COMPETENZE, TALENTI E PARTECIPAZIONE AL LAVORO

In diretta su Askanews

Marco Ceresa, Group Chief Executive Officer Randstad Italia; Manuela Kron, Direttore Corporate Affairs & Marketing Consumer Communication del Gruppo Nestlé in Italia; Mauro Nori, Capo di Gabinetto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; Luigi Sbarra, Segretario Generale Cisl; Stefano Scaroni, Amministratore Delegato Gruppo Deles. Modera Cesare Pozzoli, Avvocato giuslavorista.

L’attuale carenza di lavoratori e competenze qualificate interessa le aziende di tutto il mondo. Sono molteplici le cause che hanno contribuito in questi anni ad alimentare il fenomeno: incapacità del lavoro di soddisfare pienamente la realizzazione personale, disallineamento rispetto ai valori di riferimento, flessibilità e work-life balance, ambizioni professionali frustrate, difficoltà a adattarsi ai cambiamenti tecnologici. Come agire per rispondere tempestivamente alle nuove istanze e necessità al fine di attrarre e trattenere i talenti?

Con il sostegno di Randstad, CISL, Nestlé, Fondazione Istituto Tecnico Superiore per le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione, Università Marconi, e Diatech Pharmacogenetics.

COMPETENZE, TALENTI E PARTECIPAZIONE AL LAVORO

COMPETENZE, TALENTI E PARTECIPAZIONE AL LAVORO

 

Domenica, 21 agosto 2023 ore: 19.00
Sala Conai A2

Partecipano:

Marco Ceresa, Group Chief Executive Officer Randstad Italia; Manuela Kron, Direttore Corporate Affairs & Marketing Consumer Communication del Gruppo Nestlé in Italia; Mauro Nori, Capo di Gabinetto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; Luigi Sbarra, Segretario Generale Cisl; Stefano Scaroni, Amministratore Delegato Gruppo Deles.

 

Modera:

Cesare Pozzoli, Avvocato giuslavorista.

 

Pozzoli. Buonasera a tutti, ai nostri illustri relatori presenti Marco Ceresa, Mauro Nori, Luigi Sbarra, Stefano Scaroni, Emanuela Cron che poi presenterò più dettagliatamente. Possiamo fargli un applauso già al pubblico presente e al pubblico collegato, ormai i collegamenti sono una modalità usuale utilizzata dal Meeting in questi anni, e posso dire anche una modalità usuale di lavorare, forse poi i nostri relatori toccheranno anche questo aspetto.

Il titolo è un titolo stimolante e molto sfidante: competenze, talenti e partecipazione al lavoro e vorremmo affrontarlo in modo schietto, un po’ nello stile del Meeting, chiedendo ai nostri relatori a partire dalla loro esperienza, dalla loro competenza in vari ambiti nelle aziende, nelle istituzioni, nel sindacato, come vedono, come approcciano e come vivono tutti i giorni questa sfida, questa grande tematica. Grande tematica perché è di qualche settimana fa una notizia per cui il 33% dei lavoratori in Italia medita di cambiare lavoro entro i prossimi 12 mesi perché insoddisfatta del posto di lavoro che occupa. Stiamo parlando di circa 6 milioni di persone e, dato comparso ieri su un prestigioso quotidiano nazionale, nell’ultimo anno da delle ricerche fatte, su 100 posti di lavoro cercati dalle aziende 47 posti quindi il 47% dei posti disponibili non sono trovati; quindi, metà delle persone le aziende cercano e metà delle persone che cercano non riescono a essere trovati. Quindi sono dati estremamente importanti e che fanno molto riflettere perché come si può fare ad attrarre dei lavoratori nelle aziende: c’è un tema, c’è stato il tema della pandemia c’è stato il problema del Miss-matching c’è stata una crisi identitaria anche nelle aziende, una ricerca di una maggiore flessibilità nel lavoro. Le cause sono tante, ce le diranno credo dal loro qualificato punto di vista, i nostri relatori. Nello stile del dialogo, sarà un dialogo, quindi un primo giro di tavolo e poi un’interlocuzione e anche una domanda finale. Credo che questo tema riguardi sì i lavoratori che le aziende, che poi sono fatte da persone. Cosa attrae veramente un lavoratore in un’azienda e che cosa fa lavorare. Che cosa spinge una persona a mettersi al lavoro, a cercare un lavoro; anche qui, ci sono dati in leggero miglioramento, è vero, ma ancora oggi circa 3 milioni di persone dai 15 ai 29 anni, i cosiddetti Neet, non stanno lavorando, non stanno studiando, non stanno cercando nessuna occupazione. Stiamo parlando di 3 milioni di persone. Che cosa attrae? Che cosa mette in moto? Che cosa mette al lavoro? Anche questo è un tema importantissimo. Qualche giorno fa una responsabile del personale di un’azienda multinazionale che diceva sul titolo, Cesare, noi i lavoratori li dobbiamo attrarre e non acquistare, conquistare, conquistare e non acquistare. Ecco. Questo è il vivo della incontro e io quindi, un po’ nello stile del meeting, perché ha una domanda di questo genere credo che non si possa rispondere se non anche guardando alle relazioni nelle aziende, perché appunto le aziende sono fatte da persone e un lavoratore, forse ce lo diranno meglio i nostri relatori, cerca anche delle relazioni, cerca dei rapporti, no? Il tema dell’amicizia e il tema di quest’anno e in fondo anche il tema del Meeting dell’amicizia tra i popoli. E allora entro subito nel merito e domando a Marco Ceresa dal suo punto di vista, lui è CEO da tantissimi anni, una lunghissima esperienza fin dall’inizio del cosiddetto lavoro interinale della somministrazione dei servizi al lavoro, lavora CEO di Rasta d’Italia, come vede dal suo punto di vista questa sfida e come risponderebbe a questa domanda.

 

Ceresa. Allora grazie Cesare. La domanda è che cosa attrae le persone? E la risposta che mi viene più spontanea è dipende da quale persone tu vuoi attrarre. Ma prima di entrare nel discorso dell’attrazione devo dire che ci sono tre mega Trend nel mercato del lavoro che sono molto importanti. Il primo mega trend è quello della demografia: conosciamo tutti le persone che vanno in pensione sono molto più numerose rispetto alle persone nuove che entrano nel mercato del lavoro per cui le persone sanno che hanno tante possibilità di trovare un buon lavoro; secondo mega trend che i lavori sono sempre più specializzati. Qualsiasi lavoro, dall’idraulico a chi fa il controllo di gestione, qualsiasi lavoro è più specializzato, per cui c’è bisogno di molta più formazione per le persone, perché le aziende cercano persone che sappiano fare bene un determinato lavoro. Spesso anche con dei diplomi che possono darti l’opportunità di fare certi lavori. Il terzo mega trend è la digitalizzazione e l’informatizzazione. Hai visto anche venendo a questo meeting qualche anno fa si entrava un pezzetto di carta e si era dentro. Oggi invece bisogna prendere un’app, applicare e non tutti sono aggiornati da questo punto di vista, per cui noi agenzie per il lavoro dobbiamo ad esempio formare molto le persone verso la digitalizzazione. Ma tornando alla domanda Che cosa attrae le persone? La mia risposta è stata dipende, perché dipende a chi tu stai con chi tu stai parlando e chi tu vuoi attrarre. Noi come Randstad ogni anno facciamo una ricerca e andiamo a chiedere alle persone che cosa è importante per loro in questo momento e la prima cosa che ti posso dire è che negli anni vediamo delle variazioni. C’è stato il momento in cui la sicurezza del lavoro era importante, oggi lo è meno. C’è stato il momento in cui per esempio era importante l’equilibrio tra vita privata e vita lavorativa, c’è stato il momento in cui i soldi e la carriera erano importanti. Oggi c’è qualche cosa di diverso che è questo: cioè, le persone, queste soprattutto sui giovani, le persone che cosa cercano? Cercano un equilibrio lavoro – vita privata che sia un equilibrio per loro soddisfacente. Le prime domande, è già da qualche anno che le persone ci chiedono: ci date lo smart Working oppure no? E quando noi inviamo delle persone presso un’azienda la prima domanda che ci fa il candidato è: Ma qual è la politica dello Smart Working di questa azienda? Questo però vale per i giovani. Se vai a vedere quello che invece chiedono le persone che hanno già più esperienza, magari sono meno interessate, per cui mi fa rispondere alla tua domanda dicendo: guarda che è molto importante parlare con le persone, capire in che momento della loro vita sono e capire che cosa la tua azienda può offrire a queste persone. Sempre per i giovani, ad esempio, la visibilità del percorso di carriera è molto importante. Sempre di più le persone ti chiedono: che cosa devo fare per raggiungere una certa carriera per diventare quadro, per diventare dirigente, e accettano il fatto di avere delle sfide: se fai questo riuscirai ad essere quadro, se fai quest’altro riuscirai ad essere diciamo un dirigente. Quello che però le persone hanno capito, e questo un po’ vale per tutti, è che chiedono alle aziende di dare a loro una formazione di qualità, perché hanno capito che quello che loro sanno oggi probabilmente non sarà valido tra qualche anno; perciò, bisogna sempre formare le persone e dare formazione di qualità. Ma una volta che hai attratto una persona, devi sapere che noi abbiamo notato in questi ultimi mesi anni, che tante persone cambiano immediatamente lavoro oppure chiedono di rientrare nell’azienda di origine perché quello che è stato promesso a loro non è stato poi mantenuto. E qui c’è un altro tema importante. Tu devi attrarre le persone, ma non puoi dire bugie, non puoi descrivere la tua società come una società in cui le relazioni tra colleghi sono magnifiche e poi entri dentro e trovi invece una lotta diciamo senza limiti. Perciò è molto importante essere estremamente coerenti e da questo punto di vista la leadership è importantissima, perché tu devi fare in modo che le persone si trovino ad avere a che fare all’interno delle aziende, con delle persone che sono integre, corrette. Solo così tu riuscirai ad attrarre altrettante persone integre e corrette. Sommando, quello che chiedo sempre ai miei colleghi è: siate inspiring, cioè, date forza alle persone, date energia, siate integre, comportatevi correttamente, fate quello che dite, non cercate sotterfugi e poi siate il più competenti possibili, perché le persone amano avere a che fare con le persone competenti. Per cui su questi tre temi bisogna continuare a lavorare all’interno della nostra azienda per poter attrarre e trattenere le persone. Ti ho risposto?

 

Pozzoli. Sì bene, è l’abbrivio della seconda domanda che pongo a Mauro Nori, capo di Gabinetto del Ministero del Lavoro. Benvenuto. Già direttore generale della Consob, ma già con una lunga esperienza al Ministero. Dal suo osservatorio istituzionale: come vede questa tematica e magari qualche reazione sui punti toccati da Ceresa e come vede questa questo dato imponente del mismatching tra domande e offerta di lavoro.

 

Nori. Allora Buonasera. Allora io inquadrerei subito il problema dando un segnale positivo. I dati sull’occupazione. Dal giugno del 2022 al giugno del 2023 abbiamo più 385.000 nuovi posti di lavoro la cui maggior parte sono contratti a tempo indeterminato. Abbiamo una riduzione della disoccupazione di 178.000 unità e una riduzione del tasso di inattività, ovvero della categoria demografica dai 15 ai 64 di 280.000 unità. Perché dico questo? Perché l’economia italiana ha dimostrato, alla conclusione dello shock pandemico, di avere una capacità reattiva, anche nell’ambito del mercato del lavoro, molto importante. Chi parla bene oggi, parla di resilienza. I fenomeni che lei ha citato e che bene ha descritto il presidente Ceresa, però fanno riflettere e fanno riflettere perché noi abbiamo due elementi che caratterizzano il mercato del lavoro ovviamente sotto questo punto di vista. Il primo è il più importante, è quello del cosiddetto inverno demografico: per dare un po’ di dati dal 23 al 27 si stima che l’Italia avrà bisogno di tre milioni e 800.000 nuovi lavoratori, di cui 2 milioni e 700 mila in sostituzione di quelli che cesseranno. E l’aspetto demografico non è un aspetto che, diciamo così, si risolve con azioni congiunturali necessariamente. Quindi questo è un grande tema sul quale noi dobbiamo riflettere, ovviamente dal punto di vista anche sistemico, perché non è solo il mercato del lavoro, ma è un po’ il modello di società a cui noi dobbiamo far riferimento rispetto al mercato del lavoro. L’altro fenomeno interessante è quello del cosiddetto mismatch, ovvero una sorta di rovesciamento della regola dell’economia classica, in cui da una parte c’è un’alta domanda, dall’altra c’è un altro tasso di offerta, ma questo non si incrociano necessariamente con facilità. Abbiamo un elevato quantità di vacancies, per quelli che parlano inglese, ovvero richiesta di posti di lavoro, un’elevata disoccupazione o di giovani che cercano lavoro, e questi due aspetti non si incrociano. Perché? Allora il presidente Ceresa ha fatto un riferimento che a me sta a cuore particolarmente: questo processo di sempre maggiore specializzazione. Allora, siccome a me piace sempre contestualizzare i problemi, il nostro ambiente socioeconomico, non è solo un tema italiano, forse l’italiano alcuni accenti maggiori, vive su due costanti che influenzano il nostro vivere, la nostra società è la nostra economia questo processo di sempre maggiore specializzazione e l’accelerazione del tempo. Sono effetti, guardate che non sono di ieri, il processo di specializzazione inizia 190.000 anni fa con la prima grande rivoluzione umana: la rivoluzione agricola. Quando l’uomo inventa il lavoro, prima della rivoluzione agricola l’uomo diciamo così la sua attività era per procacciarsi cibo ed era cacciatore e raccoglitore, la rivoluzione agricola. Quindi con l’invenzione della specializzazione dell’attività, l’addomesticamento del territorio, ha determinato i primi conglomerati urbani, diremmo oggi, e quindi la specializzazione dell’attività, la necessità di strumenti regolatori che non siano semplificati con l’eliminazione fisica del problema e quindi il primo embrione di società. L’evoluzione ci porta fino al secondo grande break through rivoluzionario sotto il profilo dell’economia: la rivoluzione industriale, quando si sostituisce l’energia animale con l’energia meccanica. L’invenzione del vapore prima, dell’Elettricità poi, dona ai nostri sistemi economici una straordinaria capacità e potenza produttiva, energia. E c’è un effetto che si viene a determinare: nasce il tempo. Signori, il tempo nasce, il tempo coordinato universale, nasce nel 1884 a Washington quando una conferenza internazionale stabilisce che il luogo, il punto, il meridiano zero, deve essere il luogo rappresentativo dall’impero più importante che era l’impero britannico. Si stabilisce che Greenwich è il meridiano zero e da lì nasce il tempo coordinato, ed era una necessità perché l’incremento di velocità dei treni, delle navi a vapore, aveva la esigenza che ci fosse uno schedulario e quindi un tempo mondiale. Il tempo passa dal tempo naturale al tempo analogico. Nasce il tempo e da lì comincia ad accelerare anche dal punto di vista culturale. In Italia abbiamo il Futurismo che dice: l’estetica si arricchisce di un nuovo valore, la velocità. Non voglio citare Benjamin Franklin, che dicono che il tempo è denaro, quindi non va sprecato, l’evoluzione del calcolo computazionale, l’elettricità, pongono le basi per la terza rivoluzione: la rivoluzione digitale. I due effetti combinati, processo di elevata specializzazione e accelerazione del tempo, con i loro corollari da una parte l’elevata specializzazione comporta come elemento critico l’interdipendenza, e quindi effetti in cui le società diventano più coese, ma anche più fragili, e l’altro l’accelerazione del tempo in cui in rapida successione diventano obsolete modelli di business, competenze, filiere con un effetto che un sociologo di fama mondiale Bauman ha definito l’effetto liquido e quindi l’effetto di spaesamento. Allora Ecco come se noi collochiamo questo per scendere un po’ a terra, anche perché non vorrei sembrare futurista, ma il tempo è scaduto, assolutamente, è questo il meccanismo per cui diventa necessario che ci siano risposte sempre flessibili, ci siano capacità di dinamiche di aggiustamento delle competenze, per questo aggiungo che è antistorico presentare un modello legislativo sul salario minimo, proprio per gli effetti che ho appena descritto, cioè meccanismi di aggiustamento territoriali, di complessità, devono essere continui e poi su questo eventualmente ci tornerò alla fine. Grazie.

 

Pozzoli. Luigi Sbarra, segretario generale della CISL è arrivato un po’ trafelato perché rapito dai giornalisti credo sul tema proprio del salario minimo cui faceva riferimento adesso Mauro Nori, il tuo punto di vista da dalla tua appunto osservazione su questa grande domanda: una reazione su questo dibattito molto caldo sul salario minimo e poi, CISL sta promuovendo una proposta di legge sulla partecipazione dei lavoratori forse anche questa a che fare con il tema di questo incontro.

 

Sbarra. Quante ore ho?

 

Pozzoli. Hai 8 minuti. Poi ci sarà una replica.

 

Sbarra. Grazie buonasera. No, io penso, dall’esperienza nostra, nel campo sindacale che oggi sostanzialmente la persona cerca tre cose, guardando ad un’azienda: la prima è dignità, dignità di un salario giusto, di una retribuzione equa, possibilità di sentirsi un elemento centrale nella dinamica aziendale, anche in relazione alla qualità e alla stabilità del lavoro, dignità salariale retributiva qualità e stabilità del lavoro. Seconda priorità: è benessere lavorativo; le persone oggi sono alla ricerca di ecosistemi lavorativi sicuri, significa disponibilità dell’azienda di investire sulla formazione continua, ad impegnare la leva della crescita delle competenze, ad avere un sistema di welfare aziendale che accompagni la persona anche quando esce dal perimetro lavorativo. E poi sono alla ricerca le persone di forme di conciliazione vita – lavoro – tempo libero – genitorialità- lavoro agile – Smart working. Terza priorità, terza questione che registriamo molte volte anche nei nostri contatti, è protagonismo: la persona rifiuta di sentirsi solo un ingranaggio, ma vuole essere partecipe, vuole collaborare, vuole condividere, vuole concorrere, alle scelte agli indirizzi, alla gestione, anche alla possibilità di ripartizione degli utili e dei profitti dell’azienda. Queste sono le tre grandi questioni che colpiscono: dignità, benessere lavorativo, protagonismo. Oggettivamente sono questioni che entrano in contraddizione quando abbiamo bacini e platee di lavoratori deboli. C’è tanta povertà lavorativa, mi lasci dire: non si risolve con l’indicazione secca di una cifra sulla Gazzetta Ufficiale. È un’illusione: noi dobbiamo discutere di due grandi temi che oggi abbiamo aperti nel paese. Questa bruciante condizione salariale e retributiva, dobbiamo impostare politiche di crescita salariale e dobbiamo combattere il lavoro povero, andando a guardare dove si annida veramente la povertà lavorativa. Che significa discutiamo di stage, discutiamo di tirocini extracurriculari, discutiamo di part-time involontario: troppe donne chiedono più ore lavorate, discutiamo di false partite IVA, di cooperative spurie. Vogliamo o non vogliamo discutere in Italia finalmente di praticantato negli studi professionali dove giovani laureati vengono tenuti in ostaggio a 3/400 euro al mese? Allora discutiamo di questo. Io guardo con fiducia a questa prospettiva di una discussione che si sta aprendo tra maggioranza di governo e opposizione sul tema del lavoro povero, della precarietà lavorativa, della crescita salariale. Speriamo che questi temi siano affrontati con uno spirito bipartisan, lontano da demagogie, da furori ideologiche o di pratiche contrappositive e conflittuali e prevalga invece la responsabilità nell’indicare soluzioni importanti sul salario minimo. Io preferisco parlare di salario dignitoso, come lo indica l’Unione Europea, la Commissione Europea nella sua direttiva: dobbiamo discutere di salario dignitoso, di salario equo o minimo, facciamolo subito, per me, per la CISL la via è quella di rafforzare, consolidare, estendere la contrattazione collettiva. Una volta tanto che l’Europa ci indica come paese leader, qualcuno ci vorrebbe in Italia a convincere di lasciare il nostro patrimonio e la grande tradizione delle relazioni sindacali e contrattuali per inseguire esperienze dei paesi dove la contrattazione è stata sacrificata, smontata e avvelenata. C’è un problema salariale che dobbiamo affrontare, che significa ragionare sulla formazione sulle competenze, la vera crisi che oggi vedo in questo paese è la mancanza di competenze. Perché quando il sistema delle imprese ci manda a dire che cercano un milione di posizioni e non le trovano, significa che questo tema va affrontato alla radice con serietà, significa, per esempio, cogliere l’opportunità del Piano Nazionale di ripresa e resilienza che sulle politiche attive destino 5 miliardi di euro per governare il disallineamento domanda e offerta, per rilanciare i Servizi per l’impiego, in una logica diversa dal passato. Non c’è più il monopolio del collocamento pubblico. Se vogliamo fare vere politiche attive per il lavoro, significa ragionare su sistemi territoriali che facciano incrociare scuola, istruzione, impresa, centri per l’impiego, agenzie per il lavoro, ITS, formazione professionale accreditata, enti bilaterali. Noi dobbiamo cogliere questa opportunità: abbiamo le risorse per rilanciare i Servizi per l’impiego, per parlare di sistema duale significa riscoprire e valorizzare l’esperienza dell’apprendistato, la pratica delle alternanze scuola lavoro, significa costruire condizioni anche attraverso il fondo nuove competenze per sostenere le imprese che rimodulano l’orario di lavoro o adeguano le politiche degli orari in base alle specificità produttive. Ecco perché pensiamo che questo tempo oggi serva veramente per discutere dei cambiamenti del mondo del lavoro. Come sapete il lavoro si va sempre più popolarizzando tra alte qualifiche e basse qualifiche, la parola magica oggi è investimento sulla formazione, sull’apprendimento, sulle competenze. Mi lasci dire e chiudo: ancora vedo qualche mio collega che alza la bandiera anacronistica dell’articolo 18 o della reintegra. Oggi per la vita delle persone l’articolo 18 si chiama formazione, conoscenza, sapere, apprendimento, competenza.

 

Pozzoli. Grazie. Tanti temi toccati dai nostri tre relatori. Stefano Scaroni amministratore delegato del gruppo Deles, come vedi la questione dal suo osservatorio.

 

Scaroni. Ma allora prima di tutto noi come impresa dal punto di punto di vista dell’impresa nella nostra esperienza, abbiamo provato a fare un percorso partendo da un elemento un elemento per noi fondamentale che è l’ascolto. Perché a un certo punto ci siamo trovati di fronte alla necessità di guardare al futuro della nostra azienda con delle grandi difficoltà di fare una politica di retain dei nostri dei nostri talenti e guardare al futuro voleva dire iniziare a creare le condizioni per i nostri talenti, di poter in qualche modo essere protagonisti di un percorso. E abbiamo provato in più modi: venendo incontro alle loro richieste di carattere economico, in parte cercando di trovare delle formule contrattuali che potessero essere i loro gradimento, ma non sempre le risposte erano positive, e allora abbiamo pensato di elevare un po’ il livello di ascolto. Spesso e volentieri ci trovavamo di fronte a dover pensare alle strategie future della nostra azienda chiedendo all’esterno, a società di advisor in come meglio organizzare la strategia futura della nostra azienda e ci è venuto in mente di creare un Advisory board interno, costruito chiedendo agli under 28 che componevano la nostra azienda chiedendo loro di partecipare a una candidatura spontanea per diventare un team di Advisory della nostra della nostra società, sia in Italia questo l’abbiamo fatto, che in altri paesi. La risposta è stata oltremodo positiva perché per la prima volta ci siamo trovati di fronte a occhi affamati di voglia di essere protagonisti; quindi, è stata una candidatura spontanea incredibile. Sono stati dei colloqui che abbiamo fatto e dei test che loro hanno superato e abbiamo selezionato sei membri, questi sei membri partecipano in maniera attiva ai nostri board una volta al mese, come listener e poi trimestralmente presentano l’avanzamento di progetti che noi abbiamo dato loro all’inizio dell’anno. Sono cinque progetti strategici che noi abbiamo fornito loro. Sono progetti fondamentali per lo sviluppo della nostra azienda: parliamo di digitalizzazione, di B-Corp, quindi sostenibilità, di procedure interne, e di come arrivare meglio a dialogare con i talenti all’esterno della nostra azienda. Quindi ci danno uno spaccato di quello che potrebbe essere l’opportunità che noi abbiamo nel cercare talenti all’esterno. E quindi dal nostro punto di vista, c’è stata una risposta importante. Certo, io parlo da imprenditore, da persona che guarda un po’ al futuro del paese dell’azienda. Quello che trovo soprattutto sull’occupazione giovanile, come imprenditore trovo delle difficoltà delle volte ad avere le leve dal punto di vista degli strumenti a nostra disposizione per assumere nuovi talenti. Riscontro che in altri paesi, per esempio in Polonia, noi, dove siamo presenti, sugli under 28 abbiamo grandi agevolazioni per assumere persone under 28, nel nostro paese questo è un pochettino più difficile e quindi si cerca di trovare una soluzione più immediata. Altro elemento importante che non è da sottovalutare guardando negli occhi i ragazzi con cui noi parliamo, i ragazzi che si avvicinano alla nostra azienda, e quello che loro chiedono, è una flessibilità. Quindi io mi sono reso conto che negli ultimi cinque anni trovo persone che mi guardano negli occhi cercando di spiegarmi che loro non stanno cercando la garanzia, stanno cercando uno spazio, una disponibilità all’ascolto, molto di più che una garanzia, secondo me è molto di più. E quando io offro a loro opportunità di lungo termine non è quello che realmente cercano: vogliono più libertà, vogliono un pochettino più di flessibilità, la possibilità di vivere la loro vita liberamente, spazi anche a livello di organizzazione più liberi, ecosistemi interni alle aziende, ambienti di lavoro più interessanti e poi e poi ti fanno tantissimo challenge su elementi che riguardano la responsabilità sociale e questo è, se vuoi, un elemento per noi molto importante. Diciamo che noi abbiamo iniziato ad avvicinarci alla certificazione B-Corp spinti soprattutto da questa da questa richiesta. Quindi la possibilità di essere più responsabili nel fare impresa anche spinti da questa, da questa volontà che i giovani ci indicavano come direzione. E quindi io quello che invece da imprenditore chiedo, ecco sicuramente maggiori strumenti per poter lavorare con più in maniera più attuale nella gestione del rapporto di lavoro con i nuovi talenti.

 

Pozzoli. Grazie. Manuela Cron direttore corporate affairs e comunicazione del gruppo Nestlé un gruppo noto e internazionale con una filiale importanti in Italia, donna, come affronta come vede questo aspetto questa sfida questa domanda dal suo osservatorio.

 

Cron. Buonasera a tutti. Grazie per essere qui. Io mi trovo moltissimo con tutto quello che è stato detto da chi ha parlato prima di me. Ci sono una serie di elementi che sono cambiati negli anni. Devo dire che come Nestlé, io sono arrivata in Nestlé nel 2007 e c’erano già iniziati, in maniera un pochino così, un pochino confusa, ma dei gruppi di ascolto di quello che le persone volevano, che aveva già generato pochi anni dopo, il discorso del lavoro agile perché avevamo capito che era un’esigenza forte per giovani e all’epoca ancora non così tanto per attrarli, anche se adesso è una questione igienica, sono totalmente d’accordo, però vedevamo che era un elemento di ritenzione e quindi avevamo già concordato proprio con contrattazione aziendale il lavoro agile e quindi quando è arrivato poi il problema della pandemia ci ha trovato preparatissimi: le persone già avevano familiarità con lo strumento. Per i giovani adesso, come già stato ripetuto e anche non solo per i giovani, è un elemento importante, quindi quando dobbiamo attrarre le persone, la carriera è importante, ecco non è solo la carriera intendendo sì certamente che percorso di carriera ho, ma non solo in verticale, ma anche molto in orizzontale che è legata molto alla formazione. Perché le persone, soprattutto diciamo sotto i 40 anni, hanno capito benissimo il discorso della formazione che se l’azienda non evolve velocemente, il loro lavoro varrà meno quindi questo per le persone è chiarissimo e quindi fa parte di quello che ci chiedono e quindi qui mi ritrovo perfettamente. L’altro elemento è che ovviamente, diciamo il pacchetto retributivo, deve essere corretto, ma il concetto di pacchetto retributivo se è evoluto e quindi non è soltanto la retribuzione in sé, lo stipendio in sé ma anche quello che ci può stare intorno: formazione, ma anche pacchetti retribuiti, diciamo che noi definiamo con un brutto termine inglese di total reward, che possono includere varie cose. Quindi ovviamente tutto questo sempre molto concertato perché quello che vogliamo fare qualcosa che sia chiaro quindi non il lavoro agile: rimani a casa a caso, ma è come ti diamo delle indicazioni e soprattutto come diamo indicazioni ai Manager. Andando al total reward un elemento, noi abbiamo appunto paradossalmente il fatto di aver avuto lavoro agile già 10 anni, fa quello che ne faceva parte ci sono state varie evoluzioni nel tempo, ma un elemento che adesso contribuisce sia ad attrarre, che a ritenere, è un qualcosa che noi chiamiamo il nostro ultimo nato, che si chiama congedo parentale, noi lo chiamiamo baby-leave lo abbiamo lanciato anche questo in concertazione, ma ascoltando l’esigenza delle persone e, se non avete niente in contrario farei vedere un video che è stato girato, riprendendo le reazioni delle persone a cui veniva detto: guarda ci sarà questa opportunità come la vedi? Quindi se la regia ci può lanciare un brevissimo.

 

Video:

è come se fosse un viaggio e tu in questo momento sei sul treno quindi stai attraversando tantissime emozioni

 

senso di attesa positivo nel senso ti aspetti che comunque succederà qualcosa di bello Quindi sei un po’ tipo vigilia di Natale

 

non vedo l’ora che arriva e anche curiosità ecco perché voglio capire anche come diventerò come papà

 

questa volta c’è un po’ meno un po’ meno ansia e c’è un po’ più di felicità e anche un po’ di voglia di che arrivi presto

 

è una roba indescrivibile nel senso che per noi è stata una lunga ricerca lunga lunga quindi ecco tantissimo

 

È molto importante secondo me soprattutto all’inizio quando si è una nuova famiglia avere del tempo per riconoscersi cioè conoscersi nuovamente tutti insieme è molto molto importante poi per tutto l’equilibrio del tempo che segue

 

poter supportarsi soprattutto una prima fase ed essere vicini Penso sia molto importante soprattutto anche perché credo che la fase iniziale porti con sé la necessità di utilizzare molte energie

 

più tempo è meglio è ma anche perché avrò più tempo dedicare anche alla mia moglie

 

io mi rendo conto di quanto duro sia far la mamma non oso immaginare farlo da sola farlo in due ci permette di fare anche delle cose normali far la doccia no, cioè, sembra banale ma preparare da mangiare

 

è molto importante esserci far sapere che tu ci sei anche quando non ci sei

 

cavoli ma chiaramente veramente veramente ora stai dicendo è già stata approvata? Wow incredibile grazie grazie quasi non vedo l’ora di dirlo a casa non so come come esprimermi per i dipendenti

 

Ecco, la genitorialità per le persone giovani ovviamente è importante e il nostro obiettivo era cercare di incentivare, fare la nostra parte, quindi fare sì che anche i genitori, tutte e due si trovassero, questa iniziativa è stata ovviamente per noi è un investimento importante, è stata concertata, perché anche questo è fondamentale, non fare le cose così, ma farle definite bene e abbiamo avuto un grande successo di questa iniziativa che sicuramente per i giovani che entrano in Nestlé e purtroppo diciamo che se devi essere in Nestlé, quindi se sei una coppia, sei sicuro che stai via tutti e due: però queste sono le attività che noi vediamo, che per trattenere le persone sono importanti, ma non sono solo importanti per chi poi lo può applicare, ma è importante anche sapere che la tua azienda fa queste cose. Quindi tutti anche la questione sostenibilità è importantissima un po’ più per i giovani, un po’ meno per i meno giovani, però ci sono una serie di cose che quando sai che la tua azienda le fa e le fa il seriamente e ci investe, aiutano molto. Bisogna però continuare ad ascoltare perché questo è vero oggi e poi bisognerà vedere dopo.

 

Pozzoli. Grazie. Secondo breve giro di domande. Domande secche da due minuti non concordate, quindi metteremo alla prova i nostri relatori. Teniamo lo stesso ordine: Marco Ceresa, per la tua esperienza manageriale, per la tua storia lavorativa, l’aspetto, ne sono emersi tanti stasera, l’aspetto che più ti ha attratto di un’azienda.

 

Ceresa. L’aspetto che più mi ha attratto di un’azienda è lo scopo di questa azienda. Cioè io lavoro in Randstad da oramai da 25 anni perché mi è sempre piaciuto lavorare per aiutare le persone a trovare un lavoro, mi è sempre piaciuto formare le persone per trovare per far trovare a loro un lavoro e lo scopo per me è molto importante. L’altra cosa molto importante è quanto un’azienda è modernamente organizzata. Nestlé per me è un’azienda che ho sempre seguito con grande attenzione, oggi c’è qui Nestlé, ma il fatto vedi di lavorare in un’azienda che ti fa vedere le cose con grande anticipo, per me è stato molto importante. Anche noi in Randstad dedichiamo molto alla gente, insomma a diventare padri e madri, per cui aiutiamo proprio economicamente le persone perché abbiamo capito che il problema demografico è grande e dobbiamo fare come azienda tutto ciò che serve per far nascere tanti bambini in Italia, perciò, scopo e aziende illuminata e modernamente organizzata è ciò che personalmente mi ha sempre attratto nelle aziende.

 

Pozzoli. Grazie. Mauro Nori Tra le tante cose importanti, una priorità del suo Ministero, la priorità del suo Ministero per attrarre persone nelle aziende, per stimolare il lavoro.

 

Nori. Beh, come il discorso lo hanno in qualche modo declinato tutti gli interventi. Come si risponde alla obsolescenza delle competenze a rendere un’azienda più attrattiva ed altro? Innanzitutto, con la capacità di ascolto che hanno le aziende, con l’avvicinare gli elementi di formazione al sistema produttivo, anche con le competenze specialistiche. Noi, per esempio, al Ministero del Lavoro abbiamo cercato di rispondere alle complessità del Mercato del Lavoro italiano che presenta una duplice complessità, competenze centrali e territoriali e un mercato del lavoro non omogeneo. Noi abbiamo un mercato del lavoro fatto di multinazionali, di un’impresa, di una media impresa robusta, una capacità meccanica industriale robusta, ma anche con un grande mercato del lavoro fatto di micro e piccole imprese, che hanno esigenze completamente diverse, modelli completamente diversi: artigiani, imprese turistiche, ristorazione ed altro. Quindi come si risponde a questa complessità? Con modelli cooperativi: abbiamo creato una grande infrastruttura per mettere insieme le informazioni centrali con le informazioni dei territori delle regioni e abbiamo stretto una grande alleanza su un modello cooperativo pubblico-privato, grazie anche alle agenzie per il lavoro, noi cerchiamo di mettere in moto le energie per poter creare questa avvicinamento tra domande e offerta del lavoro che non è più solo automatico, perché le competenze non si creano in vitro, ma si creano con il confronto, con l’anticipazione con modelli dinamici, con meccanismi flessibili di aggiustamento, di confronto tra pubblico privato, tra aziende organizzazioni sindacali, tra aziende e lavoratori. Il modello prima della Nestlè, è un modello di un’azienda che ascolta e che quindi diviene attrattiva. Faccio una breve …io lavoravo in un’azienda multinazionale ormai 40 anni: fa mi chiamano perché c’era un lavoro in INPS, dovevo fare il tutor per i dirigenti INPS. Vado lì e c’era il bando di concorso che all’inizio degli anni 90 parlava fai un piano di organizzazione un business plan su un’organizzazione reticolare. All’inizio degli anni 90 era una novità anche per il mondo delle multinazionali. Quell’azienda pubblica mi ha catturato, ho fatto domanda, ho vinto il concorso, due anni dopo mi hanno mandato un mese ad Harvard, un’azienda pubblica però era un’azienda che si confrontava a livello europeo era la più grande agenzia è la più grande agenzia europea di welfare, punto di riferimento in Europa per come modello di business. Ecco a me ha catturato solo con un bando di concorso. Io sono laureato in legge e un master in organizzazione: se mi avessero fatto il bando di concorso: fai un tema di diritto del lavoro un tema sul rapporto di lavoro, è chiaro che quelle sono i prerequisiti e le basi, li devi conoscere, ma io quel concorso non l’avrei mai fatto.

 

Pozzoli. Grazie. Luigi Sbarra: un modello virtuoso di partecipazione al lavoro che ha visto nella sua esperienza esclusi ovviamente i soggetti e le aziende presenti. Flash.

 

Sbarra. Ma intanto in questi anni è cresciuta nei luoghi di lavoro, in alcuni settori, in alcune aziende in modo particolare, una cultura partecipativa: c’è desiderio c’è necessità di lasciarsi alle spalle una visione dei rapporti sociali di tipo novecentesco tutta centrata sulle logiche conflittuali. Noi dobbiamo coltivare e guardare ad una nuova fase di rigenerazione del rapporto tra capitale e lavoro, tra persone e aziende. E va in questo senso la nostra iniziativa che abbiamo lanciato tre mesi fa con la raccolta firme su una proposta di legge di iniziativa popolare sul tema della partecipazione della democrazia economica. Noi pensiamo che i tempi sono maturi: in Italia a 75 anni dalla carta costituzionale a dare una spinta di attuazione all’articolo 46 della Costituzione che i Padri costituenti vollero in quel tempo per assicurare il diritto delle persone a collaborare e a concorrere alla gestione, agli indirizzi, al controllo delle proprie aziende. Il diritto scrissero i padri costituenti. Noi pensiamo che il tempo è adesso. La nostra proposta di legge non chiede al parlamento una norma obbligatoria o precettiva, non vogliamo obbligare nessuno, ma vogliamo che il Governo, attraverso la leva fiscale o incentivi economici, incoraggi, sostenga, aiuti, percorsi di innovazione delle relazioni sindacali e contrattuali premiando imprese che vogliono investire sul modello partecipativo. Parliamo di partecipazione gestionale, economiche e finanziaria, organizzativa e consultiva. Io penso, la CISL, pensa che oggi il tema della cultura partecipativa incrocia tutte le grandi sfide che il paese ha davanti. Con la partecipazione tutti ci guadagnano, ci guadagnano le persone i lavoratori che possono aspirare ad avere aumentate le retribuzione, i salari, la qualità e la stabilità del Lavoro, maggiori investimenti sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, formazione come diritto soggettivo della persona durante la vita lavorativa e non solo: ci guadagnano le imprese perché attraverso la cultura partecipativa noi possiamo alzare, recuperare, produttività per rendere le nostre aziende più competitive; ci guadagna il territorio perché si elevano le condizioni di attrattività degli investimenti. E poi mi lasci dire: con la partecipazione noi contiamo di frenare atti di pirateria industriale e delocalizzazioni selvagge di multinazionali che ci hanno abituato alcune a comunicare con una semplice mail mandata di notte ai propri collaboratori la chiusura degli stabilimenti e il blocco delle attività. Avessimo avuto già una legge sulla partecipazione, non avremmo assistito a veri e propri atti di saccheggio e di pirateria industriale. Ecco perché noi vogliamo considerare questo tema come una vera grande riforma istituzionale del nostro paese. Stiamo raccogliendo le firme, vediamo molta adesione, molto sostegno nei luoghi di lavoro e nel territorio e ci fa grande piacere assistere quasi quotidianamente ad apprezzamenti e sostegni che ci arrivano dal sistema accademico e universitario, da alcune espressioni illuminate dell’imprenditoria italiana, da alcune forze politiche di maggioranza e di opposizione e anche di tanti giornalisti impegnati nel mondo dell’informazione. Ecco perché pensiamo che questo tema, se entra nelle relazioni sindacali e contrattuali, ci può aiutare a fare evolvere la nostra democrazia verso L’approdo di una democrazia sostanziale che rafforza, valorizza, responsabilizza le persone negli ambienti lavorativi. Un grande intervento di innovazione contrattuale e delle relazioni sindacali.

 

Pozzoli. Grazie. Stefano Scaroni, il tempo si fa breve. Una domanda chirurgica e una risposta secca: il grande nemico, il primo grande nemico della partecipazione dei lavoratori nella vita delle imprese.

 

Scaroni. Direi, secondo me delle volte il limite ce lo poniamo noi come imprenditori, cioè la capacità di ascolto, cioè, è un freno che ci mettiamo rispetto al coraggio. Forse l’elemento principale su cui io penso che dobbiamo ragionare, è il coraggio di fare di fare delle cose importanti.

 

Pozzoli. Grazie. Manuela Cron: una cosa che aiuta in particolare le donne, anche qui chirurgica.

 

Cron. Innanzitutto, sotto certi aspetti non essere considerate donne, cioè non essere guardate come una cosa diversa, è difficile però credo che sia la cosa più rilevante e quindi poi comunque, nella diversità, perché madri ci tocca, appunto avere una serie di strumenti che aiutino a non pensare che ci sia un rallentamento, ma che ci sia una valorizzazione di questi percorsi. È faticoso perché io stessa a volte mi trovo davanti a dei pregiudizi che devo un po’ freddare con delle battute, però se penso a come si era, abbiamo fatto tanti passi avanti, ma il giorno in cui chiunque ci guarda e vede un elenco di competenze o di aspirazioni e non vede maschio o femmina, sarà il giorno giusto.

 

Pozzoli. Grazie. Ringrazio tutti i relatori davvero perché hanno affrontato, credo dal punto di vista professionale, ma anche dal punto di vista personale un tema non banale e con profondità e anche con moltissimi spunti. Sentendoli parlare mi veniva in mente questa cosa: che le aziende sono delle entità, ma sono anche delle persone, le aziende sono fatte da persone e oggi noi abbiamo incontrato delle persone nelle aziende, nelle istituzioni, nel sindacato, cioè nelle realtà e credo anche, è emerso in tanti ambiti e in tanti aspetti anche diversi che comunque sia, anche tutti i tentativi che sono stati posti in essere, sono posti in essere nelle aziende e nelle istituzioni, in qualche modo dicono anche di una ricerca di significato di un valore del lavoro. Mi colpisce molto perché l’altro ieri ho letto una strana e quindi curiosa relazione di una indagine fatta dalla CISL e dalla CGIL di Bergamo che dice che il compenso nel lavoro la retribuzione è importante, ma non è la prima cosa importante. La prima cosa importante, senza nulla togliere alla retribuzione al Welfare a tutte le cose emerse, è la qualità della relazione. Quindi credo che misurarsi con persone che amano il loro lavoro che amano il loro destino e che si mettono insieme per cercare di perseguirlo è una cosa che accoglie e rende veramente partecipativo il lavoro, come è stato detto, molto bene stasera.

 

Da questo punto di vista io concludo leggendo pochissime righe di un discorso di papa Francesco fatto lo scorso dicembre a un sindacato in Italia, che credo che raccolga le sollecitazioni di questa sera e le rilanci, le rimetta in una strada, in un lavoro. Dice Papa Francesco: il lavoro costruisce la società, esso è un’esperienza primaria di cittadinanza in cui trova Forma una comunità di destino frutto dell’impegno dei talenti di ciascuno. Tale continuità è molto più della somma delle diverse professionalità, perché ognuno si riconosce nella relazione con gli altri e per gli altri (è un po’ il tema anche di questo meeting e il senso del meeting di questi anni) e così nella trama ordinaria delle connessioni tra le persone e i progetti economici e politici, si dà vita ogni giorno al tessuto della democrazia. È un tessuto che non si confeziona a tavolino in qualche palazzo, ma con operosità creativa, come abbiamo sentito questa sera, nelle fabbriche, nelle officine, nelle aziende agricole, commerciali, artigianali, nei cantieri, nelle pubbliche amministrazioni nelle scuole e negli uffici. E finisce così Il Santo Padre: in questi anni di pandemia è cresciuta il numero di coloro che presentano le dimissioni dal lavoro, il fenomeno delle grandi dimissioni, giovani e meno giovani sono insoddisfatti della loro professione, del clima che si respira negli ambienti lavorativi, delle forme contrattuali e preferiscono rassegnare le dimissioni. Si mettono in cerca di altre opportunità: questo fenomeno non dice disimpegno, ma la necessità di umanizzare il lavoro. Ecco io credo che questa ora insieme abbiamo ascoltato dei tentativi molto concreti e anche molto diversi tra loro di cercare di umanizzare il lavoro a partire da un tentativo personale e da una relazione con le altre persone. Per questo veramente ringrazio di cuore tutti i relatori e tutti i presenti, le persone collegate e ne riparleremo. Vedremo lo sviluppo di queste iniziative governative sindacali e aziendali.

Ricordo solo che il meeting vive anche della partecipazione del sostegno anche economico di tutti e per questo rilancio le modalità di sostegno anche con bonifici del meeting di Rimini. Grazie ancora e buona cena

 

 

Data

20 Agosto 2023

Ora

19:00

Edizione

2023

Luogo

Sala Conai A2
Categoria
Incontri