Incontro con Eraldo Affinati, insegnante e scrittore
Il tema dell’immigrazione, dei percorsi attraverso i quali la diversità dell’altro può diventare una ricchezza, la figura e l’opera educativa di don Lorenzo Milani e dei ragazzi della Barbiana, l’esperienza delle scuole Penny Wirton per l’insegnamento dell’italiano agli studenti stranieri, le analogie con la mostra “Migranti la sfida dell’incontro” e con il tema del Meeting. Sono questi i messaggi emersi nell’incontro con Eraldo Affinati, insegnante e scrittore, dal titolo “Un caffè con… Ahmed e Petrit: i ragazzi di Barbiana oggi”, alle 18.15 nel padiglione A1. A moderare la conversazione il giornalista Giorgio Paolucci.
Affinati è autore di una ventina di libri sui temi dell’educazione. Ne “L’uomo del futuro”, segnalato al Premio Strega, racconta l’attualità di don Milani a quasi cinquant’anni dalla morte, l’importanza della sua azione educativa verso i giovani in difficoltà, le implicazioni del suo insegnamento nell’attualità, pensando soprattutto alla realtà dei migranti che giungono nel nostro paese.
“I messaggi educativi di don Lorenzo sono più che mai attuali – dice Affinati – e sono il motore delle scuole Penny Wirton, presenti in numerose città italiane. Io insegno italiano in questa scuola, ma come altri miei colleghi non insegniamo solamente, privilegiamo e crediamo in un rapporto umano, il nostro metodo è quello di un insegnante per ogni allievo”.
Ma con quale approccio educativo? “Gli insegnanti sono anche studenti delle classi dalla terza in poi di alcuni licei italiani – prosegue Affinati – con questi licei abbiamo stipulato alcune convenzioni per cui gli studenti-professori prestano il loro tempo gratuitamente, a fondo perduto, cioè – sottolinea – senza pensare al risultato. L’esperienza che traggono sia gli studenti insegnanti sia gli allievi stranieri è positiva – dice Affinati – con grande appagamento dal punto di vista umano, oltre che con buoni risultati dal punto di vista educativo per entrambi”.
Il libro “Vita di Vita” (2014) è un viaggio alla ricerca di tante storie di bambini e giovani inseriti in contesti sociali difficili, se non drammatici. “Come il caso di Kalik – racconta Affinati – che ho vissuto in prima persona”. Il bambino fuggito da un campo profughi del Gambia all’età di sette anni era giunto dopo un viaggio difficile su un barcone in Italia. Nel nostro paese ha lavorato per anni, prima come bracciante nella raccolta dei pomodori, poi come meccanico, successivamente svolgendo altri lavori poco qualificati e mal retribuiti. “Giunto alla Città dei Ragazzi di Roma l’ho incontrato ormai adolescente – riporta lo scrittore – fra i suoi primi racconti quello della madre unica superstite della famiglia e del suo desiderio un giorno di incontrarla. Rintracciare la mamma è stato difficile ma dopo numerose ricerche ci siamo riusciti, l’ho accompagnato personalmente in Gambia dove ha potuto riabbracciarla”.
Nel libro “L’elogio del ripetente” l’autore racconta invece le esperienze eroiche di dirigenti scolastici ed insegnanti alla prese con le difficoltà educative e l’impegno per rendere la scuola un ambiente umano. Due mondi paralleli, quello di insegnante e di scrittore? “No, per me sono modi ugualmente importanti di vivere e raccontare la realtà, di fare esperienza”.