberts fece un suo intervento durante il Concilio, affermando che chi rifiuta di fare il servizio militare per ragioni di coscienza non deve essere abbandonato dalla Chiesa. Non è possibile che prima parlino le autorità. In Germania, durante i processi di Norimberga, solo nel 1947 le autorità hanno determinato che la guerra e tutto il resto del nazismo erano atti criminali. Il singolo non può delegare la sua responsabilità alle autorità e in “Gaudium et Spes” c’è un passaggio che dice che la coscienza del singolo è l’autorità.
Caspani. Prima di passare la parola ad altre domande, volevo fare una precisazione. Prima di tutto, il tema della libertà di coscienza è stato affermato con nettezza dal Concilio Vaticano II, ma è inscritto nella radice dell’esperienza cristiana, che si fonda sulla libertà della risposta dell’uomo a Dio e sul fatto che la coscienza è il luogo in cui l’uomo incontra ciò che è più intimo del suo intimo, cioè la memoria originaria del bene, per dirla filosoficamente, ma molto concretamente la voce di Dio. Quindi, in qualche modo, il cristianesimo, soprattutto quello delle origini, che portò appunto alla proclamazione della libertà religiosa all’epoca di Costantino (non parlo delle epoche successive), affermava proprio questo, che ognuno deve poter avere un rapporto diretto con Dio e deve essere libero in questo. E quindi viene confermato quello che diceva Erna, che per certi versi, rispetto a epoche in cui ha prevalso il clericalismo, cioè dove la responsabilità delle grandi decisioni era affidata solo a ciò che diceva l’autorità, in realtà è sempre necessario ed è espresso bene in uno dei nostri pannelli, è sempre necessaria una verifica personale di ciò che la coscienza ecclesiale viveva. Non era solo Franz, c’erano tanti preti, c’era il suo vescovo fino al 1941, il vescovo di Linz, che fino al 1941 aveva subito applicato l’enciclica di Papa Pio XI, la “Mit brennender Sorge”, che condannava la dottrina nazista e aveva fatto scrivere: “Non si può essere contemporaneamente cristiani e nazisti”. Capite che però tra l’affermazione teorica e le scelte pratiche c’è una bella differenza, e l’ha detto bene il signore prima, quando ha detto che il cardinale di Vienna, con l’ingenua speranza di ottenere qualche libertà in più per la Chiesa austriaca, ha avallato quel finto referendum che Hitler voleva per avere anche ufficialmente e formalmente la conferma che era lui il padrone di tutta l’Austria. Aggiungo solo un particolare che dimostra che non è vero fino in fondo che Franz non abbia obbedito al suo vescovo, perché quel cardinale fu richiamato un mese dopo a Roma ed ebbe una lavata di capo come mai nessun cardinale ha avuto, alla presenza del Segretario di Stato, che era Pacelli, il quale, guarda caso, diventerà poi Papa. Ma questo infatti, poveretto, tentò poi di dire che insomma la Chiesa deve avere la libertà e i nazisti per poco non l’hanno ammazzato, hanno invaso il seminario, eccetera, eccetera. Quindi, voglio dire, Franz, più che disobbedire alla Chiesa, ha capito di più che si poteva vivere in profondità la fede anche se i pastori sono deboli, perché anche il suo vescovo Fliesser, da cui va, il successore di quello di prima, non gli dice esplicitamente “non devi fare”, perché è lui che gli fa la domanda: “Ma è un peccato se uno si rifiuta di indossare la divisa?” e lui non può dire che è un peccato.
Putz. C’è una cosa importante sul rapporto tra Jägerstätter e la Chiesa. All’inizio, quando Franziska veniva chiesta perché suo marito non avesse lottato per Hitler, lei diceva: “Perché i nazisti hanno perseguitato la Chiesa”. Questo per me è importante. Nella mia ricerca ho guardato cosa accadde intorno a loro: dei dodici preti nel decanato in cui si trova Radegund, otto vennero imprigionati. Solo uno potè rimanere al suo posto. Dalla diocesi di Linz, 120 preti furono imprigionati. Quaranta finirono in un campo di concentramento, 16 furono uccisi nel campo di concentramento. Questo è un numero molto alto anche paragonato con le diocesi tedesche. C’era una resistenza molto forte dei cristiani contro i nazisti, a volte erano gli unici che si opponevano ai nazisti, e per questo venivano perseguitati. Ad un parroco di Braunau, proprio di Braunau, un membro della Gestapo di nome Gruber disse: “Nella zona in cui viveva Franz Jägerstätter, che si chiama Innviertel, nella regione di Braunau, noi nazisti non abbiamo successo ed è colpa vostra, dei preti”. Tanti vennero imprigionati, anche il parroco di Braunau. Per fortuna non tutti morirono in prigione, ma c’era una grandissima, fortissima pressione contro la Chiesa. Nella patria di Hitler c’erano dei membri della Gestapo molto appassionati, ma anche una resistenza molto forte nella patria di Hitler.
Caspani. approfitto e poi do la parola per dire che, vedete, Franz non era proprio solo. Quindi è l’occasione anche per riflettere e rimettere un po’ in discussione questo giudizio, questo pregiudizio che gira anche nel mondo culturale sul fatto che la Chiesa non è stata capace di opporsi decisamente al nazismo. Ci sono encicliche del Papa, ci sono prese di posizione dottrinale, ci sono forme di resistenza, diciamo così, diffuse, non magari in forma così eclatante come in fondo ci ha mostrato Franz. Però questo è importante da tener presente e così mi permetto di dire, visto che sono il direttore di “Linea Tempo”, che è uscito il nostro ultimo numero di “Linea Tempo”, che è una rivista online, quindi potete leggerlo tranquillamente andando su www.lineatempo.eu, intitolato proprio “Primato della coscienza e resistenza al nazismo”, con una serie di ritratti sulla dinamica della maturazione del pensiero di Franz, un profilo di Franziska scritto proprio da Erna, un racconto delle prese di posizione di Pio XI contro il nazismo e anche un racconto di come la Chiesa austriaca nel suo complesso ha vissuto quel terribile periodo. Ecco, quindi c’è spazio per ulteriori approfondimenti, ma adesso diamo spazio ad altre domande.
DOMANDA: Nel 2007 Franz è stato beatificato, un obiettore di coscienza è stato portato agli altari, e la cerimonia si è svolta con la presenza della moglie. Nel luglio del 2022 Papa Francesco, scrivendo ai giovani europei riuniti a Praga, ha presentato proprio la figura di Franz Jägerstätter come esempio, in un tempo in cui era già in corso la guerra in Ucraina. Volevo chiedere: questi riconoscimenti, in un Paese come l’Austria, dove per tanto tempo non è stato possibile parlare di Franz Jägerstätter, che significato hanno avuto per Franziska, per le figlie e per lei?
Putz. Già nel ’45 gli amici di Franz hanno scritto e pubblicato spesso su di lui, ma il vescovo del dopoguerra non lo voleva. La beatificazione era molto, molto importante, evidentemente, e la velocità di questo processo è dovuta a Papa Benedetto, che conosceva bene Franz e Franziska. Molto importante è anche la ragione data per la beatificazione. Franz Jägerstätter può essere venerato come un beato perché si è orientato al Vangelo e perché si è impegnato per la dignità dell’uomo. Questo è importante, queste ragioni, la sua difesa della dignità dell’uomo. Questo è importantissimo anche nelle guerre attuali. Che cosa si fa con questi uomini? Con chi uccide, da entrambe le parti. C’è una dichiarazione ecclesiale che afferma che l’atteggiamento di Franz Jägerstätter ci dice qualcosa sulla dignità dell’uomo. Questo è molto molto importante, lo è adesso. Naturalmente, ero molto favorevole a che il processo di beatificazione si svolgesse il più presto possibile, cioè i documenti venivano formati a Roma nel giugno 2007, e si doveva creare questa festa della beatificazione rapidamente. Franziska aveva 95 anni e aveva già avuto un inverno molto difficile, era molto malata, e io pensavo che sarebbe stato bello se Franziska potesse sperimentare questa beatificazione. E lei ha assistito alla beatificazione, era come il centro della liturgia della beatificazione. La gente era molto commossa quando lei ha consegnato le reliquie al Vescovo e nella mostra si vede una foto di questo momento. E’ stata come una medicina per Franziska. Lei ha vissuto ancora bene per altri cinque anni. Nel 2008 andammo insieme a Roma col treno per vedere Papa Benedetto. Sottolineo solo una piccola cosa, che fu una grande gioia per Franziska: nell’udienza fummo presentati al Santo Padre. Il Santo Padre era seduto e, vedendo Franziska, si è alzato. Questo le diede una grande gioia. Me lo ripeté più volte che il Papa si era alzato per salutarla. Questo la commosse tantissimo. E con la beatificazione, proprio Franziska ha permesso a molte persone di conoscere suo marito e il suo destino.
Caspani. Mi permetto di inserirmi un attimo perché Erna aveva raccontato a noi curatori un episodio relativo al fatto che c’è questa vicinanza spirituale ma anche fisica tra Papa Benedetto, cioè l’allora Josef Ratzinger, e Franz. Se magari ce lo racconta un momento, poi passiamo oltre.
Putz. La città più vicina a St.Radegund è Tittmoning. Il piccolo Josef Ratzinger nacque a Marktl, a 20 km di distanza. Ma tra i due e i sette anni, visse a Tittmoning. Suo padre era poliziotto, al confine con l’Austria, e il ragazzo era affascinato dal fatto che con pochi passi poteva raggiungere l’estero. Questo per lui era affascinante. A St.Radegund c’erano delle rappresentazioni della Passione di Cristo, rappresentazioni teatrali; nel piccolo villaggio si faceva una rappresentazione di quattro ore molto bella. Franz aveva il ruolo di uno dei soldati che giocano a dadi sulla tunica di Gesù. Papa Benedetto, quando ha incontrato Franziska, ha ripetutamente parlato di queste rappresentazioni teatrali della Passione. St.Radegund apparteneva al suo ambiente, e Franz andava con la moto a Tittmoning per fare la spesa. Il negozio era di fronte all’appartamento della famiglia Ratzinger. Era l’ambiente di Franz, dove viveva Ratzinger, a 5 km di distanza. Era il luogo più vicino dove si poteva fare la spesa. Anche nel cuore di Papa Benedetto tutto questo era ancora vivo. Negli incontri che ha avuto con Franziska, questo si vedeva.
DOMANDA. Ho visto ieri la mostra e mi ha colpito tantissimo, oltre all’aspetto di capacità di giudizio di Franz rispetto alla Chiesa, anche la posizione con cui lui ha deciso di andare avanti, consapevole del dolore che avrebbe causato alla sua famiglia e anche di fronte alle preghiere che ha ricevuto dalle autorità militari e governative che gli dicevano: “Il tuo gesto tanto non servirà a nessuno, perché chi saprà che tu sei morto?” Questa cosa di difendere la verità mi sembra molto attuale, io la percepisco come tale, perché nel nostro mondo c’è un pensiero unico che però mostra chiaramente le sue mancanze ed è difficile, anche all’interno del mondo cattolico, discernere e prendere posizione. Quindi mi chiedo cosa gli abbia permesso questa chiarezza, questa chiarezza di decisione che non è venuta meno né di fronte a questa tentazione (“guarda che il tuo gesto non servirà a niente a nessuno”) né di fronte all’amore per la sua famiglia, alla quale avrebbe causato oggettivamente un dolore. Molte grazie.
Putz. Franz stesso scrive: “io so di non poter cambiare come va il mondo, ma vorrei essere almeno un segno del fatto che non tutti vengono trascinati via dal nazismo”. Lui lo vedeva come il suo destino, essere un segno di questo. Era la sua vocazione. Entrambi, Franz e Franziska, volevano compiere la volontà di Dio, pur non comprendendola, entrambi volevano fare la volontà di Dio. E Franz non vedeva la sua vocazione come un peso, ma come una grazia. È sorpreso alla fine di essere riuscito a resistere. Scrive che non avrebbe voluto scambiare la cella del carcere con un palazzo se avesse dovuto dare in cambio anche solo un piccolo pezzetto della sua fede. Penso che soprattutto nel grande amore i due si siano dati la libertà l’uno all’altro. Nella fede, Franz sapeva a chi affidare Franziska. E credo che Franziska, durante i 70 anni di vedovanza, non sia mai stata separata da suo marito, neanche per un momento. Lui l’aiutava sempre, e io ero spesso sorpresa. Nei lavori difficili, nell’agricoltura, o per avere una sedia in Piazza San Pietro all’udienza. Qualcuno ha dato a me e a Franziska i biglietti per un posto a sedere durante la beatificazione in Piazza San Pietro. Ci trovavamo alla barriera di Piazza San Pietro per tre ore e Franziska diceva: “Senti Franz, questo per me diventa troppo faticoso, essere in piedi tutto il tempo”. E poi ho visto una monaca che cercava qualcosa, si guardava intorno, e poi andava da Franziska e le dava dei biglietti per i posti a sedere in Piazza San Pietro. Io c’ero e l’ho visto.
Caspani. Il tempo sta scadendo, mi permetto di fare io un’ultima domanda a Erna, che è questa: in questo lungo e impegnativo coinvolgimento con l’esperienza di Franziska e Franz, come è cresciuta la tua fede, se posso permettermi?
Putz. Per me è stato molto importante trascrivere le lettere di Franziska e Franz, digitalizzarle nel computer. A volte c’erano delle lettere scritte con caratteri piccolissimi, due o quattro millimetri, perché Franz doveva scrivere con le mani incatenate. E’ stata una fatica enorme, ma mi ha commosso profondamente trascrivere tutto questo. Anche Franz ha toccato una corda in me: vorrei anch’io diventare santa. Quello che mi ha molto commosso, e continua a commuovermi da 45 anni, è stata la difficoltà, quando ero giovane, di trasmettere preghiera, Eucaristia, e fede a ragazzi un po’ resistenti. Quello che era importante per Franz in quei tempi doveva essere importante anche per noi, e lui aveva ragione in questo ambito cruciale contro i nazisti; dunque, poteva anche essere affidabile in quanto cristiano. Quello che per lui era importante, doveva esserlo per tutti. Franz riusciva a comunicare l’importanza della fede anche a persone che normalmente non avrebbero compreso. Franz può toccare i cuori delle persone e rivolgerli verso Gesù. L’ho sperimentato spesso. Con Franziska è molto simile, soprattutto la sua capacità di incontro. Veniva tanta gente da lei, e molti giornalisti le facevano domande anche personali, ma Franziska, a sua volta, chiedeva loro come stava la loro fede, come vivevano il loro rapporto con essa. Questo suo modo di fare era molto insolito. Lei incontrava le persone, conosceva i problemi della gente, e quando le rivedeva, poteva ritornare su quei problemi. Ha posto la domanda a certi giovani uomini se non volessero diventare preti. Anche nel villaggio, quando fu organizzato un grande viaggio a Roma con il Vescovo, lei invitò un diciottenne che aveva grandi difficoltà in famiglia, non invitava solo quelli dei ceti superiori, ma portava con sé anche persone come lui a Roma. Ammiro in Franziska la sua gioia di vivere, la sua gioia di godersi il bello, questa bella casa, un pasto che non aveva mai conosciuto prima e che era buono, la gioia che provava per la bellezza. Questa fotografia di lei fu scattata a Brandenburg an der Havel, il luogo dove fu ucciso suo marito. Penso che sia molto credibile quando dice: “è stato un lunghissimo Venerdì Santo, ma ora sento di essere più vicina alla Domenica di Pasqua”.
Caspani. Ringraziamo Erna per la sua testimonianza, che si aggiunge a quella di Franz e Franziska, e che ci ricorda che la strada verso la santità è per tutti; il quotidiano può diventare eroico per ciascuno di noi. Questa è, in fondo, l’aspirazione che ci ha condotto a fare questa mostra. Quindi, auguriamo a chi non l’ha ancora vista di andare a vederla, e a chi l’ha già vista di approfondire magari ciò che ha visto, prendendo anche il catalogo che arricchisce con ulteriori contenuti ciò che non si è potuto esporre nei pannelli, e che ovviamente non può essere documentato pienamente. Come i libri che ho citato prima. Ci tengo a ricordare, sinceramente, tutti gli amici che hanno collaborato a costruire questa mostra: il regista Giovanni Boscolo, che ha realizzato quei video molto belli, alcuni tratti dal film di Malick. Abbiamo fatto fatica, ma siamo riusciti a ottenere i diritti per raccogliere alcuni frammenti, e lui li ha saputi compaginare molto bene. Poi, oltre a me, ci sono Giorgio Cavalli, Giuseppe Emmolo, detto Pippo dagli amici, Luca Frigerio, sua moglie Rachele, Samuele Sanvito, Don Emanuele Silanos, e il professor Danilo Zardin, che vi ricordo cura anche la mostra sui giubilei e che vi invito a visitare, perché è molto bella e molto viva, anche questa con il taglio di testimonianza che abbiamo voluto dare a questo nostro incontro.
Per concludere, due brevissimi avvisi: il primo è che siamo ospiti, come notate, del Ministero degli Affari Esteri, e vi invito quindi a visitare il Padiglione degli Affari Esteri, che documenta anche l’impegno cooperativo dell’Italia. È una realtà preziosa e anch’essa poco conosciuta. E l’ultima cosa, vi ricordo che il Meeting va avanti perché ciascuno di noi contribuisce in qualche modo al Meeting. E vi ricordo che la forma più semplice ed elementare è il “Dona Ora”, che è facilmente raggiungibile in tanti angoli del Meeting. Grazie ancora per la vostra partecipazione e buon Meeting!.