Rimini, 20 agosto 2021 – «Che cosa rende la città un luogo nostro, dell’io e del noi?». È questa la domanda con cui Guido Bardelli, presidente Compagnia delle Opere ha voluto introdurre l’incontro “Vivibilità e accessibilità. La città inclusiva”.
Antonio Decaro, presidente ANCI e sindaco di Bari, osserva come le città siano il luogo dove tradizionalmente trovano spazio i problemi della società e dove normalmente si generano le soluzioni: un laboratorio per mettere alla prova le strategie innovative. La pandemia ha portato un’ulteriore riflessione su che cosa vuol dire vivere nella città: «Bisogna ripartire dalle città, perché l’esperienza insegna che è la strategia vincente: la ripartenza dai Municipi è nella storia italiana. La politica locale rappresenta il terminale di prossimità più esposto della Repubblica e questo sarà ancora più centrale per l’attuazione del PNRR, dove i temi individuati dalla UE sono linee di indirizzo di competenza dei Comuni».
Su questa scia continua Carlo Ratti, architetto e ingegnere, docente presso il Massachusetts Institute of Technology e direttore del MIT Senseable City Lab. Se le città spesso lavorano andando a vedere le “best practices”, il successo del passato, con il Covid ci si è trovati di fronte ad una condizione nuova, senza soluzioni disponibili. Questa sorta “distruzione creativa” (Schumpeter) ha contribuito a trasformare la città in un laboratorio in cui si innova di più, e poi aggiustare il tiro se necessario. Se questo dà un’indicazione di metodo, ora vengono i grandi temi, soprattutto quelli di natura sociale. Le città hanno un’attrattiva sociale che nessuna pandemia può fermare, un associarsi che ci rende più di una somma di individui. Da questo riparte il ripensare la casa e gli uffici e la città verso un nuovo modello ibrido.
Irene Tinagli, presidente della Commissione Problemi Economici e Monetari del Parlamento Europeo, in tal senso osserva come, dopo un po’ di anni in cui i temi urbani nel dibattito politico nazionale erano un po’ passati di moda, il PNRR ponga la dimensione urbana al centro. Gli obiettivi dell’Unione avranno bisogno di un forte radicamento urbano, basti pensare alla mobilità, la de-carbonizzazione, la sostenibilità. «Noi dovremmo saper leggere i nuovi dati del territorio e della popolazione e non sappiamo la piega che prenderanno i comportamenti delle persone. E in funzione di questa dobbiamo ripensare la città, gli spazi, per il futuro e soprattutto alla luce di come l’avevamo pensata in passato».
Giuseppe Bonomi, amministratore delegato di Milanosesto S.p.a., contestualizza queste osservazioni nell’esperienza concreta: quella legata, per l’appunto, al progetto MilanoSesto. «Si tratta infatti di rimeditare gli spazi per favorire nuove socialità, ed è qui dove la teoria si incontra con una normalità, ben più prosaica e con l’esigenza di far quadrare i conti». Cruciale, in tal senso, è la dimensione del partenariato pubblico-privato, unico strumento per andare incontro in modo fattivo alle esigenze del territorio e dei cittadini. Centrale è anche il tema della rigenerazione, per rispondere ai bisogni sociali e alle fratture che si sono evolute nel tempo, superando i confini non solo formali, ma anche umani della città.
(E.S.)