Tracce di vita nuova

Press Meeting

Testimonianze dagli Stati Uniti

“La testimonianza è la categoria con la quale noi cristiani stiamo nella realtà”, questo il filo conduttore dell’incontro introdotto da Letizia Bardazzi, Presidente Aic (Associazione Italiana Centri Culturali) nella Sala Illumia B1 alle 15.00. Due i protagonisti: Renzo Canetta, Medico Ricercatore oncologo-ematologo e Guido Piccarolo, CEO Los Angeles Habilitation House. Due italiani che vivono negli Stati Uniti. Due vite che mostrano quel “di più” che può venire dall’altro.

Tre i punti affrontati da Canetta, l’obbedienza alla realtà, “tu sei un bene per me” e il punto di riferimento. “L’obbedienza ci porta a guardare in faccia alla realtà, che è per me una provocazione, qualcosa che è lì per sorprenderci ed educarci. Avere stupore di fronte a ciò che essa ci offre ci permette di rompere delle convenzioni. Sono convinto che se quello che ci è stato dato è vero, lo è dappertutto. La nostra responsabilità dev’essere quella di utilizzare questi doni, di verificare e di costruire – ha spiegato – anche perché l’ambito farmaceutico, in cui mi trovo a collaborare con governo e istituzioni, richiede competenza, studio della realtà, tempo, fatica ed intelligenza”. Di qui il secondo punto: “Il ‘tu’ mi ricorda come ciascuno abbia qualcosa da offrire. Il nostro contributo è stato rompere le convenzioni e creare una collaborazione tra le industrie, ma anche tra le varie funzioni della ricerca, il laboratorio, la clinica, la farmaceutica e anche l’insegnamento universitario per dare vita ad un processo integrato ed essere più a contatto con i pazienti, che devono rappresentare per noi medici il punto di riferimento. Ma quando parlo di punto di riferimento non intendo i pazienti in astratto o come categoria, ma questa o quella persona concreta. Questo ci permette di lavorare insieme, perché i nostri pazienti sono davvero al centro. Le cose più belle le abbiamo fatte imparando da loro”.

“La mia vita è coincisa e coincide con uno sguardo di amore e misericordia che ricevo ogni giorno. Tutta la vita si apre ad un amore più grande e concreto – spiega commosso Piccarolo – quando dovevo partire per Los Angeles don Giussani inaspettatamente mi ha detto ‘lì ci sarà una casa, non solo fisica’. Quella casa accompagna il mio destino, mi prende per mano e mi guarda con amore”. “Lo sguardo infinito guida la mia vita – prosegue Piccarolo – là dove la mentalità comune tende a scartare ciò che è differente, perché fa paura o non c’è tempo di accogliere il diverso”. Accogliere l’altro infatti è la cosa più difficile. E perdonare, spiega il manager, è altrettanto difficile. “Il perdono non è qualcosa che si può spiegare, ma che si riceve. L’altro è questo mistero infinito. Il mistero della vita non è astratto nel cielo ma è di fronte a te”.

Piccarolo conclude raccontando una storia. “Una sera sono stato a cena da un’amica e le abbiamo regalato una tovaglia. Qualche settimana fa l’ho chiamata e l’ho trovata in un momento di difficoltà. Lei mi dice ‘ho tanta nostalgia di quello che ho visto stando con voi ed in questo momento di fatica, sono andata in cucina, ho aperto l’armadio più in alto, ho preso la tovaglia e ho cominciato a stirarla’”. “Io mi chiedo – commenta Piccarolo – se dinanzi alle difficoltà ho lo stesso coraggio, di riconoscere la semplicità con cui Cristo entra nella nostra esperienza attraverso una concretezza, facendosi carne. Voglio stare attaccato alla tovaglia della mia vita”. Ecco perché nella sofferenza, spiega il manager, “cerco quel raggio di sole che entra nella mia vita e non lo posso lasciare andare”.

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