C’E’ UN UOMO CHE VUOLE LA VITA E DESIDERA GIORNI FELICI?
L’incontro sul titolo del Meeting 2003 si è svolto nell’Auditorium gremito del Nuovo Quartiere Fieristico di Rimini. Protagonista dell’appuntamento Mauro Giuseppe Lepori, abate del monastero cistercense di Hauterive, in Svizzera.
“Siamo arrivati a uno dei punti centrali del Meeting”, ha detto Marco Bona Castelletti, introducendo l’incontro; “padre Mauro è l’autore, l’acuto suggeritore del titolo di quest’anno. Abate dal 1994, considera don Luigi Giussani tra i riferimenti fondamentali della propria educazione. La comunità monastica non è fuga dal mondo; in essa si realizza una concentrazione che diventa potente comunicazione”.
L’Abate Lepori ha iniziato illustrando come compare, nel Prologo della Regola di San Benedetto, il versetto del Salmo 33 ripreso dal titolo del Meeting: “All’origine di tutto non c’è il desiderio di vita e di felicità del nostro cuore, ma Dio che desidera la pienezza della nostra vita. Dio si fa mendicante del desiderio di felicità del cuore dell’uomo. Dio si aggira in mezzo alla folla e grida, come un venditore ambulante (…)”. È “un Dio che desidera il nostro desiderio”. Se alla domanda che intitola il Meeting l’uomo risponde: “Io”, Dio, a sua volta, risponde: “Eccomi, sono qui!”.
Ma quale uomo trova oggi questo Dio mendicante del nostro desiderio? “Viviamo in una cultura”, ha segnalato Lepori, “ingolfata nella contraddizione di temere la morte senza amare la vita”. Ad esempio: “Quanti genitori e educatori temono nevroticamente la morte dei loro figli, ma non si preoccupano affatto di trasmettere loro il senso della vita”! Alla fine è la morte che si afferma su tutto e su tutti.
Proseguendo nella sua lezione, l’Abate di Hauterive ha rievocato l’episodio evangelico dell’incontro di Gesù col giovane ricco: “l’immagine dell’uomo contemporaneo che si lascia per un po’ commuovere da un anelito verso la pienezza, ma che di fronte a una proposta reale di vita si affloscia” e se ne va. Di fronte allo sbigottimento dei discepoli (“E chi mai si può salvare?”) Gesù risponde riaprendo un orizzonte di speranza (“Tutto è possibile presso Dio”), offrendo Se stesso e correndo verso il mistero pasquale. “Per questo non possiamo più chiederci se c’è un uomo che vuole la vita e desidera la felicità senza guardare prima all’Uomo-Dio il quale, per la vita e la felicità dell’uomo che gli ha voltato le spalle, corre verso la morte e la risurrezione”. Quella dell’uomo è “una miseria che attira la Misericordia”.
Padre Lepori ha concentrato quindi la sua attenzione sul racconto della crocifissione proposto dall’evangelista Giovanni, in particolare sul significato di alcune frasi: “Non gli sarà spezzato alcun osso”, “Subito ne uscì sangue ed acqua”. La speranza cristiana di liberazione “non è solo l’attesa di un ‘dopo’, di un ‘oltre’ la morte, ma una fiducia possibile anche e già ‘dentro’ la condizione mortale”. Nel cuore di Gesù, “ferito dall’uomo, che lascia subito sgorgare sull’uomo feritore la misericordia della propria Vita divina, si riassume e concentra tutto il mistero di Cristo”.
“Beati quelli che crederanno”: questa frase di Gesù risorto ha coagulato altre riflessioni proposte dal relatore. “L’uomo ritrova la gioia e la vita al cospetto del Risorto dal cuore trafitto. La condizione della vita e della sua beatitudine è ormai quel moto di libertà, della ragione, dell’affetto, che accoglie dalla testimonianza viva della Chiesa la presenza del Crocifisso-Risorto da guardare, da toccare, da ascoltare, da amare”.
La vita e la pienezza della vita, cioè della felicità di ogni uomo “diventano il patrimonio e la missione della Chiesa”. “Per questo da 2000 anni la Chiesa è amata e odiata (…) Il mondo odia la Chiesa perché non gli perdona di essere lo scrigno aperto e gratuito, ma insostituibile, della pienezza di vita di ogni uomo (…) Ciò che fa impazzire il mondo – ha detto ancora il relatore – è che scacciando la Chiesa dal proprio ambito di influenza e di potere, vede partire con essa la vita e la felicità di ogni uomo”.
L’ultima parte della lezione di padre Lepori ha proposto il “martirio” come paradigma e compimento della testimonianza cristiana nel mondo: “La natura del martirio non sta nella sua modalità, ma nel testimoniare che Cristo è la risposta al desiderio di vita e di felicità del cuore umano, la risposta che vince il destino della morte e del peccato”. “La Chiesa – ha concluso l’Abate – ama l’uomo ‘essendoci’, rendendosi presente ovunque l’uomo vive e muore. (…) E l’uomo che si lascia toccare dalla Chiesa, sperimenta il miracolo di rinascere alla vita e alla gioia nella carità di Cristo”.
Il pubblico che gremiva l’Auditorium ha seguito con concentrazione una sostanziosa relazione che ha durato poco meno di un’ora e un quarto. Alla fine un lungo applauso e, per i tanti che hanno accolto la proposta dell’Abate, la recita comune della preghiera dell’ “Angelus”.
V. C.
Rimini, 26 Agosto 2003