Rimini, 24 agosto – Ultimo appuntamento in Arena Percorsi A2 con un documentario che ha concluso il fortunato filone di proiezioni su varie tematiche. The Brink di Alison Klayman è un film che coinvolge e intriga gli spettatori, messi di fronte a un personaggio estremamente complesso, controverso, carismatico, affabile e discutibile: Steve Bannon. Giornalista, politico, produttore cinematografico e politologo statunitense, ex banchiere d’investimento, direttore esecutivo di Breitbart News e capo stratega del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, Bannon è una personalità poliedrica, che la regista ci ha presentato da un punto di vista molto ravvicinato. Come si evince dal film, per quanto si metta totalmente al servizio della campagna di Trump, la cosa per cui combatte Bannon è la causa populista, ciò in cui crede, e non il presidente: «Ho odiato ogni singolo giorno alla Casa Bianca prima di rassegnare le dimissioni. Io, amico di Trump? No. Mai. A me interessa solo vincere».
Come ha sottolineato Paolo Perego, redattore della rivista Tracce: «Il tentativo iniziale della regista era quello di smascherarlo, di stroncarlo. Alla fine però l’autrice si è resa conto di averlo umanizzato, ed è la prima a rimanerne sorpresa». Nel documentario si vedono scorci della vita di un uomo totalmente dedito alla politica da un punto di vista insolito: Klayman lo ha ripreso non soltanto nei momenti ufficiali e nei dibattiti in tv o alla radio in cui si mostra intoccabile e estremamente umoristico, sempre in una posizione di controllo verso gli interlocutori, gli avversari e il pubblico, ma anche quando in ciabatte viene preso dal nervosismo nei confronti dei suoi sottoposti, beve frullati per dimagrire o lascia trapelare insicurezza e sfiducia nelle elezioni di metà mandato dell’attuale presidente.
Non importa se si concordi o meno con i suoi ideali politici ma grazie al lavoro di Alison Klayman alla fine del documentario non si può fare a meno di vedere l’uomo dietro al lavoratore instancabile, ammirare la sua dedizione e chiedersi con un pizzico di compassione che cosa rimanga della sua vita se si prescinde dall’impegno politico: «Anche se ho 64 anni, mi accorgo che spreco tempo ogni giorno. Ci sono sempre cose da fare. Da giovane mi definivano uno stakanovista, e forse non sono cambiato. Ma cos’altro dovrei fare? Sono fortunato ad essere l’avanguardia di una rivoluzione globale. È qualcosa per cui vale la pena spendere tutta la propria vita».
(C.R.)
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