Danzica 1980. Solidarnosc

 

La mostra si colloca in una rilettura della storia del secondo Novecento che ha già avuto due tappe al Meeting (Budapest 1956 e Praga 1968) e che presenta il riproporsi, in questo periodo storico, del dramma tra libertà dell’uomo e ideologia del potere, spesso con risvolti drammatici e violenti.

L’ondata di scioperi che prese il via nei cantieri navali di Danzica nell’agosto del 1980, estendendosi presto a molte altre fabbriche in quasi tutta la Polonia, segnò l’irrompere nella storia europea di una parola nuova: solidarność, solidarietà. Questa parola incarna lo spirito assolutamente unico che animò i protagonisti di quella lotta, e che è il tratto caratteristico di questa vicenda, che in breve allargò il proprio orizzonte da quello di una rivendicazione sindacale operaia a un vero e proprio movimento di popolo, nel quale si trovarono coinvolti insieme operai, contadini, studenti, esponenti della cultura.

Lo sciopero di Danzica è l’evento di una lunga vicenda di scontro fra il popolo polacco e l’oppressione del regime comunista che ha segnato dolorosamente la storia della Polonia nel dopoguerra. I precedenti vanno dalla rivolta di Poznań del giugno 1956, a cui si legò l’insurrezione di Budapest dell’agosto seguente, a quelle di Danzica del 1970 e del 1976. Ma oltre alla ribellione contro condizioni di vita difficilissime, il fattore nuovo che emerge nel 1980 è una nuova coscienza della dignità dell’uomo e della necessità che il lavoro abbia un senso perché l’uomo possa vivere. Come afferma Jósef Tischner, “la ribellione degli operai polacchi del 1980 è stata una ribellione contro la patologia del lavoro. In che cosa consisteva questa patologia del lavoro? Diremo brevemente che in Polonia si era verificato il fenomeno del lavoro senza senso. […] Restituire al lavoro una dimensione etica significa far sì che il lavoro serva alla comprensione tra uomo e uomo. Questo è l’ethos del lavoro. L’ethos del lavoro è per il lavoro ciò che il bello è per l’opera d’arte. Un’opera d’arte priva di bellezza non è un’opera d’arte. Un lavoro che non serve alla comprensione non è lavoro”.
Questa coscienza ci sembra anche il lascito più importante che la vicenda di Solidarność affida all’uomo di oggi, ciò che rende la rilettura di questa pagina di storia una possibilità offerta a ciascuno di noi per andare a fondo del modo con cui affrontiamo nella vita di ogni giorno il tema del lavoro, nelle sue molte sfaccettature rese più evidenti dalla crisi economica attuale.
La mostra si articola in cinque sezioni: dopo una Introduzione nella quale si ripercorre sinteticamente la storia dei paesi satelliti dell’Unione Sovietica nel dopoguerra, con riferimenti ai momenti di rivolta repressi spesso con violenza (Germania 1953, Polonia e Ungheria 1956, Cecoslovacchia 1968, Polonia 1970 e 1976), si documenta lo sciopero dell’Agosto del 1980 e la nascita di Solidarność. Una piccola galleria di ritratti dei principali protagonisti – da Wałęsa al Cardinale Wysziński, da Tischner ad Anna Valentynowicz, la leader di Solidarność morta tragicamente pochi giorni orsono insieme alla quasi totalità della dirigenza dello stato polacco – introduce alla documentazione della progressiva repressione culminata nella proclamazione dello Stato di Guerra il 13 dicembre 1981. Un’ultima sezione riguarda Solidarność e noi, ossia il coinvolgimento che l’Occidente, e in modo particolare l’Italia, visse con il popolo polacco: la mobilitazione, gli aiuti, le pubblicazioni, le manifestazioni di solidarietà, testimonianze di una vicinanza e di una gratitudine che avrebbero trovato modo di esprimersi a distanza di dieci anni anche in occasione della visita di Lech Wałęsa al Meeting nel 1990.

Sessanta foto di Chris Niedenthal, affiancate da una ventina di immagini provenienti da archivi storici polacchi, documenti, oggetti e quattro video – due sullo sciopero, uno sulla repressione, e quello dell’incontro con Wałęsa al Meeting del 1990 – costituiscono il materiale della mostra, che si giova di alcune ricostruzioni degli ambienti fulcro della vicenda – l’ingresso ai cantieri navali, la sala delle trattative, una tipografia clandestina – capaci di fare rivivere ai visitatori una pagina di storia ancora viva per i più anziani, e tutta da scoprire per i più giovani.

A cura di Sandro Chierici, Annalia Guglielmi, Daria Rescaldani.

Fotografie di Chris Niedenthal.

Con il contributo di Archivio KARTA e Istituto per la Memoria Nazionale, Varsavia.
Archivio Erich Lessing, Vienna
Dana Kyndrová, Praga
Federico Brunetti, Milano
Roberto Giacomel, Milano

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