Lo scrittore Luca Doninelli introduce al titolo del Meeting 2016
“È un grandissimo onore personale e del Meeting avere qui Luca Doninelli che con oggi ha partecipato qui, in questi anni, 49 volte con i suoi contributi, incontri”. È grata Emilia Guarnieri, presidente della Fondazione Meeting, mentre presenta Doninelli al quale è stato affidato il compito di tenere l’incontro sul titolo del Meeting: “Tu sei un bene per me”.
“Imbattendoci nelle pagine del suo romanzo Le cose semplici – prosegue Guarnieri – abbiamo trovato una consonanza. Descrive uno società allo sfacelo, dove i desideri vengono meno. Ma c’è Chantal con il coraggio di credere che il desiderio di ognuno possa cambiare la storia. È il coraggio di papa Francesco che definisce coraggioso il titolo del Meeting, di chi non si chiude nei propri interessi ed è capace di testimoniare il dialogo”.
“Non avrei mai parlato di Chantal se non avessi incontrato questo nella realtà – risponde l’autore – è bene parlare di ciò che si conosce”. Ringrazia Erasmo Figini, tra i fondatori di Cometa e artista: “Guardandolo ho capito che la vita è dire sì a un invito”. Alla folla dell’auditorium Intesa San Paolo la prima immagine che Doninelli propone è quella di Maria che accoglie sul grembo il corpo del Figlio morto. “Cosa poteva significare per Maria, in quell’istante, tu sei un bene per me? Questo è l’abisso che si apre per chi voglia affrontare questo tema senza retorica: un abisso in cui è facile cadere se una grazia inimmaginabile, impossibile, non fosse accaduta, se io stesso non avessi fatto e non facessi l’esperienza di qualcuno che mi dice qui e adesso: tu sei un bene per me”.
Doninelli propone tre osservazioni. Il dato culturalmente più impressionante è l’incapacità dell’Europa e dell’Occidente in generale di far fronte con un giudizio lucido alle tragedie che la stanno attraversando: “Anche tra noi dobbiamo aiutarci a scoprire uno sguardo sull’uomo”. L’Occidente è al collasso eppure il nostro sguardo è asfittico: “Ci chiediamo cosa ne sarà di noi, dei nostri progetti, del nostro shopping”. C’è l’idea di creare un contesto perfetto scavalcando l’uomo: “L’uomo inteso come singola persona conta sempre meno”.
Come cambiare questa spirale? Con un incontro personale. “Recentemente è mancata la madre a un mio amico. Era molto colpito perché lei si chiedeva: ‘Quando mi troverò davanti al Signore cosa gli dirò?’. Era evidente che per lei l’incontro con Dio era un incontro personale”. Un incontro che si gioca nella libertà.
Il relatore esemplifica, invece, i modi di dire ‘tu’ dettati dal potere dove funzionano il ricatto e la riduzione. Dove l’esistenza dell’altro, persona o oggetto che sia, “sembra manifestarsi come un’opposizione, qualcosa di cui sono costretto mio malgrado a tener conto”.
Invece: “L’altro è un regalo che non ho scelto io, la realtà obbedisce a un progetto non fatto da me. Come il marciapiede che non obbedisce alla sedia a rotelle che devo spingere, devo accogliere io per primo il suo dislivello. Ma questa accoglienza dell’altro che ci mobilita controvoglia ci riempie invece di stupore quando qualcuno ci accoglie così, abbracciandoci come siamo. Tu sei un bene per me è la traduzione di un abbraccio”.
Tutto è per me non secondo la logica dell’interesse, ma nel senso che niente mi appartiene. Lo scrittore ricorda un caro amico: “Insieme ad altri gli abbiamo fatto compagnia durante la sua permanenza all’hospice dove è morto. Le parole che dicevamo, che leggevamo, apparivano in tutta la loro verità ma non potevano rispondere al grido di quegli occhi perché la verità esige sempre un salto e lui si trovava davanti al salto più grande che ci sia e toccava a lui. La risposta era nell’incontro con qualcuno che non eravamo noi. Io non sono la risposta alle tue domande, tu non lo sei alle mie. Non posso esercitare un potere su di te, né tu su me”.
La realtà assume il volto del nemico. “Chi è il nemico? Colui che può anche volermi morto senza che io sappia il perché. La realtà che si ostina a essere incompatibile con le mie idee. Chi mi boccia un libro senza nemmeno averlo letto. Amate i vostri nemici significa: amate la vostra vita anche al cospetto di chi ve la vuole togliere, amate ciò che in loro è vita, ciò che di più bello avete ricevuto difendendolo da quella parte di voi che non lo comprende in una posizione di inimicizia che è anzitutto nostra”.
Noi stessi siamo spesso i nostri peggiori nemici. “Come quando andai a Parigi con quello che è poi diventato un grande amico. Al secondo giorno litigammo furiosamente. Il mio nemico non era Hitler, era lui. Dovevo combattere la mia inimicizia. Cosa mi ha salvato? Il ricordo di cosa avevo ricevuto: ero a Parigi, la bellezza mi sovrastava. Questa era la vita: una bellezza immeritata. La coscienza del dono non se ne è più andata nonostante i lutti, la fatica. C’è sempre stato qualcuno che ci ha fatto ricordare, come adesso questo posto dove siamo ci aiuta a ricordare, che tu sei un bene per me perché sei gratis, perché sei un dono”.
La risposta alla domanda che tutti nella storia si sono posti, cosa sia un uomo, risulta “incerta e spaventata, l’uomo è considerato come un mezzo, vedi la fecondazione eterologa o l’utero in affitto – qui Doninelli precisa – questo non toglie che un figlio nato in questo modo non possa diventare santo come i genitori gay, stiamo parlando del peccato non del peccatore, se no chi si salverebbe?” e dall’applauso anche gli ascoltatori concordano. “Serve una posizione culturale diversa. Sono stato invaso dallo stupore – l’autore si ferma, sottolinea l’impatto ricevuto – quando un amico giornalista che stimo, a seguito di alcuni fatti accaduti, mi ha comunicato di voler cambiare lavoro. Stavo per dirgli ‘sei scemo’ ma ho provato uno stupore perché quel suo dire sì alle circostanze era più umano, rispondente alla legge del cosmo e lì ho capito cos’è la comunione. Il testimoniarci una trama che ci chiede solo di dire sì”.
La risposta culturale che cambierà il nostro modo di vivere deve recuperare un’idea: “che un uomo vale per il fatto di essere uomo. Abbiamo impiegato millenni per costruire una forma di vita buona e buona per tutti. Potranno portarcela via ma perché questo accada dovremo averla ancora con noi non averla già buttata via”. La faccia del nostro mondo è destinata a cambiare profondamente ma “a chiunque venga al nostro posto dovremo poter dire: chi ci ha preceduto ha lavorato secoli per dirci che la vita è un dono. Anche se adesso mi uccidi non lo dimenticare, tutto è gratis, ognuno di noi è un dono, per questo tu sei un bene per me. Spero che anche tu un giorno possa ripeterlo e se non tu almeno i tuoi figli o i figli dei tuoi figli”.
Guarnieri conclude: “La storia di te che hai raccontato è vera fino in fondo e come tutte le cose vere, forti dell’esperienza, non ideologiche, entra in rapporto con noi come ipotesi di lettura sulla vita. Quello che abbiamo ascoltato, il ‘tu’ gratis, diventa uno sguardo certo, e un luogo come il Meeting contribuisce a questa certezza che si verifica nell’esperienza”.