AMICIZIE INESAURIBILI. DON PINO PUGLISI, LA TESTIMONIANZA DEL MARTIRIO

Antonio Balsamo, Magistrato, Autore di Mafia fare memoria per combatterla (Vita e Pensiero); S.E. Mons. Corrado Lorefice, Arcivescovo di Palermo. Introduce Salvatore Taormina, Redazione Culturale del Meeting per l’amicizia fra i popoli. Modera Vincenzo Morgante, Direttore TV2000.

A trent’anni dall’omicidio del beato Pino Puglisi, avvenuto per mano mafiosa il 15 settembre 1993, l’incontro intende mettere a fuoco i connotati caratterizzanti del suo martirio ripercorrendo, attraverso il contributo di autorevoli voci del contesto ecclesiale, giudiziario e dell’informazione, gli snodi di una testimonianza umana e sacerdotale di perdurante attualità, in cui la resistenza cristiana di fronte alla mafia ha assunto la specifica e prioritaria consistenza di un’appassionata azione educativa, rivolta particolarmente alle giovani generazioni, mossa dalla costante tensione alla verità della persona e dei suoi legami sociali.

Con il sostegno di Regione Emilia-Romagna e Tracce.

AMICIZIE INESAURIBILI. DON PINO PUGLISI, LA TESTIMONIANZA DEL MARTIRIO

AMICIZIE INESAURIBILI. DON DINO PUGLISI, LA TESTIMONIANZA DEL MARTIRIO

 

Lunedì 21 agosto 2023

ore 17.00

 

Auditorium isybank D3

 

Partecipano

Antonio Balsamo, Magistrato, Autore di Mafia fare memoria per combatterla (Vita e Pensiero); S.E. Mons. Corrado Lorefice, Arcivescovo di Palermo. Introduce Salvatore Taormina, Redazione Culturale del Meeting per l’amicizia fra i popoli.

 

Modera

Vincenzo Morgante, Direttore TV2000.

 

L’incontro inizia al minuto 12.17 (minutaggio dal video preso dal sito del Meeting)

 

Taormina. Buonasera a voi tutti e grazie di essere qui così numerosi a questo incontro del ciclo amicizie inesauribili dedicata al beato don Pino Puglisi a testimonianza del martirio e un saluto anche ai tanti che ci seguono via streaming. Oltre al ringraziamento vorrei spendere qualche breve nota introduttiva iniziando con un ricordo personale che è stato l’ultimo incontro casuale che ho avuto con don Pino Puglisi un pomeriggio di luglio del ‘93 a Palermo due mesi prima del suo martirio. L’incontro casuale in Piazzetta Sett’Angeli dietro alle absidi della nostra Cattedrale di Palermo breve scambio di battute sugli impegni estivi incipienti e poi un saluto accompagnato da un consueto sorriso, quel sorriso di cui si sarebbe tanto parlato negli anni a venire, ma vorrei dire da subito che questo sorriso non è un genere letterario, quello di cui stasera parleremo non è un ricordo letterario, quel sorriso aveva dentro una forza dirompente di cui si erano già pienamente avveduti i mafiosi di Brancaccio che infatti lo scelsero come bersaglio in un periodo, nella Palermo di allora, in cui quattro sacerdoti della diocesi di Palermo ritenuti particolarmente esposti alla minaccia mafiosa andavano in giro con la scorta ma i mafiosi di Brancaccio avevano scelto un altro bersaglio, perché Perché in quel sorriso e nell’evento che da quel sorriso è scaturito c’era molto di più da comprendere e da capire come aveva ammonito Il genio poetico di Mario Luzi, questo non so quanti di voi lo sappiano, che forte della sua consuetudine con Palermo nella sua straordinaria opera di teatro e di poesia “Il fiore del dolore” dedicato proprio al martirio di padre Puglisi aveva già colto la profondità, la ricchezza e direi anche la fecondità di quel sorriso. Ecco l’incontro di stasera vuole essere un tentativo direi forse anche un’occasione preziosa per addentrarsi nella attualità e nella profondità di questo sorriso che come pochi giorni fa Papa Francesco ha ricordato nel suo messaggio alla chiesa di Palermo, ma ne parlerà molto meglio l’arcivescovo per il trentennale del martirio di padre Puglisi è “ un sorriso che ci raggiunge come una luce gentile Che scava dentro e rischiara il cuore”. Ecco in questo dialogo in questo itinerario di approfondimento ci aiuteranno tre ospiti che io ringrazio in anticipo a nome del Meeting per aver accolto con entusiasmo e disponibilità questo invito, innanzitutto sua Eccellenza Monsignor Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo. Ma debbo dirvi, per sincerità, che lui ama essere chiamato don Corrado. Però, diciamo, era giusto che lo presentassi come l’ho presentato; Antonio Balsamo magistrato attualmente sostituto procuratore generale in Cassazione e Vincenzo Morgante volto noto della Rai siciliana prima e nazionale poi per essere stato per molti anni il direttore delle testate giornalistiche regionali della Rai ma oggi qui nella sua veste di direttore di TV2000. Ecco ora, prima di dare inizio a questo dialogo per il quale poi passerò diciamo la parola a Vincenzo che opererà nella duplice veste di testimone di quegli anni come diversi di noi e anche un po’ di moderatore, iniziamo vedendo un breve video realizzato dalla giornalista palermitana Gabriella Ricotta per la emittente TeleOne che ringrazio per aver concesso i diritti per questo breve video che è un breve video dove vengono rivolte alcune domande al fratello vivente di don Puglisi.

(video da 18.17 a 20.13)

Ecco Vincenzo, a partire da questo inizio a te la parola.

 

Morgante. Grazie, grazie per l’invito, grazie a tutti voi amiche ed amici per esserci così numerosi e mi sento di garantirvi all’inizio che non vi pentirete, tra le tante offerte concomitanti del pomeriggio, di aver scelto questo incontro perché insieme all’arcivescovo di Palermo, al presidente Balsamo e a Salvo Taormina avremo e avrete l’occasione di riscoprire o di scoprire una figura straordinaria di sacerdote e di cittadino, un uomo mite, fermo, determinato innamorato del suo ruolo di presbitero innamorato della vita innamorato del gregge che il Signore gli aveva affidato. Mi è stato chiesto di allargarmi e quindi di non concentrarmi solo nel ruolo di moderatore e di portare una testimonianza. Lo faccio con un po’ di emozione, quanti siamo stasera su questo palco siamo tutti e quattro legati da vincoli di amicizia in particolare io sono stato compagno di università di Salvatore Taormina e del presidente Balsamo, se posso dire sono legato anche da amicizia al mio arcivescovo, vivo ormai a Roma però continuo ad essere cittadino di Palermo quindi Monsignor Corrado Lorefice è il mio pastore ma siamo anche legati dal fatto di aver conosciuto tutti e quattro padre Pino Puglisi. Io l’ho conosciuto innanzitutto attraverso i ricordi della mia sposa che è stata alunna al liceo di padre Puglisi e mi aveva raccontato di questa figura di docente e di sacerdote così attento, così impegnato. Mi ha raccontato degli incontri che con i suoi alunni e le sue alunne organizzava fuori dalla scuola, incontri che erano degli esercizi spirituali e che dovevano anche essere segnati dal sacramento della confessione ma siccome li riceveva in degli spazi angusti la confessione avveniva nella 126 di padre Puglisi (o nella 500 non ricordo) e siccome era davvero un uomo semplice, un uomo povero, questa macchina il sedile del lato passeggero, dove si sedeva che doveva essere confessato, aveva il sedile rotto per cui nel pieno della confessione frequentemente questo sedile si ribaltava all’indietro e scoppiavano a ridere sia le ragazze si padre Puglisi.

Questo per darvi il segno di questa semplicità che però non era ingenuità ma c’era davvero un’attenzione specifica dedicata a ciascuno dei suoi interlocutori poi da fidanzato un giorno ebbi la possibilità ti incontrare per la prima volta padre Puglisi a casa dei miei suoceri. Mio suocero, un laico fortemente impegnato nella chiesa palermitana e amico personale di padre Puglisi, organizzò una serata di raccolta fondi per quello che poi sarebbe stato il centro “Padre nostro” a Brancaccio. Invitò delle persone e invitò a partecipare a una lotteria, c’erano i biglietti che ormai non si usano più, a doppia matrice dello stesso colore con un premio, non so quale. Si raccolsero dei soldi, all’epoca ero un giovane precario della Rai a Palermo, padre Puglisi mi parlò della sua Brancaccio quartiere tristemente noto che però noi non frequentavamo, mi parlò di questo suo impegno e mi invitò ad andarlo a trovare e l’indomani in Rai, ma ancora ero un precario, dissi “Ho conosciuto un sacerdote impegnato in una delle periferie di Palermo”, ma lui non mi chiese di andare là sotto un profilo professionale,”… e mi sembra una persona molto impegnata una persona seria perché non andiamo a vedere che fa cosa fa”, il commento dei miei colleghi allora fu “ Morgante, sempre con ‘sti preti… basta” e quindi sostanzialmente fu un no. Dopo parecchi mesi, una domenica pomeriggio, era finito il campionato, il vice caporedattore di turno mi chiamò e mi disse “Abbiamo una troupe disponibile per due ore, che cosa possiamo fare oggi” e io “Avrei proposto mesi fa un’intervista a un sacerdote a Brancaccio perché non proviamo”, non c’erano i cellulari ancora però lo trovai. Era domenica pomeriggio “hai due ore a disposizione vai e torna”, lo chiamai fu disponibile e andai. Ecco vi confesso che quella intervista ha segnato molto il mio percorso professionale perché padre Pugliesi, come il fratello ricordava, non era un uomo che amava le platee, anche il fatto di dover fare questa intervista sostanzialmente gli pesava ma poi ho scoperto abbiamo scoperto che era nel pieno dell’attività intimidatoria, delle minacce dei signorotti, i famosi fratelli Graviano, i signorotti del quartiere. C’erano state delle intimidazioni ai suoi collaboratori, il clima era davvero pesante ma lui mi accolse con la sua semplicità col suo sorriso, del quale Salvatore ha parlato, mi fece vedere i locali che grazie al contributo dell’allora arcivescovo compianto cardinale Salvatore Pappalardo aveva acquistato, era impegnato nella ristrutturazione insomma io non vidi granché. Abbiamo realizzato un’intervista davanti ai magazzini della via HAzon, grandi palazzi con questi sotto scala, erano depositi in cui si compivano violenze, in cui si organizzavano le gare tra cani, tra animali con le scommesse, insomma espressione tra le più profonde del degrado. Realizziamo questa intervista mentre, lo intervisto a un certo punto l’occhio mi va in un portone nella piazza dove abbiamo realizzato quella intervista, dove la stavamo realizzando, e vedo un nastro azzurro che annunciava la nascita recente di un bambino e chiedo a lui “Padre Puglisi, è nato da poco un bambino, quel nastro lo annuncia. Che cosa possiamo dire a questo bambino” Ecco, sostanzialmente in sintesi, in poche battute riuscì a condensare quello che era il suo impegno complessivo, la prossimità fatta di amore di tenerezza, di attenzione ma anche di determinazione, “Dobbiamo dire a quel bambino che c’è un posto nel mondo anche per lui nella libertà e nella legalità”. Tornai contento ma mi mancava qualcosa, la mattina del 16 settembre del 93 ascoltavo il giornale radio della Sicilia, il Gazzettino, ero con mia moglie, il giornale radio della Sicilia della Rai, annuncia la morte di un sacerdote la sera prima nel quartiere Brancaccio, capimmo subito che era padre Pino Puglisi, chiamai il capo redattore dicendo “Avete un’intervista che avevamo dato, è quella di quel sacerdote…”. Ecco, mia moglie aspettava il nostro Giuseppe il primo dei nostri sei figli da pochissimi giorni, andò al funerale e lo affido a lui e quando Giuseppe ha compiuto 19 anni lo stesso giorno padre Puglisi è stato beatificato. Ecco, questo per dirvi come anche nella mia vita personale, non solo professionale, questa figura ha inciso e ha segnato certamente, Di lui continueremo a parlare però adesso io voglio coinvolgere l’arcivescovo e il presidente Balsamo e vorrei, visto che l’ha fatto Salvo lo faccio anch’io, cominciare chiedendo anche a voi se ricordate il primo e l’ultimo vostro incontro con don Pino, monsignore prego.

 

Lorefice. Sì, la narrazione è più capace di comunicazione. Il mio primo incontro ero prete da un anno e il mio vescovo mi richiamò dagli studi a Roma e mi affidò tra l’altro il compito della pastorale vocazionale, in quell’anno 1988 don Pino era il direttore del centro regionale vocazione e mi ricordo, a proposito di amicizia che il primo incontro lo ebbi per un incontro regionale ad Acireale alla Perla Ionica, e tu sai di chi si parla. Agostina che poi lo accompagnò, lo seguì non solo nella pastorale vocazionale ma anche a Brancaccio, una delle assistenti sociali, un istituto che aveva voluto un cardinale di Palermo, che era segretaria in quel periodo del centro diocesano vocazionale di Palermo mi presentò a don Pino in siciliano “Senti, vedi com’è carino”, avevo 26 anni il nuovo direttore del centro diocesano di Noto e mi ricordo anche lì questo suo abbraccio e soprattutto ricordo il primo incontro con questo sorriso che vi posso assicurare è veramente autentico poi l’ultimo incontro, 1990, il mio venerato predecessore il cardinale Salvatore Pappalardo Cercava un sacerdote per Brancaccio ed è storia, qualcun’altro dei confratelli di don Pino aveva detto un no e allora Brancaccio rischiava di rimanere senza un cosiddetto pastore, il cardinale chiamò lui e lui accettò e mi ricordo l’ultimo incontro del centro regionale vocazioni, eravamo a Pergusa, don Pino aveva ricevuto la nomina e venne praticamente a congedarsi, noi gli abbiamo detto, siamo nel 1990, ma puoi rimanere, puoi conciliare i due servizi, parroco di Brancaccio ma non ti impegnerà oltremodo l’essere direttore ancora, tu hai esperienza, sei conosciuto da tutti, sei conosciuto a Roma, perché era anche consigliere nazionale, e lui con quella mitezza che riesce ad essere anche poi capacità di decisione e fortezza ci disse, senza possibilità di appello, quella parrocchia mi impegnerà molto dunque io non posso conciliare questo servizio. Nessuno di noi ha potuto dire nulla proprio per questa fermezza e io mi porto dietro questo ricordo come tu mi hai chiesto e poi si verificò che per 10 anni io diventai direttore del centro Regionale vocazioni e poi nel 2015 si verificò che un prete di Modica parroco divenne arcivescovo della diocesi che ha un prete meraviglioso come questo.

 

Morgante. Presidente Balsamo…

 

Balsamo. Anche per me il sorriso di padre Puglisi è un ricordo fortissimo che sono felice di condividere con voi. E’ un sorriso che entra nel mio cuore e in quegli incontri che facevamo nella metà degli anni 80 a Palermo e nei paesi vicini. Erano una parte del cammino di formazione dell’Azione Cattolica. Ecco, con tutte le persone che partecipavamo a questi campi estivi, padre Puglisi stabiliva un dialogo profondo che si costruiva sull’amicizia e la fiducia reciproca. Padre Puglisi era capace di mettere in pratica quella teoria dell’empatia che era stata elaborata da uno degli autori da lui preferiti l’americano Carl Rogers e che sostanzialmente consisteva nel mettersi da pari a pari con i giovani con cui entrava in contatto nel capirli in profondità, nello spingerli a guardarsi dentro e nell’indurre a spendersi per la società. In questo padre Puglisi aveva una grande linea di continuità ideale con altri due protagonisti della storia di quegli anni a Palermo che hanno costruito un sentiero di speranza fortemente radicato sugli ideali cristiani uno è il presidente della Regione Piersanti Mattarella, l’altro è il cardinale Salvatore Pappalardo. In quel momento a Palermo il messaggio cristiano diventa il risveglio delle e coscienze di tutti i siciliani anzi di tutti gli Italiani, è quello il momento in cui ci si rende conto della forza dirompente che possono e devono avere i valori cristiani per togliere le radici dal basso al potere mafioso ed è proprio quello che fa Pino Puglisi appena arriva Brancaccio. Pino Puglisi non va con l’animo di chi giudica, va con l’animo di chi vuole includere, di chi vuole realizzare sul serio nella vita di tutti i giorni un disegno che era proprio di Carlo Alberto Dalla Chiesa che diceva “Dobbiamo fare sì che le persone che la mafia ha reso dipendenti da sé diventino i nostri alleati”. Pino Puglisi quanto va a Brancaccio si rivolge ai detenuti, e potete capire per quali fatti, dell’Ucciardone, il carcere di Palermo, con una lettera in cui dice “ Cari amici del quartiere di Brancaccio che siete in questo momento detenuti nella casa circondariale, vi vogliamo rivolgere il nostro pensiero in occasione di questo Santo Natale vi aspettiamo al centro Padre Nostro” ecco in quel momento, si sente la presenza della Chiesa e delle istituzioni in un quartiere che era stato sotto il ferreo domino di fratelli Graviano. In quel momento c’è veramente un punto di non ritorno in una zona simbolo di Palermo, in quel momento la mafia si pone contro la chiesa. È un omicidio, quello di padre Pino Puglisi preceduto da due fatti estremamente significativi, il primo è il discorso di Giovanni Paolo II, un grande Papa, ad Agrigento in 9 maggio del 1993, un grido di dolore, di orgoglio e di speranza che tutti ricordiamo. Il secondo è il 28 luglio, l’attentato contro San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro, in cui sono stati riconosciuti proprio responsabili quegli stessi fratelli Graviano che in quel periodo erano in capi indiscussi del quartiere Brancaccio. Ecco padre Pino Puglisi, viene colpito da Cosa Nostra, proprio perché, si vuole spezzare quel suo disegno di risanamento morale e sociale che passa attraverso la riabilitazione delle migliori energie della società civile. Esattamente quel lavoro che era stato intrapreso da persone come Piersanti Mattarella, come Salvatore Pappalardo e che distruggeva dalle fondamenta il consenso sociale della mafia proprio nelle zone più difficili di Palermo. Era quello un sorriso che aveva una portata rivoluzionaria e io lo ricordo anche nell’ultimo momento in cui l’ho incontrato, davanti all’istituto delle Ancelle del Sacro Cuore, qualche anno prima che però lui andasse a Brancaccio. Ecco per me quell’uomo è sempre rimasto una persona, che nel profondo del cuore, sapevo di avere come un amico vero e nel momento in cui il 15 settembre del ’93, ho saputo della sua uccisione, è stato un dolore profondo, proprio accompagnato dalla consapevolezza che quel sorriso l’avrei sempre portato nel mio animo. Grazie.

 

Morgante. Presidente Balsamo io vorrei proseguire sul tema del sorriso. Allora abbiamo già detto padre Pino viene ucciso la sera del 15 settembre del ‘93 e il giorno del suo cinquantesimo compleanno sta per andare ad una festicciola che gli era stata organizzata. A decidere il suo omicidio sono stati i fratelli Graviano, i boss del quartiere Brancaccio, boss per intenderci di altissimo lignaggio criminale che facevano parte dell’ala stragista, il loro riferimento erano Totò Riina e Bagarella, gente senza scrupolo che aveva accumulato ingentissime risorse ricchezze a cominciare dal traffico di stupefacenti, racket delle estorsioni e altro malaffare. Vengono incaricati due soggetti, Salvatore Grigoli e Gaspare Spatuzza, due personaggi che poi si pentiranno in tempi diversi il primo è Grigoli e poi Spatuzza. È noto, lo hanno raccontato loro, che quando si avvicinano con la pistola padre Puglisi li accoglie con un sorriso e con un’espressione “me l’aspettavo, vi aspettavo”. Ecco, il presidente Balsamo ha guidato, ha fatto parte di collegi giudicanti con processi delicatissimi tra gli altri quello della strage di Capaci, della strage di via D’Amelio, l’omicidio del giornalista Mario Francese, il processo sulla latitanza del boss Bernardo Provenzano scaturita dopo l’operazione cosiddetta “Grande Mandamento”. Presidente Balsamo questo sorriso lo incontra anche nelle carte processuali e nelle attività dei dibattimenti processuali, come

 

Balsamo. Questo è il secondo momento in cui ho sentito la presenza di Padre Pino Puglisi accanto a me. Quando facevamo il processo per la strage di Capaci, in cui vengono uccisi Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani. Ecco in quel momento abbiamo interrogato anche le persone che hanno assassinato padre Puglisi erano due mafiosi di Brancaccio, Salvatore Grigoli e Gaspare Spatuzza. Non dimenticherò mai le parole di queste persone. Salvatore Grigoli inizia la sua narrazione dicendo “ho ucciso un santo” e non dimenticherò mai l’espressione che aveva sul volto in quel momento Gaspare Spatuzza. Spiega “Io ho iniziato a collaborare con la giustizia nel 2008 dopo una messa nella quale c’erano tanti riferimenti alle parole di Don Puglisi tra cui uno, che il Signore non forza mai il cuore delle persone, quando il cuore è pronto allora si aprirà al messaggio di Dio”. Quel messaggio è stato interiorizzato fortemente da Spatuzza, dopo 11 anni trascorsi al 41 bis su cui lo stesso spiegava “per me questi 11 anni sono stati fondamentali e io devo a questi 11 anni al 41 bis se sono quello che sono divenuto adesso, per me sono benedetti questi anni al 41bis”. Poi, ecco, mi ha commosso molto il racconto del momento in cui padre Puglisi incontra i killer che sono stati mandati ad ucciderlo. Ecco è proprio quello che veniva ricordato adesso, il suo 56esimo compleanno a Brancaccio mentre va a incontrare gli amici che gli hanno organizzato una festa di auguri, vede queste due persone davanti, gli va incontro con quel bellissimo sorriso e gli dice “me l’aspettavo”. Ecco quel sorriso è diventato il segno del coraggio per l’intera Palermo.

 

Morgante. Don Corrado lo abbiamo detto all’inizio, padre Puglisi non avrebbe mai accettato la definizione di prete Antimafia, lo ricordava anche al fratello non era un uomo anti nulla. Era un uomo pro-vita, pro-speranza, pro-misericordia, pro-Vangelo, era un figlio del Concilio, lei in alcuni suoi interventi lo ha ricordato più volte. Ecco il ruolo dei sacerdoti nel territorio, il ruolo della parrocchia e questo impegno che dà il senso di una sfida alla mafia, alla criminalità, ma una sfida nella semplicità, una sfida nel segno dell’educazione, si concentrava, soprattutto, sui più piccoli e invitava piccoli e grandi, le famiglie a dire no ai favori che poi diventavano vincoli permanenti da parte della mafia il suo impegno sociale. Dobbiamo, insieme, costruire la scuola, un centro di aggregazione, non ce lo dobbiamo aspettare dai mafiosi è un impegno che in quel momento ebbe un valore straordinario, ma che mantiene tutta la sua attualità, anche, in un periodo in cui si spara di meno ci sono meno omicidi di mafia, ma in cui la criminalità continua ancora ad incidere e ad imperare in varie zone non soltanto di Palermo e del sud come molti possono constatare.

 

Lorefice. Beh basterebbe pensare a come è in auge, ancora, a Palermo, se non si vedono scorrere fiumi di sangue ma come a Palermo i giovani muoiono per crack, grazie all’industria e al commercio delle droghe, di queste ultime droghe, in modo particolare del crack. Vorrei, ancora, continuare con questo linguaggio narrativo. Quando per la prima volta andai a visitare nel cimitero Don Pino, mi colpì il fatto che trovai la citazione di Giovanni 15.13 “Nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici”. La stessa scritta la trovai sulla tomba di Monsignor Romero, anche lui oggi Santo. Mi colpì dopo quel lungo viaggio in aereo, il fuso orario ci portarono subito sulla tomba, la chiesa era chiusa e mi colpì che sulla tomba di don Romero trovai la scritta identica a quella che la coscienza di fede del Popolo Santo di Dio aveva collocato sulla tomba di don Pino, “nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici”. Ricordo che andando in Congo sulla tomba di alcuni missionari che erano stati uccisi, ho trovato la stessa identica citazione di Giovanni 15.13 “nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici”. Avete sentito il fratello di Don Pino, lui è un araldo di questo annuncio, “mio fratello era un prete cristiano, un cristiano prete”. Non si capirebbe Pino Puglisi senza il suo amore a Cristo, senza il suo appartenere a colui che porta il nome di Messia per cui tutta la sua esistenza non poteva che essere un’esistenza messianica che riscatta totalmente l’esistenza degli uomini e delle donne che vengono poi affidati a lui in virtù del ministero sacerdotale che lui aveva accolto. Allora si chiamava una vocazione adulta, lui entrò in seminario a 16 anni non ha 10 anni e quindi era considerata una vocazione adulta. Aveva scelto di studiare al magistrale, perché lui fondamentalmente era un educatore, era un pedagogo. Era capace di tirare fuori, di educere, di educare, di tirare fuori dall’altro che cosa Il senso ultimo della vita che lui coincideva con quello di Cristo. Chi è Cristo il Messia, che assume la sofferenza dell’altro e in questo esprime la massima della comunione e la comunione diventa capacità di liberazione, non c’è nessun riferimento al luogo va bene, se mi permettete. È così e vi posso assicurare che è così. Lui che si forma prima del Concilio, allora facevano questa sorta di preparazione al Ministero dell’omelia, c’era questa visione sacrale del prete, quasi un angelo, se non addirittura meglio degli angeli, ecc. perché ha in mano il potere, insomma dell’Eucarestia, di rendere presente il Cristo. Poi Pino Puglisi assimila lo spirito del Concilio Vaticano II. Non significa che non aveva coscienza di essere prete, ma lui capisce che non ci può essere oggi un Vangelo che non sia capace di incarnarsi nella vita concreta del popolo di Dio. Ecco perché Pino, dall’inizio da Godrano 1970, un altro paese nella montagna dove c’erano faide tra famiglie mafiose, uccisioni, delitti anche lì, lui porta a scuola le ragazze, impensabile, di questo paesino, che scendono addirittura a studiare a Palermo, le donne e lui riesce a convincere alcuni genitori, a far sì, che anche le ragazze possono andare a prendersi un diploma. Ma il Pino Puglisi di quegli anni del suo Ministero in montagna è lo stesso Pino Puglisi degli ultimi tre anni del suo Ministero sul mare, Brancaccio è lì su quel mare Mediterraneo e gli ricorda che lui è stato chiamato da colui che è venuto a prendere su di sé le sofferenze degli uomini, che toccava che guardava, lo sguardo che attraversava le strade, che entrava dentro le case. In Pino Puglisi c’è l’istanza evangelica distillata, in Pino Puglisi c’è la certezza che noi seguiamo un Gesù di Nazareth, che è il Messia della storia e la visione che ha il vangelo e la storia riscattata dal male da tutto il male, ecco perché lui si indignava, ecco perché lui era aderente al territorio, ecco perché lui faceva paura, perché diceva ad altri, il centro Padre Nostro che vuole a Brancaccio, lì dove non c’è nulla, c’è solo la scuola elementare, ci sono i palazzoni di Via Hazon, dove si fa di tutto avete sentito lo diceva anche Vincenzo Morgante e lui, vuole la scuola, vuole la scuola media, vuole un centro sociale, lui anima la comunità è chiaro che questo Pino Puglisi è il Pino Puglisi che possiamo capirlo solo in virtù di “nessuno ha un amore più grande di questo”. È un uomo che ha una passione per il Signore per il Cristo, se si toglie questo a Pino Puglisi non si può assolutamente capire la sua forza di prete Antimafia, ma non perché aveva in mente di essere un prete Antimafia, ma perché aveva in mente di essere un cristiano prete.

 

Morgante. Don Corrado, io vorrei ancora insistere su questo impegno della Chiesa, dei sacerdoti, della comunità ecclesiale, quella che viene definita la “resistenza cristiana” alla mafia, alla violenza, all’illegalità. Come abbiamo detto, i vertici della mafia nella quasi totalità sono ormai stati assicurati alla giustizia grazie ad un lavoro straordinario di magistrati, uomini delle forze dell’ordine, giornalisti, educatori. Però il problema della presenza della mafia in forme nuove, più sofisticate, più raffinate esiste. Allora esiste anche l’esigenza di riaffermare con forza l’incompatibilità totale tra il Vangelo e la mafia, tra il vangelo e l’illegalità. Il ruolo della Chiesa – si è già detto in qualche, in qualche passaggio abbiamo ricordato una figura straordinaria come dimenticare le prese di posizione, le omelie del Cardinale Pappalardo in occasione dei tantissimi omicidi illustri e meno illustri verificatisi a Palermo, in Sicilia. Quella è stata una città, amiche e amici, in cui – lo ricorderete – ogni giorno ci si svegliava con tre – quattro omicidi. È la città che ha visto cadere il Presidente della Regione, il Sindaco, il Prefetto, il Procuratore della Repubblica, il Consigliere Istruttore, che ha visto cadere tanti magistrati, tanti poliziotti, tanta gente, tanta gente comune. Sono ferite indimenticabili, ma c’è una realtà che ancora reclama attenzione e vigilanza. L’episodio dei giorni scorsi della violenza, la diciannovenne, perpetrata da un branco di ragazzi. Ecco, io ho molto sofferto immaginandomi e immedesimandomi, tentando, nei genitori della ragazza, ma anche nei genitori di questi ragazzini. L’impegno della Chiesa deve essere ancora forte e determinato.

 

Lorefice. Beh, da questo punto di vista credo che ci sia una continuità magisteriale che va soprattutto da Giovanni Paolo II a Papa Francesco in questi giorni ci ha regalato una lettera che vi invito a leggere, è stata pubblicata anche sul sito del Vaticano, sul sito dell’arcidiocesi di Palermo indirizzata a me ma, comunque, alla chiesa di Palermo da parte di Papa Francesco proprio perché quest’anno ricorre il trentesimo dell’assassinio di Don Pino Puglisi, il 15 settembre. E c’è una parola precisa che dobbiamo saper cogliere più la Chiesa – e quando dico la “Chiesa” più le nostre comunità, più i discepoli e le discepole del Signore che si ritrovano con il Messia della loro vita, che riconoscono addirittura come Messia della storia – nella frequentazione con le Scritture , l’Eucarestia – questo è la cosa essenziale delle nostre comunità – vengono performate mentalmente nella logica, direi, somaticamente dal Cristo che confessano, dal Cristo che ascoltano, dal Cristo con il quale hanno la comunione che mangiano e che li assimila al suo stesso corpo – questa è l’Eucarestia, altro ché la riduzione a mera pratica di pietà, come molte volte rischiamo di fare attaccandola ovunque, senza consapevolezza questa, questa eucarestia. Allora è chiaro che noi avremo una parola che condivideremo con tutti gli uomini e le donne, con la società civile, con tutti quelli che oggi potremmo ancora continuare a chiamare “gli uomini e le donne di buona volontà”, ma con questo specifico della differenza cristiana. E quale potrebbe essere lo specifico Penso che sia racchiusa in questa parola che da Giovanni Paolo II a Papa Francesco nel 2018 è risuonata “convertitevi”. Ma che cosa significa “convertitevi” Ne faceva accenno il carissimo presidente Balsamo quel grido “convertitevi perché verrà il giudizio di Dio” del 9 maggio del 1993 – Pino Puglisi sarà ucciso pochi mesi dopo, il 15 settembre. Sapete qual è il contesto Il contesto è la Valle dei Templi, il contesto è l’avere davanti il Tempio della Concordia e il diacono che dice “andate in pace”. E però Giovanni Paolo II aveva sentito i genitori del giudice Livatino prima della messa, aveva sentito le viscere, il dolore di una madre, di un padre -il Messia nel Vangelo è colui che è capace di viscere di misericordia, gli si muovono letteralmente – quando vede la sofferenza umana e si coinvolge, Giovanni Paolo II al saluto del diacono, vedendosi il Tempio della Concordia dice “Ma questa è una terra di cultura, di vita e di pace! È impossibile che sia ridotta a terra di morte! Convertitevi!” con questo tono. Papa Francesco 5 anni fa – lui è simpaticissimo, gioca anche lui – non lo dirà con questo tono, li chiamerà addirittura “fratelli”, “fratelli mafiosi, convertitevi perché voi, se continuate così, accumulerete la peggiore delle vostre sconfitte”. Insomma, li sfida sull’orgoglio mafioso, è una questione di cultura. E noi, lo specifico dei cristiani è che dobbiamo conservare le stesse viscere di misericordia del Signore. Noi dinnanzi alla sofferenza, dinnanzi all’oppressione non solo ci indigniamo, ma ci coinvolgiamo. E ci coinvolgiamo con tutti quelli che sono capaci di avere ancora viscere di misericordia questo è lo specifico, è il compito che ci affida il Papa, che affida il Papa alle comunità cristiane, certamente, della Sicilia, di Palermo ma a tutti. Ecco, l’adesione alla carne, al corpo, al territorio, un Vangelo che si incarna questa è la sfida. E pensate che noi abbiamo avuto la morte di Biagio Conte, un uomo che sceglie di diventare povero, laico, in nome della sua fede e muove decine di migliaia di persone durante la sua la sua morte. Quando c’è una parola, ecco, per Pino Puglisi il Vangelo si incarna è fratello e sorella colui che accoglie, ascolta la parola di Dio e la mette in pratica. Pino Puglisi è un cristiano prete che mette in pratica il Vangelo del Messia della storia.

 

Morgante. L’arcivescovo di Palermo ha citato un altro personaggio importante della nostra città della nostra Italia Biagio Conte, molti di voi lo avranno conosciuto, ne avranno sentito parlare. Cosiddetto missionario laico che decise di dedicare la sua vita ai fratelli più poveri, agli ultimi fra gli ultimi ed è morto nello stesso giorno in cui si concludeva la latitanza di Matteo Messina Denaro. Io presidente in quella circostanza ne ho fatti soltanto due di editoriali a Tv2000. Il secondo è stato questo e la sottolineatura che ho fatto è tanti anni, la latitanza segnata da violenze da ruberie, da omicidi, da sangue e tanti anni, quelli di Biagio Conte, segnati invece dalla tenerezza e da dedicarsi agli altri, al prossimo e indirettamente quindi di sottrarre ossigeno alla mafia ed è la latitanza sostanzialmente coincide cioè è un tempo che coincide di impegno per gli altri e di impegno per l’illegalità. Ecco per voi magistrati c’è un come dire una un’attività che è segnata come se fosse un carretto con due ruote che poi quello che segna l’impegno contro la mafia e la legalità, o dovrebbe segnare, cioè da un lato l’attività repressiva quella che è affidata alle forze dell’ordine, individuare i crimini, condannare i criminali e assicurarli alla giustizia ma l’altra ruota è fatta anche da un’attività di promozione che deve coinvolgere tutti. C’è una frase altrettanto nota di Padre Puglisi “…e se ognuno fa qualcosa tanto si può fare”, quanto per l’apparato giudiziario investigativo, quanto per vincere questa battaglia è fondamentale l’impegno sul versante culturale e quindi anche l’impegno della Chiesa

 

Balsamo. Moltissimo e ce ne possiamo rendere conto e proprio sulla base di una esperienza comune che abbiamo condiviso con Vincenzo Morgante e con Salvo Taormina in quegli anni ‘80 a Palermo in cui ci si rendeva conto subito che tanto era importante la celebrazione del maxiprocesso quanto era importante costruire una cultura diversa, costruire un’altra Sicilia, quell’altra Sicilia che ha ricevuto un impulso straordinario da una persona che aveva un modo di parlare di pensare molto simile a monsignor Corrado Lorefice che era il Cardinale Salvatore Pappalardo e l’impegno culturale, in buona sostanza, è il vero fattore di cambiamento, quello che prima ha condotto la magistratura, il mondo della Giustizia a modificare la propria identità, la propria autocoscienza e poi ha delegittimato socialmente la mafia agli occhi del popolo siciliano del popolo italiano. Quando è stato arrestato a Matteo Messina Denaro i ragazzi di Castelvetrano sono scesi in piazza portando delle magliette con su scritto “io vedo, io sento, io parlo” esattamente il contrario di quella cultura dell’omertà, di quella legge del silenzio che per tanto tempo ha dominato incontrastata. Io credo che il vero progetto di Padre Pino Puglisi fosse, come lui diceva, di dare ai giovani dei valori diversi rispetto a quelli che possono trovare sulla strada ed è un progetto attualissimo che dobbiamo portare avanti partendo dalle periferie. Padre Pino Puglisi era fiero di impegnarsi in quel luogo dove era nato e che considerava come il quartiere più dimenticato della città. Io ho, per esempio, apprezzato moltissimo l’impegno di Monsignor Corrado Lorefice per un quartiere che ha un fortissimo rischio di divenire una zona off limits a Palermo, è il quartiere di Ballarò, una parola che sicuramente avrete già sentito. Ecco, nel quartiere di Ballarò c’è il rischio che il traffico, lo spaccio di stupefacenti per molte persone diventi fra le principali attività professionali. C’è un altro sorriso che mi è rimasto nel cuore che di un giovane che io non ho conosciuto ma di cui ho visto la fotografia quando era bambino, si chiamava Giulio Zavatteri. Questo ragazzo è morto di crack a 19 anni. Ecco mio figlio che è qui con me ha 19 anni. Io credo che abbiamo bisogno tutti di riscoprire un impegno collettivo che deve essere delle istituzioni ma anche soprattutto di quei mondi vitali che sono la società civile, il mondo della chiesa, il mondo del volontariato in uno sforzo congiunto nel quale la logica della prossimità deve diventare il nostro metodo costante di lavoro. E’ che c’è un grandissimo bisogno di costruire una presenza sul territorio proprio nei luoghi che sono al confine tra lo Stato e la criminalità organizzata perché è vero che per fortuna non abbiamo più avuto dei fatti di sangue della portata di quelli che abbiamo ben conosciuto nella nostra giovinezza ma stiamo attenti che, come diceva Rocco Chinnici, la mafia ha una capacità straordinaria di cambiare incessantemente rimanendo sempre se stessa e questo è uno dei motivi per cui dobbiamo avere una posizione netta riguardo al traffico, allo spaccio di sostanze stupefacenti, nessun cedimento, nessun compromesso è possibile in questa materia, tutti sappiamo quali sono le conseguenze devastanti….devastanti sulla salute dei giovani e ricordiamoci, come diceva Paolo Borsellino che la liberalizzazione di stupefacenti porterebbe l’Italia ai margini del mondo civile, ai margini della comunità internazionale. Ecco, questo è un impegno in cui la repressione deve andare di pari passo con la vicinanza alle famiglie che vivono questa tragedia, questo dramma, con la vicinanza ai ragazzi che sono rimasti invischiati in questa follia. Su questo, io credo che possiamo fare molto, davvero se ognuno fa qualcosa si può fare tanto.

 

Morgante. Purtroppo il timer che abbiamo qua davanti ci segnala che il tempo è terminato e le conclusioni sono affidate a Salvo Taormina però una cosa io volevo dirvi tanto avevo preso un impegno, che questo incontro fosse per voi interessante, spero che ci siamo riusciti e l’altra cosa che vorrei dirvi richiamando il tema conduttore di questo straordinario meeting “L’amicizia inesauribile”. Ecco, anche dalle cose che avete sentito viene fuori la figura di un sacerdote amico, espressione di un’amicizia ecclesiale, pastorale, culturale, sociale e aggiungerei civica. Ecco, questo dibattito servirebbe a poco se non avesse un seguito e il seguito in questo momento potrà essere soltanto nella mente e nel cuore di ciascuno di voi. Mi sento di farvi un augurio che anche voi nelle forme e nelle modalità che ritenete più opportune, a cominciare dalla preghiera, possiate diventare amici ed amiche di Padre Puglisi.

 

Taormina. Io volevo ringraziare per l’intensità e la verità di questo dialogo che, semmai ce ne fosse stato bisogno, è la concretizzazione di un’ esistenza umana vissuta e offerta, lo diceva ora Vincenzo, come amicizia inesauribile. Quello che abbiamo vissuto stasera non è il devoto ricordo di un eroismo tanto bello da ammirare quanto distante dalla possibilità di ciascuno di noi, è l’offerta di un’amicizia personale che innanzitutto stasera è passata dalla riscoperta di un itinerario, di un itinerario che ha saputo perforare le tante riduzioni che negli anni hanno accompagnato anche la lettura di una vicenda come quella di Don Puglisi e penso che forse stasera un po’ ci siamo riusciti ma ci siamo riusciti, mi interessa sottolineare, al metodo di stasera, in virtù di una commozione, ricordava don Corrado “Il linguaggio della narrazione è più efficace di un discorso”, perché Perché siamo di fronte alla commozione di una presenza e attraverso la storia e la commozione dell’esperienza di Don Puglisi di una presenza più grande a cui egli aveva consegnato la vita. Mi piace ricordare, e con questo concludo, che Livatino, in fondo l’evento di stasera è in continuità con l’esperienza della mostra di Livatino lo scorso anno che tra l’altro sta continuando a girare i palazzi di Giustizia di tutta Italia, questo non so se lo sapete, e anche a Palermo l’avremo forse per chiudere ora il giro ideale, è la possibilità di un cammino di coscienza, correggimi don Corrado se sbaglio, reso possibile a tutta la chiesa, grazie alla presenza e la storia dei suoi Santi, è una possibilità per tutti, è la possibilità di un’amicizia inesauribile, è una possibilità che il Meeting, che anche il luogo in questa amicizia si realizza, come ci ha ricordato Papa Francesco nel suo messaggio, quante amicizie sono nate nei padiglioni del Meeting, che continua, grazie anche a questo luogo, quindi voglio concludere anche formulando a ciascuno di voi l’appello, a chi lo volesse liberamente, a potere contribuire lì nei banchi dell’autofinanziamento a che questo luogo possa continuare a essere sostenuto e a diventare l’occasione per moltiplicare l’offerta di questa amicizia. Grazie ancora a tutti e buona serata.

 

 

 

Data

21 Agosto 2023

Ora

17:00

Edizione

2023

Luogo

Auditorium isybank D3
Categoria
Incontri