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Ai piedi dei grattacieli
‘La mostra vuole proporre l’evoluzione del grattacielo americano verso una utilizzazione sociale degli spazi di relazione tra grattacielo e metropoli. Solitamente carpito, e quasi ossessivamente, dall’iniziativa privata per un’utenza altrettanto limitata ed esclusiva, il suolo urbano nelle città statunitensi è stato recentemente aperto ad una appropriazione collettiva della sua spazialità contestuale. Ai piedi dei grattacieli, infatti, a cominciare dal 1961 in forme embrionali, gli spazi che un tempo appartenevano soltanto all’atrio dell’edificio multipiano si sono adattati a destinazioni comunitarie di vario genere: tradizionalmente commerciali (come le gallerie con negozi o servizi vari), oppure di più ampia ambientazione (piazze e luoghi di incontro, con diversi tipi di arredo urbano: giardini e fontane, vasche e statue, percorsi e sedili, scalinate e teatri all’aperto, se non addirittura speciali locali pubblici quali auditori, chiese o musei). Questa particolare conquista cittadina, punta avanzata della progettazione architettonica contemporanea in USA, che ha coinvolto i più preparati ed interessanti autori attuali (come la famosissima Piazza d’Italia di Charles Moore a New Orleans), è la conseguenza di una lenta collusione tra interessi privati ed istituzioni municipali. Queste ultime hanno segnato la storia del grattacielo, da quando questo edificio occupava interamente il lotto urbano (con la tardoottocentesca scuola di Chicago), fino alla sua trasformazione per salvaguardare l’insolazione cittadina (il cosiddetto set-back dal 1916) e tutti i successivi accorgimenti di maggiore liberazione spaziale al suolo (tramite l’uso di bonus normativi e l’apertura di plazas pubbliche) con gli anni Sessanta del Novecento. Tali adattamenti legislativi hanno coinvolto l’intera definizione edilizia del grattacielo, condizionandone perfino la conformazione stilistica: dal pesante blocco a torre compatto degli inizi pioneristici, al sagomato e rientrante aspetto a cascata dell’Arch Deco durante gli anni Trenta, per ritornare ad una rigoristica purezza con la stereometria razionalistica dell’International Style dell’immediato dopoguerra, per esplodere infine nelle più complesse ed eclettiche forme dei post-modernismo. L’esposizione, articolata in 34 pannelli fotografici e in alcuni plastici (scala 1:100 – 1:200), è divisa in tre sezioni: le Costruzioni Verticali (che comprende le meraviglie edilizie ed i primati d’altezza, le torri e le guglie, i campanili e i minareti, le aste e le antenne), il Grattacielo moderno, gli Spazi Pubblici e Plazas.’