L’EST PERCHÉ L’OVEST CI SIA
La nuova Europa che sta nascendo “deve darsi prima di tutto un’anima” per diventare, parafrasando il titolo del Meeting, “una terra che vuole la vita e desidera giorni felici”. Così ha scritto il grande drammaturgo Vaclav Havel, già presidente della Repubblica Ceca, nel suo messaggio inviato ai partecipanti alla kermesse riminese, in particolare all’incontro sul tema: “L’Est perché l’Ovest ci sia”, a cui non è potuto intervenire per motivi di salute.
Moderata dall’eurodeputato Giorgio Lisi, la tavola rotonda che ha aperto la quarta giornata del Meeting 2003, ha registrato la presenza della poetessa russa (premio Solov’ëv 1996 e premio Solgenicyin 2003) Ol’ga Sedakova, dell’arcivescovo coadiutore di Dublino Diarmuid Martin, già nunzio apostolico presso la sede ONU di Ginevra, e dell’ambasciatore permanente presso l’Unione Europea Umberto Vattani, vera e propria “memoria storica della diplomazia italiana”.
Sedakova, ricordando che la resistenza e la salvezza del popolo russo durante i 70 anni di totalitarismo è stata la memoria della sua eredità culturale (un verso, una canzone, un brano letterario), ha affermato che la tradizione dell’Oriente cristiano (la memoria dell’inizio, la contemplazione, la cultura di origine bizantina, l’icona, la musica sacra e classica, la letteratura moderna) è il contributo che l’Occidente – tutto attivismo, dinamismo, razionalismo, progresso, democrazia – deve cogliere, affinché l’Europa non sia solo un’unità geografica e ogni suo cittadino possa sentirla “come casa propria”.
Mons. Martin, evidenziando l’originalità del processo di unificazione europea, le sue origini, i suoi benefici, il lungo periodo di pace che attraversa il continente da circa 60 anni, ha sottolineato la necessità che la nuova Europa sia paneuropea: che si costruisca tenendo conto dei suoi due polmoni, quello dell’Ovest e quello dell’Est, “e magari – ha aggiunto con ironia – di un terzo piccolo polmone nelle banche svizzere”. Per il prelato irlandese ciò che occorre è una vera integrazione culturale, non solo geografica ed economica: dunque che vengano riconosciute le radici cristiane dell’Europa; che si attui la sussidiarietà tra gli Stati, che sola può far superare i possibili rischi di appiattimento e nuovi colonialismi, coinvolgendo in questo processo anche la Russia in una visione non occidentale, tutta da costruire, dell’Europa; e, infine, che la nuova realtà sappia aprirsi al Sud del mondo in una logica non di superpotenza, ma di dialogo e collaborazione.
Vattani ha invece posto l’accento su tre aspetti essenziali per la costruzione dell’Europa: la sua Costituzione, il suo allargamento e il suo ruolo nel mondo. Secondo l’ambasciatore la nuova Costituzione europea, pur frutto di una difficile eredità, è più che mai necessaria, perché rispetto al passato essa si basa sul riconoscimento della uguaglianza degli stati e dei popoli, anche “se non fa ancora presa sulle menti e sui cuori dei cittadini”. Senza nascondersi le difficoltà, in primo luogo quella della lingua (con il nuovo ampliamento saranno 20 le lingue nazionali ufficiali europee), Vattani si è mostrato ottimista sull’allargamento UE, anche perché solo un’Europa grande e unita potrà avere quel ruolo universale oggi più che mai indispensabile. Basta tenere presente la saggia lezione del vecchio mondo latino, ovvero quella “concordia e pazienza” indicata da Svetonio per realizzare stabili relazioni tra i popoli.
EL.P.
Rimini, 27 agosto 2003