Flannery O’ Connor. L’infinita misura del limite

 

Parafrasando ciò che Robert Fitzgerald scrive nella sua introduzione alla raccolta di racconti Everything that Rises Must Converge, possiamo dire che Flannery O’Connor è stata una brillante giovane donna che ha iniziato la sua carriera grazie a un talento per la commedia ed ha concluso la sua vita lasciando in eredità un corpus di racconti che rivela alcune delle verità più profonde riguardo l’esistenza umana (Thomas Merton la paragonò a Sofocle).
Credente convinta della sua fede Cattolica, Flannery O’Connor è nata e cresciuta in quella parte degli Stati Uniti, il Sud, dove il protestantesimo, spesso nella sua forma più estrema e integralista, era la religione dominate. La sua sensibilità sarà per sempre segnata dalla morte del padre avvenuta quando lei aveva 15 anni. In quella circostanza scrisse: “La realtà della morte ci ha raggiunti e la consapevolezza della potenza di Dio ha sfondato il nostro compiacersi come un proiettile nel fianco.”
Dopo essere stata brillante studente presso lo Iowa Writers Workshop, senza dubbio la più prestigiosa scuola per scrittori in tutta l’America, si trasferì a New York dove incontrò Robert e Sally Fitzgerald, e dove, invece di trovare il compimento naturale della sua talentuosa vocazione letteraria tra i più importanti artisti della East Coast, scoprì che aveva ereditato la stessa malattia che uccise suo padre: il lupus. Tuttavia fu proprio in questo momento, costretta a tornare nella sua sperduta casa di Milledgeville in Georgia a vivere con la madre, che O’Connor scoprì la sua profonda grandezza. I memorabili personaggi e gli indimenticabili ambienti dei suoi racconti emergono da questa sperduta parte del Sud degli Stati Uniti dove visse fino alla morte che la raggiunse quando aveva appena 39 anni. Ella stessa ebbe a descrivere la sua vita nella sperduta casa in Georgia come “una vita spesa tra la casa e il giardino”, ma proprio accettando queste semplici e drammatiche circostanze – “la vocazione implica l’esperienza del limite” continuava a ripetere – visse quel singolare e quotidiano incontro con il Mistero. La malattia. la scrittura, tutto si trasforma in quella strada che la porta ad una sempre più grande comprensione di come il Mistero parla attraverso quelle stesse realtà da Lui create.
La mostra inizia con un breve scorcio sulla vita di Flannery O’Connor e continua attraverso un percorso nella profondità delle sue idee, viste attraverso gli occhi del credente, riguardo alla natura dello scrivere come forma artistica.
La mostra prosegue con alcuni esempi tratti dai suoi racconti che documentano come il suo modo di fare arte prenda forma e carne nella parola. L’ultima parte della mostra mette in luce gli ultimi suoi giorni passati in una camera di ospedale dove Flannery scrisse le sue ultime storie e dove volle tenere viva la corrispondenza con i suoi più intimi amici. Queste ultime storie e lettere esprimono con chiarezza chi era questa donna e rappresentano il compimento della sua intera vita, dove l’unica misura accettabile del limite è la possibilità di un infinito e di un Mistero buono che fa tutte le cose

A cura di Dino D’Agata, Annie Devlin, Abby Holtz, Nick Kraus, Stephen Lewis, John Martino, Pietro Rossotti, Amy Sapenoff, James Sternberg, Chiara Tanzi.
Con la collaborazione di Maria Fiorenza Matteoni

QUESTA MOSTRA È DISPONIBILE IN FORMATO ITINERANTE. CLICCA QUI PER TUTTE LE INFORMAZIONI

Data

22 Agosto 2010 - 28 Agosto 2010

Edizione

2010

Luogo

PAD. A3
Categoria
Esposizioni Mostre Meeting