CILLA E IL SUO POPOLO: DALLA CARITA’ COME DIMENSIONE DEL CUORE ALLA CARITA’ COME IMPRESA
La grande affluenza di pubblico è secondo Guido Boldrin, che ha moderato l’incontro, la dimostrazione concreta che Cilla ha davvero saputo creare un popolo. L’incontro è stata l’occasione per ricordare la storia e l’esperienza di Cilla Galeazzi, da cui è nata l’Associazione Cilla Onlus., che si propone di offrire accoglienza a coloro che sono a stretto contatto con i malati degli ospedali, magari in città lontane ed estranee. Il dolore – ha continuato Boldrin – non è mai l’ultima parola nella vita: anzi talvolta è l’introduzione a una vita più piena. Da dove nasce questa positività, per cui è possibile avere uno sguardo buono sui malati e su quelli che li amano? La risposta a questa domanda sono stati gli interventi di Alessandro Galeazzi, fratello di Cilla, e di don Primo Soldi, il suo primo biografo. Il primo, rievocando i momenti successivi alla morte della sorella, ha parlato innanzitutto di miracolo: “un cambiamento impressionante” nella sua famiglia. Cilla fu un passo avanti su una strada già intrapresa:: il capofamiglia, Rino Galeazzi, medico, aveva portato nella quotidianità il carisma di don Giussani, che aveva appena incontrato. Proprio con il “testamento” di Rino si è concluso l’intervento di Galeazzi, che ha individuato nel Cristo crocifisso il paradigma della relazione dolore-dono e l’inizio di un mondo nuovo in cui, paradossalmente, è giusto essere contenti nel dolore: “il dolore mio e tuo sono resi uguali, unificati, in Cristo. Allora che ad ognuno di noi non sia indifferente chi gli sta accanto”.
Don Primo Soldi ha notato come questo Meeting della felicità si stia trasformando in una testimonianza incredibile di carità. Per Cilla la felicità non era mai esente da dolore e tristezza: era ridere e piangere insieme, era la commozione del donarsi. Nel suo diario scriveva: “Gioire di tutto, essere felici anche di poco”. Lei sentiva Dio come tutto: è questa l’autenticità solida e luminosa della sua esperienza, una testimonianza commossa di dono di sé all’Infinito.
È poi intervenuta Maria Grazia, raccontando di quando Rino Galeazzi, le fu vicino nel momento della grave malattia da cui fu colpita un anno dopo il matrimonio. Questa malattia “non fu una disgrazia umana, ma un segno dell’amore di Cristo”. È questo il vero miracolo: capire che tutto porta a un destino buono.
Luca Bortoletto, consulente PMI italiane in Kazakhstan, ha invece descritto l’itinerario di crescita dell’Associazione, che nel 1998 ah ottenuto il riconoscimento giuridico, traendo da ciò nuova energia. Anche l’amicizia tra gli organizzatori, così, ha fatto un grande salto di qualità: è la “condivisione che diventa cultura”. Bortoletto ha poi accennato alle attività che svolge in quel Paese in collaborazione con AVSI e i suoi progetti.
Salvatore Albanese, presidente nazionale dell’Associazione Cilla, ha insistito sul fatto che “l’importanza di quello che si fa non è quello che si fa, ma come lo si fa”. Il suo lavoro di medico lo aveva portato a interessarsi dei parenti dei malati in ospedali e poi a iniziare a collaborare con la neonata Associazione Cilla, di cui ora è appunto presidente.
P.S.
Rimini, 29 luglio 2003