Dimore di un popolo nuovo

 

‘L’evangelizzazione dell’America è un argomento comunemente associato da molti studiosi alla colonizzazione sviluppata dall’impero spagnolo. Il collegamento di questi fatti è stato strumentalizzato dagli avversari dell’opera della Chiesa in quel continente, esibendo, da una parte, la documentazione storica che coinvolge individui o gruppi che favorirono gli abusi contro quelle terre e la popolazione locale; dall’altra, sottovalutando la documentazione che mette in evidenza la fedeltà al movente che spinse gli ordini ecclesiali a trasferirsi in un continente sconosciuto per mettere le basi di una nuova umanità, antropologicamente diversa. A questo proposito, esiste una documentazione storica che si oppone ostinatamente alla strumentalizzazione: si tratta delle costruzioni erette dai missionari francescani, domenicani e gesuiti durante i secoli XVI e XVII, in condizioni seriamente difficili, con pochissime o addirittura nessuna conoscenza professionale dell’architettura. Queste costruzioni durano ancora oggi. Anche se l’ondata della colonizzazione che rimpiazzò la corona spagnola nella regione, è stata incapace di capire il valore estetico e architettonico delle chiese e dei conventi in mattone crudi, definendoli spregevolmente come “capanne e tettoie” e disprezzandoli come estranei alla nascente tradizione architettonica protestante, l’architettura dell’evangelizzazione in nord-America è stata oggi riconosciuta come il patrimonio storico più importante negli stati di Arizona, California, Nuovo Messico, Texas e, sia pur in quantità minore, Florida. Il cambiamento di atteggiamento verso questa architettura di evangelizzazione è stato radicale, tanto da arrivare all’estremo opposto. Così oggi si può visitare la cella di fra Junipero Serra, dove i turisti ritrovano persino l’abito del missionario piegato sulla precaria sedia dove lavorava. Spesso purtroppo questi personaggi vengono presentati come eroici “self made man”, che lavoravano per la propria soddisfazione e gloria. Esattamente come si valorizza il valore estetico di questa architettura dell’essenziale, come qualcosa di pittoresco senza criterio, quasi fortuite formazioni naturali. Una qualsiasi revisione seria e disinteressata mette invece in evidenza che queste costruzioni rendono testimonianza concreta della presenza della Chiesa, in azione sulla terra per l’unica ragione valida: essere segno concreto di una presenza che si allarga, una presenza salvifica capace di crescere, essere efficace e persistere, malgrado l’avida rapacità dei colonizzatori spagnoli, di quelli anglosassoni e dei loro successori. Si tratta dunque di una testimonianza prodotta dalla Chiesa viva, la cui caratteristica più attraente è proprio l’ecumenicità, capace di fondere senza pregiudizi la cultura architettonica indigena con quella spagnola includendo, in una sintesi che sembra naturale, l’ingrediente musulmano. La mostra si propone di segnalare il valore di testimonianza che questa architettura riveste in relazione all’annuncio cristiano e la molteplicità dei linguaggi che, in un dialogo costruttivo e sereno, si mantiene nella comunione. Ciò restituisce il valore più grande nell’ apprezzamento dei loro edifici.

Questa mostra è stata realizzata in occasione della manifestazione Meeting per l’amicizia fra i popoli 1998, a cura di Bernardo Moncada

La mostra è costituita da 31 pannelli in alluminio 70×100 formato verticale.
La mostra è divisa in sezioni
Introduzione n° 0 e n° 1
Sez. I Storica n° 2 al n° 4
Sez. II la sfida di una nuova espressione architettonica dal n° 5 al n° 11
Sez. III Il contributo dei popoli aborigeni architettura Pueblo dal n° 12 al n° 13
Sez. IV Il contributo dei popoli arabi e barbareschi dal n° 14 al n° 16
Sez. V New Mexico 3 esempi dal n° 17 al n° 21
Sez. VI California 3 esempi dal n° 22 al n° 24
Sez. VII Arizona e l’opera di Eusebio dal n° 25 al n° 31
La mostra è imballata in una cassa di legno (80,5X110,5×18).

Data

23 Agosto 1998 - 29 Agosto 1998

Edizione

1998
Categoria
Esposizioni Mostre Meeting