Rimini, giovedì 23 agosto – Nello spazio del Padiglione A5 denominato Arena della Storia, si è svolto alle 15.00 l’incontro con Francesco Bonini, rettore dell’Università Lumsa, e Diego Fusaro, saggista. Ha moderato Lorenzo Malagola, segretario generale della Fondazione De Gasperi. Introducendo il tema del dibattito, Malagola ha posto la domanda attorno alla natura della democrazia diretta. “Non si tratta di un novum nella storia, basti pensare alla democrazia in Grecia ai tempi di Pericle. La que-stione è tanto più pertinente se si fa riferimento al fatto che in Italia, nel governo attuale, vi è un Ministero ‘per la democrazia diretta’.
“Tale ministero – ha precisato Bonini – ha preso il posto che aveva il ministero delle riforme. Questo significa che in gioco non c’è più un problema di natura puramente ingegneristico, di ‘ingegneria isti-tuzionale’, ma di democrazia in quanto tale. La contrapposizione fra democrazia diretta e democrazia rappresentativa è un pretesto. C’è in gioco la democrazia come tale”. Bonini ha poi ricordato che nell’enciclica Centesimus annus di Giovanni Paolo II “la Chiesa apprezzi il sistema della democrazia, in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governanti la possibilità sia di eleggere e controllare i propri governanti, sia di sostituirli in modo pacifico, ove ciò risulti opportuno. E tuttavia, aveva poi avvertito che ‘una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia’”. Alla domanda rivolta a Fusaro se “le giovani generazioni hanno consapevolezza della messa in pericolo della democrazia”, il giovane filosofo ha affermato decisamente che “le nuove generazioni non lo sono affatto perché c’è in atto un processo di sgretolamento, di totalitarismo glamour, tipico della società dei consumi”. Facendo riferimento al famoso classico di Aristotele, la Politica, dove il filosofo greco afferma che la democrazia ha bisogno di un ceto medio e di una distanza fra chi governa e chi è governato, Fusaro ha poi sostenuto con decisione che “nelle democrazie attuali non c’è più né ceto medio, né distanza. Siamo nell’epoca postdemocratica, in cui si sta dissecando la radice democratica”. Per sostenere la sua tesi Fusaro ha fatto riferimento a fatti storici relativamente recenti, come la decisione unilaterale di bombardare il Kossovo, o la Libia. E ancora, la supponenza da parte di un autorevole esponente della politica italiana per cui, parlando della Brexit ha tacciato gli inglesi di aver peccato di democrazia, facendo un cattivo uso del referendum.
Di fronte alle insidie dei poteri che sovrastano la politica, il potere finanziario, il turbocapitalismo, la globalizzazione, come si può rigenerare la democrazia? Bonini ha affermato che si tratta di “giocare il gioco della democrazia in un quadro multilevel, come dicono gli inglesi: a livello locale, nazionale, delle aggregazioni sovranazionali, della melassa globale, senza semplificare i termini del problema, ma che tenga conto di tutti i livelli. Noi non abbiamo più gli strumenti come i partiti. Ci furono coloro che criticarono la stagione della repubblica dei partiti e la partitocrazia. Oggi abbiamo una cultura po-litica più povera. La democrazia presuppone la soggettività della società. La democrazia deve garantire che queste istanze si esprimano”.
Anche Fusaro ha riconosciuto “che stiamo assistendo alla neutralizzazione o alla spoliticizzazione della politica, come diceva C. Schmitt, nella cosmopoli di cui siamo abitatori. Svuotamento della politica e svuotamento degli stati sovrani, con emorragia di democrazia. Gli stati che fanno parte dell’UE avrebbero potuto cedere delle quote di sovranità se la stessa l’avessero potuta recuperare attraverso l’istituzione di un’autentica unione europea di stati. Ma l’UE – com’è, nello stato dell’arte – ha imposto un altro modello, in cui ciò che domina è la finanza. La sovranità nazionale è la vera risorsa da difendere”.
Alla domanda se vi siano rischi di rigurgiti di violenza, in Italia e in Europa, Fusaro ha risposto che “la violenza, in realtà è già pienamente dispiegata. È una violenza di tipo economico. Non ha esigenza dell’estetica dei supplizi, citando Octave Mirbeau. La violenza dell’economia di mercato ingenera uno sradicamento dei giovani dalla propria storia”. Fusaro ha proposto di mutare il termine globalizzazione in glebalizzazione. I giovani di oggi, intenti ai loro smartphone, sarebbero i nuovi ‘selfi della gleba’ che anziché protestare di fronte alle gravi contraddizioni della storia, come è accaduto in altri momenti della storia, si fanno i selfie mentre subiscono la violenza.