QUANDO I POTERI ERANO TRE, DIVISI
Equilibrio dei poteri, giustizia, politica e riforme al centro dell’incontro moderato da Giorgio Vittadini che ha visto la partecipazione di Gianni De Michelis, segretario del Nuovo PSI, e di Vittorio Feltri, direttore di “Libero”, quest’ultimo “sostituto” di Francesco Cossiga, che non ha potuto essere presente per motivi di salute. De Michelis ha aperto notando come una delle ragioni della crisi democratica che stiamo vivendo risieda nella confusione dei tre tradizionali poteri (esecutivo, giudiziario e legislativo, quest’ultimo definito “più uguale degli altri”, perché crea le regole anche per gli altri due). La Costituzione, pur con i ritardi nella sua applicazione, ha consentito durante la “prima Repubblica” quasi un cinquantennio di sviluppo sociale, civile, economico e politico, in parte sclerotizzato sul piano istituzionale da quella che l’ex ministro socialista ha definito la “logica di Yalta”, che ha “condannato” per decenni la DC al governo e il PCI all’opposizione. La colpa maggiore della classe politica del tempo è stata quella di aver mancato un serio piano di riforme (ha citato il fallimento della “commissione Bozzi”), realizzate poi in maniera parziale e di fatto forzata dal “corto circuito” di Tangentopoli (definita un episodio di “manipolazione violenta” dell’ordinamento democratico in cui l’autorità giudiziaria ha “tenuto sotto schiaffo il potere legislativo”). Il cammino di riforme sembra da allora essere, più che un dibattito responsabile inserito con accortezza nel contesto europeo, una lotta di potere e di interesse: preoccupazione desta per De Michelis in tal senso l’attuale vertice dei “quattro saggi” della Casa delle libertà, soprattutto per quanto riguarda l’ipotesi di un “premierato forte”, che sarebbe giudicato “bestemmia” anche in un paese marcatamente presidenzialista come gli USA.
Feltri ha ripreso il tema di Tangentopoli accusando i pubblici ministeri di aver “avvelenato” la vita pubblica italiana, ravvisando una indebita ingerenza del potere giudiziario anche nella recentissima crisi del calcio. Negli ultimi anni si è assistito alla crescita di un potere politico della magistratura (“suppletiva dell’opposizione”) e, parallelamente, ad una sorta di presunta “tutela” della giustizia che l’opposizione stessa si è impropriamente attribuita. Un riflesso di questa commistione può essere riscontrato secondo Feltri, nella diversa valutazione di due “testimoni” discussi come Stefania Ariosto e Igor Marini. Il direttore di “Libero” ha rilevato come il governo Berlusconi sia passato da un impegno compatto, che ha impedito una vera attività esecutiva, a tutela del premier (costretto ad essere un “imputato speciale”) ad un nuovo blocco causato questa volta dai dissidi e dai litigi interni. Come uscire allora da questo empasse? Ristabilendo – ha detto De Michelis – un sistema equilibrato, perché il principio della ripartizione dei poteri va salvato, pur se adattato nelle forme al contesto europeo e globale. Facendo riferimento agli inizi degli anni ’90, ha poi ricordato che quando, dopo il crollo del muro di Berlino, sono arrivate precise documentazioni dell’attività finanziaria illecita di uomini del PCI, i magistrati non li hanno utilizzati per aprire inchieste che sono invece fiorite in altre direzioni politiche anche su minori basi probatorie. Questa logica che contrappone pesi e misure palesemente diversi va accantonata e superata.
Vittadini ha provocato gli ospiti riallacciandosi alle polemiche sul riferimento alle radici cristiane nella bozza del trattato costituzionale europeo: al di là delle formule più o meno convincenti, occorre un ideale, non necessariamente cattolico, perché ci sia una radice – precedente alla legge – che consente il rispetto dell’altro; altrimenti l’unico esito possibile è la violenza. De Michelis ha risposto minimizzando la questione del riferimento al cristianesimo, affermando che occorre rendersi conto che si avrà sempre più a che fare con culture e visioni del mondo diverse da quella occidentale che fino ad ora ha informato i principali organismi internazionali. Feltri ha ribadito invece di credere nella difesa dell’identità occidentale e cristiana come condizione necessaria del dialogo, invocando anche il principio di reciprocità, soprattutto nei confronti del mondo islamico.
In conclusione, Vittadini ha ribadito come il dibattito sulla costituzione europea non debba essere ridotto a un problema formale o di preamboli: è tutto il “mediocre” articolato a suscitare gravi perplessità, perché manca un affronto serio di temi quali l’associazionismo, la famiglia, la sussidiarietà orizzontale. Creare una carta che dia conto degli ideali dell’Europa (a cominciare da quello cristiano), che rimetta al centro il problema educativo come prima preoccupazione civile e politica, è un lavoro lungo e difficile, che non va sacrificato o abbreviato per ragioni di prestigio internazionale.
M.C.
Rimini, 25 agosto 2003