EUROPA DEGLI STATI O EUROPA DELLE REGIONI?

Francesco Acquaroli, Presidente Regione Marche; Sergio Emidio Bini, Assessore Attività Produttive e Turismo Regione Friuli Venezia Giulia; Donatella Tesei, Presidente Regione Umbria; Mario Tonina, Vicepresidente della Provincia Autonoma di Trento . Modera Andrea Simoncini, Vicepresidente Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli ETS, Docente di Diritto Costituzionale all’Università di Firenze.

Il Meeting di Rimini da oltre quarant’anni ispira la sua azione culturale a due valori che sono ritenuti irrinunciabili: l’europeismo e il regionalismo. D’altra parte, le Regioni e l’Europa rappresentano le due direttrici di crescita e sviluppo della nostra Repubblica. Da un lato, c’è ciò cui noi apparteniamo, dall’altro, ciò di cui siamo costituti. Queste due tensioni – sovranazionalità e regionalismo – non sono antitetiche, ma proprio come per lo sviluppo di una persona, rappresentano le relazioni fondamentali di crescita. Entrambe queste direttrici oggi sembrano in discussione – si vedano, ad esempio, le due proposte di riforma costituzionale attualmente in discussione; l’una volta a ristabilire la sovranità nazionale contro quella europea, l’altra a introdurre il cosiddetto “regionalismo differenziato”. Qual è il futuro, dunque, del “regionalismo” nella prospettiva europea? Per affrontare questo tema convengono a Rimini come appuntamento fisso dell’estate alcuni presidenti di Regioni e della Provincia Autonoma di Trento, per rilanciare l’esperienza di governo regionale, chiamati dal Meeting a misurarsi con l’orizzonte più ampio della integrazione europea.

Con il sostegno di Regione Umbria, Regione Friuli Venezia Giulia e Gruppo Maggioli.

EUROPA DEGLI STATI O EUROPA DELLE REGIONI?

EUROPA DEGLI STATI O EUROPA DELLE REGIONI?

 

Lunedì, 21 agosto 2023 17.00

Sala Neri Generali-Cattolica

 

Partecipano:

Francesco Acquaroli, Presidente Regione Marche; Sergio Emidio Bini, Assessore Attività Produttive e Turismo Regione Friuli Venezia Giulia; Donatella Tesei, Presidente Regione Umbria; Mario Tonina, Vicepresidente della Provincia Autonoma di Trento .

 

Modera:

Andrea Simoncini, Vicepresidente Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli ETS, Docente di Diritto Costituzionale all’Università di Firenze.

 

Simoncini. Buonasera! Allora, benvenuti a questa nostra a questo nostro incontro sul tema: Europa degli Stati o Europa delle Regioni? Per aprire l’incontro proporrei subito in apertura di dare la parola al Presidente della Regione Marche Francesco Acquaroli, che purtroppo non è potuto intervenire di persona – ma ci ha mandato un breve video – perché impegnato nel funerale per Carletto Mazzone ad Ascoli. Quindi proporrei di ascoltar subito questo suo saluto che già ci consente di entrare un po’ nel tema che vogliamo affrontare con graditissimi ospiti che poi vi presenterò.

 

Acquaroli. (saluto video): Buon pomeriggio a tutti. Un saluto agli organizzatori, alla comunità del Meeting e a tutti i rappresentanti delle istituzioni che sono presenti. Oggi il calendario prevedeva anche la mia, di presenza, ma purtroppo, a causa della scomparsa di Carletto Mazzone, sono i funerali ad Ascoli Piceno e non potrò mantenere fede al mio impegno, all’impegno di essere con voi. Un’occasione molto importante e un tema molto interessante quello che si sta per trattare, che vede soprattutto due capostipiti importanti: l’Europa da una parte e le Regioni dall’altra. Come poter garantire la crescita in una simbiosi e in una reciproca collaborazione che possa metterci in condizioni di restare competitivi e soprattutto di saper affrontare le sfide del futuro? È chiaro che è un tema che credo sarà nevralgico e centrale nei prossimi mesi, nei prossimi anni per le riforme, ma non solo per le riforme: per la necessità di garantire all’Europa un assetto che sia in grado di poter vedere il nostro vecchio continente tornare a essere protagonista e competitivo da una parte, e dall’altra parte con radici solide, attaccate non solo alla democrazia, ma soprattutto alla capacità che c’è data anche dalla storia – una eredità importante – di essere all’altezza del nostro straordinario passato. In questo senso, purtroppo, non potendo essere presente in persona non mi voglio dilungare. Vi auguro però buon lavoro e una buona prosecuzione della giornata, sperando di avere presto un’occasione di poterci rivedere per confrontarci su temi sempre molto interessanti e importanti, e soprattutto per poter sancire sempre di più una leale collaborazione culturale istituzionale che possa essere foriera di un futuro importante per il nostro Paese.

 

Simoncini. Ringrazio a nome di tutti noi il Presidente Acquaroli, che è un ospite frequente del Meeting e un amico, direi, della nostra manifestazione, e quindi ci ha tenuto comunque a essere presente e ad aprire un po’ il dialogo che vorremmo fare questa sera. Dialogo, come dicevo, che avrà per tema questa relazione: l’Europa e le Regioni. O meglio, l’Europa: Europa degli Stati o Europa delle Regioni? Per affrontare questo tema abbiamo qui con noi questa sera – li ringrazio particolarmente ¬– tre interlocutori di particolare spicco proprio per le responsabilità che hanno all’interno del sistema Regionale. Li presento: alla mia sinistra l’avvocato Donatella Tesei, Presidente della Regione Umbria, che ringrazio ovviamente anche per la presenza nel Meeting; Mario Tonina, Assessore all’Urbanistica, Ambiente e Cooperazione e anche Vicepresidente della Provincia Autonoma di Trento; Sergio Emidio Bini, Assessore Regionale alle Attività Produttive nella Regione Friuli Venezia Giulia. Allora, il Meeting – tutti voi che partecipate, chi partecipa da tanto tempo, chi partecipa anche da meno – il Meeting ha nel suo DNA sia la dimensione regionalista che quella europeista. Sin dall’inizio il Meeting nasce un po’ appassionato a sviluppare quell’idea iniziale che dentro la nostra Repubblica in luce c’è sin dall’inizio. La nostra Repubblica nasce avendo come due grandi dimensioni di sviluppo: il futuro della nostra Repubblica si sarebbe giocato – questo era chiaro sin dall’inizio, sin dal ‘46 al ‘48 – su due grandi sfide. Una interna: il regionalismo. Le Regioni di fatto sono l’unica vera novità istituzionale della nostra Repubblica: prima del fascismo ovviamente c’era lo Stato, c’erano le province, c’erano i comuni; la prima grande novità istituzionale che abbiamo introdotto sono state proprio le Regioni. Erano una grande scommessa, ed era l’idea di radicare di più la Repubblica al suo interno, valorizzando differenze, peculiarità, storie, capacità. E dall’altra parte, la grande apertura sovranazionale e quindi l’idea della partecipazione all’Europa, alle organizzazioni internazionali. Insomma la nostra Repubblica respirava con questi due grandi polmoni: quello interno della valorizzazione, del radicamento, e quello esterno del rapporto col mondo. Mi veniva in mente un grande Premio Nobel per la letteratura del 2016, che è Bob Dylan – pochi ricordano che è stato Premio Nobel della letteratura –, il quale diceva: “Quando il vento del cambiamento scuote, bisogna avere radici profonde”. E questa era un po’ l’idea: radicare la Repubblica dentro i territori, dentro le particolarità per poter per poter dialogare e respirare nel mondo. Ora, bisogna ammettere che un po’ entrambe queste direzioni oggi vivono un momento delicato, un momento particolare, sia la dimensione europea che la dimensione locale. E allora, proprio per questo abbiamo scelto questo punto di vista, che ci sembra quello giusto. L’Europa formalmente è un’organizzazione di stati, cioè di governi: ci sono i ministri – saluto gli ex ministri che ci sono in sala, Simonetti –, e i ministri partecipano alla costruzione degli organismi – il Consiglio Europeo è fatto di ministri –. Quindi l’Europa formalmente nasce come organizzazione di stati; ma l’Europa, se prendiamo i temi di cui si occupa – ambiente, salute, sviluppo economico, agricoltura, territorio… tutti questi grandi temi su cui la politica europea si fa – sono temi che si radicano dentro il territorio, che devono avere un’interlocuzione. Per questo abbiamo scelto questo punto di vista, cioè vorremmo questa sera provare a capire come vediamo l’Europa dalle Regioni, come vediamo l’Europa dal territorio.

Quindi, io vorrei cominciare questo primo giro di dialogo che vorremmo fare questa sera innanzitutto partendo un po’ dalla situazione delle Regioni. Qual è lo stato di salute delle Regioni? Io dicevo, le Regioni sono nate con questa grandissima prospettiva che potevano essere venti nuove palestre – questa era l’idea dei costituenti – in cui allenare una nuova classe politica rispetto a quella del ‘48; voleva essere un’altra possibilità di fare azione pubblica che non fosse solo lo Stato liberale, che era l’unica cosa che conoscevamo. Questa grande scommessa, questa grande apertura sul regionalismo, a che punto è? Quali sono gli aspetti positivi? Quali sono le difficoltà? Prego, Presidente.

 

Tesei. Grazie. Innanzitutto un saluto caloroso a questa platea, e sono molto felice di essere qui al Meeting. Non è il primo anno, è ormai qualche anno che sono ospite, e quest’anno sono molto felice perché finalmente la nostra Regione, l’Umbria, ha anche un proprio stand, che poi si trova vicino alla mostra di Burri, un altro artista straordinario, in cui l’Umbria sicuramente fa la sua parte, con la mostra permanente di Città di Castello; quindi sono molto felice. E poi, tra l’altro, si faceva riferimento al premio Nobel Bob Dylan, e quest’anno in Umbria, in occasione dei 50 anni di Umbria Jazz che abbiamo festeggiato a luglio, è stato nostro ospite per cui… diciamo che le cose ritornano tutte.

Allora, quello del regionalismo è un tema molto importante, molto interessante. Le Regioni sicuramente sono tutte proiettate alla difesa e tutela dei propri territori, ma anche allo sviluppo economico, che è fondamentale per contribuire allo sviluppo del Paese e dell’Europa, perché oggi è inscindibile questa possibilità e questo punto di vista. Devo dire che c’è un organo, che è quello della conferenza delle Regioni, dove tutte le Regioni partecipano e affrontano una serie di temi, tant’è vero che noi siamo soggetti a prestare l’intesa sui provvedimenti del Governo, che naturalmente passano attraverso l’intesa con le Regioni. È una cosa importantissima, e lì si vede in modo tangibile, pur nella diversità e nella tutela che ciascuno di noi Presidenti fa proprio in quel tavolo, e non solo in quel tavolo, però alla fine quella conferenza porta ad una sintesi che un po’ è la rappresentazione tangibile di quel rapporto di leale collaborazione istituzionale che sicuramente tra Regioni e Stato ci deve essere sempre e comunque; perché poi noi abbiamo assistito e continuiamo ad assistere anche a cambiamenti di natura politica a livello del Governo centrale – io stessa, che sono stata eletta a fine 2019, ho avuto a che fare con Governi diversi – però il rapporto tra le Regioni è quello spirito di collaborazione, leale collaborazione, e cercare di trovare la sintesi, che a volte presuppone anche qualche sacrificio di qualche interesse più localistico, quindi più di carattere regionale rispetto a un interesse generale, si arriva a questa sintesi. Quindi questo è un aspetto di straordinaria importanza. Che cosa dimostra? Dimostra che alle Regioni sta a cuore il bene delle proprie comunità, ma sono anche perfettamente consapevoli tutti – e io lo devo dire per tutti i Presidenti con cui collaboro, è un rapporto anche per punti di vista diversi, poi alla fine si arriva a trovare questa sintesi – che tutto questo deve giovare al sistema-Paese, che deve funzionare; quindi noi facciamo parte di questo sistema, e poi questo sistema si proietta in Europa. Anche perché sapete bene che le Regioni sono destinatarie di risorse importanti, che sono i fondi strutturali: adesso inizia la nuova programmazione 2021-2027 e sono abituate anche a gestire risorse proprio per la programmazione, che significa sviluppo economico sostenibile, inclusione sociale… insomma, tutti quei temi che sono sicuramente molto rilevanti perché poi incidono direttamente sulle persone, e quindi è un insieme di situazioni diverse ma tutte molto, molto connesse. Anticipo anche un argomento che mi sta particolarmente a cuore: non tutte le Regioni, ma un gruppo di Regioni fa parte del comitato delle Regioni a Bruxelles, e anche la nostra Regione, anche l’Umbria, partecipa, e fa parte di questo comitato. Un comitato consultivo, perché lì si esprimono indirizzi, pareri, però non abbiamo capacità di incidere sulla Commissione Europea. Forse lì bisogna fare un salto in avanti: sarebbe molto importante che quel ruolo delle Regioni – proprio perché è certificato dall’essere Europa; quindi le azioni locali, e quindi il giornalismo – quel luogo, quel comitato delle Regioni, avesse maggiori poteri, perché altrimenti risolvere il tutto semplicemente in pareti che non sono vincolanti – oltretutto su argomenti che noi conosciamo molto bene e in cui quindi potremmo essere di aiuto concreto anche per tante situazioni e tante questioni che vengono affrontate in Europa, sulle quali l’Europa legifera e che poi diventano vincolanti anche per gli Stati membri, dove però il nostro è un ruolo soltanto consultivo e non è così efficace. Ecco, lì credo che sia necessario fare un’azione corale molto forte da parte anche dagli Stati, perché poi sono loro che siedono e fanno parte della Commissione Europea proprio per dare un ruolo maggiore anche dal punto di vista delle decisioni che si devono adottare Io credo che sarebbe molto, molto importante arrivare a questo.

 

Simoncini. Grazie mille, torneremo su questi aspetti. Io starei ancora questo primo giro un po’ sulla situazione delle Regioni.

Assessore alle Attività Produttive al Turismo, molti si chiedono: ma il ruolo delle Regioni nello sviluppo dell’economia… C’è un ruolo? Qual è il ruolo effettivo? Che differenza può fare la Regione rispetto a questa grande domanda di sviluppo, che noi abbiamo tutti, perché siamo tutti coinvolti in questo?

 

Bini. Innanzitutto, buonasera a tutti, fa davvero molto piacere vedere un’aula così gremita in queste caldissime giornate. Caro presidente, anch’io devo dire che sono particolarmente legato al Meeting: ormai sono sei anni che la Regione Friuli Venezia Giulia, grazie anche all’amico Lorenzo, che è qua presente in sala, è presente con un proprio corner, con l’area di ospitalità, ma insomma in maniera importante. Un saluto ai graditissimi e autorevolissimi ospiti.

Che dire? L’abbiamo provato, abbiamo provato proprio l’importanza delle Regioni, e soprattutto la capacità che le stesse hanno di intervenire direttamente, velocemente e concretamente, soprattutto per quanto riguarda le attività produttive, le imprese, le famiglie, il welfare, il tempo… Lo abbiamo provato proprio durante la pandemia. E parlo della Regione Friuli Venezia Giulia che è una Regione a statuto speciale. Noi abbiamo proprio quest’anno festeggiato i 60 anni di specialità, uno status di Regione speciale: abbiamo la fortuna di avere la facoltà di legiferare in determinate materie e di avere anche qualche soldino trattenuto nelle casse Regionali grazie alle accise. Stiamo vivendo un momento particolare, di grandi cambiamenti: tra pandemia e la guerra in Ucraina – ahimè – si stanno un po’ ridisegnando tutti quelli che sono gli equilibri internazionali, politici, ma non solo politici, anche economici; questo di fatto porta e porterà – perché è appena iniziato, a mio avviso, un processo di cambiamento – a una rivisitazione anche di quelli che sono gli organismi istituzionali, i pesi degli stessi. Tant’è che è agenda proprio quotidiana: diverse Regioni – ormai quasi tutte – hanno chiesto il regionalismo differenziato, l’autonomismo proprio delle Regioni, che ora vedo come una cosa assolutamente positiva. Qua non si tratta di mettere in contrapposizione Regioni a statuto speciale con Regioni ordinarie; no, si tratta di sfruttare, a mio avviso, le potenzialità che questi gangli presenti nel territorio – le Regioni – hanno. E chi meglio di un governatore conosce le necessità della propria Regione, dei propri cittadini, dei propri imprenditori? Ebbene, allora io dico: sfruttiamole! Noi abbiamo una fortuna: che la Costituzione ci consente anche con l’articolo – se non erro – 116 di poter intervenire in tal senso, e sono dei procedimenti indubbiamente non semplici. È già da un po’ di tempo che si sta lavorando per la definizione di quelle che sono le regole di ingaggio, perché poi, alla fine, non è tanto il cosa può prevedere come competenze l’autonomia, ma la distribuzione – alla fine vai a finire sempre lì – del denaro, della capacità, quanti soldi pubblici serviranno al fine di garantire quelle che sono le prestazioni essenziali necessarie per ogni singola Regione. Quindi io vedo – io ho la fortuna di far parte della squadra del governatore Fedriga, che è il Presidente proprio della Conferenza delle Regioni – e devo dire che tra le Regioni non c’è conflittualità, anzi, c’è grande collaborazione. Come diceva il Presidente, magari si parte con delle necessità diverse, modi di vedere anche diversi, ideologie pure diverse, però alla fine si trova sempre la sintesi con un unico obiettivo, vale a dire, quello del bene dei cittadini. E poi, ecco, se si riuscisse – spero quanto prima, io sono un tifoso dell’autonomismo – se si riuscisse davvero a far sì che le Regioni italiane riuscissero ad avere maggior autonomia, maggiore forza, maggiore potere di spesa, maggiore potere decisionale, riuscirai a fare una cosa molto semplice: quello di rispondere più velocemente alle esigenze dei cittadini. E quante volte ci è capitato di avere delle necessità immediate come Regioni e trovarci incagliati a livello ministeriale… parlo di ambiente, per esempio, ma non solo, sanità… Poi viviamo un momento storico dove anche per quanto riguarda le Regioni a statuto speciale, come la mia Regione, magari un qualcosina dovrebbero incominciare a modificare. Vi faccio questo esempio, parliamo di sanità. Noi ci paghiamo la sanità, ce la paghiamo con le casse Regionali, però il paradosso qual è? Che tu non puoi darti delle regole tue se devi sottostare alle regole nazionali. Ed è corretto, ci mancherebbe altro, però capite che c’è un qualcosa che va cambiato. Un altro esempio, per la scuola, l’autonomia per quanto riguarda la gestione dell’istruzione, delle scuole, quindi il momento è assolutamente propizio. Adesso sta a noi tutti quanti coglierlo, e soprattutto sconfiggere quelli che ci vogliono mettere in testa che l’autonomismo significa aumentare la conflittualità tra Regioni. No, significa aumentare la potenzialità inespressa ancora in taluni casi che molte Regioni hanno.

 

Simoncini. E io starei proprio su questo tema del momento propizio. Questo è un momento sicuramente decisivo, in cui il futuro dell’autonomismo si gioca sicuramente. La provincia di Trento è uno degli esempi, storicamente anche uno dei primi, di questa idea di un regionalismo non tutto uguale, di un regionalismo che può avere velocità diverse. Alla paura, diciamo, al timore di chi dice: “ma spingere sul regionalismo differenziato o riconoscere questa differenza vuol dire rompere un vincolo di unità o di trattamento uguale”, cosa possiamo rispondere? Qual è l’esperienza concreta di questi anni che come anche Vicepresidente, poi, della provincia ci può testimoniare?

 

Tonina. Innanzitutto grazie anche da parte mia. Un caloroso saluto alla platea: buon pomeriggio a tutti e complimenti agli organizzatori. Il Trentino da tanti anni partecipa anche con un suo stand, perché ci credi, innanzitutto, ma perché crediamo che questi momenti di confronto siano importanti, siano significativi. E lo sarà sicuramente anche quest’anno, a cominciare dai temi che stiamo trattando. La Provincia autonoma di Trento da anni ha un ruolo all’interno del proprio territorio con quel riconoscimento famoso di Onorevole De Gasperi e Gruber del ‘46 che ci ha permesso di avere due province autonome, Trento e Bolzano, e credo che in questi anni abbiamo dimostrato con i fatti concreti che questa è la strada giusta: l’abbiamo ben interpretata, e non poteva essere diversamente, perché le forme di autogoverno devono mettere nelle condizioni innanzitutto i cittadini di quel territorio di sentirsi protagonisti attraverso le persone, attraverso gli amministratori che ogni 5 anni vengono eletti e che devono interpretare bene questo ruolo. Noi siamo favorevoli a quello che abbiamo appena anche sentito dai colleghi, di favorire questa autonomia differenziata, perché non farà altro che permettere anche alle altre Regioni di sviluppare forme di autogoverno con delle competenze, che devono essere garantite, importanti perché solo i territori, solo gli amministratori che conoscono bene quelle realtà possono incidere e possono fare la differenza. Io vi dico che ad esempio su alcuni temi su cui noi in questo momento non abbiamo la competenza, perché ancora statale – e conteremo che se si completerà questo percorso iniziato da questo governo per quanto riguarda l’autonomia differenziata, altre competenze potrebbero essere garantite anche alle province, alle Regioni ad autonomia speciale –… Mi riferisco a quella ambientale che citava poc’anzi il collega. Su questi temi oggi invece sentiamo che i cittadini hanno una lamentela da fare anche nei confronti nostri, ma a volte siamo impotenti, e mi riferisco in modo particolare, ad esempio, alla gestione dei grandi carnivori, che sappiamo essere un tema che le Regioni, i territori di montagna, e non solo, in questo momento hanno dei grossi problemi. Ecco quindi che lavorare in questa direzione per mettere queste esperienze che le province autonome, le Regioni autonome hanno garantito in questi anni, è sufficiente controllare, verificare quanto è stato fatto, quale sviluppo economico è stato garantito all’interno di quei territori. Perché? Perché lì la responsabilità è maggiore, ognuno sente di poter dare, di poter essere e di poter incidere all’interno dei territori stessi per favorire le giuste ricadute, per permettere a ogni singolo cittadino di poter essere protagonista a vario titolo. Quando invece c’è una centralità, quando determinate competenze vengono gestite dallo Stato vediamo benissimo, poi, le difficoltà che si incontrano. E queste oggi credo che sia arrivato il momento per poterle superare. Questo è il contributo che voglio portare io oggi a questa platea, ma per dire che la direzione giusta è sicuramente quella, perché ci sarà maggior responsabilità per far crescere fino in fondo quella Regione.

 

Simoncini. Grazie. Allora, mi pare che da questo primo giro di risposte sia emerso questo grande argomento che c’è dietro il regionalismo, che è la valorizzazione della responsabilità, del legame stretto tra cittadino e funzione. Quanto più si sale di livello nelle istituzioni pubbliche, tanto più si rischia di perdere questa responsabilità. Quindi, c’è sicuramente questa spinta. Allora mi chiedo, venendo al tema della nostra incontro, che è l’Europa: l’Europa nel rapporto con le Regioni aiuta questa presa di responsabilità o certe volte l’accusa è “sembra che sia un’altra forma di centralizzazione, una forma di centralizzazione superiore”? Oppure in questi anni l’esperienza non solo della presenza dentro il comitato nella parte consultiva – che, abbiamo già sentito la Presidente, può essere molto migliorata, è una presenza abbastanza consultiva in questa fase –, ma in generale, nell’esperienza di questi anni il rapporto con l’Europa è un rapporto positivo che aumenta le possibilità, oppure è una forma anche di condizionamento nell’esercizio delle proprie funzioni? Che bilancio diamo di questo rapporto Regioni – Europa?

 

Tesei. Allora, il tema che ho appena illustrato io credo che sia un tema molto rilevante, perché se vogliamo essere partecipi fino in fondo, dobbiamo avere la possibilità anche in qualche modo di incidere sulle scelte dell’Europa, perché poi l’Europa e le scelte che fa l’Europa ricadono direttamente sui singoli cittadini europei anche attraverso non solo lo Stato, ma le Regioni in particolare. Pensate… Abbiamo due temi importanti uno lo avevo detto prima, che è la nuova programmazione europea: ci sono le risorse che sono proprio destinate anche alle Regioni per lo sviluppo economico e quant’altro; però segnano e fissano delle linee che dobbiamo necessariamente seguire per raggiungere determinati obiettivi. Ma c’è anche tutto il discorso del PNRR: questo è un altro tema importante, perché il PNRR è una risposta che l’Europa dà alla pandemia, che ha interessato, naturalmente, tutti i Paesi. Quindi una parte – la gran parte – delle risorse sono a prestito, e una parte anche a fondo perduto, e fissa le azioni, quelle che sono le cosiddette “missioni”. E allora lo Stato Italiano attraverso i vari governi ha ratificato questo accordo, che poi va ad incidere sulle Regioni e sui cittadini. Tra l’altro, in questo caso in particolare, il PNRR non vede il protagonismo delle Regioni. Forse a qualcuno sfugge, ma ve lo spiego: è tutto centralizzato. Primo elemento centralizzato, quindi, è il Governo, e lo Stato centrale, che gestisce le risorse. Soltanto di una piccola parte le Regioni sono enti attuatori, ma non hanno partecipato alla decisione, alle scelte, a dove indirizzare meglio le risorse – perché questo è quello che si è verificato – e una parte di progetti sono diretti direttamente ai Comuni, agli enti locali. E questo è un tema che va approfondito, bisogna stare molto attenti, e anche noi come conferenza delle Regioni lo abbiamo sollevato più volte. Però alla fine, vuoi perché si sono succeduti vari governi, si è arrivati ad avere i tempi stretti, per cui bisogna andare avanti. Oggi si parla di rimodulazione – come sapete bene – di alcune risorse, di alcuni spostamenti, perché diventano incompatibili per raggiungere gli obiettivi del 2026, dove dobbiamo per forza aver realizzato le opere. Però, vedete, l’Italia è un paese – ma credo anche in genere l’Europa – che ha una caratterizzazione: siamo il paese dei tanti campanili, dei tanti comuni, anche molto piccoli. E avere queste risorse dirette, quindi partecipare a bandi del PNRR direttamente come comuni… non è che tutti hanno la struttura, la capacità per poter intercettare queste risorse, fare progetti, realizzarli, “scaricarli a terra”, come si dice, entro tempi tra l’altro molto ristretti. E questo diventa un problema di realizzazione. Se avessimo avuto la possibilità pure perseguendo quegli obiettivi che sono le cosiddette “missioni” del PNRR, per esempio l’Europa Green, piuttosto che la salute – e poi voglio tornare anche lì – e una serie di altre cose, magari passando attraverso la Regione, che poteva essere il coordinamento dei propri comuni e degli enti locali, io sono convinta che avremmo fatto un lavoro sicuramente molto più efficace, migliore: avremmo messo in condizione tutti di poter progettare, cantierare, e quindi realizzare i progetti del PNRR. Alcuni sono sicuramente di livello nazionale – pensiamo alle infrastrutture, piuttosto che altre missioni che sono sicuramente strategiche –, però poi la declinazione territoriale è importante. E questo purtroppo non c’è, perché non si è voluti ascoltare – questo lo devo dire – le Regioni. Perché noi invece abbiamo fatto una battaglia, abbiamo detto a tutti che era importante cambiare il sistema e rendere le Regioni, invece, maggiormente protagoniste proprio nell’individuazione delle finalità dei progetti e poi nella successiva realizzazione. Questo è un tema di grande importanza; invece è una minima parte quella che noi gestiamo e attuiamo; siamo solo enti attuatori come Regione. L’altro tema – che le Regioni invece hanno perfettamente presente, e secondo me dovrebbe essere anche oggetto di ulteriore rafforzamento – è che è vero che le Regioni rappresentano i singoli territori, però delle Regioni insieme rappresentano il sistema-Paese: alcune Regioni delle varie aree del territorio del sistema-Paese rappresentano interessi più generali, che concorrono all’interesse nazionale e quindi a quello europeo, perché poi è tutto in qualche modo legato. Io, per esempio, che rappresento una Regione piccola dell’Italia centrale, anche con il Presidente Acquaroni – mi dispiace che oggi non c’è – e non solo con lui, stiamo portando avanti anche un lavoro che ci veda protagonisti come fascia centrale dell’Italia. Perché, vedete, un altro tema che avrete sentito molto importante, rilevante, che, tra l’altro, è quello che intende perseguire anche a livello generale la realizzazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è quello del riequilibrio territoriale: quindi, si parla di riequilibrio territoriale tra Nord e Sud. Scusate, io ritengo che sia sbagliato. Noi dobbiamo puntare all’equilibrio territoriale, ma che riguarda il sistema-Paese, perché se bypassiamo sempre una parte del paese, che è quella dell’Italia centrale, della fascia appenninica, non abbiamo perseguito risultato, questo Paese viaggerà sempre a due o a tre velocità. È inutile che pensiamo di potenziare in maniera importante le infrastrutture del Nord o i collegamenti col Sud e poi ci dimentichiamo che c’è una fascia appenninica che non solo ha problemi legati al terremoto – credo che sia conosciuto e ricordato da tutti il terremoto del 2016, la Basilica di San Benedetto, che fortunatamente, invece, grazie a una ripresa importante, finalmente, della ricostruzione post sisma 2016 sta togliendo l’impalcatura (porto l’esempio di Norcia, San Benedetto, perché non a caso San Benedetto anche patrono d’Europa, quindi rimaniamo in tema anche lì) –. Però questa parte d’Italia centrale è fondamentale; quindi pensare al sistema di infrastrutture, sviluppo economico, i nostri centri di ricerca, le università – e noi stiamo facendo un lavoro come Italia centrale di mettere insieme anche le università, per portare avanti i progetti del PNRR ma insieme proprio per, valutate le caratteristiche di queste aree del territorio, poterle sviluppare; e risultati ci possono essere. Quindi, gli argomenti da approfondire sono molti, e io invito tutti a fare attenzione sul PNRR, perché a volte se ne parla troppo, con troppa superficialità, e i problemi ci sono, sono molti, vanno affrontati in modo serio, però diciamo che qualche soluzione ci poteva essere e non è stata presa in considerazione.

 

Simoncini. Certo, grazie. Quindi questo tira in ballo anche un po’ il rapporto con lo Stato centrale, perché è evidente che il PNRR – abbiamo sentito bene – è stato strutturato in questo modo, molto centrale, eppure poi la realizzazione passa dagli enti locali, dalle Regioni. È una sfida? A che punto siamo?

 

Bini. Ma non è una sfida. Guardate, proprio parlando del PNRR: è il classico esempio di come non devono essere fatte le cose. Il PNRR col Conte II ha, come dire, omologato una follia, cioè il bypassare le Regioni. Ma come fai a bypassare chi di fatto ha il termometro al polso delle cose che davvero servono? E il risultato oggi lo vediamo: che siamo sì a rimodulare, però, mi permetto di dire, l’8%: 16 miliardi, vale a dire, nulla, pannicelli freschi, proprio, fan finta di… ma non cambierà nulla. E poi il risultato quale sarà? E qua non si tratta di: sono più bravo io, sei più bravo tu o… No: le cose riusciremo a farle sì o no? È inutile fare dei cronoprogrammi di intervento quando saprai benissimo che non riuscirai a portarli a termine. Certe cose sì, le minori; le più grandi, con le regole del gioco che ci sono ora, sarai in grado di…? Dubito. Allora, capite bene, quando ci sono risorse così importanti come quelle che l’Europa ha messo a disposizione dei Paesi – e l’Italia è una di quelle che ne ha beneficiato, probabilmente che ne beneficerà di più –, è forse è il caso di un coinvolgimento totale? Parlando prima delle Regioni, la Presidente diceva: “Non bisogna parlare di competizione tra Nord e Sud”. Condivido: una squadra di calcio è fatta da 11 giocatori, dove tutti questi 11 giocatori giocano all’interno della medesima squadra; con dei ruoli diversi, ci mancherebbe altro, però tutti all’interno della stessa squadra. Questo deve valere anche per il sistema-Paese Italia, altrimenti rischiamo di perdere la partita ancora prima di iniziare. Guardate, ci sono delle sfide da qua ai prossimi anni fondamentali – e così mi allaccio anche al concetto d’Europa –, l’ho detto prima parlando delle Regioni. I cambiamenti epocali che stiamo vivendo sono sotto gli occhi di tutti, e non li abbiamo visti ancora completamente, perché il riposizionamento delle grandi potenze si sta facendo ora; nasceranno nuove grandi potenze che ancora non ci sono. Allora, facciamo un esercizio molto semplice, un mappamondo o una cartina geografica, e guardiamo le dimensioni dell’Italia rispetto al mondo, e guardiamo le dimensioni dell’Europa rispetto al mondo: piccoli. Allora, capite bene, se noi non vogliamo continuare ad essere ciò – scusate se sono critico, ma tra di noi le cose dobbiamo dircele, perché raccontarci sempre la bella storia, la bella fiaba, non serve a nessuno – se noi vogliamo continuare ad essere quello che oggi siamo, cioè il vaso di coccio, dobbiamo continuare a mantenere le regole del gioco attuali dell’Europa. E dove hai l’Europa matrigna che punisce gli Stati, che fa i controlli su conti, finanza, decide se le arance devono essere vendute da una parte o vendute dall’altra, piuttosto che l’ambiente, se puoi scavare o non puoi scavare, o l’orso, se lo puoi… Ma con queste regole non vai da nessuna parte, e l’Europa così com’è non serve a nulla. Allora bisogna avere il coraggio – è facile a dirsi, difficile a farsi, perché poi ci sono tanti Stati, tante culture, tante posizioni, però ci dobbiamo provare; nella vita, o provi, o provi – di creare i veri Stati Uniti d’Europa, con un presidente vero, con un governo vero, dove non ci si occupi solo di come distribuire le mele o le arance, ma si cominci a parlare di una politica per l’estero vera, una politica unica della difesa… Guardate che figuraccia stiamo facendo – vado un po’ fuori tema, però ci tengo a dirlo – con la guerra in Ucraina: uno fa una cosa, uno fa l’altra, uno dice “sì”, uno dice “no”, uno dice “caccio”, uno dice… Non funziona: è chiaro che poi tu sarai escluso da quelle che saranno le scelte strategiche globali che riguarderanno gli stati membri della nostra Europa. Allora bisogna avere il coraggio di osare, con delle ricadute poi anche verso le Regioni, dove, anche lì, a me hanno insegnato una cosa: più la catena è corta, più è facile intervenire efficacemente. Se tu crei una catena troppo lunga – Europa, Stato, Regioni, enti locali… – non ne salti più fuori; o meglio, ne salti fuori, ma intanto il tempo passa. Allora, non troverei nessuno scandalo con – al di là del delle commissioni, che sono assolutamente importanti – la possibilità di interloquire direttamente Europa-Regioni.

 

Simoncini. Certo. Grazie. Allora, questo rapporto con l’Europa, abbiamo sentito tutte le criticità che ci sono: è un sistema di regolazione che certe volte soffoca invece che liberare risorse, c’è troppa distanza… È un’opportunità ancora il sistema europeo? Quali sono le indicazioni che vengono da chi è poi sul territorio? Competenza sull’ambiente, competenze che vedono nell’Europa proprio un riferimento importante… Quale può essere il messaggio che viene di qui positivo, costruttivo, rispetto alla Riforma anche del sistema europeo?

 

Tonina. Ma innanzitutto delle opportunità, molte opportunità. Vantaggi dall’Europa ci sono – è appena stato detto –: le risorse del PNRR che sono arrivate, che arriveranno, sono importanti, sono strategiche per garantire tutta una serie di investimenti che molte volte non erano stati fatti; e di fronte a quello che è successo ancora di più c’è questa necessità. E questo è sicuramente l’elemento positivo. Poi, condivido anch’io, l’Europa dovrebbe avere un ruolo diverso, un ruolo politico, che non sempre dimostra di avere. Il messaggio portato ieri in occasione dell’apertura dal Presidente della CEI, il Cardinal Zuppi, credo che vada in quella direzione: messaggio significativo, che tutti auspichiamo, di pace di fronte ad una guerra che nessuno di noi avrebbe voluto, ma che continua a mietere vite umane… E poi da un punto di vista economico tutti ne stiamo pagando le conseguenze, questa è la realtà. Quindi bene ha fatto a lanciare questo messaggio. Però l’Europa per poter fare questo deve assolutamente rivedere anche questa impostazione, ma soprattutto anche attraverso figure che possano avere un’autorevolezza – quello che richiamavi poc’anzi tu – che finora non c’è. Allora credo che dobbiamo partire da qui per dire cose – provare, quantomeno – anche su alcuni temi, come giustamente citava richiamando l’ambiente. Io dico: visto che il prossimo anno ci sono le elezioni europee, di fronte anche a quanto è successo in questi due anni di pandemia, la guerra in Ucraina, una crisi economica importante, significativa – c’è tuttora un’inflazione che sta creando non pochi problemi – dobbiamo provare a portare ognuno a suo titolo, ognuno all’interno delle stesse Nazioni. Riprendo quello che dicevo prima: tema dei grandi carnivori. Non è possibile che se non si va a modificare la Direttiva Habitat del ’92, la quale diceva che quegli animali erano in estinzione, e quindi era stata firmata quella convenzione, che ha firmato anche l’Italia… dico, oggi questo non è più possibile. Per certi versi la fortuna è che il problema oggi non è solo del Trentino, delle Regioni del Nord dell’Italia, di altre Regioni a livello nazionale, ma è di tutti; quindi l’auspicio è che possano entrare nei programmi il prossimo anno anche questi temi, perché diversamente non ne usciamo, perché diversamente ci sarà uno spopolamento ancora maggiore nelle montagne. Io vengo da un territorio, quello del Trentino che in cui in questo momento c’è preoccupazione, perché di fronte ad una morte di una persona, Andrea Papi, purtroppo abbiamo assistito a molte persone, che sono, io dico, sì una minoranza, ma che hanno una voce oggi, che definiscono quella non una persona, ma un runner, e attribuiscono dei nomi a degli orsi e a dei lupi; c’è qualcosa che non funziona. Allora è più importante la vita di una persona o è più importante quella di un animale? Ora, su questi temi dobbiamo riuscire a far ragionare l’Europa, dobbiamo riuscire a far ragionare chi viene eletto in Europa. L’altro tema riguarda le concessioni idroelettriche: sappiamo che l’Italia, in modo particolare il Nord Italia, ha delle concessioni, ha delle produzioni di energia da fonte rinnovabile importanti, significativi; noi dobbiamo andare in gara. Certo che il Primo Ministro Draghi a suo tempo ha dovuto fare quella legge sulla concorrenza proprio per poter incassare anche quelle risorse. Ma, guarda caso, le altre nazioni le hanno tutte prorogate di 30/40 anni. Queste cose non vanno bene e credo che debbano essere segnalate, e oggi ci date un’opportunità, un’occasione per dirlo.

 

Simoncini. Grazie. Allora, diciamo, come ci aspettavamo, discutere di Europa con una classe politica che è a diretto contatto con i territori, con le domande delle persone, con le esigenze, ci consente di avere uno sguardo molto più realistico. Quando dicevo che il Meeting nasce europeista e lo rimane, vuol dire che quel sogno deve essere realistico, deve essere condotto secondo le condizioni che consentono di svilupparlo. L’Europa come super-stato, l’Europa come super regolatore, non è il futuro. Il futuro è invece di un soggetto capace di favorire questo dialogo. Allora, il Meeting di quest’anno ha questo titolo, “L’esistenza umana è un’amicizia inesauribile”, e sin dall’inizio lo richiamava il Vicepresidente; prima anche il Cardinal Zuppi, così come il messaggio di Papa Francesco, ha molto valorizzato questa idea dell’amicizia intesa non solo come il sentimento tra le persone, ma proprio come amicizia sociale, cioè come idea di collaborazione, di cooperazione, di coesione. Allora io vi volevo proprio chiedere una carrellata per chiudere questo nostro incontro: che impressione vi fa il titolo, questo titolo sull’amicizia? Cioè, noi abbiamo di fronte un modello che tende ad essere sempre sia sociale, che istituzionale, competitivo, in cui tutti i soggetti devono farsi la guerra, e oggi purtroppo questo termine ovviamente ci colpisce tutti, per molti motivi. Esiste un’altra possibilità! Esiste la possibilità, che già emergeva molto in quello che abbiamo già detto, invece di un modello cooperativo, collaborativo, diceva il Presidente Acquaroli nel suo messaggio, “la leale collaborazione”. Ecco, voi come vedete la possibilità, la prospettiva, dal vostro punto di vista, questo bisogno di crescita, che ruolo ha l’amicizia sociale? che ruolo ha la società civile, la sussidiarietà – il principio che tanto sta a cuore al Meeting – questa idea di non sostituirsi a quello che i cittadini o le formazioni sociali possono fare. Cioè, in che modo vedete questo tema del Meeting nel futuro come un possibile contributo positivo?

 

Tesei. Sarò velocissima. Credo che il tema sia non solo calzante, ma un obiettivo che dobbiamo necessariamente raggiungere. Io l’ho detto, credo, in tutti i miei interventi di prima e l’ho messo quasi all’inizio del mio intervento – perché l’abbiamo sperimentato e lo continuiamo a sperimentare – il rapporto tra Regioni. Che cosa significa? Ecco, la diversità. Cioè, chi ha responsabilità e ruoli di governo del proprio territorio e quindi un rapporto molto diretto con le proprie comunità, sa che quello viene prima di ogni cosa, deve venire prima anche dei propri interessi personali e anche dei propri interessi di parte politica; quindi cercare di trovare in questo dialogo, che deve essere e può essere a volte un dialogo anche aspro – perché noi abbiamo avuto e affrontato alcune situazioni che lo sono state –, cercare di tendere e di arrivare ad una sintesi nell’interesse generale; questo credo che sia importantissimo. E questa diversità, che a volte non si percepisce perché non si ha la possibilità di dialogare direttamente… Oggi l’abbiamo fatto con questa platea, ma potremmo farlo anche e dovremmo cercare di farlo anche con platee più ristrette – oggi questa è una vetrina straordinaria –, dove alcune cose devono essere dette e devono essere oggetto di riflessione. Perché se questo accade come accade qui, io sono convinta che eviteremo tanti luoghi comuni, tante cose brutte che oggi si vedono, si sentono scritte con i social, con discredito, senza approfondimenti, senza capire quali sono i problemi veri. E guardate, riuscire a comunicare e a far capire alla propria comunità che pur nelle difficoltà – perché, l’hanno detto prima i colleghi, noi ce le abbiamo avute tutte, chi ha fatto questa legislatura: il Covid, i due anni di Covid, hanno limitato un mandato di cinque anni che è quello di un Presidente di Regione, di una giunta regionale, a due anni e mezzo effettivi, perché noi abbiamo dedicato due anni e mezzo alla gestione del Covid, a salvare le nostre comunità, a lavorare notte e giorno… E questo Mattarella – so che verrà a concludere questo Meeting – ce lo ha riconosciuto espressamente: ha ringraziato tutte le Regioni. Se non ci fossero state le Regioni, seppure con le difficoltà di quel momento, forse questo paese non avrebbe fatto quello che è stato fatto per salvare le persone, per affrontare una cosa che non conosceva nessuno; e noi l’abbiamo fatto. E io, ve lo dico in modo molto amichevole e confidenziale, la notte stavo in piedi e telefonavo agli ospedali per sapere se ancora avevamo posti letto per ricoverare la gente… Quella sanità che ha reagito e ha fatto tanto oggi è sotto pressione, le nostre sanità sono tutte molto provate. E quindi qui c’è un bisogno di interventi importante – so che viene anche il ministro –, e noi lo stiamo facendo come Regioni, per far capire che ci vuole veramente un intervento forte, perché la sanità deve essere di tutti, deve essere pubblica, deve garantire a tutti i servizi che oggi a fatica riusciamo a garantire proprio per tutti questi problemi. Quindi ragionare, il rapporto di amicizia tra i popoli, tra le comunità, è fondamentale. Perché solo così si possono risolvere insieme problemi complessi; e quelli che stiamo affrontando oggi e che affronteremo in futuro sono tutti problemi molto complessi. Quindi grazie per questa opportunità di questa sera.

 

Simoncini. Grazie a lei.

 

Bini. Innanzitutto anch’io ringrazio per la meravigliosa opportunità. Mi permetto di dire che il Meeting è proprio un esempio di cosa significa amicizia, sussidiarietà, solidarietà: abbiamo visto questi padiglioni meravigliosamente allestiti, abbiamo visto l’organizzazione, abbiamo visto i tanti sorrisi, la grande educazione di chi ci ha accolto, tremila giovani, volontari… Quando vi racconto queste cose a me viene la pelle d’oca: senza dire tante cose, questo è l’esempio di amicizia e sussidiarietà. D’altronde, vedete, noi abbiamo avuto la fortuna, penso tanti, di abbeverarci un po’ al sapere di don Giussani, e queste erano le cose che don Giussani ti insegnava: parliamo più di “noi”, meno di “io”. Oggi noi purtroppo viviamo in un momento dove l’io imperversa: c’è un egoismo di base che è assolutamente dannoso. La tecnologia ci ha aiutato anche in tal senso, ahimè, l’abbiamo provato durante il Covid: tutte queste riunioni che facevamo, e ci guardavamo lì, attraverso questi monitor, e non ti tocchi, non ti annusi… Allora ben vengano, evviva occasioni come il Meeting: lunga vita al Meeting e lunga vita all’amicizia.

 

Simoncini. Grazie.

 

Tonina. Voglio confermare anch’io che innanzitutto le istituzioni vivono di amicizia; l’Autonomia, in modo particolare, vuol dire vivere la vicinanza, vivere la prossimità. Anche a me ha fatto molto piacere: quando sono arrivato a chi mi ha accompagnato ho chiesto alcuni numeri e mi ha detto: “Siamo in 3000 volontari che questa settimana si dedicano all’organizzazione”. Queste sono le cose belle, che voglio confermare anch’io: all’interno della mia provincia autonoma di Trento il mondo del volontariato è la risorsa più importante, più bella dove oggi i giovani si sentono motivati. C’è chi sceglie di fare il vigile del fuoco, chi sceglie di andare a lavorare alla Croce Rossa, chi altre iniziative, e credo che queste siano le cose che distinguono, soprattutto quando ci sono delle difficoltà, quando c’è la necessità di intervenire e di dare una mano a chi è in difficoltà. L’abbiamo fatto con voi – con il Friuli Venezia Giulia – recentemente; l’abbiamo fatto con la Slovenia di fronte alla grande alluvione; l’abbiamo fatto mesi fa con la Romagna; sono cose che si sentono, che sono nel cuore delle persone che giornalmente interpretano quel modo giusto di far crescere se stessi, di far crescere una società, di far crescere una provincia, di far crescere una Regione. Queste sono le cose belle che ci sono a livello nazionale, di cui dobbiamo essere orgogliosi, e il Meeting di questa settimana ne è una conferma. Quindi anche da parte mia un grazie per questo invito che mi avete fatto, perché anche la voce della Provincia autonoma di Trento possa essere di stimolo, ma soprattutto possa permettere ai cittadini comuni di lavorare giorno per giorno e stimolare chi ha la responsabilità – come dicevamo prima, visto anche l’approssimarsi delle elezioni europee – perché qualcosa possa cambiare nell’interesse dello Stato, nell’interesse delle Regioni e delle province autonome. Grazie.

 

Simoncini. Grazie, io ringrazio di cuore i nostri interlocutori. Lo scenario, come capita al Meeting, è quello di un grande realismo. Abbiamo sentito responsabili della cosa pubblica estremamente responsabili, estremamente attenti ai bisogni, alle domande reali delle proprie popolazioni e delle proprie comunità, senza fare sconti al sistema sia statale, che al sistema europeo. E anch’io colgo l’occasione qui, pubblicamente, come Meeting, per associarmi al presidente Mattarella al ringraziamento per quello che le Regioni e le Province Autonome hanno fatto in questi anni: ricordiamo, il Covid, l’impegno in prima linea del nostro sistema sanitario, che è stato quello che ha consentito i risultati che abbiamo avuto… e quindi anche l’appello all’attenzione a quello che sta succedendo. Dall’altra però, vorrei chiudere su questa nota finale: cioè – e questo debbo dirlo per esperienza, sono qui al Meeting da tanto tempo, modero tanti incontri – c’è questo tono della classe politica regionale, locale, che è molto più collaborativo, che è molto più consapevole che le istituzioni devono andare insieme, che spesso nella classe politica nazionale non troviamo: molto più litigiosa, molto più cattiva tra di loro… Qui c’è una grande sensazione e sensibilità anche alla collaborazione, e questo mi sembra una grande nota di speranza su cui vorrei chiudere, e ringraziare ancora la Presidente Tesei, l’Assessore Bini, l’Assessore (n.d.r.: in realtà è Vicepresidente) Tonina. Grazie ancora.