Sandro Bicocchi, Direttore Generale CDO, ha guidato una serie di riflessioni sul significato del lavoro e il suo nesso con l’etica e la felicità. Il primo intervento è stato quello di Massimo Sarmi, Amministratore delegato di Poste Italiane, che si è detto contento del proprio lavoro, per il semplice fatto che è possibile sorprenderne quotidianamente i risultati nella realtà. “Nelle società di servizi come quella che contribuisco a dirigere – ha detto – l’unico modo per rendere possibile la felicità sul lavoro è tutelare il valore aggiunto delle persone”. La felicità deriva quindi dalla condivisione operativa di un progetto in cui la libertà di ciascuno è stimolata in modo responsabile e non isolato. Sarmi ha indicato due possibili contesti “estremi” di lavoro: quello che ha chiamato “a sistema aperto” e quello caratterizzato da regole più strutturate e rigide; nessuno dei due esclude la possibilità di essere felici sul lavoro, perché la condizione fondamentale è il “fare, fare bene e rapidamente”. Piero Serra, direttore Comunicazione Getronics Italia, si è interrogato sul ruolo del manager nel motivare i dipendenti. “Il dover fare – ha detto – è un imposizione morale, anzi vitale”, dichiarando poi i suoi sentimenti contrastanti dopo la lettura del recente articolo di Vittadini “Ricominciare a produrre”: grande sollievo per questa voce in un contesto “soffocato da chiacchiere”, ma anche estrema preoccupazione per il totale isolamento di un messaggio come questo in uno scenario politico-economico in cui sembra “non vedersi il senso di marcia”. L’intervento di Mario Grillo, direttore generale Veneta Cucine, è entrato nel merito del “senso del bello”, senza il quale il lavoro non regge. Grillo ha raccontato dell’esperienza che gli ha consentito di evitare due estremi della concezione del lavoro: da un lato la tentazione della fuga (per cui la vita inizia dopo la fine della giornata lavorativa) e dall’altro il rischio di un’alienazione secondo la quale la vita coincide con il successo. Grillo ha parlato del suo pellegrinaggio al santuario di Czestochowa come momento di presa di coscienza della protezione materna della Madonna, che non lo ha più abbandonato anche nel suo lavoro di imprenditore e nelle difficili scelte che è stato chiamato a compiere. Andrea Riello, presidente UCIMU, ha detto che l’impeto più radicale sul lavoro è quello che deriva dal desiderio di lavorare sulla realtà per migliorarla rispetto a come la si trova. Questo salva il lavoro da una prospettiva angusta, e permette di valorizzare anche l’impegno del volontariato, sotto forma di tempo o risorse da dedicare ad esso. L’ultimo intervento è stato quello di Mauro Miccio, consigliere di amministrazione Enel, che si è concentrato sulla centralità dell’uomo nei rapporti e nei processi lavorativi: la strada giusta passa per una considerazione dell’uomo come individuo prima che come produttore, consumatore, cittadino o altro. Dal punto di vista etico, il fatto di sedersi attorno a un tavolo non è in sé il punto fondamentale: occorre questo riconoscimento precedente del dato di realtà – ha detto parafrasando Hannah Arendt – perché l’uomo, guadagnato tutto, non “perda se stesso”
M.C.
Rimini, 27 agosto 2003