UN’ECONOMIA FONDATA SULLA CORRESPONSABILITÀ ESPERIENZE DI COOPERAZIONE A CONFRONTO

Press Meeting

Nell’anno internazionale della Cooperazione, la giornata di apertura del Meeting 2012 ha offerto un’occasione di confronto tra esperienze di soggetti rappresentativi del vasto mondo cooperativo italiano, impegnate nelle sfide della crisi. L’incontro, realizzato in collaborazione con Unioncamere, è stato introdotto da Monica Poletto, presidente della Compagnia delle Opere-Opere Sociali e ha visto la partecipazione di colossi della cooperazione nel settore agroalimentare quali Granarolo e Conserve Italia, del Consorzio Cgm che riunisce imprese sociali, e di Copat. Tutte realtà che hanno anzitutto raccontato la storia delle rispettive origini. Origini, spesso, segnate proprio dalla crisi e da gravi difficoltà economiche.
Maurizio Gardini, presidente di Conserve Italia, ha ricordato che l’impresa nacque circa cinquant’anni fa per rispondere a un momento di crisi della frutticoltura fresca e conservata, rilevando aziende allora in difficoltà in quanto non più competitive. Acquisendo Valfrutta, Cirio, Yoga, De Rica e altri famosi marchi, Conserve Italia si è proposta di operare con una missione precisa: mantenere al centro del sistema organizzativo il produttore, valorizzandolo e sostenendolo. Nel contempo il gruppo ha scelto di restare in Italia, resistendo alla tentazione della delocalizzazione all’estero, riuscendo ugualmente ad essere competitivo nei prezzi finali.
“Oggi la globalizzazione impone di aggregare il più possibile l’offerta dei produttori, ma occorre anche senso di responsabilità”, ha affermato Gardini, per quella che ha definito “la sfida della sicurezza alimentare”. Nel futuro – ha proseguito – si porrà l’esigenza di assicurare non solo la qualità ma anche la quantità di produzione alimentare, “poiché i mutamenti climatici stanno mettendo a rischio i livelli di disponibilità delle risorse alimentari ai quali siamo abituati”.
Da Claudia Fiaschi anzitutto alcune cifre sul consorzio Cgm da lei presieduto: 990 cooperative aderenti con 45mila soci e 1.300 milioni di euro di fatturato aggregato. “Al ben noto settore del welfare si stanno affiancando attività nell’ambito dei trasporti, del turismo, dell’uso delle acque, che vedono 65 imprese innovative operare con investimenti che lo scorso anno hanno raggiunto cento milioni di euro”. Si tratta di nuovi paradigmi di competenze lavorative e di spunti di speranza per un settore che altrimenti risentirebbe in modo letale delle restrizioni indotte dalla crisi economica.
Con l’intervento di Giampiero Calzolari, presidente di Granarolo, è ritornata al centro dell’attenzione la cooperazione nell’agroalimentare. “Riuniamo circa mille allevatori produttori di latte, un’organizzazione di raccolta della materia prima alla stalla con 70 mezzi, 1.200 automezzi per la distribuzione, che movimentano 750mila tonnellate/anno: un sistema operativo che non potrebbe fermarsi, scandito com’è dalla regolarità delle mungiture e dal lavoro costante di tanti allevatori emiliani che non potrebbero produrre da soli in un contesto esposto alle oscillazioni del mercato globalizzato”. La cooperazione – ha sottolineato Calzolari – svolge un ruolo strategico in termini anche generazionali, poiché “oltre ad assicurare l’economia degli allevatori offre occasioni di nuove professionalità per i loro figli, ad esempio come agronomi o veterinari”.
“Timore, imbarazzo, orgoglio” i sentimenti che Andrea Ferraris, presidente Copat (la sigla significa cooperative part time) confessa nel raccontare la propria storia, “ma l’ultima parola è la gratitudine per l’esperienza fatta”, gratitudine che ridesta energia e questo genera una coscienza rinnovata dell’origine e dello scopo. “Parlare di corresponsabilità in questo momento – è il punto di vista di Ferraris – è difficile perché la situazione attuale genera angoscia, ma tenendo presente l’esperienza da cui si è partiti e gli amici che ti hanno accompagnato è possibile verificare nella realtà che si può costituire un bene comune, sebbene l’idea di un bene comune sembri smarrita”.
La cooperazione nata in questi anni, prosegue il presidente di Copat, è servita per valorizzare il capitale umano. “Si è partiti, da giovani, dall’ambito studentesco. Gli studenti uniti in cooperativa permettevano l’apertura a tutti di luoghi di studio e di biblioteche, ampliando anche gli orari. Osservando la realtà e partendo dal proprio desiderio umano di bene, si è arrivati ad avere più di mille soci. Con gli anni poi la competenza dei singoli soci è divenuta opportunità di lavoro e scopo della cooperativa. Abbiamo messo insieme professionalità diverse – dagli ingegneri gestionali ai giuslavoristi – accomunate dal desiderio di fare qualcosa di positivo per sé e per gli altri. Così è nata anche la cooperativa per la custodia dei musei in Terra Santa. La realtà ci impone di metterci in gioco per trovare nuove strade, perché il lavoro è un fattore educativo e ci permette di non smettere mai di imparare”.
Il settore cooperativo, nel contesto della crisi, non è tutto rose e fiori. La stessa Copat negli ultimi anni ha visto anche la cessione di alcune attività per consentire il proseguimento della cooperativa. “I soci da Bolzano a Caltanisetta hanno dovuto decidere di autoridursi la retribuzione per poter continuare a mantenere l’occupazione”, e inoltre non sempre si è vista una corresponsabilità attiva tra chi offre la prestazione e chi ne beneficia. Il pensiero di Ferraris va soprattutto al settore pubblico che a volte non ha neppure posto a bilancio il costo dello stipendio di chi lavorava nelle cooperative. Eppure anche in un contesto del genere è possibile maturare come persone, testimonia Ferraris.
Nell’anno europeo della collaborazione e cooperazione è quindi soprattutto da valorizzare l’esperienza della centralità della persona, sottolinea la conduttrice dell’incontro Monica Poletto, “attraverso assunzioni di responsabilità di soggetti liberi che fanno impresa”. Partendo dalla crisi o da una situazione sfavorevole, è possibile tentare di dare attuazione concreta ai sogni di realizzazione imprenditoriale. Lo testimoniano imprese come la Granarolo che – l’espressione è di Calzolari – “nasce dalla disperazione della bassa modenese, da persone cioè che vivevano al limite della sussistenza”, ed oggi è diventata la più importante filiera italiana del latte direttamente partecipata da produttori associati in forma cooperativa.

(M.B. M.L.A.)
Rimini, 19 agosto 2012

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