LE BANCHE DEL POPOLO
Che cosa hanno in comune fondazioni bancarie e banche di credito cooperativo? Qual è la situazione attuale di queste realtà ultimamente bersagliate da continui provvedimenti legislativi? Le domande di Paolo Gualaccini, vicepresidente della Compagnia delle Opere, hanno aperto l’odierna tavola rotonda sulla difficile situazione degli enti bancari sopra citati.Giuseppe Mussari, presidente della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, ha raccontato la storia e l’esperienza secolare della realtà toscana da lui guidata, ovvero la creazione di servizi creditizi con lo sforzo dei privati al servizio dell’interesse pubblico. Le fondazioni da sempre sono infatti legate alle banche, utilizzando le risorse per distribuire il profitto privato sottoforma di reddito pubblico a vantaggio del bene comune. La storia delle fondazioni è comune e tutte hanno nella loro natura la voglia di impegnare i capitali per il bene comune e l’interesse di tutti, nonostante gli sforzi, ripetuti e compiuti da diversi legislatori, di annichilire questa spinta ideale.Della stessa idea è stato anche Alessandro Azzi, presidente di Federasse-Federazione Nazionale Banche di Credito Cooperativo, che ha denunciato una crisi nel settore dovuto agli sforzi di chi ha funzioni legislative. La storia dei crediti cooperativi, che ha origine nella dottrina sociale della Chiesa, ha trovato nell’enciclica Rerum Novarum di Leone XIII un aiuto chiarificatore da seguire, sulla strada della sussidiarietà, del bene comune e del rispetto della persona. Gli attuali provvedimenti legislativi, secondo Azzi, creano invece una situazione difficile da gestire, che impedisce alle banche di lavorare nel rispetto della citata tradizione.Un riferimento ed una critica secca alla Finanziaria 2000 che regola proprio le fondazioni e gli istitutivi di credito cooperativo, è arrivata da Emmanuele Emanuele, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Roma, che ha ribadito la convinzione che tra fondazioni e Ministero del Tesoro sia in corso una vera e propria guerra. Il conflitto, oltre che sulla forma, è acceso soprattutto sui contenuti: tra la concezione di chi governa, da una parte, che vuole mettere le mani sui soldi delle fondazioni, e lo sforzo, dall’altra, di chi vuole continuare a lavorare coerentemente con una tradizione vantaggiosa per il popolo e il bene comune.La minaccia alle fondazioni, ha aggiunto Mussari, denuncia un grande problema: l’incapacità del diritto di regolare le situazioni di crisi della economia italiana.
Questo, ha incalzato Azzi, suggerisce agli operatoria la necessità di iniziare a riflettere sul futuro, ripensando allo stile con cui devono lavorare tutti. Lo stile da scegliere è quello di chi serve il bene comune con il proprio impegno personale.
M.S.
Rimini, 25 agosto 2003