La profezia di J.R.R. Tolkien che illumina la strada dell’umanità
L’opera fantasy del grande romanziere tra cosmogonia e predilezione
Rimini, 24 agosto 2021 – Pochi scrittori hanno saputo realizzare un’opera così imponente e profetica come fatto da J.R.R. Tolkien, capace di esprimere la propria creatività oltre lo spazio e il tempo, portando a una riflessione teologica sui suoi racconti che cresce sempre più per profondità e interesse. Infatti negli scritti di Tolkien, è stato spiegato durante l’incontro “Tolkien, la polifonia della Creazione e la creatività dell’uomo”, vi è una tensione organica tra il particolare e l’universale, tra il personaggio individuale e narrazione generale, tra la creazione dell’artista e il disegno dell’unico grande Autore, che il grande romanziere fantasy tematizza con il nome di Ilúvatar.
«Per Tolkien, il metodo che Dio ha scelto per impegnarsi nella realtà della storia è lo stesso che chiede a chiunque abbia deciso di seguirlo», ha spiegato Giuseppe Pezzini, professore associato all’Università di Oxford e curatore della mostra “The Tree of Tales. Tolkien e la polifonia della creazione”, introducendo l’evento. «Non è né un metodo di imbalsamazione, né una riforma, né una disperazione. Il metodo è quello che è raccontato nel mito cosmogonico che apre la sua opera, che è il Silmarillion». Il docente ha infatti spiegato che in Tolkien «si vede come nell’opera di Dio, che è la storia dell’uomo, le creature cercano di inserire qualcosa di loro e cominciano a portare una dissonanza. Le crisi, i cataclismi della storia, sono causa del “peccato”. Il male del mondo, la crisi, è quindi introdotto dalla libertà dell’uomo, ma nel Silmarillion Dio corregge l’errore – le tentazioni di autonomia dell’uomo – non distruggendo e nemmeno ricostruendo, ma generando. Dio genera qualche cosa di nuovo, rinnova la sua creazione creando qualcosa di molto bello, rinnovando degli io creatori». Nell’opera tolkeniana si racconta infatti come «a ogni errore Dio risponde generando degli esseri e delle creature, spesso umili, che decidono di incamminarsi anche loro in un percorso creativo. La creatività che genera nel cuore degli uomini, e al Meeting ne vediamo tantissima nei volontari, è qualcosa con cui Dio rinnova la sua storia», chiosa il docente.
La riflessione verte quindi sul come, in Tolkien, Dio interagisca con la Creazione. «Dio costruisce generando altro da sé. Non è un’affermazione personale ma una creatività vera, quindi sempre generativa», ha spiegato Guglielmo Spirito, francescano conventuale e docente di Teologia Spirituale all’Istituto Teologico di Assisi. «A lungo Tolkien è stato considerato un autore popolare, ma non è effettivamente così, il suo pensiero si scopre in forma narrativa», ha proseguito il religioso, uno dei maggiori esperti italiani sul tema. «La visione del Silmarillion è come quella di un racconto cosmogonico splendido su come funziona la realtà, una creazione che continua a snodarsi arricchendosi, con disarmonie e traumi che cercano di annullare la bellezza del cosmo, ma riassorbite in una bellezza più grande. Tutto lo splendore e il Creato è in vista di un amore di predilezione». Nel “Signore degli Anelli”, in particolare, «tutto ciò è in sottofondo mentre uno dei Valar viene mandato, insieme ad altri, a mescolarsi nel tessuto dei drammi della vita per aiutare uomini ed elfi a venirne a capo, dato che Sauron ha continuato la propria opera di seminagione di malvagità. Il più conosciuto è Gandalf, un messaggero dei signori dell’ovest mandato per incoraggiare e riaccendere la speranza, e uno dei modi a sua disposizione è suscitare nella mente immagini di bellezza», ha illustrato Spirito. «Questa assistenza del cielo sulla terra, personalizzata, intima e concreta, per aiutarci a fiorire e fruttificare, ci consente di avere il coraggio di dire “io”, perché non sono solo, ma sono accompagnato da un amore previdente che mi permette di vivere i drammi della vita in compagnia», ha concluso Spirito.
«Tolkien era un cantastorie. Alcune delle sue storie avevano un’origine orale, cioè vennero sviluppate dalle storie che lui raccontava mentre parlava ai suoi figli. Era un grande padre, oltre che un grande narratore, e per lui il narrare storie era un atto comunitario, c’era bisogno di un pubblico per farlo. Questo comprendeva i suoi colleghi accademici, i suoi studenti, e anche i suoi figli», ha proseguito Lukasz Neubauer, Koszalin University of Technology, Department of Foreign Languages. «”Il Signore degli Anelli” è un libro che nutre la vita, che la fa germogliare, continuamente, la genera e la rigenera. Ma papa Francesco ci ricorda che la società ha bisogno di ritornare a raccontare le storie, altrimenti il rischio è che vada a smarrirsi», ha spiegato in conclusione Andrea Monda, direttore de l’Osservatore Romano. «Il Papa aggiunge però: attenzione, ci sono anche storie negative tese a spaccare il tessuto sociale. La nostra vita è fatta di relazioni, che vanno tessute. C’è un modo di raccontare che significa esercitare il potere per possedere. L’albero delle storie può essere distrutto da una controstoria negativa», è l’avvertimento di Monda, che chiosa: «Tolkien non è attuale, ma profetico, perché ci guarda e a ognuno di noi illumina una strada inedita, nuova e inesplorata, facendoci vedere le stesse cose che abbiamo davanti agli occhi ma con un’altra luce».
(F.G.)