Ucraina: il realismo della speranza

Press Meeting

C’era tutto l’orgoglio e la dignità di un popolo – quello ucraino – nelle parole di Constantin Sigov, filosofo e docente all’Università di Kiev-Mohyla. Ospite del Meeting per spiegare le ragioni profonde di quel che sta accadendo in Ucraina, l’intellettuale protagonista della rivolta di piazza Maidan ha saputo sin dalle prime battute suscitare l’interesse e l’attenzione del pubblico presente in Sala Neri – Conai.
Introduce l’incontro Alberto Savorana, responsabile ufficio stampa e pubbliche relazioni di Cl, che nel presentare Sigov e per spiegare le ragioni della sua presenza al Meeting ha parlato di “un moto di profonda simpatia umana e un legame che nasce dalla comune passione per la vita”, nonché dell’interesse e del desiderio di conoscere la storia di chi, ad un certo punto della propria esistenza, si è trovato “in una periferia che per iniziativa di alcuni uomini (di tanti “io”), è divenuta un crocevia; un centro, dal quale passava la storia contemporanea”.
Parla di sé, Sigov, della sua storia personale e di come questa si sia intrecciata con la storia politica del suo paese. Non tralascia il ricordo della sua famiglia d’origine e quello di una casa sempre aperta, in cui i numerosi ospiti che vi entravano potevano trovare affetto familiare. Dice del suo battesimo, avvenuto solo nel 1989 dopo la caduta del muro di Berlino, e del suo ingresso nella Chiesa ortodossa.
Ma tutto questo è solo la premessa. Il racconto entra nel vivo quando Sigov inizia a descrivere i fatti e i sentimenti di quanto accaduto a Kiev, in piazza Maidan, nei primi giorni del dicembre 2013. Un movimento di popolo, volontario e spontaneo, di uomini scesi in piazza per difendere la libertà. “Piccole voci di un coro, gocce che rappresentano un oceano”, così Sigov definisce quanti, aderendo a questo grande movimento volontario, unendosi hanno reagito ad un subdolo processo volto ad atomizzare la società ucraina per indebolirla. “Di fronte alla violenta repressione dell’autorità, la gente ha iniziato uno spontaneo movimento di solidarietà; un movimento di comunione che ha posto le basi per conseguire la liberazione”.
Per spiegare con un’immagine il senso e il valore del momento che sta attraversando il popolo ucraino, il filosofo ricorre alla vicenda biblica di Davide e Golia. E in questa storia vede riflesso il conflitto che sta contrapponendo l’Ucraina alla Russia. “Adesso siamo in una notte buia – sostiene Sigov – ma proprio questo è il momento per far risuonare nei nostri cuori l’appello di Giovanni Paolo II che più volte invitò a non aver timore”. Perché proprio sulla paura e sull’opera sistematica volta a distruggere i legami di fiducia e solidarietà è invece orientata, secondo il filosofo ucraino, l’azione di Putin.
“Non sappiamo cosa farà Golia – dice ancora Sigov – ma non siamo scoraggiati o timorosi”. “In piazza Maidan abbiamo incontrato uomini che hanno superato la paura della morte e conservano ancora oggi la speranza”. Interpellato da Savorana, che chiede le ragioni di questa speranza, l’intellettuale ucraino cita l’espressione evangelica: “Non c’è amore più grande di chi dà la vita per i propri amici”. Un convincimento che ha radicato la speranza di molti ucraini.
Citando don Giussani, Savorana conclude ricordando che “non c’è rivoluzione della società, del mondo, dei costumi che non inizi da una profonda rivoluzione di noi stessi”. Non è fondamentale cambiamento delle strutture, ma il cambiamento di sé. Chiude, Sigov, con un appello a visitare le città dell’Ucraina, considerandolo un gesto importante di solidarietà e di consolidamento dell’amicizia che si è instaurata con l’Italia ed il popolo del Meeting.

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