Tra possibile e impossibile

Redazione Web

Rimini, venerdì 21 agosto – «C’è un fascino particolare che abita nella zona di confine tra il possibile e l’impossibile, tra ciò che è possibile oggi e ciò che forse lo sarà domani. In questo terreno nascono la scienza e la fantascienza». È affidato a Marco Bersanelli, professore di Fisica e Astrofisica all’Università degli Studi di Milano, il compito di moderare l’incontro “Tra possibile e impossibile: il fascino della fantascienza”.
A dare il via al giro di interventi è Maria Chiara Carrozza, professore di Bioingegneria industriale alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, a cui viene affidato il compito di esplorare il rapporto che intercorre tra scienza e fantascienza. Un rapporto molto stretto, quasi inscindibile: «Molto spesso la fantascienza precede la scienza, anticipandone le evoluzioni, ma anche le problematiche. Quando ho visto il primo rover esplorare la superficie di Marte mi sono sentita parte di una grande comunità scientifica, che ha portato a compimento il grande sogno di Asimov». D’altra parte, però, la fantascienza, anticipando il progresso, pone già oggi delle questioni etiche e antropologiche: «Pensiamo alla robotica e all’intelligenza artificiale. Siamo davanti a un bivio, a una scelta: possiamo guardarle con paura, con sospetto, come possibili cause di sofferenza e distruzione, o come degli strumenti in mano all’uomo, che possono sostenerlo e coadiuvarlo nelle scelte, come sta già cominciando ad accadere in ambito medico».

È invece sull’alieno, sul ciò che, letteralmente, è altro da noi, che verte invece il contributo di Sebastiano Fusco, appassionato e critico di fantascienza. Alterità che è spesso sconosciuta, ignota e, in quanto tale, genera paura, come afferma uno dei precursori del genere fantascientifico, H.P. Lovecraft: «La più antica e potente emozione umana è la paura, e la paura più antica e potente è la paura dell’ignoto». Come far fronte, dunque, a questa paura? Per Fusco, «l’unico antidoto è la conoscenza. La fantascienza è il genere che racconta lo straordinario viaggio della conoscenza dell’ignoto. Un viaggio avventuroso e a volte traumatico nel contatto e nel confronto con ciò che è alieno, da cui però può cominciare un cammino di conoscenza e accrescimento».
Se per molti versi la fantascienza precede e anticipa il progresso scientifico, è anche vero che molti racconti sono pieni di elementi non plausibili, palesemente impossibili. È per questo un genere meramente evasivo o può arrivare a comunicare qualcosa di interessante e vero anche per l’uomo di oggi? Per Paolo Musso, docente di Scienza e Fantascienza all’Università dell’Insubria, le risposte possibili sono due: «Sicuramente molti grandi scrittori di questo genere non erano uomini di scienza e i loro romanzi sono ricchi di elementi assolutamente irrealistici, in cui i protagonisti si trovano in situazioni estreme». Porre i personaggi in una navicella spaziale in fuga da un buco nero non è però per una semplice evasione, perché le situazioni estreme aiutano a capire alcuni aspetti fondamentali dell’uomo. «D’altronde, anche in filosofia si usa portare alle estreme conseguenze una questione che si vuol comprendere a fondo». La seconda possibile risposta è che l’uomo ha bisogno di fare esperienza dei fenomeni naturali. Molti di questi fenomeni, però, sono totalmente fuori dalla portata della nostra esperienza. La fantascienza tenta di colmare questo vuoto. «Pensiamo al film “Gravity”: anche se per certi versi è molto irrealistico, lo spettatore guardando il film ha percepito cosa voglia dire non avere peso».

«Ma qual è», chiede in chiusura Bersanelli ai tre ospiti, «il segreto del fascino della fantascienza?». Per Maria Chiara Carrozza è la fantasia, che ci permette di superare i limiti, rendendo possibile ciò che non è. Le fa eco Musso, per il quale la fantascienza «ci ricorda che l’impossibile è ciò di cui abbiamo realmente bisogno, ciò per cui siamo strutturalmente fatti, pur non essendone capaci». A dare la risposta più curiosa è forse Fusco, che individua nell’essere una narrativa strutturalmente femminile il segreto di questo genere: «La fantascienza non solo è estremamente fantasiosa, ma anche curiosa, sempre alla ricerca di bella, di novità, di meraviglia e di stupore. È una letteratura ricca di speranza e di empatia, che cerca di fare agio soprattutto sulle emozioni. Queste sono le caratteristiche che gli antichi riconoscevano essere femminili e associavano alle nove muse. D’altra parte, è alla musa Urania che il padre della fantascienza italiana ha intitolato questo genere».

(E.Pi.)

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