EDUCARE ALLA CONCILIAZIONE

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Muhammad Bin Abdul Karim Al-Issa, segretario generale della Lega Musulmana Mondiale; S.Em. Card. Matteo Maria Zuppi, presidente CEI, arcivescovo di Bologna. Saluto introduttivo Bernhard Scholz, presidente Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli ETS. Modera Wael Farouq, professore di Lingua e Letteratura Araba, Università Cattolica del Sacro Cuore

Le religioni e il dialogo fra le religioni sono risorse indispensabili e insostituibili per una riconciliazione vera e duratura. Proprio di fronte alle strumentalizzazioni ideologiche e violente delle religioni che segnano tante guerre e conflitti del nostro tempo è decisivo testimoniare che una autentica religiosità rende capace di invitare al dialogo, di superare pregiudizi, di promuovere la collaborazione, di educare alla conciliazione e di aprire alla possibilità del perdono.

Con il sostegno di isybank, Università Cattolica del Sacro Cuore, Tracce

EDUCARE ALLA CONCILIAZIONE

EDUCARE ALLA CONCILIAZIONE 

Venerdì 23 Agosto 2024 ore 21:00 

Auditorium isybank D3 

Partecipano: 

Muhammad Bin Abdul Karim Al-Issa, segretario generale della Lega Musulmana Mondiale; S.Em. Card. Matteo Maria Zuppi, presidente CEI, arcivescovo di Bologna.  

Saluto introduttivo:  

Bernhard Scholz, presidente Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli ETS.  

Modera:  

Wael Farouq, professore di Lingua e Letteratura Araba, Università Cattolica del Sacro Cuore 

 

  

Scholz. – 0:15:15 – Buonasera, benvenuti a questo incontro sulla riconciliazione. Un benvenuto particolare e caloroso al presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Cardinal Matteo Zuppi. Doveva essere con noi questa sera il Segretario Generale della Lega del Musulmano Araba, Muhammad Aissa. È stato trattenuto in Africa perché si trovava lì e si trova tuttora lì per degli incontri di conciliazione fra musulmani e cristiani. I problemi erano talmente imprevisti e imprevedibili che è dovuto fermarsi, ma era poi concordato che questa sera si collegasse dal Malawi, dalla capitale. Ma quando doveva partire da una zona dell’entroterra si è rotto l’aereo ed è rimasto in una zona senza internet. Quindi ci ha mandato un messaggio che vedremo. Per mandare questo messaggio dal Malawi qua ci ha messo sette ore perché la linea era non debole, debolissima. Quindi ringraziamo Aissa per il lavoro che fa per la conciliazione. Forse qualcuno di voi si ricorda, nel 2022 ha fatto un intervento sul senso religioso di Don Luigi Giussani, che io personalmente considero tutt’ora una pietra miliare non solo per la storia del Meeting, ma per la storia del dialogo interreligioso. È stata una cosa inimmaginabile. Lo stesso Cardinal Zuppi in quello stesso anno ha fatto un incontro sulla passione educativa di Don Luigi Giussani, ci ricordiamo bene, nel quale, e questo ci introduce già a questo tema, ci ha illustrato quanto sia importante un’educazione profonda, diciamo un’educazione del cuore per diventare protagonisti del bene comune e della pace. Perché, come sicuramente sentiremo questa sera, non sono imposizioni dall’alto che portano alla riconciliazione, ma una conversione che va testimoniata e curata. Poi l’impegno del Cardinale Zuppi per la pace è noto a tutti noi e a maggior ragione siamo curiosi, interessati a quello che ci dirà questa sera. Se non siamo alla ricerca dell’essenziale allora cosa cerchiamo è sicuramente molto attinente come tema del Meeting al tema di questa sera, perché occorre un’essenzialità umana per poter essere protagonisti della pace, per superare l’odio, per superare il rancore, e l’abbiamo anche sentito all’inizio di questo Meeting dalle parole, ma più ancora dalla testimonianza, del Patriarca di Gerusalemme, Cardinale Pierbattista Pizzaballa. Colgo questa occasione, normalmente si dice alla fine ma lo dico subito, perché ho parlato del Cardinale Pizzaballa, quello che darete ora per sostenere il Meeting e vi invito a farlo, perché sostenete anche incontri come questi, sarà in parte devoluto al Cardinale Pierbattista Pizzaballa perché possa sostenere chi ne ha bisogno in Terra Santa. Ringrazio il professor Wael Farouk dell’Università Cattolica per la preparazione di questo incontro. Lui lo modererà e lo ringrazio anche per la passione con la quale accompagna il Meeting nel dialogo con l’Islam da tanti anni, più che con l’Islam, con protagonisti del mondo musulmano, perché sono sempre persone che creano relazioni, non sono astrazioni. E grazie a tutti voi di essere qua, grazie al professor Farouk, grazie soprattutto a Sua Eminenza, e sono anch’io molto interessato ad ascoltare le parole. Grazie. 

Farouq. – 0:19:56 – Buonasera a tutti e benvenuti a un incontro che credo sarà veramente straordinario, perché ci parlano due grandi uomini, due grandi costruttori di ponti, non solo con l’azione, che noi tutti conosciamo, ma anche con le parole, perché entrambi sono anche scrittori, che hanno scritto libri e articoli molto interessanti sulla conciliazione e riconciliazione. Prima che inizi il video di Sua Eccellenza Muhammad bin Abdul Karim al-Issa, voglio dire che il suo impegno non è solo nel dialogo con il mondo non islamico, ma anche un impegno veramente profondo all’interno del mondo islamico. Voglio segnalare solo due cose: la prima è la Carta della Mecca del 2019, in cui è riuscito a realizzare qualcosa che da secoli era quasi impossibile, cioè un consenso tra studiosi musulmani su principi generali. Nella Carta della Mecca, studiosi da 139 paesi islamici si sono riuniti a Mecca nel sacro mese di Ramadan per riconoscere i diritti umani principali, tra cui il rapporto fraterno con altre religioni e altri popoli non islamici. La seconda cosa è marzo scorso, quando ha invitato tutti i rappresentanti delle varie dottrine dell’Islam e sono riusciti a pubblicare un documento per riconoscere tutte le dottrine dell’Islam e andare oltre le differenze verso la convivenza. Quindi lui veramente si impegna in questo. Ricordiamo nel 2022, come ha detto il Presidente Scholz, è arrivato al Meeting, dopo aver avuto un incidente, su una sedia a rotelle, e non voleva perdere l’opportunità di essere qui. Quindi oggi lui non è con noi fisicamente perché è impossibile che ci sia. Ascoltiamo il suo intervento. 

Al-Issa. – 0:22:29 – Nel nome di Dio Clemente e Misericordioso, sono contento di essere qui questa sera in questo incontro straordinario al Meeting di Rimini. Ringrazio gli organizzatori di questo incontro per avermi invitato a partecipare questa sera e soprattutto perché parteciperò con personalità del mondo religioso che si sono impegnate per la pace e per la riconciliazione. Ringrazio il Cardinale Zuppi, ringrazio il professor Wael Farouk per moderare questo incontro e mi scuso per non essere presente, ma in questi giorni noi siamo qui in diversi paesi in Africa per svolgere dei compiti di riconciliazione e avrei voluto essere con voi in diretta ma purtroppo le connessioni internet sono deboli e quindi ho dovuto registrare il mio messaggio. Pace e sia su di voi. Quando parliamo di riconciliazione, noi parliamo di una delle più importanti componenti della stabilità nel mondo umano, sia a livello sociale, ma anche a livello della famiglia, ma anche a livello nazionale e in tutto il mondo, perché abbiamo un grande bisogno di riconciliazione a tutti i livelli. La riconciliazione è un valore morale alto e nel nostro mondo abbiamo un grande bisogno di riconciliazione. Dobbiamo soprattutto capire cosa significa riconciliazione e dobbiamo capire il nostro bisogno di riconciliazione. E dobbiamo imparare a praticare la riconciliazione con uno spirito umano che porti avanti questo compito di riconciliazione che ci aiuta ad elevare il nostro spirito nel nome della tolleranza e della generosità. Quando diciamo che la riconciliazione è necessaria, ci chiediamo, ma perché è necessaria? La risposta è che la nostra vita è piena di differenze, c’è anche un senso di mancanza che ci affligge, e per questo, anche perché ogni parte ha delle convinzioni diverse, anche se finiscono i conflitti a livello apparente attraverso le soluzioni giuridiche e legali, i conflitti a livello dell’anima rimangono nel cuore. E quindi non c’è niente di peggio di questi conflitti e di questo odio che rimane nel cuore anche al di là delle soluzioni a livello legale e materiale. Questo conflitto ideologico, questo conflitto culturale e di civiltà rimane se non viene curato. Per superare questi conflitti bisogna ascoltare la ragione, bisogna ascoltare la coscienza, bisogna capire il nostro mondo e bisogna capire quali sono i bisogni spirituali per arrivare a dei valori umani alti come la fraternità, affinché tutti possiamo tornare alla nostra unica vera origine, perché siamo una famiglia umana unica e se non siamo una famiglia unita ci perdiamo. Anche se continuiamo a bruciarci a vicenda, alla fine bruceremo tutti e nessuno sopravviverà. Ma il nostro pianeta è uno, dobbiamo ricordare che siamo uno, siamo una sola specie e abbiamo bisogno l’uno dell’altro. Dio ci ha creati diversi dalle altre creature, Dio ci ha dato la ragione, ci ha dato i sentimenti, ci ha dato le idee e dobbiamo richiamare questa nostra disposizione naturale al pensiero per curare tutti gli aspetti della nostra umanità, per curare i nostri cuori e per curare le nostre menti. Ma noi ci chiediamo, le istituzioni religiose svolgono davvero questo ruolo di riconciliazione? Le istituzioni religiose sono istituzioni spirituali, perché devono parlare alla mente ma anche allo spirito e devono superare tutti i limiti. Sono le istituzioni che hanno più influenza su tutte le persone, sui fedeli anche di diverse fedi, ma influiscono anche sul pensiero di coloro che non hanno la fede. E soprattutto i leader religiosi possono influire sulle menti di tutti, fedeli e non. E la riconciliazione capisce solo due lingue: la lingua del dialogo e la lingua della ragione. Ed è così che deve essere. La lingua del dialogo nella riconciliazione e la lingua della ragione devono essere le uniche comprensibili. Le istituzioni religiose hanno gli stessi scopi, e quando vengono distorte le visioni religiose e cadono nell’estremismo non dobbiamo tenerne conto. All’interno delle istituzioni religiose, le visioni estremiste non c’entrano nulla; sono al di fuori. E quindi io mi chiedo: ma le istituzioni religiose riescono a difendere i valori morali? Riescono a metterli in pratica? Il valore è mettere in pratica i valori morali, il successo è metterli in pratica non tramite la propaganda ma tramite la verità. E qui ci sono delle istituzioni che invece non fanno nulla, rimangono silenziose, non parlano e quindi non riescono a fermare i conflitti, e sono quelle istituzioni che scadono nell’estremismo. Abbiamo visto come questo sia successo anche nel passato e nella storia. La religione deve invitare alla pace, altrimenti diventa un’ideologia negativa e estremista. E quindi ci chiediamo anche quali sono i valori che vengono impiantati negli animi dei credenti affinché la riconciliazione sia possibile e si superino i conflitti. In realtà il valore più importante è la fede nel creatore, è la conoscenza vera del suo nome, colui che tutto sa, il saggio, il misericordioso, il clemente. Dobbiamo sapere che Dio si chiama anche il generoso, con lui l’indulgente e dobbiamo capire questi nomi, capire queste caratteristiche e così la nostra fede sia vera e ci porti a fare il bene. E quello di cui parliamo oggi è la riconciliazione. La riconciliazione vuol dire la passione, la clemenza, il perdono, e da un altro lato vuol dire anche il rispetto e la generosità, e alla fine vuol dire pace e vuol dire armonia, e vuol dire anche l’elevazione dello spirito al di sopra del materialismo, al di sopra del guadagno personale, e andare invece verso il bene comune, e questa è la via per la vera felicità. Il guadagno personale ci dà solo dei piaceri passeggeri e non veri. Perché? Perché l’anima umana, lo spirito umano vuole sempre di più, sente sempre la mancanza di qualcosa, e quindi è sempre miserabile, ma quando riusciamo a vincere il nostro bisogno di guadagno personale e pensiamo al bene comune, diventiamo persone migliori. Per esempio, le persone che auspicano le guerre sono persone che pensano al loro bene personale e quindi impongono le guerre e perdono anche loro, come ci dimostra la storia. Adesso parliamo dei precetti che ci fanno ascoltare la lingua dell’umanità e che ci tengono lontani dall’estremismo religioso, dall’estremismo culturale e dall’egoismo. Il più importante precetto è lo sviluppo di un sentimento umano vero e questo avviene solo attraverso la fede nella nostra origine comune, nella nostra unità di famiglia, come famiglia fatta di padre e madre. Noi siamo una grande famiglia, tutti noi siamo uniti in una famiglia. E la famiglia piccola di uomo e donna, di moglie e marito, è un esempio ridotto della grande famiglia che noi siamo tutti insieme. Quando diventiamo un’unica famiglia vediamo che anche se siamo diversi l’uno dall’altro, niente ci può veramente separare. La religione e la fede portano l’uomo a credere senza sentirsi costretto a credere. E noi nell’Islam possiamo costruire una famiglia anche con persone di diverse religioni, possiamo sposare persone di altre fedi, e anche nella nostra famiglia, nell’Islam, possiamo praticare la conciliazione. E quando pensiamo ai conflitti di oggi vediamo che vengono spesso causati da una mancata educazione al bene, che manca nell’infanzia, nell’educazione nell’infanzia. Dobbiamo educare le persone fin dall’infanzia alla conoscenza reciproca e alla conciliazione, perché se le educhiamo al bisogno personale, coltiveremo il loro egoismo che porterà al conflitto, e quindi che dilanierà l’umanità come se non fosse umanità, ma diventeremo tutti dei mostri, dei selvaggi, come degli animali in una foresta in cui solo il più forte sopravvive, perché non c’è pietà e non c’è umanità nel mondo degli animali. E quindi, se non veniamo educati alla conciliazione, saremo come degli animali. I conflitti di oggi sembrano non avere fine. Ma da quando le organizzazioni mondiali si sono unite e hanno unito nazioni diverse per lo scopo di superare i conflitti, come le Nazioni Unite, quando ci siamo uniti nella nostra diversità, abbiamo trovato un mezzo per superare i conflitti. La pietà di Dio è sempre con noi, ma dobbiamo ricordarci che Dio ci mette sempre alla prova per poter distinguere il bene dal male e i buoni dai cattivi. La vita del mondo non è come la vita dell’aldilà. La vita del mondo è piena di prove alle quali dobbiamo sottostare per arrivare ad essere migliori e per vincere il male, per poter arrivare nella vita dell’aldilà ad avverare la promessa di una vita eterna in pace. Nessuno può combattere contro la fede dell’unico creatore, nessuno può annullare la voglia di bene che ci porta verso Dio. E possiamo distinguere il bene dal male se abbiamo fede e dobbiamo dare un’opportunità a tutti di essere educati a questo. E dobbiamo ricordarci che il male non dura mai, il male non dura mai. Io non voglio dilungarmi ma voglio ringraziare ancora una volta gli organizzatori e i responsabili del Meeting. Saluto il Cardinale Zuppi e mi auguro che il nostro mondo rimanga in conciliazione e pace. Pace sia su di voi. 

Farouq. – 0:37:14 – Eminenza, il suo impegno per la riconciliazione non è recente e non è legato a certi conflitti; risale a tantissimi anni fa. Ma prima di partire con le domande, voglio chiederle una riflessione. Come lei percepisce questo messaggio di Sua Eccellenza Al-Issa? 

  

Zuppi. – 0:37:37 – Dunque, innanzitutto grazie, grazie di essere qui, grazie del Meeting, grazie di questo bellissimo tema che, devo dire, facevo prima i complimenti a Bernard perché trovate sempre dei temi per il Meeting. Ho provato a stuzzicarlo anche per farmi dire quello per l’anno prossimo, ma è stato assolutamente riservato, soprattutto perché temeva che poi lo raccontassi. Perché ci fa ritrovare l’essenziale? Con quella domanda che veramente, se non cerchiamo l’essenziale, cerchiamo quello che non conta, no? Oppure enfatizziamo quello che non conta cambiandolo per essenziale? Come la pagliuzza, per cui ci sono quelli che cercano le pagliuzze dappertutto e ovviamente le trovano, ma non vedono più la bellezza e non vedono la trave. Per questo penso veramente che è un bellissimo tema che tra l’altro ha anche molto a che fare con quello che diciamo questa sera sulla riconciliazione, che è essenziale, è essenziale, perché se non c’è la riconciliazione non c’è niente da fare, c’è il male, e non c’è via di mezzo. Se non c’è la riconciliazione non è vero che si bloccano come da bambini, “fermi tutti”, no? Il male non sta mai fermo e quindi se non c’è la riconciliazione l’odio non è mai inerte. È qualcosa il cui smaltimento richiede grande attenzione e un grande impegno. Se lo lasciamo da qualche parte, inquinerà di nuovo. Delle cose che abbiamo ascoltato, devo dire anzitutto, la bellezza di poter parlare e guardare insieme nella stessa direzione, condividere questa preoccupazione in un mondo dove non c’è riconciliazione. Ce n’è molto poca; ci sono conflitti che durano, come giustamente ha ricordato, anni, quindi c’è troppa poca riconciliazione proprio perché, a mio parere, cerchiamo troppo poco l’essenziale e quindi cerchiamo altre cose. E poi, l’altra cosa che mi ha colpito è che ha insistito sul discorso della famiglia. Ha detto “bruceremo tutti”, è una consapevolezza che purtroppo dimentichiamo facilmente, ma diciamo così, cioè che qualche volta di fronte alle pandemie, di fronte all’evidenza, di fronte alla fiamma che comincia un po’ a riscaldare, diciamo “è vero”, uno capisce che forse bruceremo tutti, altrimenti pensiamo che è sempre un problema degli altri e pensiamo alla fine sempre “possiamo anche farne a meno”. Non si può fare a meno della riconciliazione. Non possiamo pensare che “se la facciamo bene, se no a un certo punto chi se ne importa”, vuol dire che lasciamo tanti rifiuti tossici a chi verrà dopo, e ne lasciamo tanti, per certi versi, molto più di quanti ne abbiamo ereditati. Ecco, per cui penso che le parole che abbiamo ascoltato da parte del Segretario siano belle in assoluto, di condivisione, direi nella grande prospettiva che Papa Francesco ci ha regalato con la “Fratelli Tutti”, rilanciando questi quasi 40 anni dallo spirito di Assisi, dall’incontro che direi è stato anche un po’ l’inizio di un dialogo che ha portato a “Fratelli Tutti”, che ha rilanciato e mi sembra che siamo proprio pienamente in questa prospettiva.  

Farouq. Ho sempre saputo che nel profondo…  

Zuppi. C’è un’altra cosa che mi ha colpito: sopravvive il più forte, c’è ragione. Sopravvive il più forte come gli animali, ed è terribile perché siamo tutti anche deboli, anche il più forte in realtà non lo è, ed è terribile proprio la logica del male. Mi ha colpito perché mi sembrava, come dire, molto chiaro: se non c’è riconciliazione, sopravvive il più forte. 

Farouq. – 0:42:02 – Ho sempre saputo che nel profondo di ogni cuore umano ci sono misericordia e generosità. Nessuno nasce odiando un’altra persona a causa del colore della sua pelle, della sua religione, di origine o delle sue origini. Le persone devono imparare a odiare, ma se possono imparare a odiare, possono anche imparare ad amare. Perché l’amore è più naturale per il cuore umano del suo contrario. Nelson Mandela, “Lungo cammino verso la libertà”. Io so che Sua Eminenza è interessata anche in questo e ho trovato che in quasi tutti i suoi scritti c’è sempre una cosa che riguarda la conciliazione. Lei, per esempio, ha scritto nel suo libro “Odia il prossimo tuo come te stesso”, e ha scritto, cito, “Chi odia si crede intelligente, ma solo l’amore è intelligente”. Quindi questo incontro è soprattutto sull’educazione. Come possiamo educarci all’amore e a questa intelligenza che lei indica? 

Zuppi. – 0:43:19 – Dunque, però dobbiamo dire che c’è anche un’educazione all’odio, eh, che aspira se non c’è, proprio dal pregiudizio. Perché io condivido che due bambini giocano, ma di per sé se non hanno un’altra educazione immediatamente trovano un motivo per cui giocare insieme, per cui stare insieme eccetera. C’è un’educazione all’odio fortissima, fortissima. Faccio un esempio che mi ha colpito di una delle cose in cui purtroppo, a mio avviso, non c’è stata riconciliazione. Dopo la guerra, come molti ricordano, ci sono stati molti regolamenti di conti dalle nostre parti. Non è finita la guerra il 21 o il 25 aprile per tutto il Paese. Ci sono stati molti regolamenti di conti. C’è stata riconciliazione? No. Io sappia, l’unico caso fu a Reggio Emilia per il seminarista Rivi, che credo forse anche qualcuno del movimento era stato coinvolto, sicuramente il signor Camisasca, e ci fu un incontro in cui i parenti di questo seminarista, che fu ucciso dopo la guerra, per regolamenti di conti, qualche volta non c’erano manco i conti, si facevano vendetta e basta, oppure pregiudizio e basta, non c’è stata riconciliazione. E questo è sempre pericoloso. Tanto che io sono andato, quando vado in qualche paese, ci sono alcune famiglie che non si parlano con le altre famiglie. Perché è successo qualcosa? Cioè senza riconciliazione c’è l’odio. Oppure c’è, diciamo, qualcosa di sospeso. Però il male fa il suo mestiere e quindi non c’è niente di più facile che qualcosa ricominci, come certe storie di odio che magari a distanza di anni oggi è impossibile riprendere, una guerra civile oppure degli odi che scoppiano tra di noi. Ma non è mai inerte, per questo la riconciliazione non è facoltativa, non è opzionale. È l’unico modo per smaltire quei rifiuti tossici che il male produce sempre. E paradossalmente mi sembra che abbiamo, così, meno attenzione e abbiamo accumulato tanti motivi, diciamo, di odio, di rancore, di pregiudizio. Li coltiviamo anche interiormente, abbiamo meno paura. Se il nostro Signore ci ha detto che chi dice “pazzo” al suo fratello lo uccide, non è che è esagerato, eh. Vuol dire qualcosa, vuol dire che il male che tu, diciamo, semini è sempre fertile. Allora, è vero quello che tu dici, cioè c’è l’amore, l’educazione all’amore. Qualche volta purtroppo dobbiamo dire che l’educazione all’odio, al confronto, al più forte, eccetera, qualche volta fa molto prima, ci si impara molto più facilmente e te lo porti dentro, soprattutto se hai subito qualcosa, prima di liberarti, diciamo, dalla vendetta ci impieghi tanto. Per cui comunque, insomma, il corso è che la riconciliazione non è qualcosa in più. E noi abbiamo ancora di più un dovere perché altrimenti lasciamo i rifiuti tossici e questi inquinano. Tanto che se noi non facciamo appunto la manutenzione, che significa anche questo, la pratica della riconciliazione e stabilire altre modalità di rapporto contrarie a quelle che ci hanno contrapposto, che hanno messo qualcuno contro qualcun altro, diventa pericoloso per chi viene dopo. 

Farouq. – 0:47:48 – Questo è molto interessante anche quello che lei ha detto sulla vendetta, perché anche lei ha detto che la riconciliazione non è abbandonare la giustizia, ma è una forza ulteriore della giustizia. Come si può spiegare questa forza? 

Zuppi. – 0:48:10 – Perché qualche volta uno pensa che questi temi sono, diciamo così, un po’ per cattolici adesso, lo dico in maniera un po’ così, ma quelli sono un po’ irenici, gli piacciono i discorsi, si riempiono la bocca, gli piacciono i discorsi, non so se sono io o se è un segnale di fare più renta, mentre io penso esattamente il contrario. Cioè che la riconciliazione è roba da gente seria, non da animali, per riprendere le parole del Segretario, no? Cioè non della logica del più forte, ecco. Per questo penso, riprenderei, nel 2002 ci fu un bellissimo messaggio del primo dell’anno, la Giornata della Pace, che aveva un titolo che era perfetto: “Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono”. Questo era il titolo, che già soltanto questo spiega a mio parere moltissimo, cioè non c’è pace senza giustizia, perché poi vuol dire che la pace dura poco se non c’è la giustizia, no? E giustizia e pace si baceranno, come sappiamo, sono delle sorelle gemelle potremmo dire, non c’è l’una senza l’altra, se muore l’una muore anche l’altra, ma anche non c’è giustizia senza perdono. Prima ricordavamo, ecco noi vogliamo la giustizia? Certo che vogliamo la giustizia, qualche volta uno pensa “vabbè ma quello di perdonare…”. Anzi, proprio perché perdoni, puoi chiedere ancora di più la giustizia. Perché sei libero dalla vendetta. Sei libero da quel veleno che spesso causa, diciamo così, una certa idea di giustizialismo, che è la vendetta. Se tu sei libero da questo, che è appunto il perdono, a maggior ragione chiedi giustizia perché non succeda più. Perché sei libero di poterlo fare proprio perché non è per fargliela pagare, ma perché non accada mai più. La giustizia come vendetta spesso produce ulteriore inimicizia, no? Ecco, mi ricorderei, qualcuno penso sicuramente avrà sentito le bellissime registrazioni, il funerale di Vittorio Bachelet. Già presidente dell’Azione Cattolica Nazionale, quando fu ucciso, il suo figlio Giovanni, aiutato anche dallo zio, cioè dal fratello di Vittorio, che era un padre gesuita, lesse questa preghiera bellissima, commovente, che arrivò anche, toccò il cuore di molti brigatisti, perché disse “io vi perdono, io perdono chi ha ucciso mio padre, ma voglio giustizia”. E io penso che proprio questo, cioè se siamo forti per certi versi, intransigenti nel perdono, siamo molto più liberi nel chiedere giustizia e nell’ottenere giustizia. Però non c’è giustizia senza perdono. 

Farouq. – 0:51:41 – Questa libertà, che è un passo molto importante verso la giustizia, mi ricorda della parola araba che è traduzione della riconciliazione. La parola araba è “tasaloh”, che deriva da una radice, con tutte le parole di queste radici, “aslaha” “eslaha”, che significano tutte “riparare”. Riparare è anche il contrario di corruzione. Quindi riconciliazione è una sorta di riparare se stessi e anche gli altri. Non so come lei vede il termine italiano “riconciliazione”. Cosa rappresenta? Dunque, riprenderei un attimo il concetto di riparare. 

Zuppi. – 0:52:31 – Perché è qualcosa che noi, diciamo così, facciamo molto di meno, in assoluto. Buttiamo via. Oppure pensiamo che sia rovinato per sempre. Pensiamo a una sorta di catarsi. La riparazione sembra, come dire, qualcosa di un sottoprodotto. Avendo delle idee di perfezione, di pornografiche, a mio parere, su tante cose anche in quella tecnica, ma soprattutto in tanti modelli, la riparazione sembra come quando uno deve aggiustare le cose, insomma, una roba che, come dire, un po’ compromessa, che mi devo fare… Invece l’arte della vita è proprio la riparazione. E la grande capacità di rendere, per certi versi, perché la vita è riparazione, altrimenti la butti via, altrimenti cerchi qualche cosa che non troverai mai. È quella cosa che poi si dice un po’ banale, però molto vera, no? Tutta la storia, quella dell’arte giapponese, no? Per cui poi il vaso che si rompe lo rimetti con l’oro e quindi diventa più prezioso di prima. Diciamo così, però è molto vero, molto bello, cioè l’idea che la riparazione non è peggio, non è un sottoprodotto, non è una sottomarca, ma è la bellezza della vita, no? E noi ripariamo poco. Buttiamo via, ci arrendiamo, ci fermiamo, su tutti, sui nostri legami, sui nostri rapporti, la capacità di riparare, che è una capacità che richiede pazienza, che richiede perdono, che richiede il fatto che con l’altro ci debba andare d’accordo, mentre invece facciamo le cose un po’ digitali, ritorgo l’amicizia, lo distruggo, lo cancello, e no, non è così. Per cui penso che riparazione e riconciliazione sono, direi, molto vicini. L’arte è l’arte di Dio. che non fa altro che riparare. Siamo tutti strappati, disconnessi. Per fortuna che continua a riparare, ecco, per fortuna che c’è sempre la misericordia, per fortuna che c’è questa grande arte di essere bellissimi, anche se, potremmo dire, in una certa logica persi. I Farisei non riparavano, giudicavano. C’è tu che riparava pure un’adultera, riparava una peccatrice, c’è riparo a tutti per fortuna, ecco. Ma non in meno, in più. La riconciliazione direi che è questo. 

Farouq. – 0:55:36 – Per questo lei vede la riconciliazione come un paradiso. Anche lei ha scritto, me l’immagino come una piena riconciliazione con Dio, con gli altri e con noi stessi. È un’utopia? La riconciliazione è un’utopia? 

Zuppi. – 0:55:59 – Direi proprio di no, anzi, poi non dobbiamo aspettare ad andare dall’altra parte, magari se cominciamo, tutto sommato vivremo anche meglio da questa parte, direi tendenzialmente, dove i tre pezzi, cioè la riconciliazione con Dio e la riconciliazione con il prossimo e con noi stessi, vanno uniti, sono molto uniti. L’uno porta l’altro, a mio vedere. Poi l’ordine qualche volta, diciamo così, capiamo la riconciliazione con Dio riconciliandoci con gli altri o ci riconciliamo con Dio e quindi anche ci riconciliamo con gli altri, no? Dostoevskij, “Delitto e Castigo”, questa cosa bellissima in cui dice: “Ma tu prendi pure quei porci?” Certo! e nel giudizio, no? Proprio perché sanno che non lo so meritato e piangeremo insieme, piangeremo e capiremo tutto, no? Ecco, direi che la riconciliazione si anticipa. Per me, quando penso alla riconciliazione, c’è un’immagine che è la Pace in Mozambico. Il 4 ottobre fu firmata la pace in Mozambico, doveva essere firmata il primo, ma a mio parere San Francesco l’ha voluto portare fino al quattro, perché effettivamente dovevamo firmare il primo, poi si firmarono problemi, eccetera, al 4 ottobre. Tutti contenti, almeno noi eravamo contenti, perché così la mettevamo un po’ sotto la protezione di San Francesco. Il giorno dopo facemmo una preghiera e la mia immagine di riconciliazione è in questa preghiera, che c’erano anche i due capi di delegazione, che si abbracciarono, proprio perché avevano fatto la pace. E l’altra era il vescovo mozambicano, che aveva fatto una mediazione, eccetera, alla fine faceva un canto, cominciò a danzare, a danzare da solo, con gli occhi chiusi e non si fermava più. Era proprio la gioia della riconciliazione. Parlo per me, era proprio fisica, cioè di come ritrovava tutto. La riconciliazione è possibile, certo che è possibile, facile, no. Nessuno pensa che… qualche volta anche l’odio è complicato, eh, perché le calze dal dito a un certo punto non c’è più spazio, eh, ti fa male, una vitaccia, di questo c’è sempre un’immagine. Era nella mia seconda parrocchia, c’era un marito e moglie che avevano litigato. Non era un peccato però che abitavano il marito, non sapendo dove andare, aveva preso l’appartamento sopra quello della moglie. Ed era una vitaccia, perché la moglie, l’ex moglie, stava sempre lì ad aspettarlo e questo doveva aspettare le 10 di sera sperando che l’ex moglie… In alcuni casi, diciamo, l’odio è una vitaccia, è proprio una roba che ti batte in traverso tutto. Se uno fosse anche un po’ di salute mentale, anche di capacità di… Cioè, costa, c’è un costo l’odio, non è che non c’è un costo. Però purtroppo molte volte, diciamo così, il male inganna e ci beffa, diciamo, ci intossica senza che nemmeno ce ne accorgiamo. 

Farouq. – 0:59:59 – A volte possiamo dire che la minaccia più grande alla riconciliazione è l’indifferenza. Perché questo, come ha descritto il Papa bene in uno dei suoi discorsi, è l’indifferenza verso la realtà, verso gli altri, ed è un grande pericolo che affrontiamo. 

Zuppi. – 1:00:21 – Sicuro, perché l’indifferenza ci fa pensare di aver risolto, ma la riconciliazione è attiva, l’indifferenza è passiva. L’indifferenza è come quando noi diciamo: “Guarda, io non ce l’ho più con lui, però non lo voglio più vedere, però non mi far parlare di lui”, diciamo così, no? E non funziona, non basta. Può essere, diciamo così, un primo passo perché altrimenti diciamo ricominciamo sempre dal gioco dell’oca, ma non basta mai. Il male non è mai inerte, l’odio non è mai inerte, e l’indifferenza fa credere che sia inerte, ma non è così. Per questo c’è bisogno sempre comunque della riconciliazione, mentre l’indifferenza qualche volta sappiamo quanto può preparare, diciamo così, delle nuove divisioni, dei nuovi pregiudizi, dei nuovi contrasti. 

Farouq. – 1:01:24 – Io sono testimone che dopo anni di sospensione del dialogo fra il Vaticano e l’Al-Azhar, quando è arrivato Papa Francesco, e anche quando è andato a visitare l’Egitto, io ricordo prima del suo arrivo, le strade del Cairo erano piene di simboli: il Papa nel suo vestito bianco, la colomba della pace, il Papa e dietro ci sono le piramidi, tutti questi, direi, stereotipi. Ma quando è arrivato il Papa, incontrando il Grande Imam, si sono abbracciati, un abbraccio veramente fraterno, veramente profondo, la narrazione e la realtà sono totalmente cambiate. Nel senso che nella memoria collettiva si torna a tantissimi secoli fa, all’abbraccio fra il Sultano e San Francesco. Come la riconciliazione fa risvegliare una memoria di unità fra di noi? 

 Zuppi. – 1:02:36 – Nella fede anche, perché qualche volta pensiamo che, come hai citato proprio San Francesco, San Francesco per certi versi, non per certi versi, si presentò come una sfida sulla fede. Nel discorso che abbiamo ascoltato prima dal Segretario c’è una profonda fede e io credo che nel ritrovare la fede in Dio e nel saper dialogare ognuno con la propria fede, quindi non è un problema di sincretismo o tutt’altro. Il sincretismo è un ribasso, purtroppo, ed è proprio perché non c’è dialogo, penso io, cioè c’è il sincretismo perché non c’è dialogo. Quello si fa facilmente, il sincretismo di internet, il sincretismo del fai-da-te, che è molto più pervasivo, mentre nel dialogo c’è un andare in profondità della propria fede. E forse è proprio quello su cui dobbiamo tanto crescere, e la riconciliazione è imparare che la fede unisce e non divide, diciamo così, e vivere insieme agli altri, non contro gli altri. La fede non è un motivo per andare contro, ma anzi per conoscere, per stimare, per riconciliarsi con quello che è proprio fratello. Dice: “Ma quello ha un’altra fede”, ma quello è sempre il tuo fratello. 

  

Farouq. – 1:04:13 – E anche voglio non stare lontano dalla realtà. C’è qualche realtà che dà a noi speranza? C’è qualche esempio? A proposito della parola speranza, io sono filologo, non posso resistere a tornare all’origine delle parole. Anche nella lingua araba noi usiamo due parole per dire speranza. Una è “Amal”, che significa lo stesso concetto di speranza, ma c’è un’altra parola araba, “Rajah”, che è l’aspettativa fiduciosa di un bene. Dove si trova questa aspettativa fiduciosa di un bene? Possiamo veramente aspettare un bene in un mondo così pieno di conflitti, non fra paesi, ma anche dentro quasi ogni comunità. Dove si trova la “Rajah”? 

Zuppi. – 1:05:03 – Beh, questo è essere uomini di fede, persone di fede. Non è che prima vedo, prima possiedo e poi dopo credo. Ovviamente, come sappiamo, non sarebbe la fede, no? Se capisco il termine arabo, sarebbe per noi una cosa che noi purtroppo abbiamo molto dimenticato, che è la provvidenza. Abbiamo dato purtroppo alla provvidenza un senso… siccome ci siamo molto affidati e pensiamo che sostanzialmente decidiamo noi, no? Ci crediamo molto poco alla provvidenza. Forse i nostri nonni ci credevano molto di più, sicuramente, e si fidavano della provvidenza. E la sapevano riconoscere, al contrario di noi, che non ci fidiamo della provvidenza, c’è e non la sappiamo riconoscere. E non sappiamo capire i fili della provvidenza. Io penso che infatti abbiamo poca speranza. Purtroppo siamo una generazione che ha bruciato tanta speranza. Vi ricordate, Papa Francesco in molti casi raccomandava ai giovani: “Mi raccomando, non fatevi rubare la speranza”. Poi qualche volta ho pensato che l’abbiamo portata via noi, che abbiamo reso speranza un’utopia. Oppure l’abbiamo bruciata e ne abbiamo fatto tanta disillusione, tanto cinismo, tanto realismo, oppure tanto senso di onnipotenza personale, no? Mentre c’è speranza e, diciamo così, provvidenza, che è sostanzialmente il credere in quello che oggi ancora non c’è. Ma che sai che ci sarà? Dobbiamo credere alla luce quando siamo nel buio. Dobbiamo credere che quella pianta che è piccolina diventerà un albero. E se non facciamo questo, se pensiamo appunto: “Prima voglio vedere l’albero e poi forse crederò a qualcosa”, la vita finisce. Lì è il nodo. Per questo penso che il giubileo dell’anno prossimo, che ha questo bellissimo tema appunto della speranza, senza speranza non si fanno figli per esempio. Senza speranza si deve consumare tutto. Senza speranza per qualche cosa d’altro c’è moltissima disillusione. C’è moltissimo senso delle difficoltà che poi, senza speranza, prendi quello che puoi. L’essenziale è la speranza, se non prendi quello che prendi, porta via più che puoi, perché c’è solo l’oggi. Il futuro è il futuro anteriore a noi proprio così poco. Cioè, ci chiediamo, mentre c’è un tempo bellissimo, no? Quando sarò andato, troverò. No, io non vado a nessuna parte, potrei vivere con qualcuno bene, capito? La differenza è quella, penso io. Dobbiamo essere uomini di speranza, proprio la fede. Ha detto che è l’ultima, lo dico anche per tranquillizzare il gentile pubblico. 

Farouq. – 1:08:41 – L’ultima perché la parola provvidenza che lei ha usato adesso, l’ho sentita ieri da Sua Eccellenza Amba Armia, il vescovo e direttore del Centro culturale ortodosso del Cairo, che è venuto qui a Rimini per la mostra sulla fuga in Egitto. Quindi lui arriva e trova questi volontari cattolici che presentano il patrimonio della Chiesa copta ortodossa con passione, entusiasmo, cuore aperto. E lui si ferma e dice: “Questa è la provvidenza di una possibile unità tra i due popoli”, e lui dice che qui il Meeting semina la speranza, semina questa provvidenza per un futuro perché c’è questa educazione. Quindi la mia domanda è: dove si trova, nella sua esperienza venendo al Meeting, avendo rapporto con la realtà del Meeting? Dove si trova nella loro educazione questa provvidenza? 

Zuppi. – 1:09:57- A mio parere già il Meeting stesso è proprio una miniera di provvidenza, non devo fare i complimenti però è proprio la voglia di scavare nella provvidenza, nel senso di… non so, adesso scendo, ho salutato i due papà, palestinese ed ebreo, che si vogliono bene, che si aiutano, che si consolano non coltivando il rancore e l’odio, ma si consolano coltivando la riconciliazione. Però usciamo anche da questo, da un’idea di perfezione, di, come dire, di pornografica, scusate se uso di nuovo il termine, cioè in cui bisogna sapere riconoscere la provvidenza. Capiremo dopo, quello sì, ma possiamo vederla tutta nei piccoli particolari, lì c’è già tutto. Se poi pensiamo appunto che non abbiamo più problemi… No, hai tanti regali e non li capisci, hai tanti doni e non li sai cogliere, no? Hai tanta bellezza e non ne sai godere. Per questo penso, davvero, soltanto credo che ci siano tanti segni di speranza, di provvidenza, di incontro. Poi ci sarà il male. Certo che continuerà a esserci. Come dicono quelli: “Eh però voi non avete risolto tutto”. Ah davvero? Ma guarda tu, pensavo invece. Cioè, è certo che dovremo continuare a combattere. L’idea del Paese della Cuccagna, in cui ho risolto tutto quanto, non esiste. Certo che dovremo sempre combattere. La riconciliazione non è una volta per sempre, così dopo sto a posto. È qualcosa che richiede sempre tanta attenzione, tanto no, ma anche vedere nella piccola riconciliazione la grande riconciliazione. Credo che appunto penso tanti segni di questa bellezza, di questa presenza, di questa provvidenza davvero ne avete nella storia e in questo Meeting una grandissima quantità di bei classificatori, tantissimi esempi. 

Farouq. – 1:12:36 – Ringraziamo Sua Eminenza per questa piacevole serata, per questa apertura, ma non solo apertura di cuore, anche apertura di occhi, perché serve vedere la bellezza, accogliere la bellezza e abbracciare la bellezza. Voglio ringraziare anche Sua Eccellenza, Muhammad bin Abdul Karim al-Issa, che non è potuto essere oggi con noi, e anche Sua Eccellenza Amba Armia, che oggi è presente con noi qui. Perché questa accoglienza del bello che si trova nell’esperienza dell’altro è il primo passo verso una vera conciliazione e riconciliazione. Per fare l’annuncio di “dona ora per sostenere il Meeting”, ma come posso chiedere voi di donare se siete stessi il più grande dono di questo Meeting? Ogni sguardo verso la bellezza, ogni abbraccio fraterno è un grande dono del Meeting, ma anche un cento euro non è male. Quindi grazie per essere qui con noi stasera e alla prossima. 

Speaker. – 1:14:29 – Grazie.  

 

Data

23 Agosto 2024

Ora

21:00

Edizione

2024

Luogo

Auditorium isybank D3
Categoria
Incontri

Allegati