Chi siamo
ENERGIA DEL FUTURO E FUTURO DELL’ENERGIA
In collaborazione con Unioncamere. Partecipano: Fulvio Conti, Amministratore Delegato e Direttore Generale Enel; Umberto Quadrino, Amministratore Delegato Edison; Claudio Scajola, Ministro dello Sviluppo Economico; Giuliano Zuccoli, Presidente A2A. Introduce Paola Garrone, Docente di Economia ed Organizzazione Aziendale ed Economia delle Reti al Politecnico di Milano e Responsabile Dipartimento Public Utilities, Energia e Infrastrutture Fondazione per la Sussidiarietà.
PAOLA GARRONE:
Bene. Benvenuti a tutti. Diamo inizio a questo incontro dal titolo: Energia del futuro e futuro dell’energia. Inviterei anche le persone qui davanti a prendere posto, ci sarà spazio alla fine dell’incontro per salutare i nostri relatori. Grazie di essere presenti. Iniziamo questo incontro su un tema che è sempre più spesso al centro dell’attenzione del dibattito pubblico, ma anche, a volte in maniera sempre più frequente, delle conversazioni fra amici, negli uffici, negli incontri fra le persone che magari non sono del settore, ma comprendono l’importanza che l’energia ha per le famiglie e per le imprese. Noi vogliamo approfittare dell’opportunità di avere come ospiti, come relatori, protagonisti di primo piano sia dal lato della politica che dal lato dell’industria, per affrontare il tema del settore dell’energia, per affrontare i cambiamenti che sono in corso in questo settore, le sfide e le opportunità che si aprono. Vorremmo chiedere loro di aiutarci a capire meglio quello che sta succedendo. Quindi innanzitutto un ringraziamento a loro che hanno accettato di essere qui con noi, prima di tutto all’Onorevole Scajola e Ministro dello Sviluppo Economico, al dott. Conti di Enel, il dott. Quadrino di Edison, all’ing. Zuccoli di A2A. Due parole sul tema di oggi. Quando si parla del settore dell’energia sembra che si debba scegliere fra due beni, fra due cose positive: da una parte, tutti, sia come imprese che come famiglie, capiamo l’importanza di una sicurezza dell’approvvigionamento, di una abbondanza dell’energia per gli usi, per i consumi sia di tipo civile che industriale, per il trasporto. Una abbondanza di energia ad un costo più ridotto di quello che oggi sperimentiamo in Italia. L’Italia, noi sappiamo, è dipendente dall’estero in maniera significativa oggi e quindi prima di tutto una riduzione dei costi, una sicurezza dell’approvvigionamento e questo è un primo obiettivo. Dall’altra parte c’è un tema che a tutti sta a cuore. Tutti abbiamo presente l’obiettivo della protezione dell’ambiente che si declina in tante forme: assicurare ai nostri figli, ai nostri nipoti, l’accesso alle risorse di tipo energetico, di tipo idrico; preservare la bellezza del nostro paesaggio, del territorio; ridurre l’inquinamento locale e anche i problemi legati all’emissione di gas serra, che vengono associati a fenomeni di cambiamento climatico e infine ridurre anche i rischi di alcuni tipi di impianti. Quindi, sembra che ci siano due obiettivi, e ci vogliamo aiutare a comprendere come possano, in un percorso, nel medio periodo e nel lungo periodo, non rimanere inconciliabili. Quindi io, innanzitutto do la parola all’onorevole Scajola, Ministro dello Sviluppo Economico, autore di importanti provvedimenti e di iniziative significative – nel dicembre scorso, il pacchetto clima-energia a cui l’Italia ha dato un contributo importante, in questo luglio 2009, l’iniziativa del disegno di legge sviluppo ed energia, con la riapertura del nucleare. Anche recentemente abbiamo visto l’intervento del Presidente del Consiglio sul gasdotto di approvvigionamento dalla Russia attraverso il Mar Nero e la Turchia. E quindi volevo chiedere qual è la visione che il governo ha e come si sta muovendo su questi due obiettivi, tutti e due importanti e irrinunciabili
Prego Ministro.
CLAUDIO SCAJOLA:
Grazie, ci proverò in pochi minuti, anche se la sintesi su questo tema è molto complessa. Voi organizzate ormai per il trentesimo anno il Meeting di Rimini, che ha come essenza e come titolo l’amicizia fra i popoli. Credo che molto giustamente quest’anno abbiate pensato di inserire nei temi di discussione un argomento che ha molto a che fare con l’amicizia fra i popoli: l’energia. L’energia ha assunto un livello di importanza nella politica planetaria che non ha eguali con il tempo passato. Oggi con l’energia si può garantire lo sviluppo dei paesi, ma con l’energia si possono anche fare le guerre. L’energia è diventato il tema basilare per la crescita dell’energia nel mondo. Energia vuol dire sviluppo. Senza energia non si cresce. Energia vuol dire benessere. Senza energia non si riesce a vivere bene. Energia significa qualità della vita, ce ne accorgiamo ognuno di noi, dalla famiglia più umile alla famiglia più agiata, se facciamo mente locale a cosa significa l’energia nella quotidianità di ciascuno di noi. Ma energia significa anche solidarietà verso i più poveri, che oggi per crescere ci chiedono di avere la possibilità di avere un sistema economico che possa stare in piedi, ma qualunque sistema economico non sta in piedi se non ha energia per poter produrre.
In questo nostro globo che è cresciuto a dismisura, in cui siamo arrivati a sei miliardi di abitanti, c’è un miliardo e seicento di cittadini che vivono senza l’uso e la conoscenza della energia. E quindi cittadini che sono condannati a rimanere ultimi, a non crescere. Ecco perché il tema energia è un tema che va visto nei suoi aspetti fondamentali prima, e cioè, energia significa crescita, sviluppo, benessere. C’è il rovescio di questa medaglia, accennato nell’introduzione calzante della professoressa Garrone: energia vuol dire anche inquinamento. Certo che una politica energetica dissennata porta all’inquinamento e, al di là della disquisizione scientifica che ha delle estreme posizioni sull’inquinamento dell’atmosfera, sullo scioglimento dei ghiacciai, sta di fatto che è innegabile che le emissioni di anidride carbonica prodotta dall’uomo attraverso il suo sviluppo industriale inquinino l’atmosfera. Le conseguenze sono tragiche, ma sicuramente – e questo è importante non sottovalutarlo mai – la crescita economica del nostro globo, oltre che essere non eguale nelle diverse zone geografiche del pianeta, in quelle zone geografiche dove avviene produce un danno ambientale che si riflette su tutti. Cosa fare? Qui si deve avere una forte coscienza collettiva sul tema. Devo dire che i Paesi, nella stragrande maggioranza, l’hanno avuta, quando con l’accordo di Kyoto – e ci auguriamo che a dicembre, a Copenhagen, con la seconda conferenza, aderiscano anche alcuni di quei paesi che non hanno aderito a Kyoto – ci si è autoregolamentati per riuscire a produrre energia inquinando di meno. Se questo succederà, a Copenhagen, dove il contributo dell’Italia sarà molto fattivo, riusciremo ad avere un buon risultato, coinvolgendo anche quei Paesi che non avevano aderito a Kyoto e mi auguro anche una posizione meno intransigente delle nuove economie emergenti, che crescono a ritmi dell’ 8%, 9% all’anno, ma che fanno crescere il loro inquinamento atmosferico ancora di più di queste percentuali su grandi territori. Penso alla Cina, penso all’India che ci auguriamo possano avere un atteggiamento maggiormente collaborativo a Copenhagen. Questi sono i due filoni: energia che serva a far crescere lo stato di benessere, di vita dei cittadini del mondo e la protezione dell’ambiente, per evitare che l’ambiente poi, crescendo economicamente, si rivolti contro le nuove generazioni e non ci siano più condizioni di vita ottimali. In questo scenario globale che ho, mi scuserete, semplificato al massimo, l’Italia come si trova? L’Italia si trova in una posizione di debolezza, pur avendo avuto nel passato una storia energetica molto lusinghiera. L’Enel ha inaugurato di recente un interessante museo dell’energia elettrica in Italia, a Napoli, dove ha messo i diversi reperti storici, energetici di tutte quelle piccole, numerosissime società energetiche che c’erano prima della nascita dell’Enel. Entrando in questo bellissimo museo, che vi invito a visitare se vi troverete a Napoli, c’è una carta geografica con delle bandierine degli anni ’50. In questa carta geografica con delle bandierine anni ’50, si vedono le centrali elettriche di quegli anni. Ebbene, dove c’era la bandierina e c’era quindi una centrale elettrica, c’era per lo più una centrale idroelettrica, perché l’acqua che arriva dalle Alpi e dagli Appennini in questo meraviglioso territorio, dove abbiamo di tutto e dove abbiamo avuto qualche raccomandazione da parte del creatore che ci ha dato questo territorio meraviglioso e variegato, permetteva di creare energia elettrica. Se andate a vedere quelle bandierine, noterete che laddove c’era una centrale elettrica si è sviluppato il miracolo economico italiano. Energia significa capacità di produzione. Andando a vedere questa storia italiana, vediamo che la prima centrale idroelettrica che si è fatta in Europa si è fatta qui da noi. Poi ahimè, siamo andati indietro. La nostra politica energetica si era spinta alla ricerca delle fonti. Mattei, nella pianura Padana, qui, poco lontano, ha metanizzato il nostro paese, e quindi energia idroelettrica, metano che prendevamo sotto i nostri piedi, e poi il grande lancio culturale e scientifico: Fermi che è l’inventore del nucleare. E ancora Mattei che fa la prima centrale nucleare a Latina. Quindi un inizio di politica energetica, nel dopoguerra, molto significativa, che ha contribuito in maniera enorme alla crescita economica industriale della nostra Italia. Da allora, mi limito, perché non voglio essere lungo e voglio avere la possibilità, casomai, in conclusione di dare qualche chicca se c’è stato qualche cosa da apprendere. In conclusione, noi abbiamo poi iniziato una fase di decadenza su diversi aspetti della nostra economia nazionale e non solo della nostra economia, perché l’economia va in decadenza di pari passo alla caduta dei valori e dei principi e in questo Paese, anche su questo tema, abbiamo fatto tanti passi indietro. Ebbene, l’Italia si è trovata in una posizione assolutamente squilibrata trent’anni dopo, quarant’anni dopo. Oggi noi importiamo l’86% dell’energia. Soltanto il 14% dell’energia la produciamo in casa. In questo 86% di energia che importiamo, il primo problema che troviamo subito è che l’energia in Italia costa mediamente il 30-32% in più della media europea e costa così per le imprese e costa così per i cittadini e quindi si somma alla difficoltà di competitività del nostro sistema nei confronti degli altri paesi. Se aggiungiamo poi – vedo il Sottosegretario ai Trasporti in prima fila – se aggiungiamo poi il costo del trasporto che in Italia è fra l’8% e il 12% maggiore della media europea, capiamo subito che la competitività del nostro sistema industriale è molto compromessa da questi due fattori, che sono molto incidenti nell’industria del nostro paese. E poi abbiamo sforato, più di altri paesi, anche per una incapacità di contrattazione – mi spiace dirlo perché non sono mai polemico, ma lo devo dire – anche per una incapacità di contrattazione del Governo precedente, in particolare del Ministro che doveva seguire questo settore – uno che ha fatto male e l’altro che ha fatto finta di non guardare. Morale: il conto della bolletta clima-energia che dobbiamo pagare per l’Italia è molto salato. Quindi, importiamo energia all’86%, la paghiamo il 30% in più della media europea, e per di più incominciamo a far partire la scaletta del debito che dobbiamo all’Europa, agli altri paesi, per lo sforamento dei parametri di anidride carbonica nell’atmosfera. Quindi lo scenario che abbiamo di fronte sulla politica energetica è complesso.
Aggiungiamo un altro fattore: la dipendenza eccessiva da taluni paesi. Noi abbiamo intensificato in questo ultimo anno in maniera continua – qui è presente il Sottosegretario Saglia, che poi ha la delega al settore in maniera specifica – abbiamo intensificato la diversificazione delle interconnessioni sia elettriche sia di gas e stiamo concludendo le ultime autorizzazioni per un nuovo gasdotto che farà Algeria-Sardegna-continente. Stiamo definendo l’ITG, che non passando attraverso la Russia, sfrutta i bacini significativi di gas naturale dell’Azerbaijan e attraverso la Turchia e la Grecia lo porta nel sud Italia. Abbiamo autorizzato nelle settimane scorse un nuovo rigassificatore a Porto Empedocle, in Sicilia. In sostanza, la ricerca di una diversificazione delle fonti. La crisi ucraina del gas dell’anno scorso e di quattro anni fa ci fa capire quale rischio noi potremmo correre. Se qualcuno chiudesse il rubinetto, noi perderemmo il 30-35% di gas che arriva in questo paese, con tutte le conseguenze che potete immaginare. Tutte queste conseguenze ci fanno capire che la politica energetica di questo paese, nella più benevola delle definizioni, è stata una politica energetica dormiente. C’è stata una ideologizzazione del problema, per cui energia, invece che voler dire solidarietà – perché lo sviluppo è solidarietà, è crescita – è stata vista come un qualcosa che può danneggiare la salute dei cittadini. Ma come si fa a dire che una centrale a gas, una centrale a petrolio sia meno dannosa per la salute dei cittadini di una centrale nucleare, se si vuol essere oggettivi nelle valutazioni. Vi darò alcune semplici indicazioni sul tema.
La prima: noi già oggi importiamo il 15% dell’energia elettrica dall’estero che è prodotta col nucleare e la paghiamo di più.
Due: quanti sanno che ci sono 15 centrali nucleari entro 200km dai confini del nostro paese? Quindi abbiamo le centrali nucleari come se fossero a casa, importiamo l’energia nucleare e la paghiamo il 30% in più per i nostri cittadini.
Credo che queste valutazioni non possano che portarci a dire che abbiamo dovuto muoverci con assoluta urgenza.
La prima, l’ha accennato la nostra moderatrice: quella di agire a livello europeo mondiale affinché la difesa dell’ambiente non debba penalizzare la crescita economica del nostro paese. Bisogna rendere non confliggenti ma confluenti la politica energetica di sviluppo e il rispetto dell’ambiente e questo lo si può fare con le nuove tecnologie, questo lo si può fare attraverso una politica condivisa e questa è la grande azione che il nostro paese ha fatto. sull’Europa. Le nostre azioni sono state determinanti soprattutto sul punto più significativo e cioè sulla flessibilità del dato, perché c’è chi è partito prima, c’è chi è partito dopo, c’è chi è arrivato in Europa all’ultimo momento e quindi era necessario che il dato fosse un dato flessibile, da misurare alla fine del periodo, non con le tappe intermedie che ci avrebbero distrutto l’economia nazionale. L’altra considerazione che volevo fare è sulla sicurezza del nucleare. Noi abbiamo provato a cercare di comunicare ma è un tema difficile. In un’occasione come oggi, ci sono tantissimi giovani, il Meeting dell’amicizia è un Meeting che ha come finalizzazione i giovani, il Meeting dell’amicizia ha nella sua essenza quello di un impegno cristiano nel fare per migliorare. Con la fase della meditazione non si risolve tutto, ci vuole anche la fase dell’attenzione e della concretezza. Ebbene, credo che questa sia una platea utile ed importante per lanciarlo questo messaggio di verità, una verità che è terrena ma che ci pare possa essere suffragata da alcuni elementi. Ci viene detto che tutti hanno abbandonato la politica nucleare e che l’Italia ci vuole arrivare adesso: sono in costruzione in questo momento nel mondo 40 centrali nucleari. Ci viene detto che vengono abbandonate come progetto futuro: ci sono progetti nel mondo in fase avanzata per ulteriori 50 centrali nucleari. Ci viene detto che Obama si dedica alla green economy e che abbandona il nucleare: sono in costruzione in America quattro centrali nucleari autorizzate da Obama. Dopo che l’ultima era stata fatta nel 1970 negli Stati Uniti, con la nuova amministrazione sono state autorizzate quattro centrali nucleari di nuova generazione. Abbiamo firmato i primi accordi nel G8 energia di Roma anche con gli Stati Uniti, fra quindici giorni sarò negli Stati Uniti per firmare un accordo sul nucleare con gli Stati Uniti: anche qui ci viene detta quindi una falsità. Andiamo avanti sulla sicurezza del nucleare. Sono attivi 439 reattori nucleari, se questi 439 reattori nucleari noi li mettessimo in fila secondo gli anni di funzionamento, fanno quindicimila anni. In questi quindicimila anni di funzionamento dei reattori nucleari, non solo il nucleare si è dimostrata la fonte energetica che ha fatto meno vittime, considerandoci anche Chernobyl, ma andando a vedere anche tutti gli impianti industriali di produzione, le centrali nucleari sono gli impianti industriali più sicuri. Se a questo aggiungiamo che la energia nucleare non emette CO2 nell’atmosfera, che ha un costo fisso perché la materia prima incide poco, il carburante per la centrale nucleare incide poco, il costo è l’impianto e quindi una volta deciso l’impostazione economica dell’impianto, hai stabilità del prezzo dell’energia, noi riteniamo che la scelta, che abbiamo fatto prima ancora che arrivassero gli Obama, sia una scelta di responsabilità. Noi vogliamo arrivare, ed ho concluso, ad una politica energetica che in questo paese permetta di far scendere la dipendenza dall’estero, per garantire un’autonomia ad un paese che vuole essere una potenza mondiale. Vogliamo non dipendere da singoli paesi in uno scenario internazionale complesso, vogliamo una nostra autonomia energetica molto più forte. Per questi motivi il nostro mix energetico vuole essere al 50% composto da fonti fossili, gas, carbone pulito, petrolio, con un discesa molto verticale dall’80%, vogliamo che l’altro 50% sia fatto da energie rinnovabili, energie nucleari, il 25% per ciascuno: 25% nucleare, 25% rinnovabili. Abbiamo fatto il provvedimento sviluppo di cui ha parlato la moderatrice, reso operativo all’inizio dell’estate e vari decreti ministeriali che abbiamo finalizzato, già appena arrivati l’anno scorso. E c’è un dato significativo: oggi le rinnovabili complessive, compreso l’idroelettrico che fa la parte del leone, che è quasi il 14%, a cui aggiungiamo il solare, a cui aggiungiamo le biomasse, a cui aggiungiamo l’eolico, hanno un incremento che le hanno portate ad essere il 18% nel totale. Vogliamo arrivare al 25% e pensiamo di riuscirci. Se qualcuno crede che le energie rinnovabili possano essere sufficienti per garantire energia alle nostre imprese, alle nostre famiglie, è fuori strada, perché questo non è possibile; è però un contributo importante, che noi stiamo incentivando, perché vogliamo che cresca anche la tecnologia in questo settore. Tanto è vero che nell’ultimo anno il fotovoltaico è cresciuto del 429%. E’ un dato che vi do come primizia, che è molto interessante. 429% è stato l’aumento del fotovoltaico dall’anno scorso a quest’anno. Certo parliamo di unità molto basse, lo abbiamo portato da cifre infinitesimali, intorno all’uno e mezzo % ed è in continua crescita. Ma poiché non vogliamo che l’incentivo al fotovoltaico diventi un incentivo alla cassa integrazione italiana e all’occupazione in Germania, perché questi impianti fotovoltaici sono costruiti in Europa soprattutto in Germania, abbiamo concluso un accordo il mese scorso per cui in Sicilia, insieme ai Giapponesi, si costruirà la più grande azienda di costruzioni di pannelli solari in Europa. Quindi entriamo nella produzione di pannelli solari. Credo che in questo quadretto, che ho cercato di dirvi nella maniera più sintetica, ci stia la nostra politica energetica che vogliamo portare avanti. Molte altre sono le cose che vorrei dirvi, concludo con una frase che credo sia giusto ripetere, che ripeto sovente e me ne scuserete, ma dimostra quanto la Chiesa sia attenta ai problemi del mondo. Benedetto XVI nell’ultima enciclica dice: “le questioni legate alla cura e alla salvaguardia dell’ambiente devono oggi tenere in debita considerazione le problematiche energetiche. L’accaparramento delle risorse energetiche non rinnovabili da parte di alcuni stati, gruppi di potere ed imprese costituisce infatti un grave impedimento per lo sviluppo dei paesi poveri”. Credo che questa frase racchiuda in maniera esemplare tutto ciò che ho provato in estrema sintesi a dirvi. Grazie.
PAOLA GARRONE:
Grazie ministro. Il ministro ha disegnato lo scenario nei suoi elementi fondamentali in cui ci stiamo muovendo. E’ una porta stretta per come l’ha rappresentata ma praticabile con una politica articolata, una strategia anche di diversificazione. Ora chiedo agli altri relatori, partendo dal dottor Fulvio Conti di Enel, amministratore delegato di Enel, di rappresentarci quello che è il punto di vista invece delle imprese. Dico subito che abbiamo al tavolo il cuore del sistema dell’energia, in particolare dell’energia elettrica, e non solo nel nostro paese. Io vorrei chiederle di aiutarci a capire come questa difficile ma non impossibile composizione di obiettivi diversi viene vista all’interno dell’azienda che lei dirige, con quale tipo di investimenti, di strategie.
FULVIO CONTI:
In poche parole, bisogna risolvere l’equazione energetica che in qualche modo molto puntualmente ha declinato il nostro ministro, a cui va, lo dico senza piaggeria, ma lo dico anche in sua assenza, il merito di aver ripreso in mano questo tema importante dell’energia. Finalmente possiamo parlare di rinascita di un piano energetico, ancora non scritto, ma che, nella sostanza, si sta verificando nel nostro paese, proprio per risolvere il tema della equazione energetica, e questo grazie allo sforzo che fa il suo ministero e lui personalmente, a cui non possiamo che rispondere con un grazie sentito. Infatti quando dice “abbiamo” è un abbiamo riferito, e lo dico con orgoglio a mia volta, a quello che fa ENEL: impianti nucleari innanzitutto, ma anche alcuni degli sviluppi tecnologici che illustrerò brevemente. Voglio risolvere il nostro tema in tre incognite: come produrre energia più abbondante; come produrla a basso costo e come produrla in maniera sostenibile per l’ambiente. Ecco, tre incognite da risolvere. Con quali soluzioni? Le soluzioni sono direi abbastanza schematicamente semplici. C’è bisogno di investimenti, investimenti massicci: l’energia richiede intensità di capitale altissima. Una centrale qualsiasi, anche la centrale più modesta, una piccola centrale a ciclo combinato di gas, costa più di 400 milioni di euro; non è una cosa banale. Le centrali nucleari costano 4 miliardi di euro. C’è quindi bisogno di una grande organizzazione, di una grande impresa che abbia la possibilità di produrre flussi di cassa, che riesca a reinvestire in nuove iniziative. Tanto per darvi un’idea, ENEL negli ultimi 4 anni, in questo paese, ha investito 12 miliardi di euro e ha intenzione di investirne altrettanti in questi prossimi 4 anni. 12 miliardi di euro sono una cifra enorme, sono una parte importante dello sviluppo economico del paese. ENEL investe in tutto il suo piano 31 miliardi di euro in tutti i 23 paesi in cui siamo presenti, ed è fondamentale che ci siano flussi di cassa disponibili per poter reimpiegare questi stessi flussi di cassa a promuovere nuove iniziative che tengano conto, prima, della crescita dei consumi, e, dall’altra parte, di quelle necessità di rispetto per l’ambiente e di riduzione dei costi, che sono fondamentali per uno sviluppo ordinato del nostro paese. Quindi, prima risposta alla equazione energetica: investimenti. Bisogna investire.
Secondo tema importante è il sistema di efficienza che si vuole realizzare. Noi dobbiamo essere ancora più efficienti. Vi garantisco che siamo già un paese virtuoso dal punto di vista dell’intensità di consumo di energia per unità di prodotto nazionale lordo disponibile per tutti noi cittadini. Siamo già molto avanti, e siamo avanti perché negli anni tutte le imprese, a partire da quelle energetiche, ma anche le altre che consumano energia, hanno fatto efficienza per rispondere in maniera significativa ai vari shocks petroliferi che si sono susseguiti nel tempo. Ciò nonostante dobbiamo continuare a perseguire una politica di efficienza, di risparmio, e quindi a promuovere quelle tecnologie che consentano di ridurre ulteriormente l’unità di energia spesa per ogni singolo punto di prodotto nazionale lordo.
Tecnologie è la terza soluzione. Tecnologie vuol dire applicare i progressi della scienza a risolvere gli altri due temi: come investire per produrre maggiori quantità di energia a basso costo, utilizzando tecnologie esistenti che migliorano per le loro capacità di sviluppo ingegneristico e scientifico le loro efficienze; e nuove tecnologie. Noi investiamo, come dicevo, 12 miliardi in questo paese, 31 in tutto il mondo, ma all’interno di questi investimenti abbiamo anche 1 miliardo di euro dedicato allo sviluppo di tecnologie nuove, tecnologie nuove che sfruttano le competenze sviluppate da alcuni scienziati italiani. Faccio riferimento, ad esempio, allo stabilimento che stiamo costruendo in Sicilia per produrre l’energia dal sole anche di notte, una cosa che sembra impossibile. Ebbene, tra pochi mesi, voi vedrete il primo esempio al mondo di energia ricavata dalla forza del sole 24 ore su 24, un progetto che si chiama Archimede, uno sforzo congiunto ENEA-ENEL, che risolverà molti dei temi che giustamente sono stati sottolineati dal ministro nella sua introduzione, che riguardano quella parte del mondo, quei due terzi della popolazione mondiale che non hanno ancora accesso a fonti primarie di energia. Pensate al potenziale di una installazione solare termodinamica ad alta concentrazione, progetto Archimede come lo chiamiamo noi, in paesi del sub-Sahara, in paesi del nord Africa, in paesi del Medio Oriente, in paesi del continente africano, dove esiste una risorsa naturale come il sole, esiste terra disponibile, e con la nostra tecnologia riusciremo a portare anche a quegli strati di popolazione che oggi non hanno accesso all’energia una soluzione ai loro problemi di sviluppo. Ma pensate anche all’utilizzo dell’idrogeno. Un’altra prima cosa al mondo fatta dall’ENEL: qui vicino, a Venezia c’è il primo impianto industriale di produzione di energia elettrica da idrogeno. E’ un numero uno, nessun altro al mondo ha ancora fatto un impianto di queste dimensioni per trattare idrogeno e sviluppare una competenza ingegneristica per produrre energia elettrica da questo. Pensate allo sviluppo della rete intelligente. Voi forse non ve ne rendete conto, ma l’Italia è l’unico paese al mondo che per tutti i suoi cittadini è riuscita a installare un contatore digitale, che misura in maniera puntuale i vostri consumi, che riesce ad interagire con il vostro fabbisogno energetico, che può modulare il vostro consumo energetico, e quando avremo anche un sistema di regolazione tale per cui le aziende che vi forniscono energia, non solo ENEL, ma anche i miei colleghi qui sul tavolo, potranno effettivamente proporre a voi clienti di modulare il consumo, giorno-notte, da un certo orario in poi, per il weekend, per la seconda casa, per la terza casa, cose che sarebbero state inimmaginabili ancora due o tre anni fa e che sono il frutto di una tecnologia sviluppata da ENEL, in questo caso e applicata a 30 milioni di famiglie, che possono effettivamente utilizzare questo strumento, insieme a quello che verrà dopo, a cui stiamo già lavorando, che si chiama reti intelligenti, reti che sono capaci di gestire i flussi di energia in maniera tale da evitare sprechi e di restituire l’energia eccedente per evitare di dover consumare materie prime che altrimenti andrebbero sprecate. Sono alcuni degli esempi a cui possiamo mettere mano per risolvere il tema, a cui faceva cenno anche la professoressa Garrone, di compatibilizzare le esigenze di sviluppo con le esigenze di un ambiente sempre più pulito. Detto questo, la tecnologia non è soltanto innovazione. Tecnologia vuol dire anche recuperare in maniera efficiente tecnologie esistenti. Di qua la scelta del nucleare. Quando si fa riferimento al nucleare, sappiate che ENEL in questi ultimi anni è tornata ad essere nucleare come lo è stata nel passato. Noi siamo nucleari nella repubblica Slovacca, con una tecnologia efficientissima e stiamo costruendo una nuova centrale nucleare a 100 km da Bratislava, che vuol dire a 150 km da Vienna, una centrale nucleare con la tecnologia russa VVR440. Vi posso garantire, se andate a visitarla, che la trovate immersa in una bellissima zona agricola, con dei villaggi felicemente installati nei dintorni, in un paesaggio agreste, con delle persone che sono ben felici di avere da alcuni anni questa centrale e che spingono per averne di più. E la stiamo costruendo noi. Noi siamo nucleari in Spagna, dove utilizziamo la tecnologia Westinghouse americana. Siamo nucleari in Francia, dove siamo stati in grado, insieme ai colleghi di EDF, che è il monopolista locale; a differenza dell’ENEL che non è più monopolista, perché ha soltanto il 28% della quota di mercato nella generazione, i francesi hanno l’80%, i francesi di EDF, ma sviluppano continuativamente il loro fabbisogno energetico tramite nuovi investimenti nel nucleare. Bene. Lì abbiamo insieme ai francesi in corso la costruzione di una nuova centrale con una nuova tecnologia chiamata EPI, che è una tecnologia particolarmente adatta, dico io, al sistema nazionale, perché di taglia importante, 1600 megawatt, mentre le altre sono di 1000 megawatt, quindi per un solo sito si può produrre più energia, evidentemente, e inoltre essendo di tecnologia più avanzata ha la possibilità di consumare meno materiale, meno materia prima e quindi ridurre anche gli eventuali residui da gestire. E’ una tecnologia che noi proponiamo, in maniera non esclusiva, evidentemente, perché per realizzare il piano di portare l’Italia ad avere il 25% di mercato prodotto da nucleare, c’è bisogno di una capacità più o meno corrispondente a 13.600 megawatt. Quindi ci sarebbe bisogno di ben più di quattro centrali nucleari di quelle che noi stiamo proponendo. Ma non possiamo pensare di fare tutto noi da soli, evidentemente. E dal primo giorno, e qui sgombro il campo a possibili interrogativi da parte dei miei amici colleghi e concorrenti, dal primo giorno, da quando abbiamo iniziato questo percorso per lo sviluppo della tecnologia nucleare, noi ci siamo detti: siamo aperti, siamo disponibili ai contributi che possono arrivare dai nostri concorrenti e dai nostri clienti, perfino dai nostri clienti. Industria energivora, che ha bisogno di flussi costanti di energia a basso costo, potrà, se vorrà coinvestire insieme a noi, così come potrà essere disponibile per i nostri operatori concorrenti, coinvestire insieme a noi per avere una quota della centrale o delle centrali nucleari disponibili. Qual è l’unico caveat? La centrale nucleare non si gestisce come un condominio, si gestisce assegnando responsabilità puntuali a una azienda, a un gruppo di ingegneri e per evitare che questo accada, noi e i francesi abbiamo detto che EDF ed ENEL insieme dovranno avere comunque la maggioranza di questa eventuale società, e noi stiamo lavorando su due fasi. Attualmente insieme ai francesi stiamo facendo tutto quello che si chiama prefattibilità, preingegneria. Aspettiamo che il ministero concluda le emissioni di quei decreti attuativi che serviranno a definire i criteri per la determinazione dei siti, i criteri per la formazione dell’agenzia della sicurezza sul nucleare. Quando tutto questo sarà completato, noi saremo pronti a passare alla seconda fase, quella sì, aperta al contributo degli altri operatori o degli altri clienti energivori, per sviluppare concretamente il progetto nucleare in Italia. E’ possibile, è sicuramente fattibile ed è intenzione nostra di realizzarlo, che il primo impianto abbia inizio, per quanto attiene ai lavori, nel 2013, per completarsi entro il 2018. Ma questo non esaurisce il punto. Vorrei chiudere questa parte della relazione, per evitare di rubare tempo agli altri, dicendo che noi stiamo attivamente lavorando anche su altre direzioni, che sono quelle di rendere il paese normale, in termini energetici, quindi non soltanto facciamo gli accordi di collaborazione con le tecnologie giapponesi per costruire in Italia, con personale italiano, con ingegneri italiani, i pannelli fotovoltaici, ma lavoriamo anche con i nostri ingegneri a definire quei modelli ingegneristici, quelle tecnologie, che consentano di abbattere la CO2, che non è un inquinante, perché vi assicuro che tutte le centrali italiane rispettano ampiamente i pur severissimi limiti di inquinamenti, quindi di sostanze nocive che possono nella concentrazione essere dannosi per la salute dei cittadini. La CO2, l’anidride carbonica non inquina; io la sto producendo in questo momento mentre vi parlo, voi stessi la state producendo; probabilmente ne stiamo producendo tre quintali in questo momento tutti insieme. La stessa CO2 non è che inquina, la CO2 ha il difetto di rimanere sospesa nell’atmosfera e di impedire ai raggi del sole di rimbalzare, quindi provoca un effetto serra. Perché questo non succeda, dobbiamo ridurla; per ridurla esistono delle tecnologie, ebbene, con orgoglio rivendico il fatto che la nostra azienda ENEL, più la nostra partecipata ENDESA, ha due progetti finanziati dall’Unione Europea, perché sono stati ravvisati essere i più efficienti per utilizzare combustibili fossili, come il carbone, che già oggi riduce dell’80% le emissioni inquinanti, quelle potenzialmente nocive per la salute, a cui si aggiungeranno le tecnologie nuove per catturare e sequestrare la CO2 in modo da rendere possibile realizzare questo obiettivo di avere un mix di generazione più efficiente possibile, con un 25% di nucleare, le rinnovabili, anche nelle nuove forme, il solare avanzato e continuando a sviluppare geotermia e eolico e idroelettrico dove possibile e in aggiunta i combustibili fossili con assoluto rispetto per l’ambiente. Alla fine l’equazione si risolve con un mix di tecnologie e con investimenti. Grazie per l’attenzione.
PAOLA GARRONE:
Darò la parola adesso al dott. Quadrino e poi all’ing. Zuccoli. Vi prego di tenere dieci minuti e di parlare vicini al microfono per facilitare l’ascolto. Umberto Quadrini dicevo, Amministratore Delegato di Edison; Edison ha una grande storia; prima si parlava della prima centrale, milanese, di Edison, presente anche nel gas… Prego.
UMBERTO QUADRINO:
Grazie di questo ricordo storico; con orgoglio diciamo che Edison è stata la prima azienda non in Italia, ma in Europa a produrre elettricità nel 1882 e la seconda al mondo dopo la General Electrics che la produsse qualche mese prima a New York. Quindi facciamo parte effettivamente della storia; molte di quelle bandierine di cui parlava il Ministro Scajola erano della Edison. Effettivamente era una grande azienda, poi c’è stata la nazionalizzazione che ha dato luogo alla brand Enel di oggi e poi la storia continua; si è riaperto il mercato, la possibilità di ritornare a giocare un ruolo nel panorama energetico italiano e internazionale. Viviamo un momento di grande mutamento; qualche settimana fa il Ministro Scajola ha benedetto finalmente il decreto che porta il suo nome, che reintroduce la possibilità di produrre delle centrali nucleari anche in Italia. Attendiamo tutti per la fine dell’anno l’emissione dei provvedimenti attuativi; tutta la struttura del ministero e il Vice Ministro Salvi in testa è al lavoro su questo. È stato annunciato un piano energetico nazionale, la linee guida energetiche nazionali, che mancano nel nostro paese da oltre vent’anni: da quando c’è stato il referendum sul nucleare non c’è mai stato più un piano energetico. Perché imprese private vogliono avere un piano energetico, aspettano con ansia che venga redatto un piano energetico? Non siamo più ai tempi della pianificazione centralizzata o di altri esperimenti di questo genere; ma perché riteniamo sia così importante avere un piano energetico italiano sul quale orientarci? Ritengo che l’energia sia uno di quei settori anche in un mondo liberalizzato come quello che stiamo costruendo da qualche anno a questa parte, dove la mano invisibile del mercato non basta. Siamo molto lontani da un settore che si può auto-organizzare senza delle regole e senza delle linee guida da parte dell’autorità. È per questo che gli obiettivi che tutti quanti noi abbiamo davanti hanno bisogno di una bussola, di un punto di riferimento, e il piano energetico che vedrà la luce fra non molto sarà fondamentale. Già il Ministro ci ha dato oggi delle indicazioni precise sulla direzione verso la quale dobbiamo andare: il mix energetico è uno dei punti cardine di qualsiasi piano energetico; è stato indicato per il settore elettrico in 50% da combustibili fossili, il 25% da nucleare e 25% da rinnovabili. Dobbiamo domandarci quanto siamo lontani oggi da questo obiettivo e quanto tempo ci vuole per andare da qua a là. Tenendo conto anche che viviamo in un momento in cui la Comunità Europea si è data degli obiettivi, che vanno sotto il nome del programma 20 20 20, che vuol dire nel 2020 avere il 20% del mix energetico fatto da rinnovabili, risparmiare il 20% quindi fare una forte azione di risparmio energetico e tutto questo per ridurre del 20% l’emissione di CO2 nel 2020. A che punto siamo in Italia? Possiamo arrivare a questi obiettivi? Richiederebbe un tempo altro che dieci minuti! Pongo soltanto degli stimoli, pensando che poi il Ministro Scajola li possa raccogliere alla fine del suo intervento. Innanzitutto il risparmio energetico: se ne parla tanto ma si fa molto poco. 20% di risparmio energetico di qua al 2020 vorrebbe dire un programma colossale, del quale non abbiamo ancora neanche iniziato a parlare. Il Governo precedente aveva indicato un obiettivo di risparmio energetico al 2016 del 7%; bene questo programma si basava essenzialmente sul settore del riscaldamento, del condizionamento, sul settore delle abitazioni. Oggi però non vediamo un’attività forte per raggiungere obiettivi anche soltanto del 7%, figuriamoci del 20%. Il tema del risparmio energetico è un qualcosa che dovrebbe essere affrontato in modo molto più strutturato di quello attuale. Ci attendiamo che nel piano energetico ci siano delle linee guida in questo senso. Poi le rinnovabili: l’obiettivo è del 20% in generale per la Comunità Europea, per l’Italia il 20% si traduce in un 17%, su tutte le rinnovabili, non soltanto su quelle del settore elettrico ma su tutte le energie utilizzate. Se facciamo i conti su tutte le energie utilizzate oggi, vediamo che la percentuale rinnovabile è soltanto del 5%; e dal 5% bisogna passare al 17%, quindi più che triplicare. Siccome le rinnovabili si applicano prevalentemente al settore elettrico, parzialmente al riscaldamento, parzialmente ai carburanti, vedete che tipo di sforzo c’è da fare per arrivare di qua agli obiettivi del 17%. La novità è che la Comunità Europea ha richiesto, a partire dall’anno prossimo, ai governi dei singoli paesi di presentare un programma per raggiungere l’obiettivo vincolante contrattato da ciascun paese. Quindi entro la fine dell’anno prossimo dovremo presentare il programma che il governo italiano e l’industria italiana si è dotata per raggiungere il famoso 17%, partendo da un 5% su tutte le energie. Saranno dolori, sarà molto difficile che arriviamo anche soltanto vicini a questo obiettivo; teniamo conto, e cito sempre dati del precedente governo, che più della metà di tutto l’obiettivo delle rinnovabili era stato indicato nelle bio-masse. Quindi il grande contributo alle energie rinnovabili doveva arrivare non tanto dal solare, non tanto dall’eolico ma dalle bio-masse. Cosa sono le bio-masse? Per esempio la legna per le centrali a bio-massa o i semi oleosi, ma ci accorgiamo che sono in grande parte materiali di importazione e sono difficilmente producibili nel nostro paese. È difficilmente immaginabile che si possa arrivare ad una produzione così forte di bio-masse. Questa è una delle risposte che ci attendiamo dal piano energetico, dalle linee guida; dobbiamo veramente fare grandi investimenti nelle bio-masse (cosa che oggi non vediamo)? Quali sono i limiti dell’eolico? Quali sono i limiti del solare? Fin dove potremo arrivare nel famoso obiettivo del 17%? Il Ministro ha citato un 25% per l’industria elettrica, ma il 17% è per tutto il consumo energetico, compresi i carburanti per trasporto, compreso tutto quello che serve per il riscaldamento. Poi parliamo di sicurezza degli approvvigionamenti; il Ministro ha accennato a nuovi gasdotti, nuovi rigassificatori; tra un mese avremo l’inaugurazione ufficiale del terminale di Rovigo, che entrerà in produzione questo inverno, il primo grosso contributo alla diversificazione del mix; gas che arriva dal Qatar. Tenuto conto poi di quali sono i fabbisogni energetici nazionali, qual è il fabbisogno di infrastrutture di questo paese? Di quanta quantità di nuove infrastrutture avremo bisogno? Riusciremo mai a diventare un HUB, cioè un ponte tra la sponda sud del Mediterraneo e i grandi consumatori del Nord Europa? Perché per il solo fabbisogno italiano sicuramente non sarebbero giustificate tutte queste infrastrutture; hanno un senso solo se l’Italia può diventare anche un paese esportatore di quel gas che transita. Per esportare bisogna essere molto competitivi, bisogna avere un gas che sa pagare il costo del trasporto del gas che arriva in Italia, che attraversa poi tutta la penisola e arriva nel continente e quindi bisogna avere dei contratti con i paesi produttori che hanno delle caratteristiche forse diverse dai contratti attuali, quindi molto più competitivi. Poi il mix energetico: abbiamo parlato della necessità di avere il nucleare, e direi che il nucleare non è la soluzione di tutti i problemi, ma se vogliamo raggiungere quell’obiettivo del -20% della CO2, che poi è l’obiettivo principale – tutti gli altri sono obiettivi che permettono di raggiungere il 20%, si fanno le rinnovabili perché non inquinano, si fa la cattura della CO2 perché bisogna ridurre la CO2 – se vogliamo raggiungere quel 20% non c’è discussione: solo avendo nel nostro mix energetico una quantità significativa di nucleare potremo raggiungere l’obiettivo. Ma anche qua è una questione di tempi: se la prima centrale potrà essere realizzata intorno alla fine del prossimo decennio, il 20% o 25% del nostro mix forse sarà possibile raggiungerlo alla fine del futuro decennio, quindi verso il 2030, tenendo conto dei tempi di costruzione delle centrali. Quindi l’obiettivo del 20% è realistico per il 2020? O è piuttosto un obiettivo da porsi per il 2030? Questi sono i grandi temi. Poi qual è il costo di tutto questo? Perché il parametro fondamentale di ogni politica energetica è il costo; non bisogna solo avere sicurezza di approvvigionamenti, non soltanto tutelare l’ambiente, ma fare in modo che l’energia sia un motore dello sviluppo e non un freno allo sviluppo. Ma allora quale sarà il regime definitivo post Kyoto, come si dice, dopo il 2012? I famosi diritti della CO2, che oggi vengono in qualche modo allocati gratuitamente in una buona misura da una buona parte del fabbisogno, a partire dal 2013 saranno tutti a pagamento. Ci saranno delle aste, per cui la CO2 sarà un costo effettivo sulla nostra bolletta elettrica. Come verranno organizzate queste aste, quale sarà il vero costo? Ma perché bisogna fare costare così cara la CO2? Ovviamente deve essere un disincentivo a produrre attraverso fonti che producono CO2. Ma qual è allora il valore di equilibrio del prezzo della CO2? Dovrebbe essere tale da disincentivare le fonti che emettono più CO2. Ecco, questi sono grandi punti interrogativi, perché questo vorrà dire far costare di più l’energia nei prossimi anni, far costare significativamente di più forse e usare però questi proventi che arriveranno dalle aste della CO2 per finanziare l’energia rinnovabile, che oggi è un costo per tutti noi. Bèh, ho messo sul tavolo una serie di interrogativi che sono quelli che angosciano tutta l’industria e che attendono una risposta. Teniamo presente che ciascuno di noi, nelle proprie responsabilità, ha di fronte grandi scelte d’investimento; abbiamo sentito Fulvio Conti dire che una centrale nucleare costa il doppio di una centrale a carbone e quattro volte tanto una centrale a ciclo combinato. Però dura 30 anni o forse 40 anni, mentre la centrale a ciclo combinato ha un ciclo di vita di 15 anni, non molto di più. Ecco, prendere decisioni di investimento di questo genere, vuol dire avere innanzitutto una attesa di rendimento di lungo termine, ma avere anche una bussola, un punto di riferimento. In questo contiamo che il governo ci dia una bussola per poter dirigere le nostre scelte di investimento. Grazie.
PAOLA GARRONE:
Grazie. Alla fine avremo una battuta telegrafica, visto i temi e anche gli interrogativi che sono stati sollevati. Do ora invece la parola all’Ingegner Giuliano Zuccoli, Presidente di A2A. A2A riunisce la storia di AM, una grande impresa energetica e di ASM di Brescia, settore energetico, settore dell’ambiente; rappresenta oggi un grande operatore di dimensioni europee che, senza scadere nel localismo, mantiene una prossimità alle comunità da cui proviene, alla storia, alle città da cui proviene. Prego, ingegnere.
GIULIANO ZUCCOLI:
Buongiorno, buona giornata a tutti, un grazie di avermi chiesto di intervenire a un dibattito importante come quello che si sta svolgendo oggi qui a Rimini, ma è abitudine del Meeting stimolare sempre le intelligenze su temi di alto profilo. Aggiungo solo a quello che ha detto la presentatrice che il nostro gruppo è anche fiero di aver riportato in Italia il 50% della Edison, il 50%; infatti noi, assieme ad EF, in realtà possediamo la Edison. E questa è stata una operazione complicata che si inserisce comunque in una logica di ripresa, di orgoglio lasciatemi dire, degli operatori nazionali, nel rivendicare le loro capacità di gestire problemi complessi come questo. Allora dicevo, il tema del Meeting è importante perché attraverso il meccanismo della conoscenza, a mio parere oggi, forse, si riesce a porre un argine a quello che sta avvenendo nel mondo. Nel mondo il sistema della rete da un lato sta cambiando completamente il nostro modo di vivere, ma dall’altro sta aprendo scenari inquietanti. La crisi nata un anno fa, io ritengo che abbia dei colpevoli, con nomi e cognomi; cioè centri di potere che hanno privilegiato la parte finanziaria che dà utile sul breve periodo, ma a fronte del disagio e del disastro che è rimbalzato sull’economia reale. Allora oggi dobbiamo chiederci se non è nostro dovere, noi che siamo abituati a nuotare contro corrente, prendere posizioni forti anche da questo punto di vista. Se così è, io dico che i tempi sono complessi e se quindi tra vent’anni, Dio volendo, ci troveremo qui a festeggiare il 50° del Meeting, secondo me ci troveremo in uno scenario completamente diverso rispetto ad adesso. Non so quale sarà, forse sarà migliore, forse sarà peggiore. Certamente sarà completamente diverso: sarà migliore se gli uomini che agiscono, gli uomini che hanno responsabilità avranno ben operato, sarà peggiore se gli uomini che hanno responsabilità avranno mal operato. Parlando di energia quindi, da questo punto di vista, io sono entusiasta di quello che ho sentito dire dal Ministro, quando ha richiamato il concetto del fotovoltaico; sì perché oggi basta dire fotovoltaico e solare per tappar la bocca a tutti noi; guarda caso chi sta sventolando questa bandiera son gli stessi che l’altro ieri hanno detto “no” al nucleare, son gli stessi che ieri hanno detto “no” agli inceneritori, buttando Napoli sotto metri e metri di spazzatura; sono gli stessi che oggi, pur di non affrontare una rivisitazione della loro ideologia, sventolano una bandiera qualunquista. Perché il fotovoltaico solare è un nome che riempie la bocca, ma nei fatti non risponde a quello che abbiamo nel mercato. E allora cosa ha invece in mente di fare il nostro gruppo? Il nostro gruppo crede fermamente che il futuro si gioca su un aumento dell’utilizzo dell’energia elettrica. L’energia elettrica non fa rumore, non ha odore, è flessibile, arriva in tutte le case. Voi schiacciate l’interruttore per avere la luce, gli elettroni nel nord della Francia, fatti da una centrale nucleare, in un battibaleno accendono la vostra lampadina. Questa è la realtà fisica del sistema elettrico; quindi, dicevo, lì bisogna puntare. Il tema è: come facciamo a produrre energia elettrica? A produrre energia elettrica ovviamente in quantità sufficienti e prioritariamente in una logica di minimizzazione o annullamento dell’impatto ambientale? Nella logica di recuperare un po’ sui tempi perché gli argomenti sono stati molto affrontati dai miei colleghi, accenno solo a tre frontiere sulla quale A2A si sta impegnando: il primo riguarda il riscaldamento di Milano attraverso le pompe di calore. Noi stiamo immaginando un progetto non di un miliardo di Kwh o di due miliardi di Kwh termici, ma di cinque-sei-dieci miliardi di Kwh, per scaldare le case di Milano, usando il calore della falda a inquinamento zero, con una capacità di efficienza moltiplicativa di tre – con un Kwh elettrico faccio tre Kwh termici. L’altro tema rilevante: noi crediamo che nel mondo, il tema dell’ambiente debba essere affrontato con un rilancio dell’idroelettrico. Da questo punto di vista noi abbiamo acquisito la Società del Montenegro, la Società Statale del Montenegro, grazie all’apporto del governo che certamente ha colto nel nostro progetto delle positività. In quel paese, assieme all’Enel, noi svilupperemo l’idroelettrico, parliamo di grandi quantità, dieci volte del fotovoltaico che l’Italia farà nei prossimi decenni. Quindi modo d’investire pulito, investimenti capital intensive, peraltro anche labor intensive, daremo quindi lavoro alla gente del posto. Terza iniziativa è quella dell’auto elettrica. A mio parere l’altra risposta vera per ridurre il consumo di idrocarburi e per ridurre l’inquinamento delle città è l’auto elettrica, un meccanismo di una semplicità totale dal punto di vista ingegneristico: il motore elettrico è già di per sé una cosa che gira, non ha bisogno di bielle, manovelle, cambi e differenziali; non fa rumore, abbiamo detto prima, uso l’energia che non ha odore, che non inquina. Lì è la nuova frontiera secondo me, lì la nostra azienda investirà alla grande, per la città di Milano o meglio per la Lombardia e quindi anche per la città di Brescia, per dare una risposta concreta a quei problemi che abbiamo elencato. Sul nucleare ça va sans dire, è nota la nostra posizione da tempo. Io ringrazio l’Amministratore Delegato dell’Enel che ha puntualizzato la sua posizione, bisogna evitare il rischio che torni un operatore dominante unico nel settore nucleare, condivido al 100% che comunque la gestione degli impianti nucleari è un fatto complesso e quindi dal punto di vista dell’organizzazione logistica bisogna tenerne conto. Da questo punto di vista, ripeto, vi do l’appuntamento a fra vent’anni, per verificare se quello che abbiamo detto è vero. Grazie.
PAOLA GARRONE:
Abbiamo già occupato il tempo che era a nostra disposizione. Veramente chiedo ai relatori, cominciando dal Ministro, una battuta telegrafica.
CLAUDIO SCAJOLA:
Solo una battuta finale, perché il tempo è corso velocemente ed è iniziato anche un po’ in ritardo. Solo due considerazioni. La prima: questo Paese è rimasto fermo sull’energia per decenni; siamo finalmente partiti, il Governo Berlusconi ha le idee chiare, crediamo di avere il consenso del Paese su questi temi, non ci fermiamo, siamo determinati, è evidente la complessità del settore, sul tema degli investimenti, dei costi, ma un obiettivo c’è: energia garantita per tutti a minor costo. Siamo in ritardo come Paese, ma abbiamo impresso, con le idee chiare, una forte accelerazione.
Secondo: noi vogliamo far diventare dell’Italia l’hub energetico del Mediterraneo, perché? L’Europa è stata per troppi anni l’Europa del nord. L’Europa sta riscoprendo, con i nuovi ingressi dell’Europa allargata, il Mediterraneo. In qualche modo la Francia è arrivata un po’ prima di noi a parlare di Euro-Mediterraneo; noi siamo più avanti di loro, intendiamo proseguire attraverso una politica energetica mediterranea, con Paesi significativamente importanti energeticamente, che sono la sponda nord dell’Africa. Pochi sanno che l’Egitto è il paese più ventoso, la Libia è il paese più assolato per un insieme di cose, il Montenegro di cui parlava Zuccoli, per l’energia idroelettrica è di un interesse incredibile. Pochi sanno che l’Italia ha ottenuto di poter inserire nel suo conto dei certificati di emissione d’ inquinamento anche quegli interventi che facciamo nella regione balcanica. Ecco perché l’Italia ha come prospettiva – e ho concluso – quella di diventare un hub energetico per l’Europa, luogo di incontro, di scambio, di commercializzazione di energia, tutto con il fine di avere energia a minor costo. Ultima battuta: mi pare si possa dire da quello che avete ascoltato – anche se il tema meriterebbe più tempo – che l’energia significa futuro e siccome l’energia significa futuro, il futuro cammina sulle gambe di voi giovani. Vi chiediamo aiuto.
PAOLA GARRONE:
Dottor Conti…
FULVIO CONTI:
Solo per dire quanto già affermato dai colleghi, dal Ministro: l’energia elettrica è la soluzione, è su questo che dobbiamo confrontarci con serenità sia per quanto riguarda gli impegni che noi operatori profondiamo tutti i giorni per costruire nuovi impianti, per ammodernare gli esistenti, per trasferire l’energia in maniera più efficiente da un punto all’altro, sia per quanto riguarda la disponibilità ad accogliere gli investimenti che – vi posso garantire scientificamente – sono accettabili, non inquinanti, non producono risultati dannosi, apportano ricchezza, portano sviluppo. Condividiamo insieme questo progetto. Grazie.
PAOLA GARRONE:
Facciamo poi un applauso finale… dottor Quadrino prego.
UMBERTO QUADRINO:
Direi una parola raccogliendo quello che ha detto il Ministro per i giovani. Nei prossimi 15 mesi bisognerà scegliere i siti per le nuove centrali nucleari. Informazione, dibattito, conoscenza del problema sono la base, sono importanti come gli aspetti economici. Soltanto comunicando, capendo quali sono i reali rischi, quali sono i vantaggi per le popolazioni, si potrà superare il grande scoglio della scelta dei siti nucleari. Contiamo molto su di voi, per affrontare questo tema, con occhi nuovi, senza pregiudizi, affrontando i problemi, discutendo. Grazie.
PAOLA GARRONE:
Ingegner Zuccoli, se vuole anche lei… un pensiero…
GIULIANO ZUCCOLI:
Volevo solo stressare quello che ho già detto. A mio parere i tempi sono complicati e difficili, c’è bisogno quindi di ritornare alla necessità di non farci condizionare da centri di potere forti. Ma la speranza è che come sempre, da Rimini, nascano idee di uomini che sanno nuotare anche contro corrente, che sanno salire, per raggiungere la conoscenza in modo diretto senza cercare inutili circonlocuzioni. Solo così – ripeto – possiamo raggiungere i nostri obiettivi. Grazie.
PAOLA GARRONE:
Grazie. Grazie a voi che avete seguito il nostro incontro e ai nostri ospiti… Una sola cosa prima di concludere. Mi sembra che abbiamo, in questo incontro, visto il punto centrale, cioè che questo è un settore che non è fatto solo di grandi provvedimenti, di grandi accordi fra Stati, ma di un impegno serio, continuo, creativo e di una costruzione da parte degli uomini di Governo e degli uomini delle Imprese. Quindi un settore affascinante e importante e di questo passaggio importante ringraziamo i nostri ospiti che ci hanno aiutato a capire ancora qualcosa di più. Grazie.
(Trascrizione non rivista dai relatori)