Valutare per migliorare la scuola

Press Meeting

Uno degli incontri più importanti, nella giornata dedicata dal Meeting al tema della scuola, si svolge alle 13:00 nella Sala Poste Italiane A4. Daniela Notarbartolo, insegnante e autore di prove Invalsi, introduce e modera gli interventi dei relatori: Luisa Ribolzi, responsabile dell’Area Formazione di GruppoCLAS; Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli; Piero Cipollone, vice capo Dipartimento Bilancio e Controllo della Banca d’Italia e fino al 2011 presidente dell’Istituto di ricerca INVALSI; Elena Ugolini, preside del Liceo Malpighi di Bologna.

Notarbartolo introduce il tema: «Ci interessa la scuola come luogo di un’esperienza significativa. Quando è chiaro e condiviso lo scopo delle azioni, anche gli strumenti diventano interessanti per chi li usa. Senza lo scopo gli strumenti sono astratti». Le discusse prove Invalsi, al centro della riflessione dell’incontro, hanno infatti lo scopo di «verificare l’esistenza di competenze alte, che dicono come un ragazzo è in grado di incontrare la realtà e di interagire con essa».

Ribolzi muove il suo contributo dalla domanda “cos’è la valutazione?”: «Di qualunque tipo sia, è sempre uno stimolo a riflettere sull’obiettivo», mentre gli insegnanti tendono spesso a vivere la valutazione come un esercizio di attribuzione delle colpe. Invece la valutazione dal basso e quella dall’alto si possono integrare: la scuola può così avere il diretto controllo su elementi nuovi rispetto a quelli che valuta normalmente. «Di una valutazione esterna c’è bisogno, in un sistema organizzato attorno alle autonomie. Così si coglie l’importanza del valore aggiunto di una scuola rispetto a un’altra». Anche altri elementi potrebbero essere valutati, ad esempio il ruolo della formazione dei docenti, l’influenza del gruppo dei pari. Senza dimenticare che lo scopo della valutazione è «il miglioramento e la responsabilità del bene comune» e come manchino, a livello ministeriale, ispettori che realizzino la valutazione delle singole scuole.

Gavosto apre così la sua relazione: «Fino al 2013 l’Italia è stato uno dei pochi paesi europei a non aver un sistema di valutazione del sistema scolastico». Nel suo intervento mostra la differenza tra modello di valutazione verticale e orizzontale. La prima misura gli esiti, ad esempio gli apprendimenti o la capacità di inclusione, «analizzandone le cause, osservando i progressi: è uno strumento di governo della scuola, per i responsabili, locali o nazionali, delle politiche scolastiche». La valutazione orizzontale, o rendicontazione, fornisce invece informazioni sulle scuole, senza approfondire le ragioni delle loro performance. Un esempio è “Eduscopio”, lo strumento ideato dalla Fondazione Agnelli, «in grado di informare studenti o famiglie per orientare le scelte scolastiche». La valutazione delle scuole in Italia è iniziata con un’autovalutazione guidata (RAV), anziché con un esame esterno: «Sicuramente un metodo più accettabile dal mondo della scuola, ma che lascia il dubbio se sia altrettanto efficace». Accanto alla valutazione delle scuole, la legge 107 ha poi riscoperto la valutazione dei dirigenti scolastici e introdotto quella dei docenti, rischiando però di arrivare a di situazioni paradossali: «Può accadere che una scuola venga ritenuta carente in matematica, il dirigente penalizzato, mentre i docenti della materia ricevono il premio».

«Quando dieci anni fa mi sono trovato a dare il mio contributo alla costruzione di Invalsi», interviene Cipollone, «abbiamo riflettuto e lavorato sulla prospettiva non del campione, ma “di quella scuola”, di “quegli studenti”». Il percorso di Invalsi nella scuola è stato, invece, un altro: «Si parla molto dei risultati generali, ma poche scuole fanno quell’importante lettura del rapporto annuale che porta all’analisi del singolo item». Tuttavia, tante cose sono cambiate in meglio: «Le indicazioni nazionali per i curricula hanno cominciato a introdurre obiettivi di apprendimento più adeguati alla realtà con cui la scuola dovrebbe sempre essere in rapporto vivo; spesso la scuola è invece in ritardo sui tempi». Per questo, aggiunge Cipollone: «Diamo un supporto istituzionale ai docenti sulla lettura del rapporto Invalsi».

Ugolini ritorna alle circostanze che hanno portato alla nascita dell’Invalsi: «Nel 2001 il ministro Moratti, a seguito degli esisti della prima indagine standard – PISA – che vedevano i quindicenni italiani agli ultimi posti della classifica per le competenze di lettura e di calcolo rispetto ai coetanei europei, decide di avviare la strutturazione di un sistema di valutazione nazionale, che qualificasse e rispettasse la natura della nostra scuola». La stessa situazione è stata poi confermata dagli esiti del rapporto Invalsi 2008. «I risultati della prima prova standardizzata all’esame conclusivo del primo ciclo ha messo in luce gli stessi esiti del PISA. Inoltre, è stato chiaro che lo scollamento si comincia a vedere già dai primi anni della scuola primaria».

Notarbarolo conclude l’incontro mettendo in luce una delle più delicate novità dei decreti attuativi della legge 107: «Dal prossimo anno, gli esiti della prova nazionale standardizzata saranno descritti da una rubrica distinta in cinque livelli».

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