Chi siamo
CUSTODIRE L’ESSENZIALE, LA RIGENERAZIONE URBANA TRA IDENTITÀ E RINASCITA
Organizzato da Compagnia delle Opere
Mario Abbadessa, senior Managing Director & Country Head Hines Italy; Alberto Bonfanti, presidente Associazione Portofranco; Giuseppe Cappochin, architetto responsabile del Dipartimento Riforma urbanistica e futuro della città del Consiglio Nazionale Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori; Maurizio Gasparri, senatore; Carlo Giordano, co-founder Immobiliare.it. Modera Laura Bellotti, ilsussidiario.net
Le guerre, i terremoti, le condizioni di vetustà degli immobili ripropongono, a volte in modo urgente e drammatico, la necessità di intervenire per ricostruire ciò che è stato distrutto o danneggiato o per rigenerare complessi di edifici obsoleti nei centri storici delle città. Si pone la questione di riconoscere che cosa è essenziale affinché non si perdano l’unicità e il significato di prima e perché il nuovo riaffermi la vocazione di un luogo per l’uomo. La mostra “Design for Peace” offre uno sguardo sulla tragedia dell’Ucraina e apre alla speranza della pace e della ricostruzione, mentre il tema della rigenerazione urbana richiama all’attenzione l’esigenza di ridefinire i valori e le funzioni della città nuova.
Con il sostegno di Hines
CUSTODIRE L’ESSENZIALE, LA RIGENERAZIONE URBANA TRA IDENTITÀ E RINASCITA
CUSTODIRE L’ESSENZIALE, LA RIGENERAZIONE URBANA TRA IDENTITÀ E RINASCITA
Venerdì 23 Agosto 2024 ore 18:00
Arena cdo C1
Partecipano:
Mario Abbadessa, senior Managing Director & Country Head Hines Italy; Alberto Bonfanti, presidente Associazione Portofranco; Giuseppe Cappochin, architetto responsabile del Dipartimento Riforma urbanistica e futuro della città del Consiglio Nazionale Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori; Maurizio Gasparri, senatore; Carlo Giordano, co-founder Immobiliare.it.
Modera:
Laura Bellotti, ilsussidiario.net
Bellotti. – 0:07:59 – Buonasera a tutti presenti e anche a tutti coloro che ci stanno seguendo in diretta streaming, e benvenuti all’incontro dal titolo “Custodire l’essenziale: la rigenerazione urbana tra identità e rinascita”. Un incontro che è stato organizzato e fortemente voluto dalla filiera edilizia di Compagnia delle Opere e dalla sua responsabile, che è qui con noi in sala in prima fila. È un momento che ci permette di riflettere su un tema a cui teniamo molto, che è quello della rigenerazione urbana, un tema molto affascinante e trasversale perché tocca tantissimi aspetti della vita di ognuno di noi, da quello familiare a quello lavorativo, a quello sociale. Parleremo di coesione sociale, ed è quindi un tema che ci interessa approfondire. Lo faremo con i nostri ospiti, anche per capire quali saranno le città in cui viveremo nel prossimo futuro. Prima di iniziare, però, vorrei chiamare sul palco il sottosegretario allo sport e ai giovani di Regione Lombardia, Federica Picchi, che ci porta un saluto della regione. Grazie.
Picchi. – 0:09:03 – Grazie, grazie a tutti voi, grazie a Compagnia delle Opere per questo bellissimo incontro, un momento importante di condivisione su un tema fondamentale, un tema per cui la Regione Lombardia ha investito e vuole investire. Noi crediamo, io come sottosegretario ai giovani e allo sport credo che la rigenerazione urbana sia uno dei temi fondamentali per i prossimi anni. Soprattutto è importante per i nostri giovani avere dei momenti di condivisione, dei momenti di vita in comune, ma non è solo per i giovani. Questo è un tema intergenerazionale perché serve anche ai nostri anziani. Prima, chiacchierando prima dell’incontro, abbiamo fatto delle riflessioni su quanto sia importante avere un luogo o più luoghi nel nostro Paese che mettano insieme anziani e giovani per avere dei punti di forza, delle economie di scala, si direbbe in termini economici, e quindi delle valorizzazioni ancora più grandi che mettano insieme appunto generazioni diverse, settori diversi. Quindi anche la rivalutazione degli impianti sportivi insieme al residenziale, insieme ai parchi pubblici, ai luoghi verdi. Quindi sono temi fondamentali, io veramente ringrazio Compagnia delle Opere, ringrazio le organizzazioni del Meeting, e sono qui proprio per dire che la Regione Lombardia c’è e siamo presenti oggi, domani e in futuro. Grazie, grazie a tutti.
Bellotti. – 0:10:45 – Grazie mille. Iniziamo presentando gli ospiti che sono qui seduti: Mario Abbadessa, managing director e country head di Heinz Italy; Alberto Bonfanti, un amico del Meeting, presidente di Associazione Portofranco; Giuseppe Capocchin, architetto, responsabile del Dipartimento di Riforma Urbanistica e Futuro delle Città del Consiglio Nazionale degli Architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori; Maurizio Gasparri, senatore, benvenuto; e Carlo Giordano, co-founder di Immobiliare.it. L’architetto Capocchin, partiamo da lei: ci aiuta un pochettino ad allargare lo scenario. Lei nel 2023 ha costituito un comitato scientifico internazionale che è presieduto da Carlos Moreno, che per chi non lo conosce è l’ideatore della “Città in 15 minuti”. È un comitato che è composto da economisti, urbanisti, personaggi di fama mondiale che lei ha raccolto attorno a sé. Ci può raccontare quali sono le esperienze internazionali e, soprattutto, partendo dal titolo del Meeting di Rimini, che cosa è essenziale in un progetto di rigenerazione urbana?
Cappochin.– 0:12:08 – Buonasera a tutti. Intanto ringrazio la Compagnia delle Opere per questo invito molto apprezzato. Molto apprezzato anche perché il tema che trattiamo è un tema molto caro agli architetti ed è centrale nella politica del Consiglio Nazionale. Come diceva lei, nel maggio del 2023 abbiamo costituito questo comitato scientifico internazionale presieduto da Carlos Moreno, che è l’ideatore della “Città in 15 minuti”, ma composto anche da esponenti di UN Habitat, l’organizzazione dell’ONU che si occupa delle città. Questo comitato comprende anche il complesso di un centinaio di metropoli a livello mondiale, le città più importanti del mondo, che puntano appunto alla “città della prossimità”. E poi ci sono tanti altri esponenti importanti, come economisti di rilevanza mondiale tipo Peter Nijkamp, che è uno dei più grandi economisti del mondo, perché la città è un tema estremamente vasto e importante, ed è un meccanismo organico che contiene tante complessità. Quindi non è solo un fatto urbanistico, ma riguarda tantissimi altri temi. Perché abbiamo fatto questa organizzazione? Perché in Italia si continua a parlare molto di rigenerazione urbana, ci sono tantissimi disegni di legge, ne sono stati fatti sette nella passata legislatura, più uno che è di sintesi, e non sono andati in porto. Ce ne sono altrettanti adesso in discussione al Senato, di cui uno anche del senatore Gasparri. E naturalmente mi fa molto piacere potermi confrontare con lui. Questi disegni sono importantissimi in questo momento per dare un’accelerata a tutto il processo. Però questo per noi è un momento che poteva essere di partenza per arrivare poi, e nel testo di Gasparri ho trovato alcuni elementi molto interessanti sotto questo profilo, per arrivare a quella che noi chiamiamo la “città della prossimità”, la città che deve mettere le persone e non le auto al centro del progetto. Tra l’altro, il sottosegretario parlava del Covid, e il Covid è stato veramente un acceleratore di processi in questa direzione. Oggi della “città della prossimità” si parla in tutto il mondo perché dopo l’esperienza del Covid tutti hanno capito che non possiamo vivere con i disagi procurati in quella situazione. Quindi è molto importante fare un’azione che vada in una direzione diversa, che metta le persone al centro di questo progetto, e allora abbiamo costituito questo gruppo. Ci sono tantissime esperienze internazionali. La più famosa è quella di Parigi, ma non è solo Parigi. Parigi, solo per fare un esempio, ha chiuso 210 strade scolastiche per portare le persone al centro, creando dei luoghi di aggregazione, perché appunto la città deve essere vissuta. L’ONU, con l’agenda urbana internazionale, con l’obiettivo 11, va proprio in questa direzione: rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, duraturi e sostenibili. Questo sta avvenendo in tutto il mondo. Il modello più famoso è quello di Carlos Moreno, ma magari di questo parleremo nel secondo giro, perché grazie a Carlos Moreno stiamo, con il comitato scientifico, elaborando un’importante pubblicazione.
Bellotti. – 0:15:54 – Perfetto, di questo poi parliamo. Dott. Abbadessa, voi siete un colosso immobiliare, ma siete anche un esempio virtuoso di quello che ci ha raccontato l’architetto Capocchin adesso nel suo intervento. Un’azienda che realizza progetti di grande impatto, ma soprattutto che ha sviluppato un nuovo modello di rigenerazione urbana. Ce lo vuole raccontare?
Abbadessa. – 0:16:18 – Fare le città di 15 minuti è un bellissimo slogan ed è qualcosa di molto interessante se viene fatto bene, perché per essere in 15 minuti significa che servono dei servizi integrati. Cioè, se io faccio le abitazioni in un quartiere, l’università in un altro, lo sport in un altro, il parco in un altro, la città di 15 minuti è “15 minuti” così per dire, perché poi gli spostamenti sono obbligatori. Se invece, anziché avere, come è stato fatto negli anni ’80-’90, un quartiere dove si lavora, un quartiere dove si dorme, un quartiere dove si fa sport, un quartiere dove si studia, all’interno dei singoli quartieri faccio dei progetti di mix intergenerazionale e di mix funzionale, quindi dove io posso abitare, studiare, fare sport e lavorare, integrato in prossimità dei mezzi di trasporto, allora effettivamente l’auto diventa superflua. Che cosa significa fare rigenerazione urbana? Significa riprendere delle aree che erano destinate a una monofunzione e articolare le nuove domande con polifunzioni, quindi più funzioni all’interno di un’unica rigenerazione di un unico quadrante della città. Noi lo stiamo facendo principalmente a Milano, con 7 miliardi di investimenti. Milano, peraltro, è una città che si presta molto proprio per la sua morfologia.
Bellotti. – 0:17:50 – Grazie. Dopo torniamo sul progetto milanese. Dott. Giordano, veniamo a lei. Immobiliare.it è il principale portale italiano per la casa, e tutti in questo momento hanno in mente il jingle pubblicitario, lo so. Dal suo osservatorio, come sono cambiate le dinamiche del mercato in questi ultimi dodici mesi? Covid, due conflitti… Fattori che immagino abbiano profondamente inciso nella domanda e nell’offerta. Ci racconti un po’ come sta andando?
Giordano. – 0:18:20 – Sì, grazie, Laura, per la domanda. In realtà mi ha dato due assi, uno più da uomo d’impresa, quindi con i dati leggiamo domanda e offerta, dopo lo riprendo. Invece ne ho un altro un po’ più umano, e il contesto del Meeting lo richiama anche. Penso al Covid: qual è stato il messaggio che abbiamo ricevuto per un anno e due mesi? “State a casa”. Era il posto protetto per noi, per i nostri familiari, per i nostri cari. Poi sono arrivate le guerre. Le guerre sono entrate nelle nostre case dalla TV. Lo scatto che vedevamo più di frequente non era tanto trincee e scontri tra eserciti, ma case bombardate. Penso che veramente oggi la casa sia essenziale. L’abbiamo vissuto in questi quattro anni con una sequenza potente che ci ha intimorito tutti. Tornando al mercato, quindi con una lettura più semplice: dopo il Covid, la domanda è cambiata profondamente. Storicamente vivevamo in case sempre più piccole, ovviamente legato al crollo della natalità, avevamo bisogno di meno stanze perché avevamo meno figli. E progressivamente gli architetti sono stati bravi: hanno unito cucina e soggiorno, creando un ambiente finalmente vissuto, hanno tolto i corridoi. Lo spazio diventava molto più efficiente, tagliato per i bisogni attuali. L’unico paradosso rimanevano i bagni. Io da piccolo eravamo cinque in casa, vivevamo con un bagno e andavamo a scuola tutti insieme. Oggi, una coppia, anche senza figli, ha due bagni, ognuno il suo, perché è diventato uno spazio personale. Arriva il Covid e improvvisamente ci troviamo chiusi nelle nostre case e scopriamo che abbiamo bisogno di ulteriori spazi. Non tanto per avere più metri quadri per noi, ma perché avevamo portato in casa altre attività, altre funzioni: lo studio dei figli, il lavoro per noi, addirittura l’intrattenimento, televisori sempre più grandi che portano esperienze cinematografiche. In sei mesi, le ricerche sui motori immobiliari cambiano profondamente: più stanze, ricerca di uno spazio esterno privato. La TV ci mostrava che la fiducia si dava dai balconi; se non avevo uno spazio esterno, non mi fidanzavo più. Quindi, strutturalmente, abbiamo bisogno di una casa diversa. Ovviamente, poi il mondo dell’economia ha detto: “Sì, va bene, ma quello è un desiderio, la possibilità è tutt’altra cosa”, l’Italia perdeva 11 punti di PIL, il mondo del lavoro e il mondo del credito erano sotto pressione. E no, però il progetto, l’essenzialità della casa era talmente potente che passiamo da 600 mila compravendite del 2019 a 784 mila nel 2022. Se è una cosa importante, mi adopero per realizzarla. Poi si è aggiunto un altro elemento: le guerre hanno provocato la crisi energetica, il costo dell’energia, e improvvisamente abbiamo aggiunto un altro asse di scelta: volevamo anche case migliori, più efficienti, non necessariamente con l’etichetta green che sovente non capiamo, ma che abbiano un costo di vita inferiore. Ovviamente, questo ha portato di nuovo una domanda sempre più attenta e sempre più crescente, però qual è stato il problema, la frizione? È che l’offerta non è veloce come la domanda. Tipicamente diciamo sempre: siamo un Paese che sta invecchiando, oggi in Italia un italiano su quattro ha più di 65 anni, e sei immobili su dieci hanno più di 50 anni. L’Italia è un Paese che ha un patrimonio immobiliare vecchio. Attenzione, non è antico, antico ha quella storia romantica. No, no, vecchio, costruito negli anni ’60-’70. Il 57% degli immobili non passerebbe la verifica antisismica in un Paese sismico. Ovviamente, questo cosa comporta? Che se c’è tanta domanda ma non c’è offerta, il meccanismo si interrompe. Tipicamente il prezzo sale, avvantaggia chi è adeguato e svantaggia chi è più debole. Oggi, nel 2024, prevediamo che le compravendite tornino a 700 mila. Il mercato sta rispondendo male, ma perché non ha più un’offerta coerente con il suo desiderio.
Bellotti. – 0:22:00 – Grazie mille. Professor Bonfanti, chi è più debole? Abbiamo parlato di una società che invecchia, lei invece si occupa di giovani, con l’Associazione Portofranco che ha un ruolo cruciale nel mondo educativo, un aiuto a studiare che va ben oltre lo studio. Vi occupate di contrastare la dispersione scolastica e il disagio giovanile. Diamo solo due numeri: vi conoscono tutti, ma anche per chi ci segue da casa: 98.000 ore di studio l’anno, 40 sedi in tutta Italia, 4.300 studenti e 1.730 volontari. Dal suo punto di vista, che ruolo hanno gli spazi e la bellezza degli spazi nel favorire l’inclusione sociale di giovani che possono essere in difficoltà?
Bonfanti. – 0:22:45 – Hanno uno spazio essenziale perché i ragazzi, appunto si parlava prima del Covid, io che insegno e che sto con i ragazzi ho visto l’effetto traumatico che ha avuto il Covid per i ragazzi che al massimo si facevano compagnia nelle chat. Il bisogno di incontrarsi fisicamente, di giocare, di aiutarsi concretamente nello studio, il bisogno di luoghi anche ampi. A Portofranco i ragazzi, la cosa più bella che dicono è che loro si trovano a casa, vengono lì e stanno al di là dello studio. Ma perché? Perché è un luogo ospitale, un luogo grande. Anche ragazzi che vengono, che abitano in case dove sono in cinque o sei figli con i genitori, in spazi angusti, vengono lì e hanno uno spazio dove poter chiacchierare, dialogare, giocare, cucinare prima di studiare. Quindi lo spazio, il luogo, la casa è un luogo che ti accoglie e quindi è un’amicizia innanzitutto, è una compagnia ma è anche uno spazio bello, uno spazio ordinato. “Conserva l’ordine e l’ordine conserverà te”, dice un antico proverbio. A me una delle cose che colpisce chi viene a vedere Portofranco, che a Milano l’abbiamo ristrutturata 15 anni fa, non c’è una scritta sul muro. Io insegno in una scuola statale e non vi dico le scritte. Perché? Perché è un luogo bello, un luogo accogliente, che incute rispetto in chi lo frequenta, che sente casa sua e quindi lo usa come casa sua. Il luogo fisico è veramente fondamentale. Mi ha colpito che i ragazzi hanno voluto, anche venendo da scuola, venire direttamente a Portofranco dove aiutarsi a studiare. Hanno costruito loro, insieme ad alcuni di noi, una piccola cucina per poter mangiare uscendo da scuola alle 2 e poi essere pronti a studiare. Mi ha colpito quest’anno vedere nella zona ristoro dialoghi tra ragazze con il velo e ragazze italiane sui temi di cui i ragazzi parlano: le amicizie, gli amori, il rapporto con i genitori, lo studio, la fatica. Abbiamo tutti bisogno di luoghi dove essere accolti, di luoghi belli, ordinati, in cui poter star bene e farci compagnia.
Bellotti. – 0:25:13 – E dopo ci racconterà del progetto insieme a Heinz, perché gli spazi non sono mai abbastanza. Senatore Gasparri, veniamo a lei per chiudere questo primo giro. Ha ricevuto tantissime sollecitazioni. Prima di entrare nel merito del progetto di legge, io le chiederei quali sono gli elementi essenziali che lei ritiene utili per poter elaborare una politica di rigenerazione urbana efficace.
Gasparri. – 0:25:38 – Allora, io approfitto di questa occasione per ringraziare Compagnia delle Opere che ha promosso questo incontro e con la quale abbiamo parlato di questo tema. Spero che l’audio vostro sia migliore di quello che noi recepiamo qui, perché qui si sente solo… Il tema principale è arrivare all’approvazione della legge. Io sono qui non solo per raccontare che la legge serve a disciplinare il consumo del suolo, a consentire l’abbattimento e la ricostruzione di edifici, la ristrutturazione per ridurre le emissioni di CO2 e la dispersione di calore, e quindi ridurre i consumi energetici, rigenerare il tessuto urbano, rivisitare le periferie dove, in molti casi, l’edilizia popolare del dopo ’68 è stata una catastrofe. A Roma lodano la Garbatella costruita all’inizio del Novecento e vituperano Corviale, Tor Bella Monaca costruite nel dopo ’68. Non parlo delle Vele di Napoli, che sono un caso eclatante. Quindi, anche oggi si dice “housing sociale”, l’edilizia popolare del dopo ’68 ha risentito di un modello cervellotico e inumano, mentre le case popolari del primo Novecento, con una tecnologia meno sviluppata, erano più umane e migliori di quelle fatte in epoche più recenti. Insomma, c’è da rifare tutto; non possiamo ricostruire tutte le nostre città, ma possiamo fare molto. La legge serve a dare una cornice normativa perché sappiamo bene che ci sono competenze delle regioni, alcune regioni hanno fatto leggi regionali buone, altre meno buone. Ci sono competenze dei comuni, piani regolatori, eccetera. Servono norme di semplificazione, anche di collegamento al PNRR. Pochi minuti fa riparlavo con il ministro Fitto, che sto esortando, prima di assumere, se lo assumerà, l’incarico di commissario europeo, di consentire di utilizzare una parte, anche una piccola fetta, dei miliardi del PNRR per finanziare una politica di rigenerazione urbana che è assolutamente compatibile con gli obiettivi di sostenibilità e di ambientalismo del PNRR. Quindi io voglio che questa legge si approvi. Se si deve modificare qualcosa, si modifichi. Però prego tutti quelli che sono interessati di fare una legittima pressione sul Parlamento perché, cosa sta succedendo, e mi fermo: l’argomento è bello, tutti sono esperti. Io mi ritrovo il parlamentare architetto che dice “Ma tu non sei architetto? Perché parli di queste cose?” Io sto in Parlamento da 32 anni e sintetizzo una serie di esigenze sulle quali mi confronto per presentare un testo molto tecnico con architetti, urbanisti, ingegneri. Non è che un parlamentare va la mattina con la penna al Senato e scrive una legge; si consulta, si confronta, io sono un rappresentante, quindi rappresento delle persone con le quali mi consulto per garantire al meglio. Non sono neanche un tuttologo, faccio delle cose. Allora, io vorrei che si arrivasse a un tempo di decisione, concludo. Abbiamo fatto un testo unificato, sarà messo un termine per gli emendamenti. Noi dobbiamo, entro l’autunno, votare in commissione questa legge per portarla poi nell’aula del Senato. Tutti quelli che sono interessati facciano le loro osservazioni sull’articolo 1, sul comma 48. Ma devono chiedere una decisione, se no mi ritrovo l’architetto che dice “Ma no, noi dobbiamo risistemare le fontane, i monumenti”, e anche quella sarà una forma di tutela del decoro e della qualità urbana. Un altro dirà “Dobbiamo pensare solo a ricostruire le periferie”, altri vorranno solo abbattere e ricostruire. La rigenerazione è un concetto plurale. Io vorrei che arrivassimo a una decisione. Diceva De Gaulle: “Molte volte ho preso decisioni imperfette, ma una decisione imperfetta è meglio di una decisione mai presa”. Siamo pronti. Tutti hanno presentato i loro progetti. Meno gelosia individuale, io non ne ho. Sono pronto a ricevere tutte le osservazioni e le correzioni utili, però bisogna sollecitare la decisione, uscendo dal protagonismo dei singoli. Io non ho nessuna voglia di protagonismo, ho voglia di contribuire a una decisione che serve alle imprese, serve ai comuni, serve alle regioni, serve alla qualità della vita, serve a tutti gli obiettivi che questa legge vuole assicurare.
Bellotti. – 0:30:19 – Grazie mille. Dott. Giordano, tornando un attimo al mercato immobiliare: dal suo punto di vista, quali sono le iniziative innovative che vede emergere e, soprattutto, secondo lei, che cosa non può mancare in un progetto di rigenerazione urbana davvero vicino ai cittadini?
Giordano. – 0:30:40 – Devo dire che mi sento più vicino al mondo di Heinz, di Portofranco, dove vedo iniziare una cosa e succedere qualcosa, piuttosto che quando la politica mi racconta che cambierà il mondo.
Bellotti. – 0:30:48 – E però noi ci contiamo stavolta. Dopo 76 tentativi, magari quello buono.
Giordano. – 0:30:56 – Vi provo a raccontare un mio riferimento. È un periodo in cui, fra poco, iniziamo a parlare del caro affitto per gli studenti, precisi, perché arriva settembre. Noi due giorni fa abbiamo fatto il solito rapportino: anche quest’anno è aumentato. Più 5%, Milano, Roma, Bologna, non parliamo neanche così via. Però lì è vero che ci sono tante azioni in percorso. Addirittura nel PNRR ci sono fondi per aprire studentati. Penso che oggi abbiamo un tema molto più delicato che invece trascuriamo: i giovani lavoratori. E non perché i figli, gli studenti, siano fortunati; ci sono i genitori che pensano a loro. Penso ai giovani lavoratori per tante ragioni, una per il contesto. Arrivando qui, pieno di giovani. Io credo per tutti i volontari che ci sono qui. Se attingiamo al loro entusiasmo e alla loro energia, avremo un mondo migliore. Chiuso questo. Loro arrivano. Mettetevi nei panni del giovane lavoratore. Lui finalmente esce, finisce il suo percorso di studio, esce di casa e inizia ad avere una sua indipendenza. È un mondo bellissimo. Ha in mano il futuro. Poi, purtroppo, tipicamente si trovano nei capoluoghi, perché il mondo del lavoro, per dare le opportunità migliori, li ha aggregati nei capoluoghi, e iniziano a scoprire che abitare fuori di casa ai genitori è un problema. E aggiungo, loro non vorrebbero più chiedere, fa parte del loro percorso, cioè vorrebbero essere liberi. E lì si c’è la frattura, perché scoprono che alla fine vanno a lavorare per pagare quel malnato letto. Quel modello ideale dove, vabbè, puoi investire un terzo del tuo reddito nell’abitare, nelle grandi città si scontra che tu nel tuo abitare ci investi il 60-70%. Ovviamente questa è la frattura della scommessa sul futuro. Ti chiedi perché? A Milano c’è una bella esperienza, hanno iniziato a dire ok, abbiamo una serie di torri di uffici obsoleti; quindi, non più adeguate alla domanda dell’abitare di oggi, degli uffici di oggi che devono essere lead, super efficienti, comunque dovrei metterci mano e forse potrei fare un progetto diverso. Allora in concordo con le istituzioni hanno detto cambiamo la destinazione d’uso, facciamo entrare in residenziale, ma lo offriamo ai giovani lavoratori in locazione. Il vecchio affitto a camere. Quindi prendo, costruisco appartamenti, tu hai il tuo spazio privato, camera e bagno, e poi hai un primo spazio di condivisione che è soggiorno e cucina. Secondo livello di condivisione, gli spazi per lavorare, lo smart working cresce, una palestra. Tu crei un ambiente in locazione con un affitto agevolato, con una qualità dell’abitare alta, perché attenzione, chi trova affitto a casa da giorno di studente in città di Milano ha una qualità bassissima, o è così o niente. L’improvviso crea un ambiente e aggiungo fortuna dei progetti. Si sono resi conto che dare per un datore lavoro e dare casa non è un benefit, quindi non ha l’onere fiscale contributivo; quindi, è un vantaggio per il datore lavoro. Pensate, stiamo tornando alla fine dell’Ottocento, dove il datore di lavoro illuminato creava il villaggio. L’improvviso, un’operazione che era business to consumer, quindi offre una locazione alle persone, è diventata business to business, offre a un datore di lavoro delle soluzioni abitative per i loro lavoratori. Pensa a quanto è motivante per un suo dipendente. Ovviamente, cos’è il lato bello? È un vero progetto iniziato con partenariato, istituzioni hanno seguito il progetto e l’impresa privata, perché è il privato che realizza le cose, non viviamo in altri mondi, hanno portato in vita una soluzione che è veramente richiesta per la scommessa sul futuro.
Bellotti. – 0:34:20 – Grazie mille. Beh, dott. Abbadessa, le ha tirato un assist pazzesco, partenariato, e quindi ci racconti il progetto di rigenerazione urbana dell’area Ex Trotto a Milano. Tra l’altro, avete portato qui una mostra in Compagnia delle Opere bellissima, che invito tutti a vedere. Per chi non è di Milano, l’area dell’Ex Trotto è un’area che ha avuto diversi problemi. È una zona di confine tra Piazzale Selinunte, che è una zona con alcuni disagi, e una zona invece più benestante vicino allo stadio. Ci racconta come un esempio concreto di urbanistica può generare un valore sociale tangibile?
Abbadessa. – 0:35:08 – L’area dell’Ex Trotto aveva dei problemi, ma grazie a noi li abbiamo superati. Mi fa molto piacere il commento perché noi siamo stati tra i primi a rifunzionalizzare degli edifici che non erano più aderenti a quella domanda e a trasformare l’esigenza abitativa. Siamo stati tra i primi a fare case per studenti, case per giovani professionisti, case per i professori che fanno il dottorato, gli specializzandi negli ospedali, che sono tutti lavori, i primi lavori dove, se non c’è l’abitare, non sono più competitivi. L’Ex Trotto è il nostro progetto più importante, ci teniamo molto perché è stato il primo progetto in cui il Comune di Milano ha dato in dotazione una volumetria in più a patto che noi avessimo degli affitti calmierati. Non sociali, quindi non i 75 o i 50 euro a metro quadro, ma i 150 euro a metro quadro, che sono il 50% di quanto si affitta in zona, che è circa 300 euro a metro quadrado. E noi abbiamo cercato in piccolo, è un progetto da 300 milioni, ci sono 1600 appartamenti, di cui il 50% sono in vendita e non lo facciamo, noi abbiamo ceduto il terreno perché a noi interessa più la locazione nel lungo termine. Ci sono 300 unità per gli anziani, dedicate solo agli anziani, e 500 unità abitative che hanno sia uno scopo finale per le famiglie sia per tutta quella fascia di ingresso al lavoro che è fondamentale. La vera differenza secondo noi rispetto a tante altre iniziative fatte anche da noi in passato è che in questo progetto non c’è solo l’abitazione, ma c’è l’abitazione in affitto a canone calmierato, c’è un centro sportivo, c’è un’area mercatale dove verrà fatto non un centro commerciale ma il riuso delle botteghe storiche date a canoni calmierati. C’è per gli anziani un presidio sanitario proprio al piede dell’edificio per la prima emergenza. L’educazione: uno dei nostri edifici bellissimi, anziché farci la speculazione di appartamenti in vendita, abbiamo deciso di ristrutturarli e darli a Portofranco perché, all’interno della nostra offerta di domanda, chiaramente nel lungo termine avere anche il doposcuola (e doposcuola è riduttivo però mi esprimo così per farmi capire) lì in zona dove magari gli stessi anziani che abitano da noi possono svolgere loro una funzione e quindi avranno uno sconto sull’affitto, mettendo in pratica quello che è la città dei 15 minuti. Perché il dramma di queste idee normative, e le definisco filosofiche perché c’è della filosofia dietro, è che poi non rimangono aderenti. Il disegno di legge ce ne saranno fatte mille, io sono super contento e se possiamo dare una mano la daremo, qualunque questo sia. Non lo conosco neanche nel merito, lo conosco ma non nel merito, perché è chiaro che serve uno svecchiamento. È impossibile oggi applicare la stessa normativa che c’era dopo il 1948 quando le città erano completamente diverse. Aveva un senso fare le case popolari da un lato, gli uffici da un altro, lo sport da un altro. Oggi è chiaro che la città è molto più integrata. Quindi sono assolutamente favorevole anche a quello che è la città dei 15 minuti se non rimane qualcosa di teorico, ma diventa realtà. Io penso che peraltro l’Italia, proprio l’Italia nel merito, tutte le città italiane siano molto ben predisposte a questo tipo di iniziativa. Pensate che a Milano, oggi, in zone tipo via Washington, chi conosce Milano, che è una zona assolutamente centrale, c’erano le fabbriche, proprio nel comune di Milano. Chiaramente oggi quello è inattuale, una rifunzionalizzazione di quegli edifici rende la città più moderna, più viva. Tutte le altre città europee l’hanno fatto creando nuovi quartieri. Invece noi abbiamo un grande vantaggio: non dobbiamo creare nuovi quartieri, ma dobbiamo rifunzionalizzare. Quindi il disegno normativo ha assolutamente tutto il senso del mondo ed è proprio il momento giusto. Non sprechiamo questa opportunità.
Bellotti. – 0:39:50 – Grazie a voi per averci dimostrato che è possibile. Dott. Bonfanti, quindi il Municipio 7, che è quest’area dell’Ex Trotto, è noto alle cronache soprattutto per essere in cima alla classifica dei quartieri per indice di svantaggio educativo. È quindi assolutamente necessario Portofranco. Quali sono le prossime tappe a breve?
Bonfanti. – 0:40:17 – Allora, innanzitutto a me pare che il progetto di riqualificazione che stanno portando avanti Heinz, l’amico Mario Abbadessa, sia veramente un esempio per tutta Italia, un esempio di collaborazione profit-non profit, un esempio di come l’emergenza educativa di cui tutti parlano sia anche nella testa di chi pensa le città. Non solo nella testa di noi professori, non solo nella testa dei genitori, ma nella testa di chi pensa la città. Perché pensare la città, ripensare un quartiere come una comunità, è rispondere alla domanda che diceva il Papa, che per educare un ragazzo occorre un villaggio, che sia una comunità, che ci siano degli anziani. Come noi, Portofranco è famoso per l’aiuto ai ragazzi, ma io sono stupito nel vedere tanti giovani anziani, mi piace chiamarli anziani perché sono di uno spirito più giovane di me e di tanti giovani che ci sono, che vengono e che aiutano. Allora che ci sia questa integrazione in una zona pericolosa come la Zona 7… È una cosa che mi affascina quando, conoscendo per puro caso qui al Meeting di Rimini, Mario ha progettato, ha indicato, ha detto: “Questo è un grande esempio”, un esempio anche di che cos’è la Compagnia delle Opere, una compagnia che su profit-non profit si aiuta. E allora io sono entusiasta di poter, anche per la gratuità con cui ci offre lo spazio, collaborare in una zona così di Milano. I prossimi passi iniziano già da settembre, con cui vogliamo iniziare un piccolo doposcuola in una struttura scolastica per le scuole medie, proprio per iniziare a farci conoscere nell’ambiente, integrare, incontrare anche i senior che ci sono lì, per poter rilanciare questo grande progetto da cui ci aspettiamo molto per quello che può accadere, ma secondo me come esempio di come anche nel pensare una città si possa avere innanzitutto l’approccio educativo, che è l’approccio per cui un uomo vive e si incontra con l’altro uomo.
Bellotti. – 0:42:39 – Bellissimo, quindi ci racconterete poi l’impatto sociale tra qualche mese in questo bellissimo progetto intergenerazionale. Architetto Capocchin, allora, parlavamo di una data che segniamo tutti in agenda: il 22 ottobre, Sala della Regina in Parlamento. Ci presenta questo libro che raccoglie tutte le esperienze e che vuole essere una sollecitazione alla politica. Al senatore qui, che cosa vuole chiedergli?
Cappocchin.– 0:43:05 – Sì, intanto riparto dall’intervento di Mario Abbadessa che naturalmente ho molto apprezzato. C’è solo un piccolissimo particolare che ha detto all’inizio del primo intervento: la città dei 15 minuti non è uno slogan. Purtroppo in Italia viene molto spesso considerata così, poi lei nella sua illustrazione ha dimostrato che non è uno slogan. Però lo dico perché tantissimi pensano che sia uno slogan. Carlos Moreno non è un urbanista o un architetto; se fosse un architetto potrebbe anche essere fantasioso, ma Carlos Moreno è un matematico che insegna alla Sorbona, ha un’équipe molto forte ed è legato con le più importanti università del mondo che stanno trattando questo argomento. Lo sta affrontando con C40 Cities, che ne ha fatto l’elemento centrale. C40 Cities, delle cento metropoli importanti al mondo, si basano sulla “città dei 15 minuti”. Quindi non è uno slogan, e questo è estremamente importante. In pratica, in estrema sintesi, la città della prossimità o delle “prossimità felici”, come le chiama proprio Carlos Moreno perché poi dobbiamo trovare la felicità nel vivere la città, rappresentano progetti di città vivibili a misura d’uomo, nelle quali muoversi prevalentemente in modo attivo, cioè a piedi, in bicicletta o con mezzi pubblici a basso o zero consumo di CO2, economicamente dinamiche, rispettose dell’ambiente, socialmente inclusive e culturalmente vivaci. Città policentriche che avvicinano i servizi, riducono le disuguaglianze e migliorano la coesione sociale, generando valore aggiunto alla qualità della vita delle persone. È un progetto estremamente complesso e il libro non a caso è scritto a oltre 20 mani di specialisti internazionali, italiani e stranieri, su questa specifica materia perché la città è un organismo complesso e non è soltanto un fatto urbanistico, economico, sociale o ambientale, ma è tutte queste cose messe insieme. Quindi bisogna trovare l’integrazione, perché non basta portare avanti uno di questi elementi, bisogna portarli avanti tutti insieme, e questa è la complessità. Per questo abbiamo bisogno di leggi che ci permettano di fare questo tipo di azioni. Io credo che, come diceva il senatore prima, è meglio una legge che magari può essere anche successivamente migliorata, ma facciamo una legge che comunque dia delle linee guida chiare. Tra parentesi, che non c’entra niente con questo tema specifico, ma io ho letto un passaggio che mi è piaciuto molto, come professionista, quando dice che non possiamo essere soggetti all’interpretazione delle leggi che cambiano dai singoli funzionari dello stesso comune perché la legge non è chiara sotto questo profilo. C’è un passaggio esatto che dice esattamente questo. Cioè l’importanza della certezza è fondamentale anche per l’economia e qualsiasi investitore deve avere la certezza dei tempi. Io non dico che i tempi devono essere veloci, perché a volte ci vuole tempo, però dobbiamo essere certi. La certezza dei tempi c’è soltanto quando ho delle leggi di univoca interpretazione. Mi auguro che la legge di Maurizio Gasparri possa andare in questa direzione. Il nostro contributo con il libro è di fare poi un salto più avanti, pensare a quelle città del futuro che sono ineludibili, perché noi non possiamo continuare a consumare la nostra impronta ecologica. Abbiamo già esaurito tutta la disponibilità del pianeta già a luglio, abbiamo consumato tutto. Non possiamo continuare in questa maniera, assolutamente, per cui dobbiamo muoverci in questa direzione. Quindi grazie per questa volontà che ci avete dato di essere qui come Consiglio Nazionale.
Bellotti. – 0:46:38 – Grazie a lei per le sue sollecitazioni. Senatore Gasparri, quindi ci racconti il progetto che sta portando avanti perché vogliamo superare questa legge del 1942?
Gasparri. – 0:46:46 – Allora, intanto ringrazio tutti per l’attenzione. Io non voglio fare una legge di Gasparri, voglio fare una legge plurale. Lo dico in un contesto come quello della Compagnia delle Opere, della CDO, del Meeting, che fa del “noi” un’affermazione che viene prima e che è più importante dell'”io”. Tant’è che ho detto prima che a volte trovo difficoltà in alcuni protagonismi altrui perché alcuni ritengono che sia materia per specialisti. Io non sono uno specialista in urbanistica o in architettura, sono uno specialista in politica, questo sì, cosa che viene considerata un difetto, ma dopo gli improvvisati della politica degli ultimi anni capire che anche la politica richiede una certa competenza e consuetudine. Nessuno andrebbe da un meccanico incompetente a riparare una macchina, nessuno andrebbe da un dentista che non sa come curare un dente, non si capisce perché il politico si possa improvvisare. Lo può fare il generale che non ha più obiettivi di carriera o i personaggi vari. Io credo che una certa competenza serva. Prima si parlava della politica che non deve risolvere i problemi dell’umanità. Nel mio ufficio ho una frase appesa: “Tutti vogliono salvare il mondo, nessuno vuole aiutare la mamma a lavare i piatti.” Io ricevo da decenni molte persone che hanno la riforma fiscale perfetta, la riforma della sanità che farà parlare i muti e vedere i ciechi, come diceva la canzone di Lucio Dalla. Io incontro portatori di perfezione da alcuni decenni, ma osservo con scetticismo. Se fosse così avresti già realizzato; se uno è un genio non ha bisogno di parlare con me. Bisogna “lavare un po’ di piatti”, che metaforicamente vuol dire affrontare i problemi. Questa legge serve per poter andare incontro a un’omogeneità di indirizzo nazionale, una semplificazione, collegare ai fondi del PNRR, perché ci chiediamo a volte se riusciremo a spenderli tutti, sono ingenti, perché sono arrivati tanti soldi una volta sola. Ora il dilemma è il 2026, e domani forse l’Europa farà bene a darci, si fanno tante proroghe sbagliate, tanti rinvii sbagliati. In questo caso, darsi un paio d’anni di orizzonte in più vuol dire utilizzarli tutti, e non che arriva come nei quiz televisivi di una volta, l’orologio dice: “È finito il minuto, ha girato e basta, o hai risposto o non hai risposto.” Nel merito, io ritengo che tutti i contributi siano importanti, ma riassumo brevemente cosa accadde. Nella scorsa legislatura, il ministro Giovannini diede l’input per fare un testo comune. La maggioranza del governo Draghi vedeva tutti dentro: grillini, destre, sinistre, iperambientalisti. Era difficile riuscire a trovare una sintesi. In questa legislatura ho presentato un testo che era la sintesi migliore di quel lavoro precedente. Molti hanno presentato altri testi, siamo agli emendamenti, come ricordavo prima. Si presentino, tutti gli interessati si facciano sentire. Prima la nostra conduttrice ha ricordato una cosa su cui ci siamo confrontati prima: l’associazione dei costruttori, nella sua assemblea di luglio, ha detto che siamo al settantaseiesimo tentativo di riforma in materia. Io non voglio che sia questo quello giusto, ma che almeno il settantasettesimo. Non lo so, ci dobbiamo arrivare perché serve per evitare l’illusione del bonus, superbonus, che è talmente super che alla fine ci ha lasciato una montagna di debiti. Era talmente generoso che alla fine dei problemi ci sono. Noi abbiamo fatto a suo tempo degli incentivi per le ristrutturazioni con il 50% di rimborso spalmato in 10 anni, che era più credibile. Abbiamo i problemi delle periferie, abbiamo i problemi che ho già citato, non mi dilungo, delle emissioni, del contenimento degli sprechi e dei consumi energetici. Questo testo sintetizza molte di queste esigenze. Abbiamo nelle grandi città, io conosco bene Roma perché ci sono nato e vissuto. Nel giro di due chilometri, facendo con un compasso sulla mappa di Roma, due chilometri intorno alla stazione Termini, abbiamo decine di siti abbandonati. Non c’è bisogno di andare in periferia: fabbriche abbandonate, la ex penicillina, chi conosce Roma lo sa, un sacco di spazi. Poi sarà il comune a decidere se ci fa una scuola o un teatro, una casa o una caserma, ma questi spazi riutilizziamoli. Altrimenti, poi diciamo “non facciamo il consumo del suolo” e lasciamo pezzi di suolo occupati da capannoni fatiscenti nel centro delle città, non nelle periferie, dove poi abbondano i capannoni. Quindi io parto e concludo da una logica del fare e del decidere. Non mi interessa il nominalismo. Che io abbia cercato di sollecitare una decisione, lo sanno tutti gli addetti ai lavori. Però chiedo agli addetti ai lavori una spallata, una spinta legittima, perché poi il Parlamento è l’espressione dei cittadini. Il lobbismo positivo, cioè il chiedere una decisione nell’interesse comune, non un favore per la propria azienda, è una cosa positiva, è la democrazia, è la catena di comando, è l’elettore che si fa legislatore chiedendo una risposta. Siccome è un tema che nel turno deve andare a decisione, sarà mia cura farvi una cronaca e chiedervi anche aiuto per rimuovere alcuni protagonisti che rischiano di tardare. Poi, nel merito, siamo aperti a tutte le osservazioni utili perché vogliamo una decisione per attivare imprese, recuperare spazi, migliorare la qualità dei luoghi dove viviamo.
Bellotti. – 0:52:45 – Grazie mille senatore, credo che la filiera edilizia di C.D.O. sia pronta a lavorare per arrivare, insomma, in tempi più rapidi possibile, veramente a una nuova legge. Io ringrazio i relatori per tutti i contributi e gli spunti che ci hanno dato questa sera e vorrei chiudere con un invito a tutti coloro che sono presenti in sala ad andare a visitare la mostra che è qui nel Padiglione C.D.O., la Mostra “Design for Peace”, che è stata realizzata dal Consiglio Nazionale degli Architetti. È un progetto nato subito dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, per sostenere i colleghi architetti ucraini. Si è concretizzato in due fasi: una prima fase di accoglienza degli architetti, o meglio delle architette, perché gli uomini sono stati richiamati a difendere la patria; le architette sono arrivate qui e hanno potuto essere accolte negli studi in Italia e proseguire la professione. Un secondo step è iniziato subito dopo e si è iniziato a lavorare sui progetti di ricostruzione per mantenere vivo il seme della speranza. Li potrete poi vedere qui illustrati nella mostra. Io chiamo per chiudere qui sul palco Anastasia Zolotova, direttrice dell’Associazione Amici di M-House di Milano e della ONG M-House di Kharkiv, perché abbiamo capito che non c’è progetto di ricostruzione che possa prescindere dalla persona. La centralità della persona è un elemento fondante di Compagnia delle Opere, e quindi chiediamo a lei due parole per chiudere questo bellissimo incontro.
Zolotova. – 0:54:28 – Grazie mille. Spero di riuscire, in due parole, a dire qualcosa di essenziale. Volevo collegarmi anche agli interventi precedenti rispetto allo spazio della casa che è lo spazio sicuro, perché infatti per noi, per gli ucraini, dopo lo scoppio della guerra, la casa è diventata in tutti i sensi lo spazio non sicuro. Ancora di più, poi, anche per tanti la domanda “Dove è in questo momento la mia casa?”, “Dove sarà la mia casa?”, “Dove posso costruire la mia casa?” è molto drammatica. E infatti bisogna avere tanto coraggio per pensare di ricostruire o costruire una propria casa in Ucraina, lo dico anche personalmente come domanda, e anche come domanda di noi di M-House, che siamo una piccola ONG di Kharkiv. Come è stato già detto, una parte di noi è venuta qui in Italia perché abbiamo qui tanti amici, anche qua presenti, per cui abbiamo deciso di mettere in salvo i ragazzi con disabilità di cui ci occupiamo. Rispetto alla ricostruzione, io penso questo: da un lato, non pensate che l’Ucraina sia tutta distrutta, perché io so che qua, da alcune immagini che ci sono nei giornali, sembra che tutte le città siano distrutte. Da un lato dico, fisicamente non è così. È vero che ci sono alcune città sulla prima linea che tanti di voi probabilmente hanno sentito che sono state rase al suolo, non ci sono più le persone, ci sono solo le case bruciate, e in alcuni casi non ci sono neanche le macerie di queste case perché la terra è completamente distrutta. Invece, Kharkiv, che è una città molto grande, quasi sulla prima linea ma non proprio una città dove si combatte, è come Milano, grande. Milano in questo momento per cui le dimensioni sono più o meno le stesse. È una città dove sì, ogni tanto arrivano 10 missili, 15 missili ogni giorno, ma colpiscono punti molto precisi: le case, le stazioni elettriche, tutte le infrastrutture, ma comunque poi si va, si raccolgono le macerie e si riparte ogni giorno. Per cui io volevo dire questa cosa che è molto, secondo me, importante: la ricostruzione umana che deve andare insieme alla ricostruzione di infrastrutture, di ponti, perché tutto il popolo ucraino effettivamente è molto ferito ormai da più di due anni di guerra. C’è anche tanta fragilità che diventa ancora più fragile con la guerra. Noi, per esempio, a Kharkiv, abbiamo alcune famiglie con figli con disabilità che non sono potute andare via o non vogliono, non possono. Ci sono solo le mamme, i loro mariti combattono, ma innanzitutto noi, come M-House, vogliamo fargli compagnia per poi, quando finirà la guerra, dire “Ricostruiamo insieme”. Ma prima di ricostruire le città, le case e le infrastrutture, bisogna ricostruire l’umano. Per cui il mio invito è questo.
Bellotti. – 0:58:01 – Grazie mille Anastasia per averci richiamato all’essenziale, che è anche il titolo di questa edizione del Meeting di Rimini. Io ringrazio ancora i nostri ospiti e auguro a tutti una buona serata.