Rimini, 24 agosto 2024 – Alle ore 17:00, presso l’Auditorium Isybank D3 della Fiera di Rimini, si è svolto il convegno dal titolo “Un bene per tutti: valorizzare la persona con disabilità a scuola”. L’incontro, organizzato in collaborazione con La Mongolfiera ODV e l’associazione Sostieni il Sotegno, ha visto la partecipazione di esperti del settore educativo e rappresentanti del mondo accademico: Luigi D’Alonzo, professore ordinario di Pedagogia Speciale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; Giulia Guglielmini, presidente della Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo; Matteo Severgnini, rettore della scuola Regina Mundi di Milano. L’incontro è stato introdotto e moderato da Tommaso Agasisti del Politecnico di Milano.
Tommaso Agasisti: un’introduzione all’esperienza delle famiglie
Il convegno ha posto al centro del dibattito l’importanza di ascoltare le esperienze concrete delle famiglie con figli con disabilità nel loro percorso educativo. «Lo scopo del nostro dialogo oggi non è anzitutto quello di fare un quadro teorico sull’inclusione, ma di guardare all’esperienza delle famiglie con figli speciali nel loro cammino educativo – ha introdotto Agasisti -. La scuola, quando aperta all’inclusione, diventa un luogo di ricchezza e di crescita per tutti gli studenti, non solo per quelli con disabilità». È importante affrontare le sfide educative con uno sguardo positivo, focalizzandosi sulle opportunità di crescita personale e collettiva che l’inclusione offre perché a beneficiarne è «l’intera comunità scolastica».
Rachele: la testimonianza di una madre
L’incontro è iniziato con la testimonianza di Rachele, madre di Benedetto, un ragazzo affetto da una rara sindrome genetica. Rachele ha condiviso le difficoltà e le sfide incontrate nel percorso scolastico di suo figlio, ma anche i momenti di crescita e di soddisfazione. Ha raccontato come, nonostante le iniziali difficoltà e incomprensioni con gli insegnanti, sia stato possibile costruire un cammino educativo significativo per Benedetto grazie alla collaborazione e al dialogo con il corpo docente.
«Abbiamo dovuto rassicurare noi gli insegnanti sul fatto che una strada era possibile trovarla e che valeva la pena provare – ha raccontato la madre -. Abbiamo scommesso sulle potenzialità di ogni studente, anche di fronte a sfide apparentemente insormontabili». Ha poi narrato un episodio particolarmente significativo: la decisione di Benedetto di preparare un approfondimento sulla sua sindrome e di presentarlo ai suoi compagni di classe: «Quando sono andata a prenderlo quella mattina era felicissimo, poche volte l’ho visto così felice. Questo momento ha cambiato lo sguardo dei compagni verso di lui, trasformando la percezione della sua disabilità in un riconoscimento della sua unicità».
Luigi D’Alonzo: l’inclusione come valore fondante della scuola italiana
Il professor D’Alonzo, uno dei massimi esperti di pedagogia speciale in Italia, ha sottolineato come il sistema educativo italiano sia un modello di inclusione a livello internazionale. «In Italia, la scuola o è inclusiva o non è scuola», ha dichiarato citando una collega tedesca che ha definito l’Italia “il faro del mondo dell’inclusione”. Ha spiegato come l’apertura delle scuole alle persone con disabilità sia un diritto sancito dalla Costituzione italiana, che afferma l’uguaglianza sociale e il diritto all’educazione per tutti.
D’Alonzo ha inoltre discusso l’importanza di superare i vecchi modelli educativi, basati sulla segregazione e sull’esclusione, a favore di una didattica innovativa e inclusiva. Ha ricordato come, negli anni ’70, fossero operanti in Italia numerose scuole speciali e classi differenziali, ma che oggi il panorama è cambiato radicalmente: «Abbiamo capito che la persona con disabilità può stare con gli altri suoi compagni, e che per farlo è necessario abbandonare i vecchi metodi tradizionali e lavorare insieme in piena unitarietà di intenti. L’inclusione non solo arricchisce gli studenti con disabilità, ma migliora la qualità dell’educazione per tutti».
D’Alonzo ha concluso con un richiamo alla necessità di una formazione professionale più solida per gli insegnanti, affinché possano affrontare con competenza le sfide poste dall’inclusione. «La via di uscita è la differenziazione didattica, ossia pensare che in classe ci sono 20-25 teste diverse, ognuna con i propri bisogni specifici».
Giulia Guglielmini: L’importanza del contesto e dell’orientamento
Inclusione, dunque, è la parola d’ordine in quanto è l’unica in grado di creare un contesto scolastico capace di accogliere e valorizzare ogni studente. «Le classi in cui ci sono alunni con disabilità sono luoghi in cui tutti sviluppano con più facilità competenze socio-emotive, come l’empatia, la creatività e la tolleranza», ha spiegato Guglielmini, citando studi internazionali che confermano questa visione.
Tra i temi cardine anche l’orientamento e la preparazione per il futuro degli studenti con disabilità, dal momento che spesso il problema non è solo la scuola, ma anche il “dopo”. «Dove finisce la Convenzione dell’ONU del 2006 sui diritti all’autonomia e alla vita indipendente? – ha riflettuto Guglielmini -. È necessario creare reti territoriali che sostengano l’integrazione dei disabili nella società. A livello locale ci sono iniziative che hanno fatto la differenza, come il coinvolgimento delle associazioni di commercianti per permettere alle persone con disabilità di fare la spesa autonomamente».
Guglielmini ha concluso con un appello a investire nella preparazione e nella pianificazione del contesto educativo, affinché possa essere davvero accessibile a tutti. «L’inclusione è stata un’occasione per la scuola italiana di sperimentare metodologie didattiche innovative che hanno permesso di imparare meglio non solo agli alunni con disabilità, ma a tutti».
Matteo Severgnini: l’importanza di una comunità educante
Severgnini ha offerto ai presenti la sua esperienza di rettore della scuola Regina Mundi di Milano, ma anche il bagaglio dei suoi anni trascorsi in Africa, raccontando episodi significativi che dimostrano come l’inclusione non sia solo un beneficio per gli alunni con disabilità, ma per l’intera comunità scolastica. «Questi sono bambini preziosi e speciali – ha esordito Severgnini -. Ma come un “io” può far crescere un “noi”? E viceversa: come un “noi” può far crescere un “io”? Dentro una comunità educante emerge un io, e quello stesso io continuamente ridona significato alla comunità».
A tal proposito ha raccontato l’esperienza della Welcoming House, una casa in Uganda dove alcune mamme accoglievano bambini abbandonati per strada. «Tutti i sabati andavo lì per stare con loro – ha continuato Severgnini -, ma ero a disagio perché questi bambini non ridevano e non piangevano mai. “Perché?” ho chiesto alla direttrice. “Perché loro non hanno mai avuto qualcuno con cui piangere e con cui ridere”. Dopo qualche mese, accuditi, questi bambini finalmente ridevano e piangevano. Un “noi” che appartiene permette ad un “io” di fare il suo cammino al destino».
Un secondo esempio proviene dall’Italia. Una ragazza con sindrome fetoalcolica viene adottata. «Non si capiscono perché la lingua è diversa e così, dopo alcune settimane, la bambina continuamente apre la finestra della cucina per urlare una parola. Dopo un po’ l’intuizione: la bambina urlava il suo nome perché per la prima volta qualcuno la aveva chiamata per nome. Aveva un nome, era di qualcuno. Di fronte a questa situazione abbiamo due opzioni: la prima è fuggire per paura, perché loro non possono nascondere il limite che noi nascondiamo; oppure possiamo abbracciarli perché ci dicono che la nostra condizione umana è fatta di bisogno e dipendenza».
L’inclusione come punto di partenza per una scuola migliore
Il convegno si è concluso con un video che raccoglieva le testimonianze di insegnanti di sostegno, i quali hanno raccontato cosa abbiano imparato accompagnando alunni con disabilità: è emerso a gran voce quanto sia arricchente per tutti avere alunni speciali, dai compagni di classe al corpo docenti. Tanto che «se una scuola non avesse bambini speciali dovrebbe andare a cercarli per farli iscrivere» ha concluso Agasisti citando una frase pronunciata dal presidente della Mongolfiera, associazione che fa del sostegno alla disabilità il proprio impegno quotidiano.