Università e ricerca nell’epoca del cambiamento
Rimini, 24 agosto 2021 – «L’esperienza della pandemia certo spiega a tutti noi il valore della riflessione che oggi qui ci accingiamo a cominciare», esordisce Davide Prosperi, professore Ordinario di Biochimica all’Università di Milano-Bicocca, introducendo l’incontro “Università e ricerca nell’epoca del cambiamento”.
Maria Chiara Carrozza, presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), continua sottolineando come il PNRR rappresenti una chiamata a raccolta per i ricercatori, un appello alla responsabilità a far il meglio possibile in ricerca, sviluppo, innovazione. «Di fronte alle sfide della transizione verde, così come della digitalizzazione, oggi non disponiamo delle competenze e degli strumenti necessari. Non è solo una strada di cambiamento, ma è la strada stessa a dover essere innovata», osserva. Per questo si rendono più che mai necessari importanti investimenti. Senza impegni concreti nella ricerca fondamentale, infatti, difficilmente arriviamo ad una ricerca traslazionale.
«Il Covid», continua Ferruccio Resta, rettore del Politecnico di Milano, «ci ha insegnato che di fronte a scenari completamente inediti non siamo sufficiente competenti. Le soluzioni sono venute imparando cose nuove». In ciò si coglie una lezione di metodo importante per le sfide che ci sono dinnanzi: transizione verde e digitalizzazione. Se prima la ricerca sembrava qualcosa per pochi eletti e per un futuro lontano, ora è diventata per tutti un elemento di prossimità importantissimo. «E se finora potevamo lamentarci perché mancavano i fondi, questo momento storico e gli impegni del PNRR non lasciano spazio ad alibi». Perché la ricerca porti frutto, però, urge una politica europea. «L’UE ha una sensibilità veramente significativa su tanti temi legati all’innovazione e alla ricerca. Per questo è essenziale che alcune scoperte trovino una tutela a livello europeo» conclude.
Franco Anelli, rettore Università Cattolica del Sacro Cuore, a riguardo, pone l’accento non solo sulla missione innovativa, ma soprattutto sulla funzione formativa ed educativa dell’università. «Non siamo solo produttori di conoscenza nuova, ma anche formatori di portatori di conoscenze, di capitale umano. L’obiettivo è costruire una società maggiormente diffusa ed educata». Il tema del cambiamento, osserva, è quanto mai urgente: «Noi possiamo incontrare delle lacune di conoscenza in campo specifico, ma anche di tipo culturale. Per fidarsi della conoscenza altrui», conclude, «bisogna essere portatori di una propria conoscenza. Per questo serve diffondere una comprensione estesa della ricerca e della sua utilità. L’irrompere della tecnologia è drastico e radicale e chiede un’attribuzione di significato».
Carozza riprende la parola portando l’attenzione al ruolo del CNR nel promuovere un approccio multidisciplinare alla ricerca: «L’attribuzione di significato, infatti, chiede approccio per problemi scientifici e non per settori».
Resta, a riguardo, richiama l’attenzione su alcune riforme urgenti: «Cambiare il sistema di reclutamento, modificare la capacità di investimento nelle persone; garantire la tutela delle ricercatrici nel bilanciamento vita-lavoro; in generale, promuovere nuove forme di welfare per i giovani che si avvicinano al mondo della ricerca».
Conclude Anelli con alcune riflessioni riguardo ai percorsi di dottorato: «Se solo il 20% dei dottori di ricerca ottiene una posizione lavorativa adeguata alla sua preparazione, è dovuto ad una scarsa riconoscibilità sociale del titolo e alle difficoltà delle medie imprese ad investire in ricerca». Non va però tralasciato il valore aggiunto di questi cicli di studio, che contribuiscono a formare una mentalità capace di innovare, di identificare dei problemi e delle soluzioni inedite.
(E.S.)