Una tradizione che arricchisce. In zone di guerra come in cucina

Sofia Bronzetti

TRE ESPERIENZE CHE PARLANO DI UNA NUOVA SOCIALITÀ FORGIATA DA UN PASSATO CHE NON VA TEMUTO MA VALORIZZATO

 

Rimini, 18 Agosto – Non c’è novità senza passato. Non c’è futuro senza tradizione. Non nasce un nuovo modo di stare insieme senza la riscoperta delle proprie origini. Non si restituisce qualcosa senza averla ereditata prima. Sono concordi su tutto questo i protagonisti dell’incontro “Tradizione come fonte di una nuova socialità”, che si è svolto oggi nell’Arena Cdo for Innovation D3, introdotto Paolo Massobrio, giornalista e fondatore del Club di Papillon.

L’esperienza di Gianni Rigoni Stern, guardia forestale e autore del libro “Ti ho sconfitto felce aquilina”, è stata decisiva in un intervento delicato in una zona di guerra: trent’anni di lavoro come funzionario alle prese con la gestione di boschi, malghe, pascoli, ambiente, gli hanno permesso di diventare essenziale nel recupero della Bosnia-Erzegovina. «Dieci anni fa – ha raccontato – sono stato invitato a lavorare a Srebrenica,  dove la felce aquilina è diventata un grosso problema per la popolazione del luogo e il suo autosostentamento. Gli aiuti forniti dall’associazione di Trento e da una parte dell’8 per mille della chiesa Valdese hanno permesso l’introduzione di bovini adatti a combattere la felce, nonché a imbastire un sistema di istruzione e meccanizzazione per aiutare la popolazione a riprendersi. Questa esperienza mi ha insegnato che bisogna essere là, seguirli da vicino. E io sono sceso ogni mese».

Fides Marzi, agronoma originaria del Burundi, è stata adottata dalla maestra settantenne Lena Marzi, residente a Sondrio, che così le ha permesso di ricevere un’ istruzione adeguata per vivere in zone come il Kenya e il Rwanda. «Nel 2004 – ha detto – ho avuto la possibilità di tornare in Burundi, dove ho fondato l’associazione Dukorere Hamwe per non limitarmi a intervenire con strumenti esterni, ma anche per dar vita ad un ambiente che permettesse un aiuto a lungo termine».

Infine Francesca Settimi, animatrice culturale, ha raccontato com’è cambiata la sua vita professionale a causa di una serie di tumori che l’hanno colpita, rendendole impossibile continuare a sostenere lo stress causato nella sua attività da architetto. «La mia malattia – è stato il suo racconto – mi ha stimolata. Se da un lato ha chiuso alcune porte, quella della mia professione di architetto, dall’altro mi ha fatto vedere cose di cui non mi rendevo conto». Le difficoltà incontrate le hanno permesso di sviluppare una sua grande passione, la cucina, vissuta come riscoperta della tradizione e dell’umanità trasmessa dai nonni. Anche lei ha fondato una scuola per la formazione e l’integrazione, accogliendola nella sua stessa casa per dimostrare una totale apertura nel suo mettersi in gioco. Francesca ha anche dato vita ad un “orto sinergico”, basato su un sistema di coltura che si autosostiene, concettualmente paragonabile all’interconnessione tra persone.

In definitiva, in un contesto culturale sempre più individualista, non mancano esempi di esperienze improntate alla necessità di aiutare condividendo umanamente i problemi, di creare spazi comuni per sviluppare la pace con sé stessi e con gli altri, e di attuare il “principio di restituzione”: trasmettere cioè la tradizione e le conoscenze per dar vita ad una nuova socialità.

(D.L.)

 

Responsabile Comunicazione Eugenio Andreatta tel. 329 9540695 eugenio.andreatta@meetingrimini.org

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