“Là dove l’odio sembrava inquinare tutta la vita, essi hanno testimoniato come l’amore sia più forte della morte. Hanno fatto risuonare alto il nome di Cristo morto e risorto”. Sono state riproposte anche nel salone D5, all’incontro “Testimoni della verità nell’Italia in guerra”, queste parole di Giovanni Paolo II
che risaltano all’interno della omonima mostra del Meeting. L’esposizione, ha detto Emilio Bonicelli, uno dei curatori, “nasce da uno stupore e da un dolore: stupore per la bellezza di alcune figure che hanno testimoniato la verità in tempi drammatici; dolore perché una lettura ideologica della storia, che si è affermata nel dopoguerra, ha come cancellato dalla nostra memoria il valore di tante testimonianze”.
È intervenuto quindi don Giovanni Barbareschi, già cappellano delle Fiamme Verdi (formazioni partigiane cattoliche) nonché fondatore del giornale “Il ribelle”. Il relatore, riconosciuto “giusto d’Israele”, è partito dal 15 agosto 1944: giorno della sua prima Messa, ma anche del suo arresto e del suo trasferimento nel carcere di San Vittore. “Facevo già parte della resistenza. Quel giorno sono stato arrestato dalle SS, incarcerato e torturato. Volevano sapere il nome degli altri amici, ma non ho parlato”. Barbareschi ha proseguito raccontando vicende ed episodi: iniziative per aiutare gli ebrei, per approntare documenti falsi (oltre 2.000), ma anche per diffondere delle idee, in un periodo segnato dalla menzogna: i ventisei numeri de “Il ribelle” nel biennio 1944-45 (quattro delle sei colonne portanti del giornale sono state fucilate nei campi di concentramento). “La resistenza”, ha detto il relatore, “è stata innanzi tutto una resistenza morale, una resistenza dell’umano contro il disumano” e, in questo contesto, ha sottolineato l’importanza di innumerevoli e piccoli gesti di accoglienza dei perseguitati e di solidarietà.
Gabriele Nissim, storico e scrittore, dopo aver espresso la sua emozione per il fatto di “sedere, come ebreo, di fianco a un giusto d’Israele”, ha sottolineato il duplice compito: “dobbiamo ricordare il male, ma dobbiamo anche ricordare e serbare gratitudine a chi si è opposto al male. Non si deve perdere la memoria del bene” e dei tanti che l’hanno praticato. “In Israele”, ha rimarcato Nissim, “sono stupiti del fatto che, in Italia, ci siano stati così tanti salvatori di ebrei e se ne parli così poco”. Lo storico ha raccontato poi la vicenda al centro del suo ultimo libro, “Una bambina contro Stalin”, la storia di Luciana, una ragazzina di 13 anni che si è rifiutata di affermare che il padre, arrestato dalla polizia segreta sovietica, da eroe si fosse improvvisamente trasformato in “nemico del popolo”. Bisogna parlare anche del totalitarismo comunista: “La memoria della resistenza deve essere a 360 gradi. Se è parziale, è ipocrisia e menzogna”.
Il senatore Giulio Andreotti, dopo aver ironizzato sulla numerosa legione “degli antifascisti retrodatati: che si sono iscritti all’antifascismo quando il fascismo non c’era più”, ha ricordato varie forme di solidarietà promosse dalla Chiesa cattolica nei confronti degli ebrei e dei perseguitati: “Per precisa direttiva del Papa, a Roma si sono aperti ai perseguitati tutti i collegi religiosi maschili e femminili, anche le clausure. E non è un caso che la Nunziatura a Roma, risieda in una villa che si chiama Villa Levi: una donazione che attesta la riconoscenza per la solidarietà della Santa Sede”. Il Senatore a vita ha quindi ricordato con orgoglio l’importante ruolo svolto dai cattolici per l’affermazione della democrazia nel nostro Paese. “La bellezza del vostro movimento”, ha affermato ancora Andreotti, “è che non stabilisce un compromesso tra vivere sociale e fede religiosa, ma realizza una sintesi, un’armonia. In effetti c’è molta confusione in giro per cui, da una parte, si vuole una Chiesa che non si intrometta nelle vicende pubbliche, dall’altra si rimprovera al cardinal Bertone di non dire abbastanza agli italiani di pagare le tasse”.
Nel corso dell’incontro, Emilio Bonicelli ha segnalato l’importanza delle testimonianze, tra cui quelle del seminarista martire Rolando Rivi e del giornalista partigiano Giorgio Morelli, ucciso ben oltre la fine della guerra, proposte all’attenzione dalla mostra del Meeting.
V.C.
Rimini, 22 agosto 2007